«Il senso dello Stato che contraddistingue il liberalismo troverebbe proprio nel servizio civile una sua riproposizione in questa nostra epoca postmoderna… Non si dà alcun obbligo o forzatura all’altruismo, bensì un mix di erogazione di prestazioni sociali tramite l’attivazione della società civile e di formazione ed educazione alla cittadinanza e alla convivenza in una comunità plurale»
L’AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana – Casella 8965 – CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano
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Civilian Service – «Il senso dello Stato che contraddistingue il liberalismo troverebbe proprio nel servizio civile una sua riproposizione in questa nostra epoca postmoderna… Non si dà alcun obbligo o forzatura all’altruismo, bensì un mix di erogazione di prestazioni sociali tramite l’attivazione della società civile e di formazione ed educazione alla cittadinanza e alla convivenza in una comunità plurale (di identità, gruppi sociali e anagrafico generazionali)». – Massimiliano Panarari
Il terrore e il furore – «Il terrore e il furore con cui l’Unione Europea e il governo italiano affrontano l’arrivo dei profughi nascono dall’oblio del passato e dall’incapacità di guardare al futuro. I profughi che hanno raggiunto l’Europa nel 2015 (l’anno di maggior afflusso) sono meno dei “migranti economici” arrivati o “legalizzati” ogni anno prima del 2008… Ma quel milione e mezzo è solo la metà degli abitanti che un’Europa sempre più vecchia perde ogni anno. Così tra non molto i governi europei dovranno richiamare nei loro paesi i fratelli e i figli di quegli esseri umani che oggi cercano di far annegare nel Mediterraneo, far morire di sete nel Sahara, far schiavizzare dalle bande che controllano la Libia, far azzannare dai cani e bastonare dalle guardie alle barriere di filo spinato dei Balcani». – Guido Viale
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EDITORIALE
A casa nostra e a casa loro
di Andrea Ermano
Si avventurano fino ai nostri bagnasciuga, disturbando le vacanze. Non provengono da zone in guerra o ufficialmente sottoposte a dittatura. Diffondono ogni genere di malattie costringendoci a reintrodurre i vaccini che eravamo riusciti a evitare in odio alle industrie farmaceutiche. Fanno figli. Figli che pretenderanno lo ius soli e poi chissà cosa. Vengono a rapinarci nelle nostre stesse case. Stuprano rumorosamente e sciattamente (non sistematicamente, silenziosamente, come si usa in certe brave cerchie familiari). Ammazzano passanti in atti terroristici sempre più sgangherati (non in nome dell’ordine e della disciplina come facevano i nostri vecchi servizi segreti deviati ai tempi delle stragi sui treni, nelle piazze e nelle banche). Ecco riassunta la “narrazione” sui migranti che si trae da giornali e telegiornali. E allora sorge la domanda: se così fosse (ma non è così!), che cosa dovremmo fare? “Aiutiamoli a casa loro”. Questa la risposta che tutti ti danno. Vabbè, siamo in campagna elettorale. Lo sapevamo. Ma lo xenofobo, cioè colui che rintraccia nello straniero una nicchia per la propria paura, userà la formula “aiutiamoli a casa loro” come tattica verbale. Dice “aiutiamoli”, ma intende “buttiamoli a mare”, come proclamava la Lega di dieci anni fa. Oggi non si dice più. Oggi non vale la pena spacciare la xenofobia per coraggio nazional-padano. Meglio lasciare che tutto, financo la sicurezza nella quale pure viviamo, si traduca in un’insicurezza diffusa. Perché nella storia umana mai c’è stato un tempo più sicuro del presente. Ma proprio perciò l’istinto profondo della paura si scopre disoccupato e teme d’implodere. Quindi, sì, aiutiamoli a casa loro. Uno straniero al giorno scaccia di torno la malinconia. Tanto poi mica nessuno va a verificare che tipo o quantità o qualità di aiuto gli si presta, a casa loro. Il governo italiano «cerca di spostare i confini dell’Europa al di sotto della Libia, per non farvi entrare chi scappa da dittature, guerre o disastri ambientali, gli altri governi dell’Unione europea hanno invece spostato da tempo quei confini alle Alpi», osservava il sociologo Guido Viale sul quotidiano “il manifesto” del 26 luglio scorso (vai al blog di Guido Viale). Gli altri stati europei stanno, insomma, facendo dell’Italia quello che il nostro Governo vorrebbe fare della Libia: «un deposito di esseri umani “a perdere”». Siamo retrocessi ancora una volta alla casella dei “centri di trattenimento libici”, dove massicciamente regnano condizioni subumane, oltre che la rapina, lo stupro e l’omicidio. A futuro monito delle masse sub-sahariane, a che mai più venga in mente a qualcuno