Amnesty International ha denunciato l’aumento della repressione nei confronti degli attivisti dell’opposizione egiziana, in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nel 2018. Nelle ultime settimane sono stati arrestati, in 17 diverse città, almeno 36 esponenti di cinque tra partiti di opposizione e gruppi politici giovanili, molti dei quali per aver pubblicato post sulle elezioni.
COMUNICATO STAMPA
EGITTO, AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA NUOVO GIRO DI VITE CONTRO GLI ATTIVISTI POLITICI. EX CANDIDATO ALLA PRESIDENZA A PROCESSO
Amnesty International ha denunciato l’aumento della repressione nei confronti degli attivisti dell’opposizione egiziana, in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nel 2018.
Nelle ultime settimane sono stati arrestati, in 17 diverse città, almeno 36 esponenti di cinque tra partiti di opposizione e gruppi politici giovanili, molti dei quali per aver pubblicato post sulle elezioni.
Tra le persone prese di mira c’è anche l’ex candidato alle presidenziali del 2012 e noto attivista per i diritti umani Khaled Ali. Arrestato il 23 maggio e rilasciato il giorno dopo su cauzione, sarà processato il 29 maggio per “violazione della morale pubblica”. Rischia una condanna a un anno di carcere o a una multa, cosa che gli impedirebbe di candidarsi nuovamente alle elezioni.
“Le elezioni non si svolgeranno prima del 2018 eppure le autorità egiziane sono già al lavoro per stroncare ogni possibile candidatura che possa mettere in pericolo il loro attaccamento al potere”, ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne di Amnesty International per l’Africa del Nord.
“L’arresto e il processo di Khaled Ali sono chiaramente motivati da ragioni politiche. Le autorità egiziane devono ritirare l’assurda accusa mossa contro di lui e porre fine alla campagna diffamatoria nei suoi confronti”, ha aggiunto Bounaim.
Khaled Ali è il fondatore di Aish we Horreya (Pane e libertà), uno dei partiti colpiti dai recenti arresti. Avrebbe “violato la morale pubblica” facendo un gesto con la mano durante una manifestazione tenuta a gennaio di fronte al Consiglio di stato, che aveva appena annullato la decisione del governo di cedere all’Arabia Saudita due isole del mar Rosso.
Amnesty International ha parlato di questo giro di vite di maggio con 13 avvocati, quattro ricercatori sui diritti umani e 14 familiari degli arrestati.
In almeno 29 casi gli arresti sono avvenuti in casa all’alba, da parte dell’Agenzia per la sicurezza nazionale.
Quattro avvocati per i diritti umani che rappresentano nove arrestati hanno riferito ad Amnesty International che le prove contro i loro clienti comprendono post di Facebook, vecchi manifesti politici e volantini.
Almeno 26 persone sono tuttora agli arresti per capi d’accusa derivanti dalla vaga normativa antiterrorismo, tra cui la presunta appartenenza a gruppi che intendono rovesciare il governo, oppure per “offesa al presidente” attraverso i social media o “abuso delle piattaforme social”.
Rischiano da cinque a 25 anni di carcere.
Due arrestati sono stati rilasciati su cauzione e sei altri senza cauzione.
Il 24 maggio le forze di sicurezza hanno arrestato altri due esponenti del partito Dostour dei quali non si hanno ancora notizie.
“Il numero delle persone arrestate e quello delle città coinvolte indica che si è trattato di un’azione repressiva coordinata e questo rende la situazione ancora più preoccupante. Le autorità stanno usando senza vergogna le leggi antiterrorismo per colpire anche giovani attivisti politici che criticano su Facebook il presidente al-Sisi”, ha commentato Bounaim.
Fanno parte degli arrestati sette militanti ed ex militanti del Movimento giovanile 6 aprile, due fondatori del quale hanno passato tre anni in carcere dal 2013 al 2016, seguiti ora da tre anni di misure cautelari; quattro esponenti del partito Dostour, uno dell’Alleanza popolare socialista e un altro della Corrente popolare egiziana, partito in fase di registrazione e sostenuto da Hamdeen Sabahi, candidato alle presidenziali del 2014 vinte da Abdelfattah al-Sisi con quasi il 97 per cento dei voti e segnate da arresti e violenze contro i sostenitori di Sabahi.
Il 19 maggio il ministro dell’Interno ha dichiarato dalla sua pagina Facebook che erano state arrestate 40 persone per “reati online” tra cui l’uso dei social media per “incitare alla violenza”.
Il parlamento egiziano sta esaminando una controversa proposta di legge per limitare l’accesso a piattaforme online come Twitter e Facebook attraverso l’obbligo di registrare gli account presso il governo. L’uso non autorizzato dei social verrebbe punito con sei mesi di carcere e una multa di circa 200 euro.
Roma, 25 maggio 2017
Per maggiori informazioni:
capitolo relativo all’Egitto tratto dal Rapporto 2016-2017 di Amnesty International
https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/medio-oriente-africa-del-nord/egitto/