Raccogliamo, su segnalazione di Sandro Paramatti, alcuni articoli tratti da vari siti internet su come vengano costantemente violati i diritti delle persone con disabilità a Roma. Volevano andare al Bioparco, sono arrivati a S.Pietro: in metro con la sedia a ruote – Roma, tra scale e barriere in trappola: nella metro vietata alle carrozzine – Metro da incubo, scatta la denuncia.
Redattore Sociale del 26-05-2017
Volevano andare al Bioparco, sono arrivati a S.Pietro: in metro con la sedia a ruote
Il racconto denuncia di Silvana Giovannini, presidente dell’associazione “Ylenia e gli Amici Speciali”: 5 ragazzi con disabilità volevano andare al Bioparco, ma le stazioni Flaminio e Lepanto avevano il montascale fuori uso. Solo a Ottaviano sono riusciti a risalire in superficie: ma per il bioparco era ormai troppo tardi. Denuncia ai Carabinieri.
ROMA. Una gita al Bioparco diventa un’impresa impossibile, nella Roma che sa blindarsi in poche ore per la visita di Trump, ma non riesce a far prendere una metro a un ragazzo disabile. La denuncia arriva dalla presidente dell’associazione di volontariato “Ylenia e gli Amici Speciali”, che promuove e sostiene l’autonomia e l’inclusione sociale delle persone con disabilità. Racconta Silvana Giovannini: “Il 21 maggio scorso, un gruppo di 5 ragazzi, di cui uno in sedia a ruote e quattro con disabilità intellettiva, accompagnati da due tutor, intendeva recarsi in gita al Bioparco. Il gruppo è partito in mattinata, in tempo utile, da Via Poggio Verde con la linea bus 98F, fino a Cornelia, dove è arrivato all’incirca dopo trenta minuti. Alla Stazione Cornelia della metro A, tutti insieme, hanno preso la metropolitana e sono scesi alla stazione Flaminio”. Ed è qui che iniziano i problemi: nella stazione metro più centrale di Roma, a due passi da piazza del Popolo. Proprio qu i, “il montascale non era presidiato da alcun addetto e quindi i ragazzi sono dovuti ricorrere al dispositivo SOS e aspettare che qualcuno arrivasse. Per poi scoprire che il montascale era rotto”, racconta Giovannini.
Gli addetti hanno quindi consigliato al gruppo di riprendere la metro e scendere alla stazione Lepanto, ove pure era presente il montascale. “Il gruppo ha seguito le indicazioni e ha ripreso il treno continua Giovannini – Alla stazione, stessa trafila: nessuno a presidiare, chiamata dell’addetto e attesa, per scoprire che anche quel montascale era rotto”. Di nuovo, gli addetti hanno dirottato il gruppo su un’altra stazione, suggerendo si salire nuovamente in metropolitana, per scendere questa volta alla stazione Ottaviano: un’altra stazione centralissima, questa a due passi dalla basilica di San Pietro, ma decisamente fuori mano per raggiungere il Bioparco.
“Dopo quasi due ore, fra umiliazioni, rabbia, stanchezza, claustrofobia, frustrazione, il gruppo è riuscito a guadagnare l’uscita. Ma ovviamente ormai era troppo tardi per recarsi al Bioparco, peraltro molto distante dalla stazione Ottaviano” Hanno dovuto rinunciare al progetto, accontentandosi di essere riusciti almeno a risalire in superficie!
“La nostra associazione è completamente autofinanziata – precisa Giovannini – Non chiediamo altro, alla Pubblica Amministrazione, che la messa a disposizione dei servizi elementari che consentano ai ragazzi l’autonomia di spostamento nell’ambito di una grande città, presupposto minimo per il recupero di una dignità troppo spesso persa in una scuola, in un cinema, in un ospedale, in un ufficio pubblico o privato, in un marciapiede, in autobus in metropolitana. Domenica i nostri ragazzi hanno ripreso coscienza di essere brutti, sporchi, cattivi e noiosi, ma non si fermeranno – assicura Giovannini – Al Bioparco ci torneranno”, promette la presidente dell’associazione, che nel frattempo, fa sapere, ha sporto denuncia ai Carabinieri. Intanto, resta l’amarezza: “Quando finirà questo stato di cose? Quando si darà finalmente attuazione ai principi di uguaglianza, libertà e pari opportunità? Quando potranno, le persone disabili, finalmente decidere come, dove e quando f are qualcosa, senza doversi preoccupare di pianificare ogni singolo atto e senza pagare sulla propria pelle l’incompetenza la superficialità dei nostri amministratori? Quante volte ancora dovremo rinunciare ai nostri programmi, solo per l’incuria e la disattenzione di chi dovrebbe garantirci almeno i servizi essenziali?”. (cl)
_________________________________________________________
La Repubblica del 27-05-2017
Roma, tra scale e barriere in trappola: nella metro vietata alle carrozzine
La denuncia di un’associazione, il racconto in presa diretta al fianco di un ragazzo disabile che chiedeva solo di raggiungere il Bioparco: tre ore per sette fermate.