l’insana fantasia di trasferirsi dall’Africa in Europa, il continente più ricco del mondo… Ma perché facciamo tutto ciò? L’Italia, e l’Europa, avrebbero bisogno di quei migranti, ma per accoglierli bisognerebbe spezzare prima il bando sovrano liberista che vieta le politiche di piena occupazione. Ché già solo a pronunciare questa formula si rischia il ridicolo. Perché, si obietterà, i robot, i computer, i software ecc. si stanno sostituendo ai contadini, agli operai, ai soldati, ai medici, agli avvocati e persino agli ingegneri. Quindi, che senso ha parlare di piena occupazione? La risposta qui per un verso investe il domani, per l’altro interpella però già il nostro oggi. Domani, la fuoriuscita dell’umanità dalla produzione esigerà di essere governata. Pena il disastro. Ma – pensateci – nessuno può governare una transizione che investe l’intera umanità, se non forse l’umanità stessa. E, infatti, una governabilità globale, ormai sempre più indispensabile, nessuno l’ha ancora vista. La fuoriuscita dell’umanità dalla produzione sarà ingovernabile senza che ciascuna e ciascuno di noi, mentre vede ridursi la propria attività strettamente economica, aumenti gradualmente il proprio impegno civile. La futura governabilità, dunque, appare possibile solo in un progressivo transito delle energie umane dalla dimensione strettamente economica a quella della cittadinanza. Un altro lavoro è possibile. Già oggi, però, è evidente che un sistema di allocazione delle energie e delle risorse produttive fondato sulla massimizzazione del profitto, pur dimostrandosi molto efficiente in certi campi, appare completamente cieco, invece, rispetto a una lunga serie di bisogni e interessi vitali. Per esempio, il capitale non “vede” come problemi “suoi”, da risolvere, le grandi masse di giovani disoccupati che affollano le coste mediterranee, o le grandi masse di persone che aspirano a trasferirsi dall’Africa in Europa, o le macerie dei territori colpiti da disgrazie naturali o belliche, o il compito di una riconversione eco-compatibile (e anti-sismica!) dell’intero parco immobiliare europeo. Tutte questioni che ufficialmente “non esistono” perché non ne consegue alcuna massimizzazione del profitto. Vale la pena qui avvertire che le due prospettive, quella del domani e quella dell’oggi, sono strettamente intrecciate, ma non identiche. L’una, quella del domani, s’innerva nella “destinazione” tecnico-scientifica della nostra intera civiltà e apre a scenari inediti, inauditi. L’altra, quella dell’oggi, riguarda “solo” il destino del capitalismo che è una forma storica di mercato giunta palesemente ai propri limiti di senso. Un altro mercato è possibile. Ciò detto per non rimanere prigionieri del pensiero unico, torniamo ai migranti, di cui gli stati europei, le società europee, avrebbero molto bisogno. Quindi, occorrerebbe, si diceva, una strategia generale d’integrazione in Europa. E d’altronde, non ha torto Guido Viale quando scrive che «è inutile vaneggiare di piani Marshall per l’Africa senza dire a chi sono diretti». Perché quei paesi non potranno certo rinascere per opera delle multinazionali che li stanno devastando, o di governi corrotti e sanguinari «che costringono a fuggire la parte migliore dei loro concittadini». Per Viale ci vorrà «una nuova grande leva di migranti e di cooperanti europei impegnati a costruire insieme non solo una nuova Europa qui, ma anche una grande comunità euro-afro-mediterranea là; aperta alla libera circolazione, non dei capitali, ma delle persone e delle loro aspirazioni». Per Viale, una grande strategia di “integrazione” dei migranti deve anzitutto «offrire a loro e, insieme, ai 25 milioni di disoccupati creati con la crisi, un lavoro». E anche qui, si obietterà che già appare del tutto irrealistico favoleggiare di “piena occupazione” per i nostri milioni di disoccupati…Figuriamoci, dunque, come sarebbe possibile assorbire anche milioni di migranti. «Per mettere tutte quelle persone al lavoro», argomenta Viale «ci vuole un grande piano di investimenti diffusi. Quel piano è la conversione ecologica, come prescritto dagli impegni presi al vertice di Parigi. Ma è un piano che non può riguardare solo l’Europa: deve coinvolgere anche i paesi di origine dei nuovi arrivati». Quindi non si tratta di “aiutarli a casa loro”, conclude Viale, bensì di aiutarli qui in Europa «ad aver voce e a rendersi parte attiva della pacificazione dei loro paesi in guerra; e, quando potranno tornarvi (e molti non aspettano altro), della loro ricostruzione, del loro risanamento ambientale e sociale, della loro conversione ecologica, con progetti e interventi analoghi a quelli da sviluppare qui».
