“Nulla di nuovo sul fronte europeo”

Alla Mostra del cinema di Venezia arriva “L’Ordine delle Cose” di Andrea Segre, su Libia, Italia e migrazioni. Intanto “Merkel e Marcon festeggiano l’operazione italiana in Libia. Il governo italiano festeggia la riduzione degli sbarchi. È sempre la stessa triste storia… – scrive Segre.

 

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UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI
LA CAMPAGNA 2017 DI COMUNE

L’ASCOLTO, LA PAROLA E LA SPERANZA [GIOVANNI FIORAVANTI]
“Ragionare e ascoltare in comune è già una grande rivoluzione ed è rivoluzionario il fatto di poter continuare a farlo. Nessuno nutre più speranze palingenetiche, ma condividere la parola è un segno di grande civiltà e di grande speranza…”

OGGI SONO FELICE [CRISTINA SANSONE]
“Vi seguo da quando siete nati cinque anni fa anche se non sempre ho potuto dare il mio contributo. Oggi sono felice che siate riusciti ad arrivare fino a qui… Aderisco perché raccontate sogni possibili. Aderisco perché c’è un immenso bisogno di Comune…”

 

NULLA DI NUOVO SUL FRONTE EUROPEO
Alla Mostra del cinema di Venezia arriva “L’Ordine delle Cose” di Andrea Segre, su Libia, Italia e migrazioni. Intanto “Merkel e Marcon festeggiano l’operazione italiana in Libia. Il governo italiano festeggia la riduzione degli sbarchi. È sempre la stessa triste storia… – scrive Segre – C’è una grande fetta di mondo oggettivamente molto più povera, e molto più giovane, che non ce la fa a più a star ferma… Lo fanno sempre di più e senza rispetto di chi continua a impedirglielo… Di fronte a questa agitazione i governi dei paesi ricchi fanno esattamente come con la bolla finanziaria: non si occupano delle cause del problema, ma aiutano i responsabili di quelle cause…”
ANDREA SEGRE
 

CI VOLETE RENDERE INVISIBILI
«Ci volete rendere invisibili» (Gibron). «Sono stato in alcuni parchi, ci spostiamo continuamente, e in piccoli gruppi, per paura di essere cacciati anche dalle panchine» (Emanuel). «Avevo un album con le foto della mia famiglia: io da bambino ad Asmara, il giorno della mia laurea, mio figlio appena nato… tutto perso» (Simon). «Ho paura delle persone… Sono fuggita dalla dittatura e ho trovato la guerriglia» (Abeba). Che fine hanno fatto gli sgomberati di Piazza Indipendenza? Cosa pensano? Centinaia di persone sparse per Roma, nessuna alternativa concreta, nessuna prospettiva futura. Si muovono, riposano, mangiano e si incontrano nelle strade della città. La maggior parte si sveglia per terra e va a dormire per terra. Reportage
SARA NUNZI

PIAZZA INDIPENDENZA, PARIGI
In Piazza Indipendenza, a Roma, è andato in scena un tentativo, come altri, di saggiare la fragilità o meno di quella linea rossa che demarca il terreno di agibilità, di esercizio dei diritti di cittadinanza, di libertà. Intanto, Nel vertice di Parigi si riafferma la distinzione tra rifugiati, migranti economici e non, distinzione figlia di un approccio coloniale. Per questo non basta solo mobilitarsi, abbiamo bisogno di decostruire le categorie per ridar loro significato. A suo tempo Giorgio Agamben, ricorda Francesco Martone, affermò anche la necessità di andare oltre i “diritti umani”, nel trattare il tema delle migrazioni, perché la categoria di diritti umani è incardinata nella centralità dello stato-nazione, nella sovranità na zionale, che oggi si vorrebbe riproporre a destra e manca come soluzione ai grandi mali dell’umanità
FRANCESCO MARTONE
 

SOLUZIONE FINALE
L’Unione europea ha deciso: forniremo armi e spiccioli perché i militari di Libia, Ciad, Mali e Niger tentino di impedire in tutti i modi a milioni di uomini e donne, ridotti alla fame da colonialismo e riscaldamento globale, di migrare. Scrive Franco Berardi Bifo: “L’Unione è stata in questi anni uno strumento per lo spostamento di risorse dalla società al sistema bancario, ora si trasforma in macchina per lo sterminio… C’è modo di fermare questo orrore? Non lo so…”
FRANCO BERARDI BIFO