ROMA. Tre ore per fare la spola tra le stazioni Flaminio e Cornelia della metro A. Trenta minuti bruciati sul montascala che dai binari dovrebbe consentire a chi è costretto in sedia a rotelle di raggiungere i tornelli della linea rossa sotto piazza del Popolo. Altri venti, questa volta a Lepanto, persi ad attendere l’operatrice abilitata ad attivare il secondo dei due impianti di salita e discesa della fermata del tribunale civile. No, Roma non è una città a dimensione di disabile. Il suo sistema di trasporti è una trappola per Luca, una maledizione per mamma Anna Rita. Nel 2017 – perché il nostro orologio conta i minuti, ma è tanto cinico da segnare anche la data – una vergogna.
Seguire una carrozzina e il suo proprietario nel ventre di ferro e cemento della capitale, quello che ogni giorno inghiotte e risputa migliaia di pendolari e turisti, equivale una Via Crucis di attese immeritate e ostacoli insormontabili. Con Luca, 26 anni (“Ne ho quasi 27”, puntualizza) e un gran sorriso a dispetto delle barriere architettoniche incontrate, abbiamo ripercorso il tragitto che la scorsa domenica aveva impedito a lui e ai suoi amici di godersi una giornata al Bioparco.
Lettera alla mano, diamo appuntamento a Luca e a sua madre alla stazione Cornelia. Qui gli ascensori sono sporchi, certo. Ma funzionano. Dribblata un’auto parcheggiata proprio lì dove il marciapiede disegna uno scivolo per disabili, evitati un paio di crateri lungo la passeggiata, almeno qui il peggio sembra essere passato. Anche se i messaggi sparati sui display che incombono sulla banchina direzione centro già suonano abbastanza minacciosi. Preconizzano il futuro prossimo: “Montacarichi fuori servizio ad Arco di Travertino e Lucio Sestio “. Come se gli altri funzionassero.
Per toccare con mano bisogna attendere pochi minuti. Tra una fermata e l’altra Anna Rita, fisioterapista, racconta il suo Luca: “Con i compagni della Onlus Ylenia e i suoi amici speciali passano assieme il weekend. Da soli, con due operatori ma senza genitori. Imparano a essere autonomi. Lui è forte… ma ormai io sono prevenuta”. L’elenco delle disavventure è lunghe: c’è quella volta con i gradini di Valle Aurelia alti come montagne, quella delle scale mobili come unico modo per uscire dalla metropolitana, l’altra “in cui quasi ci rimettevamo la pelle. Per questo ormai ci muoviamo solo in macchina, perché con i mezzi pubblici è un disastro. Spero di essere smentita, ma anche domenica è finita male”. Flaminio e Lepanto, due trappole. Anche ieri.
Già, perché il servoscala della stazione di piazza del Popolo è tutto un programma. Luca monta a bordo, inserisce il freno, le barre di protezione si abbassano. Ed è tutto qui: Luca e la sua carrozzina rimarranno sospesi a mezz’aria per almeno 30 minuti. L’impianto si blocca, gli operatori Atac per quanto professionali vanno in tilt. Il loro è un imbarazzo tanto gentile quanto genuinamente romano: “Aò – fa uno all’altro – prova il metodo Steve Jobs. Spegni e riaccendi”. Nulla da fare. “Ora rompo tutto “, perde la calma quello che davanti al nome del genio dietro al brand Apple aveva appena fatto spallucce. Gli addetti al customer care, costruzione anglofona che nella capitale si traduce e riduce in “quelli dell’Atac”, si affannano. Chiamano un tecnico, telefonano ai vigili del fuoco, fanno su e giù per le scale. Si sfogano: “Ieri (giovedì, ndr) la stessa scena. Due turiste in sedia a rotelle e una è rimasta subito bloccata. Dovevano andare a Termini e le abbiamo caricate di peso noi. Ma che figura ci facciamo?”.
