“Brexit o non Brexit?”

L’altro ieri, Giuliano Amato, il maggior esponente superstite del socia­lismo italiano, ha rilasciato un’intervista al Corriere per dire che: 1) La sinistra occidentale de­ve rimettersi a fare la sinistra, 2) L’Eu­­ropa ades­so ha una chance, 3) Il maggioritario alla francese non è anti-costi­tu­zio­nale. Un segnale a Renzi?

 

IPSE DIXIT

 

Brexit o non Brexit? – «Alcuni l’hanno vista come l’apertura della di­ga, invece ha funzionato esattamente all’opposto. Ha fatto intra­ve­dere i guai in cui si stava cacciando il Regno Unito e ha provocato la rea­zio­ne: no, io no. Anche così i francesi hanno eletto e dato la maggioranza in Parlamento a un presidente che ha fatto suonare l’Inno alla Gioia prima della Marsigliese (…) Quando sarà il momento il Regno Unito potrà e forse dovrà riproporre ai suoi elettori la scelta tra restare e usci­re. Perché l’articolo 50 parla di “intenzione” di uscire; e in diritto l’in­ten­zione non è mai irrevocabile. Tra due anni, finito il negoziato, gli elettori che nel 2016 hanno votato alla cieca, senza conoscere le con­di­zioni del Leave, potrebbero essere chiamati a decidere conoscendo le condizioni (…) A sinistra l’unico che non ha perso è quello che pareva il candidato al massacro. Ma il bizzarro Corbyn non ha perso perché è ri­masto vicino a quelli cui gli altri non erano neanche in grado di ri­vol­gere la parola». – Giuliano Amato

 

          

EDITORIALE

 

E insomma, giunti alla Terza Via,

dovevamo girare a sinistra…

 

di Andrea Ermano

 

L’altro ieri, Giuliano Amato, il maggior esponente superstite del socia­lismo italiano, ha rilasciato un’intervista al Corriere per dire che: 1) La sinistra occidentale de­ve rimettersi a fare la sinistra, 2) L’Eu­­ropa ades­so ha una chance, 3) Il maggioritario alla francese non è anti-costi­tu­zio­nale. Un segnale a Renzi?

L’ex sindaco di Venezia esorta Renzi a fare “come Macron”, fondan­do un suo partito, eccetera. Boutades. Senza l’istituto presiden­zia­le, nem­meno una legge alla francese, imperniata sul doppio turno di collegio, basterebbe a salvare il rottamatore dall’auto-rottamazione in atto.

    Ma una legge alla francese aiuterebbe forse ciò che resta del si­ste­ma politico a parametrarsi su una competizione chiara e trasparente. Anche Grillo si vedrebbe indotto a proporre collegio per collegio can­didati più plau­sibili, senza di che replicherebbe gli esiti delle re­centi comunali.

    Quanto all’Europa, Amato reputa possibile «creare le condizioni per raccogliere attorno alla Germania un gruppetto di testa che individui e proponga soluzioni comuni per uscire dalla palude». Uscire dalla palu­de significa qui incamminarsi sulla via degli Stati Uniti d’Europa. An­che se, secondo l’ex premier socialista, permarrà ancora a lungo, nel no­stro continente, una certa vischiosità degli stati nazionali rispetto alla pu­rez­za del modello federale teoricamente perfetto.

    Bisogna vedere quanto empire latin ci vuole per bilanciare questa “ege­monia riluttante” di Berlino. Riluttante perché comprende bene, Berlino, co­me Russia e USA, che restano le due superpotenze atomi­che, non possono entusiasmarsi alla vista una superpotenza economica eu­ro­pea a guida tedesca.

Ma, geo-strategie a parte, nessuna Europa sarà comunque possibile senza una sinistra di sinistra: questo sembra voler concludere Amato. Ed è la parte più densa dell’intervi­sta, nella quale egli li­quida senza tante cerimonie l’età del mo­de­ra­ti­smo riformista, di cui lui stesso, antico vice di Craxi, era stato un esponente tra i più autorevoli.

    «L’ipotesi della Terza Via era fondata sulla “cetomedizzazione” dei ceti proletari; il che sarebbe accaduto in Cina e in India; mentre nei nostri Paesi ci sarebbe stato un contraccolpo d’impoverimento degli stessi ceti medi. Quando questo arrivò, noi avevamo quasi smantellato l’intervento pubblico sul quale si era costruito il secolo social­de­mo­cra­tico. Io stesso, presidente dell’antitrust a metà degli anni 90, dicevo che ormai era la politica della concorrenza l’unica politica industriale che serviva. Ci siamo accorti dopo che non era così; perché la promozione del­l’innovazione tecnologica e il suo trasferimento nell’impresa al­me­no in taluni Paesi, e di sicuro nel nostro, hanno bisogno di un interven­to pubblico. Eravamo rimasti senza risposte».

    L’accento critico e autocritico è esplicito. Rispun­ta qui in Giuliano Amato lo spirito lombardiano delle origini? Poco im­porta. Ormai lo sappiamo tutti che, giunti alla Terza Via, meglio sareb­be stato – come nella celebre scena di Indiana Jones e il Tempio male­detto –  imbocca­re l’altra strada rispetto a quella del precipizio liberista.

      

         

Freschi di stampa, 1917-2017 (12)

   

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall’ADL nell’anno delle due rivoluzio­ni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté “co­prir­le” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad An­ge­lica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nel­la Rivoluzione d’Ottobre.