Il sociologo e saggista Guido Viale
Per fare tutto questo, però, non basta semplicemente “un grande piano di investimenti diffusi”. Occorre, aggiungiamo noi, immaginare una rete non meno diffusa di istituzioni in grado di organizzare il grande progetto. Questa rete di organizzazioni è stata prefigurata da Ernesto Rossi nelle sue celebri considerazioni dedicate all'”esercito del lavoro”, tra cui quelle apparse su “Il Mondo” del 27 maggio 1950. Di lì bisogna attingere, per realizzare un grande Servizio civile nazionale ed europeo, aperto ai migranti, che affianchi e sorregga l’intero processo. Utopie? Lo vedremo. Per intanto, è bello constatare che queste “utopie” ricominciano a prendere piede nella società civile, come testimonia l’interessante saggio breve di Massimiliano Panarari – “Qui ci vorrebbe un servizio civile” – apparso sull’Espresso del 30 luglio scorso. «La società atomizzata ha un antidoto», sostiene Panarari, «un periodo in cui i ragazzi si conoscono, si mescolano, imparano l’empatia sociale». (Leggi il saggio breve di Panarari sul sito de L’espresso)
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SPIGOLATURE
Giocattoli alla dottor Stranamore
di Renzo Balmelli
CATASTROFE. Se ha ancora un senso il vecchio adagio secondo il quale la guerra è troppo seria per essere lasciata ai generali, sarà cosa buona e giusta che gli strateghi americani e nord coreani vengano posti senza indugi in condizioni di non nuocere. Poiché, se è vero che se chi li comanda, Trump a Washington e Kim Jong-un a Pyongyang, sembrano finti, oltre che ridicoli nella loro buffonesca prosopopea, tali non sono invece i giocattoli alla dottor Stranamore coi quali si trastullano sul palcoscenico mondiale. Basterebbe che uno solo di quegli ordigni sfugga al loro controllo, ammesso e non concesso che codesto controllo siano in grado di esercitarlo, ed ecco che il globo andrebbe incontro a una catastrofe incommensurabile. Su come si sia giunti a questo punto nemmeno i migliori analisti sono finora riusciti a dare una risposta univoca. Negli scaffali traboccano i testi sulle oscillazioni del pendolo che scandisce le sorti dell’umanità e che già in passato diede origini a crisi e conflitti gravissimi. Ora però la minaccia si è fatta ancora più acuta. Gli ordigni nucleari sono finiti nelle mani di chi ha imparato a non preoccuparsi e ad amare la bomba senza che nessuno sia riuscito a impedirlo. L’accesso alle armi atomiche – che, sia detto per inciso, onde evitare pericoli andrebbero tutti eliminati e distrutti – è di una facilità irrisoria. Che se ne occupino solo pochi malintenzionati e che il numero degli arsenali tenda ad aumentare non consente di dormire sonni tranquilli.
SCATOLONE. Ciò che era drammatico prima della pausa estiva, lo è rimasto mentre stavamo in panciolle sotto l’ombrellone. La quotidiana tragedia dei migranti è proseguita senza soste e chi ci specula in modo osceno per seminare paura e raccattare voti a buon mercato non ha perso una sola occasione per lucrare anche sui morti. Senza fare distinzioni, ma buttando tutti nello stesso calderone, nello sgangherato linguaggio della destra xenofoba, chi sfugge dai regimi liberticidi in cerca di un angolo di tranquillità per sé e i suoi cari, non viene più considerato un profugo, ma uno scansafatiche, un approfittatore, un criminale, uno stupratore. Nel mesto corteo dei barconi della speranza che galleggiano sul caos, ormai si è perso qualsiasi reale controllo della situazione. In quello scatolone di sabbia, come Gaetano Salvemini definiva la Libia, la propensione sempre in auge a disgregarsi piuttosto che a unirsi evidenzia una condizione geo politica che vanifica qualsiasi progetto. In questo contesto lacerato e privo di speranze il prezzo in vite umane altissimo. Parafrasando Max Frisch si potrebbe dire che i i moderni schiavisti aspettavano braccia a buon mercato e invece sono arrivati esseri umani. Tanto peggio per loro se affondano nella nostra disumanità?