LO STERMINIO COME SOTTINTESO IMPLICITO
Dietro la cosiddetta “lotta agli scafisti”, si gioca da anni, almeno dal 2009 – anno dei respingimenti collettivi condannati dalla Corte europea di Strasburgo – la vera eliminazione dei migranti in fuga
FLORE MURARD-YOVANOVITCH

L’AFRICA E LA GUERRA DIMENTICATA
La Repubblica Democratica’ del Congo è una di quelle terre in conflitto perenne, un giacimento di minerali dallo zinco ai diamanti, all’uranio su cui si concentrano le bramosie degli altri paesi. Cinque milioni di morti in conflitto e impoverimento massimo del suo popolo per quella che da venti anni è la guerra più sanguinosa in corso dopo la Seconda guerra Mondiale e al tempo stesso una delle meno note. This is Congo – fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia – racconta in profondità un paese una volta bellissimo scegliendo la strada delle storie, quattro personaggi che rappresentano l’estrema resilienza del popolo congolese: un sarto che cuce gli abiti girando nei campi profughi, un minatore, un solato, una spia
ALESSANDRA MAGLIARO

IL DISEGNO È TE CHE NON SEI TE
“Non so se Pablo Picasso abbia ragione, quando afferma che «tutti i bambini sono artisti nati» e che «il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi». Certo la scuola – osserva Franco Lorenzoni, maestro -, in modo spesso inconsapevole, aumenta questa difficoltà quando impone una innaturale e ingiustificata gerarchia tra i diversi linguaggi… Già nelle ultime classi elementari parecchi bambini si allontanano dal disegno e alle medie sono tanti i ragazzi che sostengono di non saper disegnare…”. Insomma, c’è un’arte da recuperare a scuola, quella del disegno, un’arte capace di dire di noi oltre la nostra volontà
FRANCO LORENZONI

IL MIX MICIDIALE DI URAGANI E PETROLIO
Harvey ha allagato Houston provocando morti, sfollati e danni incalcolabili. Ma la città e le sue comunità più fragili sono devastate prima di tutto dai fumi tossici. Un quarto di tutto il petrolio Usa viene da qui, come pure il 40 per cento dei fertilizzanti agricoli e il 50 per cento del combustibile aereo. L’aria è irrespirabile. L’uragano ha colpito il cuore dell’America petrolifera
MARIA RITA D’ORSOGNA

LA FURIA INARRESTABILE DEL MERCATO
Sfidare la logica del Pil, demitizzarlo, ricostruire le ragioni per cui è nato, detronizzarlo restano operazioni culturali necessarie. Per resistere al dominio del Pil abbiamo bisogno di accompagnare alcuni processi avviati in basso, dove si sperimentano relazioni sociali liberate dall’ossessione della crescita monetaria. Guardiamo ad esempio a ciò che è successo in Argentina durante la crisi o in Grecia oggi tra officine autogestite, sistemi di scambio non monetari, mutualità, condivisione. E ancora, guardiamo gli esempi suggeriti dalle «8 R» di Serge Latouche, le esperienze delle Transition Town inglesi, l’ecomunicipalismo catalano…
PAOLO CACCIARI

QUALCHE CARICO DI BUCCE DI ARANCIA
Nel 1997 vennero rilasciate 12mila tonnellate di bucce d’arancia su un terreno incolto e semiarido in Costa Rica. Venti anni dopo qualcuno è tornato su quel pezzo di terra: è incredibile cosa ha trovato…
M.R.D.