 

Ancora una calunnia

 

Un trafiletto di taglio basso a firma “internazionalista” sulla prima pagina dell’ADL del 9 giugno 1917 s’incarica di respingere come en­ne­sima calunnia della stampa “intesofila” la tesi secondo cui i pro­fughi russi rientrati attraverso la Germania dopo la Rivoluzio­ne di febbraio avrebbero seguito: «Tale cammino in quanto germanofili e quindi perché… agenti degli Imperi Centrali» (ADL 9.6.1917).

    In realtà, le vicende successive – il rovesciamento dell’impero prus­siano e di quello austro-ungarico – mostra come le accuse contro i so­cialisti internazionalisti tra­di­scano solo una scarsa comprensione delle dinamiche storiche in atto.

    Dalle testimonianze rese di fronte alla “Commissione socialista in­ter­nazionale di Stoccolma” emerge che le condizioni di viaggio lungo la via Parigi-Londra rendono sconsigliabile questo itinerario di rientro: «Già solo le pratiche per ottenere il passaporto durano più di tre set­timane a Parigi ed il visto definitivo è concesso quasi esclusivamente a profughi atti al servizio militare (…) I trasporti per mare avvengono sotto scorta militare armata ed i profughi vengono soggetti alle più umilianti perquisizioni e vessazioni poliziesche» (ADL 9.6.1917).

    Perciò ben si comprende, continua l’articolo, che gli esuli, e soprat­tutto quelli residenti nella Svizzera, «abbiano preferito di ritornare in Russia approfittando delle concessioni delle autorità tedesche. Già il 14 maggio ben 257 erano in tal modo arrivati nella Svezia; fra i quali tutto uno stato maggiore di compagni alla testa del movimento operaio russo, come Martoff, Bobroff, Martinoff e la compagna Angelica Balabanoff.» (ADL 9.6.1917).

 

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I menscevichi Aksel’rod, Martov e Martynov

a Stoccolma, Svezia, nel maggio del 1917

 

Dai documenti dell’Ufficio politico centrale presso il Quartier generale di Berlino, i passeggeri risultano essere in numero inferiore rispetto a quello fornito dall’ADL: “Uomini 147, donne 14 e bambini 32”. In tutto 193 viaggiatori. Un numero di 253 persone a bordo del treno viene raggiunto nei documenti dell’Ufficio politico di Berlino includendo il personale tedesco. «Anche questa volta i costi per il biglietto delle persone e dei bagagli come pure per il vitto sono stati sostenuti dai passeggeri, su loro esplicito desiderio», riferisce il funzionario del Reich.

    Lo “stato maggiore di compagni alla testa del movimento operaio russo” di cui parla l’ADL è, in realtà, formato da socialdemocratici e socialrivo­lu­zionari che, un passo dopo l’altro, si avviano verso una inattesa e brutale uscita di scena. Sul loro treno, a quanto pare, non viaggiano seguaci né di Plechanov né di Lenin. Né L’ADL fa cenno al primo treno, quello su cui Ilic Ulianov era partito due mesi prima.

    «La Russia rivoluzionaria per la pace socialista», apre a tutta pa­gi­na L’ADL del 9.6.1917. È ormai chiaro che la parola “socialista” s’intende in molti modi. Le varie correnti del socialismo russo e internazionale si stanno posizionando ciascuna nel proprio “posto di combattimento”. Combattimento, ovvio, intorno alla pace. Ma quale pace? Nessuno lo sa dire con duro realismo (eccetto uno).

    “Pace separata o pace generale?” titola l’editoriale firmato “F.M.”. La sigla è quella del direttore, Francesco Misiano, la cui figura merita qualche indugio.

 

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Francesco Misiano (1884-1936)

 

Giunge a Zurigo come “disertore” dall’Italia divenuta belligerante. È un convinto esponente del socialismo antimilitarista zimmerwaldiano. Assume un ruolo influente nel PSI in Svizzera e dal 1916 viene inca­ricato di dirigere L’ADL. Dopo la fine del conflitto, lo ritroviamo con Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht a Berlino. Nella breve ma san­guinosa guerra civile a sinistra, tra i socialdemocratici tedeschi appro­dati al governo dopo la caduta dell’imperatore e gli insorti spartachisti, Misia­no si schiera con gli spartachisti, prendendo attivamente parte alla difesa armata del loro giornale, il Vorwärts, sotto l’attacco dei Freikorps filo-governativi. Finite le munizioni, si consegna alla polizia e viene arrestato. Sarà condannato a dieci mesi di carcere.

    Rientra in Italia alla fine del 1919. Nel 1921 è a Livorno tra i fon­datori del PCdI. A giugno viene eletto deputato del Regno. Ma proprio nella seduta inaugurale della XXVI legislatura trenta parlamentari in camicia nera, gui­dati da Farinacci, lo aggrediscono all’interno di Mon­te­citorio. I fascisti covano un antico rancore contro Misiano sia per­ché è an­ta­gonista a Fiume di D’Annunzio (che ne chiede la morte) sia per­ché dalle colonne dell’ADL aveva costantemente deriso le pose di Mussolini propagandista di guerra un tanto al chilo. Così, quel 13 giu­gno 1921 i deputati del duce lo sequestrano in Aula e lo consegnano a una squadraccia in attesa fuori dal Parlamento. È sottoposto a violenze e umilia­zioni. Gramsci scrive sull’Ordine Nuovo:

    «La prima affermazione dei Fasci in Parlamento è un atto cui non si può attribuire, nemmeno con i più stiracchiati contorcimenti mentali, nes­sun significato politico: è un atto di pura e semplice delinquenza… Di fronte al fascismo italiano riacquistano nobiltà le più immonde fi­gure di delinquenti che mai siano esistite» (14.6.1921).