INCOGNITE. Dove conduca la Brexit alla fine del suo strano e per tanti versi incomprensibile distacco dall’Unione Europea è il tormentone che verosimilmente finirà con l’accompagnarci per molto tempo ancora e che aspetta di essere verificato, se non risolto, in concomitanza con le prossime scadenze elettorali. Quelle tedesche, ormai in dirittura d’arrivo, diranno indipendentemente dall’esito delle urne, se il modello britannico avrà degli imitatori, tra l’altro particolarmente attivi in certe frange della politica italiana, oppure se continuerà a prevalere la consapevolezza, mentre il mondo cambia e avanza, che aprirsi è il solo modo per tenere in vita questo nostro Vecchio Continente. Troppe volte infatti la storia ci ha insegnato che quando l’Europa si è fatta travolgere dal nazionalismo sfrenato è andata incontro a lunghi periodi di lacrime e sangue. Tra le tante sfide da raccogliere uniti spicca la multiforme strategia del terrorismo di matrice jihadista. L’Isis può perdere la partita sul campo, ma la sua ideologia resiste. Sarebbe una pericolosa illusione pensare che una sconfitta militare del califfato possa costituire la sua fine. Affrontare questa prova in ordine sparso significa nient’altro che andare incontro a un futuro carico di incognite.
NOSTALGICI. Tra pulsioni sovraniste, stabilimenti balneari che sembrano musei del ventennio, battute grevi sulla circoncisione degli ebrei, baruffe incredibili sullo jus soli ormai uscite dai binari del dialogo civile, l’estate tragicomica dei nostalgici da un lato ha fatto ridere, dall’altro però ha sollevato anche qualche inquietante interrogativo sulla “nave dei fascisti”. Nei blogger, protetti dal più rigoroso anonimato, a tale proposito se ne sono lette di tutti i colori e nella stragrande maggioranza dei casi erano pareri inneggianti agli scritti e ai motti del regime, sulla purezza e la virilità dell’epoca in orbace. Era quindi inevitabile, senza tuttavia perdere di vista la trama comicamente irresistibile di questa storia, chiedersi se davvero il fascismo stia cercando di uscire dai sepolcri e provi a tornare in Europa. Tale domanda se l’era già posta alcuni anni fa il premio Nobel José Saramago, il quale asseriva che le nuove falangi del Duce non avranno la camicia nera, ma non per questo saranno meno infide. Per ora l’esilarante reincarnazione del fascismo pare ispirata alla satira di Guzzanti o al personaggio del “Federale” interpretato in modo magistrale da Ugo Tognazzi nel film di Salce (opportunamente riproposto dalla televisione) non fa che confermare la conclusione alla quale giunge Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. Siamo al cospetto di un gruppo di duri che partiti per ripristinare l’ordine hanno combinato soltanto casini. E altri ne combineranno. Ma fino a quando?
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FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Le “balle” scientificamente provate di Salvini
Il capo della Lega non ha dubbi: i flussi migratori hanno fatto riapparire malattie che qui da noi avevamo da tempo debellato. Lo afferma con quell’atteggiamento che non ammette dubbi…
Ovviamente non dice di quali malattie parliamo, ma è un dettaglio. Allora siamo andati alla ricerca di qualche dato. Secondo Zsuzsanna Jakab, direttrice dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità tra chi sbarca sulle nostre coste appena il 2-5 per cento denuncia una situazione sanitaria compromessa. Per malattie infettive? Cardiocircolatorie, mentali, legate a gravidanza o ferite conseguenza di incidenti o percosse. Dunque, le infezioni non c’entrano. Forse Salvini si riferisce alla tubercolosi a cui provò ad accennare Beppe Grillo tre anni fa nel suo Blog. I dati dell’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control) riportati dagli studenti di scienze della comunicazione della Iulm tra il 1990 e il 2014 indicano una riduzione dell’incidenza da 25,3 ogni 100 mila abitanti a 6 su ogni centomila, ovvero meno 64 per cento. Difficile che il leghista possa far riferimento all’Hiv visto che non rientra tra le malattie debellate in Occidente. In ogni caso nel 2014 rispetto alla precedente rilevazione del 2006 è emerso tra gli stranieri un calo dei casi del 32,9 per cento. Allora forse Salvini parla della sifilide ma anche per questa malattia l’incidenza non sembra confermare le ipotesi del capo della Lega: nel 2010 il 7,3 per cento dei casi aveva riguardato i migranti, il 55,4 i non-migranti. Eppure Salvini ha parlato di situazioni scientificamente provate. Ma la realtà è che di provato di sono solo le sue “balle”.