LA STORIA INFINITA DEI CENTRI COMMERCIALI
Ancora traffico, rifiuti, cemento. L’ossessione dei centri commerciali non smette di diffondersi: nel padovano ne arriveranno molto presto altri due. “La gente per fortuna scende in piazza e protesta. Eppure, protestare e scendere in piazza contro questi ecocidi non basta. Dobbiamo protestare ogni volta che mangiamo, che acquistiamo, che ci muoviamo. Dobbiamo essere una protesta vivente, un’obiezione di coscienza permanente: boicottare i centri commerciali, comprare nei mercati locali, dai produttori diretti, andare in bici, in treno, in bus. Noi cittadini abbiamo un potere enorme. Usiamolo…”
LINDA MAGGIORI

POSSIAMO CHIAMARCI INDIGENI?
La proposta lanciata dal Consiglio Indigeno di Governo e dagli zapatisti, in occasione della candidatura di María de Jesús Patricio Martínez alla presidenza del Messico, non è certo rivolta alla competizione per ottenere voti. Intende portare all’attenzione di tutti le condizioni in cui vivono i popoli indigeni e contribuire a una ricostruzione politica sociale smantellando gli apparati marci dello Stato, spiega Gustavo Esteva. Riapre, però, anche alcuni aspetti della grande questione dell’identità indigena: gran parte di coloro che fanno parte di popoli indigeni non si definiscono come tali, soprattutto in relazione al significato coloniale della parola, cioè “originario del Paese in questione”. A partire dalla Dichiarazione d i Barbados (1971), il termine ‘indigeno’ ha cominciato a essere usato come affermazione politica, il che gli ha dato un significato nuovo, non necessariamente dipendente dalla nascita o dall’affiliazione. Il Consiglio Nazionale Indigeno non è stato creato infatti come un’organizzazione, un partito o una forma di categorizzazione, ma come uno spazio di incontro di coloro che sono assemblea quando sono insieme e sono rete quando sono separati. Inoltre, nel Consiglio Indigeno di Governo potrà entrare qualsiasi persona che si dichiari indigena, secondo il principio di autodefinizione riconosciuto a livello internazionale. Ma che fare con gli altri? Chi sono i “non indigeni”?
GUSTAVO ESTEVA
 

ECUADOR: PERCORSI FUORI DAL LIBERISMO
L’autogestione e le relazioni basate sulla solidarietà nelle molte comunità indigene presenti in Ecuador. L’organizzazione sociale fa della “minga”, un’attività tradizionale segnata principalmente dal lavoro comunitario, la base dell’autogestione dei servizi. Il fine resta il raggiungimento del sumak kawsay (parola kichwa tradotta in spagnolo con “buen vivir”), ovvero la costruzione quotidiana di una società inclusiva, solidale e rispettosa dell’ecosistema. Una interessante rilettura sintetica di questa realtà, vista attraverso l’esperienza diretta di Riccardo Sacco, giovane impegnato nel servizio civile proprio in Ecuador e uscita nella sezione “Ecologia politica” di E ffimera, che da tempo ha aperto una feconda discussione su “neo-operaismo e decrescita”
RICCARDO SACCO
 

La pratica del Chaupadi è ancora molto diffusa nelle zone rurali del Nepal occidentale ma lo è anche in altre zone della regione indiana, così come lo è stata in passato anche in diverse regioni del Mediterraneo. Prevede l’allontanamento dalle proprie abitazioni delle donne durante il periodo del ciclo mestruale. Tra le ipotesi più accreditate sul suo mito fondante, c’è la rabbia degli dei per il fatto che quando le donne avevano il ciclo stavano a casa e non lavoravano ma le credenze legate alla mancata “purezza” delle donne “mestruate” sono moltissime e comportano spesso conseguenze gravissime. Naturalmente, il mondo occidentale contemporaneo non è affatto immune da pratiche demonizzanti e discriminatorie di questo tipo. Utilizza soltanto metodologie molto più sofisticate. Potete farvene un’idea piutto sto precisa leggendo, per esempio, questa bella riflessione su Abbatto i muri
PATRIZIA LARESE
 

DISASTRI, LE PRIME ORE SONO STRATEGICHE
Media, pregiudizi e stupide discriminazioni
CROCIFISSO ALOISI

ALZARSI ALLE 6 DI MATTINA
I marocchini e i cinesi tra i banchi del mercato più grande d’Europa, le ragazze nigeriane in strada, la ThyssenKrupp, le scritte dei No Tav, le donne somale della scuola di italiano… Sguardi sulla vita di ogni giorno, tra Torino e la Valle di Susa
LINO DI GIANNI
 

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AGENDA

ESSERE ROSSANA ROSSANDA

L’AQUILA CALLING: DIBATTITO CON MIGRANTI E RIFUGIATI

 

 

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