    Nel 1924, anno dell’assassinio di Matteotti, si trasferisce a Mosca. Vi fonda la casa di produzione cinematografica “Mezrabpom” svilup­pando importanti attività di promozione della settima arte.

    Nel 1936, accusato di trotzkismo, viene sottratto alla GPU dalla morte per malattia. Il funerale sarà per lo più disertato dai compagni comunisti italiani, per timore di Stalin.

Ma torniamo alla situazione del giugno 1917 e alla questione che Misiano solleva sull’ADL: “Pace separata o pace generale?”.

    «Quando la versione della “rivoluzione russa fatta per l’intensifica­zione della guerra”, messa in giro dai Governi borghesi dell’Intesa, è apparsa menzognera ed ormai insostenibile», scrive, «gli stessi Governi si affrettarono a gettare a piene mani ombre e fango sulla “rivoluzione russa” e la dipinsero come opera di “venduti” ai tedeschi, di “visionari fuori della realtà della storia”. Fra questi due estremi si può ritrovare e cogliere un assai abbondante materiale di contraddizioni, di oscillazioni, di volgarità, di menzogne, di calunnie e di infamie». (ADL 9.6.1917)

    I rivoluzionari russi sono accusati dai Governi dell’Intesa di voler “fare una pace separata” con gli Imperi Centrali, «il che darebbe ai me­desimi una superiorità militare che porterebbe allo schiacciamento del­le democrazie occidentali. Quindi, accuse conseguenti di tradi­men­to della causa della democrazia, di servizio reso all’impero prussiano, ecc. ecc.». (ADL 9.6.1917)

   Pace separata? Mesiano nega recisamente che si punti a questo obiet­tivo. La Russia rivoluzionaria vuole la “pace generale” per tutti i po­poli. Affermazione in teoria veridica, se riferita alla quasi totalità delle forze attive nel Governo provvisorio di San Pietroburgo. E anche i So­viet abbracciano, in teoria, questa posizione, prevalente persino al­l’interno della frazione bolscevica.

    «Pace separata? Non possono concepirla, non possono auspicarla coloro che, socialisti rivoluzionari, e rivoluzionari russi per giunta, ri­guardano il mondo intero dall’angolo visuale del socialismo», ag­giunge il Direttore, tenendo ferma la posizione di principio “per noi socialisti internazionalisti”; e prosegue: «Esiste un dovere: farla ces­sare per riprendere l’altra guerra, quella tra le classi, che è la ragion d’essere della nostra fede. Ora, una “pace separata” tra la Russia e le Potenze Centrali, sarebbe la cosa più facile di questo mondo (…) Ma questa “pace separata” darebbe la pace? Ed a chi? Alla sola Russia. (…) Anzi, forse nemmeno alla Russia». (ADL 9.6.1917)

    La Russia, se stipulasse una “pace separata”, verrebbe riassorbita “nel baratro di un’altra guerra”, sostiene Misiano, e non a torto. Per questo tutti si proclamano a favore della “pace generale”.

    Tutti, eccetto Lenin, minoranza della minoranza. Ma il punto è ben altro. Perché gli USA sono appena entrati in guerra e le condizioni in­terne, internazionali e coloniali di ciascun soggetto belligerante coar­tano gli eventi dentro la morsa d’acciaio di mille necessità oggettive.

    «Il gioco della rivoluzione è molto pericoloso. Col fuoco non si scherza», avvertiva già L’ADL del 24 marzo. No, non si scherza. E certo non bastano le emulsioni ideologiche «per un mondo di fratelli e di liberi» a fermare questa tremenda eruzione prima del suo esito piroclastico con collasso finale.

    La “pace generale” non esiste.

    Ma non esiste nemmeno la continuazione della guerra.

    Il popolo russo non la sopporta più.

    Dunque, quel che alla fine deve sopravvenire è proprio la “pace separata”, cioè: l’Ottobre Rosso, la Guardia bianca, il Comunismo di guerra, la NEP e tutto il resto.

(12. continua)

    

     

Convegno Internazionale di Studi

 

L’ADRIATICO E LA GRANDE GUERRA.

FRONTIERE, MEMORIE, ORIZZONTI

 

Conversano, 21-22 giugno 2017 – Monastero di S. Benedetto, polo archivistico.

 

Nel centenario della Grande Guerra discussione pubblica temi di straordinaria attualità e contemporaneità, partendo da una prospettiva adriatica. Tutti gli appuntamenti saranno aperti al pubblico e rivolti in principal modo alle giovani generazioni e al mondo dell’Università e della scuola.