Luca intanto sorride. Per lui che a teatro recita Pirandello e i suoi “Sei personaggi in cerca d’autore” è una giornata da protagonista. L’ambientazione, però, è esclusivamente sotterranea. L’operatore arriva in metro, sblocca la piattaforma e riporta ad altezza binari la carrozzina. A Flaminio non si esce: “Ci dispiace tanto, sul serio”. Gli uomini della sicurezza sono neri. Nella stazione in cui la sindaca Virginia Raggi lo scorso 13 settembre ha presenziato all’installazione di due nuovi montascala, puntano il dito contro l’azienda: “Ècolpa dei capi. Non investono e noi dovremmo sequestrare i passeggeri? Perdonateci, forse a Lepanto…”.
Forse. Perché ieri come domenica anche la stazione appena oltre il Tevere regala altri inciampi. Luca scende dalla metro e punta il citofono: “Mi serve il montacarichi”. Attendiamo, ma dopo 10 minuti la prima rampa è andata. Per la seconda, quella che conduce di fronte all’ingresso del tribunale civile ne passeranno almeno altri 20. La ragazza in camicia azzurra con logo Atac è categorica, ma al contempo spaventata dall’imprevisto: “Io non ho l’autorizzazione. Non posso mettere in funzione l’altro montacarichi”. Una pedana sgangherata, con gli scivoli bloccati. Per attivarla bisogna attendere l’arrivo della responsabile da Termini e mettere alla prova i bicipiti di mamma Anna Rita: “Per 20 gradini tre ore intrappolati qui sotto. Saliamo, ma poi torniamo a Cornelia. Lì ci sono gli ascensori”. E l’auto con il muso già puntato verso casa. Luca ora è stanco.
di Lorenzo D’Albergo
________________________________________________________________
La Repubblica del 28-05-2017
Metro da incubo, scatta la denuncia
ROMA. Nessuna risposta da Atac, nemmeno dal Campidoglio. A una settimana dal tour horribilis di Luca a bordo della metro A e a 24 ore dal racconto di Repubblica, che con il 26enne e sua madre venerdì ha riaffrontato il percorso a ostacoli tra le stazioni Cornelia e Flaminio, bisogna affidarsi a un cinguettio. Quello di @infoatac, il profilo Twitter della municipalizzata dei trasporti, suona come una sentenza. Le tre ore passate sottoterra con Luca e sua madre Anna Rita, documentate con foto e video, a nulla sono servite. Niente è cambiato: «Il servizio montascale della stazione Flaminio metro A non è disponibile per guasto tecnico. Siamo spiacenti».
Traduzione: chi è costretto in sedia a rotelle si trovi un’altra fermata. Magari non Lepanto: lì l’operatrice al gabbiotto può attivare soltanto la prima pedana, l’impianto che collega i binari ai tornelli. Per la seconda, il servoscala che porta in superficie, ci si deve armare di pazienza e attendere l’arrivo di un addetto da Termini.
Insomma, meglio cambiare aria. Rassegnarsi leggendo le conclusioni dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune. Nell’ultimo aggiornamento del report sulla “mobilità per i disabili”, si legge che «le condizioni di accessibilità alle stazioni della metropolitana e delle ferrovie metropolitane, non raggiungono gli stessi standard per le varie linee». Focus sulla metro A: soltanto 12 delle 27 fermate della tratta rossa, meno della metà, sono dotate di ascensori abilitati al trasporto dei disabili motori. In altre 13, che però in parte ricomprendono le 12 con gli elevatori, Atac certifica la presenza di montascale. Ma alla prova dei fatti, la loro affidabilità è nell’odissea patita da Luca.
La sua storia è finita prima in un esposto presentato ai carabinieri dalla Onlus Ylenia e gli amici speciali e poi sul tavolo della Fand, la Federazione tra le associazioni delle persone con disabilità. Il vicepresidente Roberto Romeo è l’esperto di trasporti: «Chiederemo un incontro ad Atac sulle metro. Speriamo ci sia anche il Comune. Abbiamo scritto al gabinetto della sindaca Virginia Raggi due mesi fa». Anche in questo caso, nessuna risposta. «Abbiamo chiesto più volte un incontro — riprende Romeo — perché dobbiamo iniziare a programmare. Il panorama è critico e i livelli di accessibilità del trasporto pubblico scarsi o inesistenti. Ne risentono i disabili, ma anche gli anziani o chi ha problemi di deambulazione. Con i turisti, poi, ci perdiamo a livello di immagine ». Atac ha anche siglato un protocollo con la Fand: «Sono collaborativi — racconta il vicepresidente — ma servono incontri più frequenti, prima lo erano. L’ultimo? A marzo, per i nuovi bus. Ora, per��, sotto con le metro. La storia di Luca non deve ripetersi. Ogni anno i comuni hanno meno risorse da spendere, ma dobbiamo pungolarli con le nostre conoscenze. Siamo qui per questo».
di Lorenzo D’Albergo