 

In particolare segnaliamo l’appuntamento di mercoledì 21 giugno

presso sala convegni del Polo archivistico-bibliotecario, ore 18.00

 

DA ZIMMERWALD AL XXI SECOLO

IL SOCIALISMO E I FRATELLI ROSSELLI

 

C’è un filo rosso che lega gli avvenimenti di inizio Novecento con il nostro presente. Oggi occorre riaffermare l’importanza di valori fondamentali quali quelli del rispetto della dignità dell’uomo, del rifiuto della sopraffazione e della violenza, dell’esigenza di giustizia, della pietà umana, In questo, il Socialismo europeo ha svolto un importante ruolo in tutto il periodo compreso tra le due Guerre e anche dopo, nella fase di ricostruzione nei singoli Stati e nella costruzione della casa comune europea, cardine essenziale per la costruzione dell’Europa come terra di civiltà e di emancipazione dei popoli. L’ottantesimo anniversario dell’assassinio dei fratelli Carlo e Nello Rosselli ad opera del fascismo, costituisce così un’occasione per riflettere sul ruolo del Socialismo nelle democrazie europee, attraversate oggi in modo sinistro da nuove ventate di nazionalismi, accompagnati da rigurgiti populisti e xenofobi. Da Zimmerwald al XXI secolo, passando per l’appunto attraverso il sacrificio dei tanti martiri della libertà.

 

Intervengono:

 

Valdo Spini, Paolo Bagnoli, Vito Antonio Leuzzi, Salvatore Biasco, Michael Braun, Francesco Fistetti e Nicola Colonna

 

Convegno Internazionale di Studi organizzato da:

Dipartimento Scienze Politiche, Università di Bari “Aldo Moro”

Fondazione “Giuseppe Di Vagno (1889-1921)”

 

Con il sostegno di Regione Puglia

Assessorato alle Industrie Culturali e del Turismo

 

In collaborazione con: AICI, Europe Direct Puglia, Cesforia,

Friedrich-Ebert-Stiftung, Rivista storica del Socialismo

 

Fondazione “Giuseppe Di Vagno” (1889-1921)

Via San Benedetto 18 / 70014 Conversano (BA)

Tel: +39 080/4959372

           

   

L’AVVENIRE DEI LAVORATORI Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

SPIGOLATURE 

 

Derive di pessimo gusto

 

di Renzo Balmelli 

 

“E ORA?” Già la malaugurata ipotesi che un giorno Salvini, reso euforico dalle comunali, possa dettare i modi e i tempi della politica italiana dovrebbe mettere sul chi vive l’intero schieramento progres­sista. In assenza di un Macron, sul quale però i pareri non sono univo­ci, e senza una sinistra unita e federata, al leader leghista potrebbe riuscire, non per merito suo, ciò che invece alla Le Pen e agli altri schieramenti populisti è clamorosamente mancato alla prima, seria prova. Per fortuna, aggiungiamo noi. Certamente il voto delle ammini­strative non va esagerato. Eppure nel clima di incertezza che prevale un po’ovunque, il responso di nove milioni di elettori, sebbene solo a “livello locale”, lancia segnali politici sulla temperatura del Paese che non possono essere liquidati con una scrollata di spalle per non trovarsi un giorno a chiedersi “E ora?” di fronte a derive di pessimo gusto.

 

TEST. Bello, indovinato e molto pirandelliano il titolo di Repubblica che parla del Pd in cerca d’autore in vista dei ballottaggi. Anziché gongolare per il tracollo dei grillini, prevedibile poiché iscritto nel dna dei movimenti analoghi che prima illudono e poi quasi subito deludono, è piuttosto sulla prestazione non proprio esaltante del partito di Renzi che andrebbero puntati i riflettori. Mentre inizia una nuova campagna elettorale proiettata a livello nazionale, non si può nascondere che la destra giocata sull’asse Lega/FI ha fatto meglio ed è uscita rafforzata dalle urne, addirittura in grado di vincere. Magari sarà vero che le amministrative non sono state un test determinante per i partiti. Intanto però la tornata elettorale ha messo in scena tra gli aspetti più visibili un ritorno al bipartitismo che riapre la partita delle alleanze. Quanto basta per fare sudare freddo tanti democratici per niente inclini a tirare un sospiro di sollievo pensando a quanto potrebbe accadere.

 

VERGOGNA. Pur non sottovalutando la situazione di emergenza legata al flusso ininterrotto di donne, uomini e bambini che affidano la loro sorte a natanti fatiscenti in balia del mare, c’è di che arrossire dalla vergogna nel leggere i commenti di scherno per la mancata rielezione della sindaca di Lampedusa. Sui blog e altri vettori, l’esultanza rozza e sgangherata e il disprezzo di certi giudizi pari soltanto all’ignoranza siderale di chi li ha formulati, offendono l’immagine che nel mondo si ha e dell’isola simbolo dell’accoglienza dei migranti e di Giusi Nicolini che più di ogni altro ha aperto le porte della solidarietà umana. Sono individui spregevoli che certamente non rappresentano la maggioranza dell’Italia e dei tanti volontari che si prodigano per salvare i profughi. Compongono tuttavia uno spaccato seppur minimo della società che plagiata dai cattivi maestri diffonde odio e livore grazie al vile anonimato di stampo fascista.

 

SUONATA. In politica ed a maggior ragione in democrazia sarebbe cosa buona e giusta se chi venne per suonare e rimase suonato, riponesse lo strumento nella custodia e si dedicasse ad altre attività. E suonata Theresa May lo è stata sotto ogni punto di vista forse per avere peccato di presunzione. È vero che a poker si può battere un full servito con una doppia coppia, ma bisogna essere di una abilità mostruosa. La premier palesemente non ha indovinato né le carte né lo spartito e ora che il piatto piange si trova in mano un Parlamento in bilico senza maggioranza con cui gestire uno dei peggiori pasticci elettorali dell’era Brexit. Da “morta che cammina” a “Mayexit”, ormai l’attuale titolare di Downing Street è seduta su un seggiolino catapultabile che il suo partito non vede l’ora di azionare. I conservatori non amano lo sconfitte e in passato ne fece le spese persino un mostro sacro come Winston Churchill. Quando ci si mette, la storia sa essere una matrigna inflessibile.

 

“IL VECCHIO”. A sentire i suoi detrattori tanto di destra che di sinistra non conta più di un ferro vecchio da rottamare. Troppo socialista (sic). Troppo novecentesco, dicono. Che poi vai a capire che cosa significa esattamente. Tanto più che se Jeremy Corbyn alla soglia dei settant’anni è riuscito, come l’arzillo senatore del Vermont Bernard Sanders, ad affascinare i giovani e a consegnare ai laburisti un successo insperato che non si vedeva da anni, qualcosa vorrà pur dire. O no? Forse può semplicemente significare che alle nuove generazioni, confrontate con il problema del lavoro e le incognite del futuro scritto sulla sabbia, la rapacità delle élite economiche risulta insopportabile e smisuratamente ingiusta. Nel suo programma Corbyn ha usato rivendicazioni ragionevoli disegnando il modello di una società equa per tutti e non solo per pochi a difesa dello stato sociale. Ha messo insomma nel suo discorso una sorsata di socialismo “rosso antico”, corroborante come un bicchiere di buon vino ben conservato. Il socialismo d’antan: una idea che non muore.

 

TRAPPOLE. Ha voluto la bicicletta, ora pedali. Pochi personaggi di spicco della Quinta Repubblica che al pari di Macron sono riusciti a rivoltare la Francia come un guanto e a sollevare una ondata di speranze in così pochi mesi. A meno di un terremoto, il ballottaggio di domenica prossima dovrebbe consegnare al Presidente, dopo la trionfale cavalcata per la conquista dell’Eliseo, tutti gli strumenti per governare senza incontrare ostacoli. Solo Mitterrand all’apice del successo era riuscito nell’impresa, che richiede doti non comuni. Macron, attorniato da uno stuolo di scalpitanti debuttanti della politica, deve ancora dimostrare di possederne in ugual misura. Avere messo un argine all’estrema destra gli consegna un atout importante da usare con oculatezza e perspicacia per non cadere nelle molte trappole che si porranno lungo il suo cammino. L’elettore attende ora fatti concreti senza i quali l’idillio con i presunti “rottamatori innovatori” della vecchia politica e dei vecchi partiti può incrinarsi in fretta. Roma docet!

   

          

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Il futuro può essere solo sostenibile

 

Cgil, Cisl e Uil presentano a Bologna un documento in oc­casione del G7 ambiente. Solo il rispetto del pianeta rende possibile un lavoro di qualità e apre grandi opportunità occupazionali.

 

Sindacati in prima linea “nel richiedere cambiamenti globali in modo tale che i cittadini e il pianeta siano protetti e che posti di lavoro di qualità siano messi a disposizione di tutti”. Qualità dell’ambiente e qualità del lavoro: è questo il cuore del documento Ituc e Tuac (il Comitato sindacale consultivo) che Cgil, Cisl e Uil presentano oggi (9 giugno) a Bologna nel corso dell’iniziativa “Investire nello sviluppo sostenibile” che si svolge in occasione del G7 ambiente.

    Lo sviluppo sostenibile, si legge nel documento, “apre enormi op­por­tunità per l’occupazione, a partire dai settori alimentare e dell’agri­col­tura, delle città, dell’energia e dei materiali, della salute e del be­nes­sere. Pertanto non si tratta di scegliere tra occupazione e tutela del­l’am­biente e del clima, ma di gestire una giusta transizione indirizzandola verso una nuova economia sostenibile e garantendo che non siano i lavoratori e le comunità a pagare il prezzo del cambiamento”.

    Come è noto, nel 2015 i capi di Stato e di governo di tutto il mondo hanno siglato l’accordo di Parigi, quello osteggiato in questi mesi da Trump, che contiene l’impegno a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C e ad adoperarsi per limitarlo a 1,5° C. Gli Stati si sono anche impegnati a investire 100 miliardi di dollari entro il 2020 per sostenere l’azione e l’adattamento climatico nei paesi in via di sviluppo.

    Il movimento sindacale internazionale, si legge nel documento, “è forte e unito nel chiedere ai nostri leader politici di essere più ambiziosi sul tema del clima in quanto tutti noi sappiamo che non vi sono posti di lavoro su un pianeta morto. L’accordo di Parigi ha unito i governi in una risposta multilaterale alla sfida del clima e, pur se molto resta ancora da fare per garantire il raggiungimento dei suoi obiettivi, deve restare il banco di prova su cui si misurano e si rivelano le ambizioni dei governi sul tema del clima”.

    Per questo le organizzazioni sindacali ribadiscono il sostegno all’accordo: ritirarsi “equivale ad abbandonare l’idea di un futuro più pulito, alimentato da buona occupazione”. Naturalmente, c’è la consapevolezza che ancora oggi la vita di milioni di lavoratori e famiglie dipende da un’economia alimentata dai combustibili fossili. Per questo, spiega il documento, “i governi e i datori di lavoro, nonché i lavoratori e i sindacati che li rappresentano, devono sedersi insieme intorno al tavolo dei negoziati e impegnarsi a proteggere il nostro futuro tramite una strategia di giusta transizione, un piano che garantisca occupazione dignitosa per tutti” e per il quale c’è bisogno di tempo, “anche se vi sono alcune azioni che possiamo intraprendere immediatamente e i governi, le imprese e i sindacati, dovranno collaborare per farlo”. Per questo, “l’inserimento di una giusta transizione nell’accordo di Parigi è un primo passo importante”.

    Per la posizione che occupano nello scenario globale, i Paesi del G7 sono chiamati ad assumere un ruolo guida rispetto agli altri governi. A partire dalla garanzia che “i rispettivi contributi determinati a livello nazionale (Ndc) conseguano l’obiettivo globale di emissioni con un aumento di temperatura di 2° C o meno”. Dovranno, gli stessi Paesi, anche “assumere un ruolo guida nell’avviare un dialogo con i sindacati e i datori di lavoro sui mezzi atti a garantire una giusta transizione per i lavoratori e le comunità”. Importante anche “sostenere gli investimenti nei settori con elevata capacità di creazione di occupazione e di tutela dell’ambiente”, “rafforzare le priorità ambientali e climatiche nei bilanci dei loro paesi e nella cooperazione internazionale”, “elaborare una strategia industriale rispettosa dell’ambiente, che consideri come priorità altrettanto importanti il lavoro dignitoso, un basso livello di emissioni e un utilizzo efficiente delle risorse”.

    I Paesi del G7 dovranno infine “rafforzare le normative in tema di processi industriali ecosostenibili e ridurre l’utilizzo delle sostanze tossiche e accrescere il livello di finanziamenti per sostenere le popolazioni locali che si trovano ad affrontare eventi climatici estremi, in particolare nell’Africa subsahariana, in modo tale che non siano costrette ad emigrare”. I sindacati chiedono ai governi, conclude il documento, “di intraprendere azioni e coordinarsi per promuovere uno slancio a favore della trasformazione industriale ed economica, verso un’economia rispettosa dell’ambiente, che garantisca occupazione dignitosa per tutti e sia socialmente inclusiva, partendo dalla conferma e dall’attuazione dell’accordo di Parigi e degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.

   

          

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Viminale alla Raggi: “I soldi

sui migranti li avete presi”

 

Il Viminale risponde a suon di numeri alla Sindaca di Roma.

 

di Marilena Selva

 

Virginia Raggi aveva protestato e chiesto di porre un freno ai profughi, ma dal Ministero degli Interni arriva una lunga lettera in cui si fa presente che non solo Roma deve fare la sua parte, ma che il Campidoglio ha già beneficiato del Bonus Gratitudine di 500 euro a migrante: nelle casse della Capitale infatti sono stati versati, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, 2 milioni e 340 mila euro. Inoltre, sempre lo scorso anno, nell’autunno del 2016, il governo ha anche elargito all’amministrazione comunale capitolina un contributo straordinario di mezzo milione di euro per l’accoglienza dei profughi.

    La Sindaca di Roma sembra essersene dimenticata e ieri dopo aver presentato il piano per superare i campi rom in città, Virginia Raggi aveva chiesto al Ministero dell’Interno di mettere un freno agli arrivi dei migranti e ai nuovi centri accoglienza nella Capitale. Vista la “forte presenza migratoria e il continuo flusso di cittadini stranieri”, per la sindaca serve “una moratoria sui nuovi arrivi” in città. La sua posizione è messa nero su bianco in una lettera inviata al prefetto Paola Basilone: “Trovo impossibile, oltre che rischioso, ipotizzare ulteriori strutture di accoglienza, peraltro di rilevante impatto e consistenza numerica sul territorio comunale”. L’argomento rimbalza presto a livello nazionale, con il blog di Beppe Grillo che rilancia e sottolinea gli impegni dell’amministrazione anche su altri fronti: “Chiusura dei campi rom, censimento di tutte le aree abusive e le tendopoli. Chi si dichiara senza reddito e gira con auto di lusso è fuori. Chi chiede soldi in metropolitana, magari con minorenni al seguito, è fuori”.

    Tuttavia Roma non regge nemmeno il confronto con Milano, nella Capitale ci sono 4694 migranti dei 7250 previsti dal Viminale, mentre nel Capoluogo lombardo ben 5500 dei 4104 previsti. Ma la posizione di Roma non solo non trova riscontro nei fatti, ma nemmeno nei patti. In base all’accordo del 10 luglio 2014, ogni regione deve accogliere una percentuale di migranti pari alla propria quota di accesso al Fondo nazionale per le politiche sociali (per esempio alla Lombardia spetta il 14,15% del totale e al Lazio l’8,6%). E così nel “piano dei 200mila” a tutti toccherà fare di più di oggi. Due esempi: nel 2017 la Lombardia dovrà passare dagli attuali 25mila posti a oltre 28mila, la Campania da 16mila a oltre 19mila. E all’interno di ogni regione, l’accordo Viminale-Anci di dicembre prevede che i comuni fino a duemila abitanti dovranno ospitare 6 migranti, i comuni con più di 2mila abitanti 3,5 migranti ogni mille residenti, mente le città metropolitane (già sotto stress, in quanto hub di transito di molti rifugiati) avranno uno “sconto”: 2/3 posti ogni mille abitanti.

 

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Da l’Unità online

http://www.unita.tv/

 

Giallo dell’incontro Salvini-Casaleggio:

M5S smentisce, Calabresi conferma

 

Un altro tassello del sempre più concreto “inciucio populista”

 

di  Stefano Cagelli – @turbocagio

 

Il leader della Lega Matteo Salvini avrebbe incontrato in gran segreto Davide Casaleggio, plenipotenziario, insieme a Beppe Grillo, del Movimento 5 Stelle. A rivelarlo è una ricostruzione di Repubblica, firmata da Matteo Pucciarelli. Il vertice sarebbe avvenuto una decina di giorni fa a Milano, pare su richiesta dello stesso leader del Carroccio.

    Erano i giorni – scrive Pucciarelli – di quella che sembrava ormai la dirittura d’arrivo della legge elettorale. Un proporzionale che, nell’ottica di Salvini, faceva prevedere lo scenario di una alleanza post-voto tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (….) Da qui la richiesta fatta recapitare al capo della “Casaleggio associati”: un faccia a faccia per, per aprire una interlocuzione. Da anni, a intervalli regolari, Salvini tentava un approccio con Beppe Grillo, ricevendo sempre un diniego. E’ andata diversamente con Casaleggio junior, sempre attentissimo a restare defilato e allo stesso tempo decisamente più pragmatico del fondatore del Movimento. Una disponibilità al confronto che, di per sé, ha già un significato politico.

    Caso vuole che proprio pochi giorni dopo la situazione sia completamente cambiata. La legge elettorale disegnata sul modello tedesco, frutto di un accordo tra Pd, Forza Italia, M5S e Lega, è naufragata alla Camera sul voto di un emendamento apparentemente secondario. La data delle elezioni si è di nuovo allontanata e il centrodestra si è ricompattato in occasione della amministrative.

    Amministrative che si sono rivelate invece un flop per i grillini che, in poche ore, hanno elaborato una nuova strategia elettorale: una svolta a destra sui migranti e sullo ius soli, di cui si è fatto portavoce Grillo in persona.

    Tanto è bastato per far esplodere di gioia Salvini (“finalmente la pensano come noi”) e CasaPound.

    In poche ore, però, arriva la violenta presa di distanza dei vertici del Movimento 5 Stelle. Lo stesso Casaleggio smentisce “qualsiasi incontro segreto con Salvini” e parla di “metodo Repubblica, di morte dell’informazione e di notizie false”. Ancora più duro Luigi Di Maio che in un post su Facebook dal titolo “Repubblica l’ha fatta grossa” arriva ad ipotizzare le dimissioni del direttore Mario Calabresi e accusa il quotidiano di “coprire il Pd”.

    Ma proprio Calabresi conferma tutto.

    Più moderato, meno complottista ma decisamente più possibilista il commento della Lega: “Al contrario di quanto scrive il quotidiano La Repubblica oggi, non c’è mai stato un incontro tra il segretario della Lega Matteo Salvini e Davide Casaleggio. È l’ennesima fantasia giornalistica. Non si esclude, comunque, che in futuro i due possano vedersi”.

 

Vai al sito www.unita.tv

       

     

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Centrosinistra, un equilibrio da perseguire

 

Il Pd non rappresenta l’insieme delle forze e dei

soggetti che si riconoscono nel centrosinistra

 

di Danilo Di Matteo

 

Il voto di domenica scorsa conferma ciò che da tempo va emergendo. Da un lato, come sottolineato ad esempio dal segretario del Psi Riccardo Nencini, il Pd non rappresenta l’insieme delle forze e dei soggetti che si riconoscono nel centrosinistra; dall’altro, come ricordato dal segretario dem Matteo Renzi, non è auspicabile ripetere l’esperienza dell’Unione: di una coalizione, cioè, rissosa e incapace di interpretare una linea chiara.

    Da qui l’esigenza di fare appello all’arte e alla scienza della politica al fine di coniugare le due istanze, in apparenza tanto lontane se non opposte: pluralità e coesione. Occorre una sintesi che le comprenda, senza mortificarle. E forse ciò è possibile solo elevando il livello dell’elaborazione politico-culturale e provando a porsi in sintonia con quanti, a ogni livello, spingono in direzione della modernizzazione e della giustizia sociale.

      

     

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Per un’economia civile

 

Modelli felici per il vivere comune.

#nuoveecologiedelvalore per un’economia civile

 

Tavola rotonda a Firenze su beni comuni ed economia civile con:

 

Tomaso Montanari, presidente di Libertà e Giustizia

Massimo Bressan, presidente Teatro Metastasio e

Carlo Andorlini, Università di Firenze.

 

Partendo dal tema dei beni comuni proveremo a ipotizzare

come si possa costruire una comunità sostenibile dal punto di vista

sociale, economico, intergenerazionale.

 

Modelli felici per il vivere comune.

Sede: 91C: coworking space e coworkingcaffé,

Via F. Corridoni 91, Firenze

Mercoledì 14 giugno alle ore 18:00

http://circolorosselli.it

 

    

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Le ruspe del capocomico Grillo

 

Il capocomico ha cambiato copione. E riscoprendosi un’anima leghista, ha mobilitato le ruspe (le stesse di Salvini) contro i rom. Beppe Grillo conosce Roma più o meno come un abitante di Stoccolma conosce Dakar. E così parla solo per verificare che dalla bocca gli esca fiato. Comunica ai cittadini romani che ora “la musica cambia”.

    Quale musica? Quella che doveva cambiare un anno fa con la travolgente vittoria dell’algida Virginia Raggi? Quella ribadita tutte le volte che riemergeva mediaticamente l’inutilità di una giunta di cui nessuno a Roma avverte né la presenza né, ancora peggio, la mancanza tanto ormai la comunità è abituata a far da sola, cioè a combattere quotidianamente con un senso di abbandono che si trascina da tempo (oggettivamente, da prima dei nuovi governanti)? Niente più accattoni nella metropolitana?

    Ad avercela una metropolitana funzionante, visto che venerdì si svolgerà a Roma il solito sciopero del week end che paralizzerà (o semiparalizzerà) la città nel totale disinteresse di Virginia che nel frattempo ‘scrive’.

    Cosa scrive? Dei campi rom? Certo sono una vergogna, un insulto alla civiltà. Ma la città è piena di “campeggiamenti” abusivi, piccoli, quasi invisibili, nascosti in anfratti che poi vengono abbandonati con una eredità di sporcizia che alla sindaca, però, sfugge (forse perché non può essere tema di lettere al prefetto ma solo a sé stessa). Smettetela di fare campagna elettorale sulla pelle dei romani. E, soprattutto, la smetta Grillo di parlare di una città che frequenta poco e conosce ancor meno.

      

             

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Molle, distratto, rassegnato

 

Un bilancio dell’anno scolastico 2016-2017

 

di Giorgio Morale

 

Segnalo l’ultima puntata di vivalascuola del 2016-17, dedicata a un bilancio dell’anno scolastico:

 

https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2017/06/05/vivalascuola-214/

 

“Questo è stato l’anno scolastico più molle, distratto, rassegnato che ci sia stato da alcuni decenni“. Lo scrive Marina Boscaino in questa puntata di vivalascuola. E come sarebbe potuto essere altrimenti?

    Da due anni la scuola sconfigge Renzi in tutti gli ambiti. Contro la politica scolastica di Renzi la scuola ha prodotto il più grande sciopero della scuola dalla nascita della Repubblica, quello del 5 maggio 2015. Ha ridicolizzato la politica di Renzi, impegnandosi in occasione del referendum del 4 dicembre 2016 per la vittoria del No alla “riforma” della Costituzione proposta dal premier.

    Eppure Renzi, battuto al referendum da quasi 20 milioni di elettori, riappare come arbitro della politica italiana in virtù di circa 1 milione e 400.000 voti ottenuti alle primarie del suo partito.

    Cosa occorre perché un politico capisca che una linea politica non è gradita? Perché eserciti la pratica democratica dell’ascolto? Perché mantenga i propositi di farsi da parte espressi nel momento della sconfitta?

       

  

LETTERA

 

Non vorrei

sbagliarmi

 

Non vorrei sbagliarmi, ma ho idea che, dopo un momento di titubanza, Grillo e Salvini si stiano preparando alle politiche facendo fronte comune. Con tante ipocrisie, tipo una “coalizione tecnica” solo al Senato. per approfittare del consultellum.

    Ma in un paese dove solo il 7% dei cittadini dichiara di aver fiducia nei parlamentari, è molto conveniente mettere  l’antipolitica contro la politica, gli inesperti contro gli inconcludenti, i poco istruiti contro i maneggioni, ecc. 

    Il programma comune minimo è già individuato: protesta continua contro le “ingerenze” dell’Europa, muri contro gli immigrati, cacciata dei Rom: la linea di successo del vecchio sindaco di Treviso, Gentilini. E di Trump. Sicuramente piace anche a Grillo e ai suoi “moschettieri del duce” capitanati da Di Maio: peggio per i militanti grillini che arrivano da movimenti come quello dell’acqua bene comune, che già oggi si trovano contro i loro sindaci.

    I politici politicanti tradizionali invece si presenteranno divisi: non si può neanche parlare di un accordo con lo screditato Berlusconi (la Meloni infatti starà con Salvini). Ad Alfano si è già sbattuta la porta in faccia, e tutto sommato, con la gentaglia che si porta dietro, non si poteva fare diverso.

    Tutto quello che sta a sinistra del PD è geneticamente incapace di far coalizione con qualcuno, anche al suo interno: i quindici piccoli Lenin non possono essere disturbati dall’impegno di parlarsi addosso rimasticando teorie e proposte buone per la prima metà dello scorso secolo, trovando come unico interlocutore la Camusso in crollo vertiginoso di iscritti.

     Io spero di farcela a emigrare a Mauritius, dove la locale TV darà alle notizie italiane lo scarso peso che si meritano. Quello che gli dà Trump, che si è messo platealmente a dormire a Taormina  mentre parlava Gentiloni, il quale, come gli hanno spiegato i suoi portaborse, non conta niente perché non ha l’atomica.

 

Claudio Bellavita, e-mail

 

Sì, ma sarebbe da ridere se non fosse da piangere. – La red dell’ADL

       

     

L’AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 – CH 8036 Zurigo

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

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