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LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it
Scuola, troppi bambini non possono permettersi la mensa
Sinopoli (Flc Cgil): “È la spia delle profonde ingiustizie sociali ancora presenti nel paese. Non è tollerabile, la scuola non deve lasciare indietro nessuno, ma integrare e fare da argine alle disuguaglianze. Si intervenga tempestivamente”.
A margine del Rapporto di Save the children.
“Come talvolta accade nel dibattito politico e pubblico, c’è qualche organizzazione che attraverso ricerche e denunce, ci riporta alla realtà, più o meno drammatica, delle condizioni in cui versano le persone in carne e ossa nel nostro paese e nelle nostre scuole”. È quanto afferma Francesco Sinopoli, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza della CgIl commentando la diffusione del Rapporto di Save The Children, “Non tutti a mensa 2017”. Il rapporto, secondo Sinopoli, mette in luce £due delle disuguaglianze più drammatiche e oscene del paese: quella che ha per protagonisti gli alunni delle scuole primarie, in modo orizzontale, nella stessa città o nello stesso comune, ad esempio; e quella che ritorna sempre più spesso tra le condizioni del Nord e quelle del Sud del Paese”. Save The Children infatti scrive di “un quadro allarmante”. In 8 regioni italiane oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa. La forbice tra Nord e Sud continua intanto a essere ampia, con cinque regioni del meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (80%), Puglia (73%), Molise (69%), Campania (65%) e Calabria (63%). In quattro delle stesse regioni si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia (Sicilia 23,5%, Campania 18,1%, Puglia 16,9%, Calabria 15,7%). “E ha perfettamente ragione Raffaela Milano – continua il segretario della Flc – quando sostiene che i dati relativi al diritto alla mensa non vanno banalizzati, anzi, sono la spia delle profonde ingiustizie sociali ancora presenti in tante scuole del paese, sulle quali occorre intervenire tempestivamente. La dottoressa Milano avverte un nesso indissolubile tra il diritto alla mensa, i bisogni di socializzazione, l’incremento della povertà minorile e dei tassi di abbandoni scolastici”. L’irruzione della realtà delle nostre scuole primarie, a partire dalla sperequazione tra istituti e tra Nord e Sud, quindi “dovrebbe consigliare i decisori politici ad affrontare con maggiore serietà la questione degli investimenti nell’istruzione pubblica. La situazione drammatica delle mense scolastiche in alcune aree del paese, con tutti i significati materiali e pedagogici che essa reca con sé, è un altro di quei paletti che dovrebbero convincere il Parlamento a investire, fin dalla prossima legge di Bilancio, nella scuola pubblica tutto ciò che in questi anni le è stato sottratto, per raggiungere quel livello medio europeo di investimenti pari al 5,5% del Prodotto interno lordo”. L’obiettivo, per il sindacato, è “rendere strutturale quell’aumento dell’1% (circa 16 miliardi di euro) del Pil che ancora manca al nostro sistema scolastico. Lo impone la Costituzione, lo impone la democrazia, lo impongono autentiche politiche di lotta alla povertà e alle disuguaglianze”. Come ampiamente dimostra il rapporto di Save the Children, continua Sinopoli, “la scuola non può essere mai uno degli elementi di moltiplicazione delle disparità sociali, non può essere il contenitore del disagio sociale, né può essere una delle istituzioni che favorisce le discriminazioni tra chi può e chi non può permettersi un servizio mensa. Non è tollerabile, non è sopportabile, non è sostenibile per la nostra democrazia che alcune scuole utilizzino i tornelli, che umiliano gli alunni e le loro famiglie, che non possono fruire della mensa perché non sono riusciti a ricaricare la tessera”. “Il dibattito estivo con estemporanee proposte sulla scuola – conclude Sinopoli – di fronte a questi dati perde totalmente di senso, si deve ripartire dalla funzione costituzionale di questa fondamentale istituzione che per prima cosa non deve lasciare indietro nessuno, integrare, fare da argine alle disuguaglianze, educare alla cittadinanza e alla democrazia”.
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Da Avanti! online
Legge elettorale. Ultima possibilità di intesa
La Commissione Affari costituzionali della Camera ha ripreso l’esame della legge elettorale, rinviatagli dall’Aula l’8 giugno scorso, dopo che un voto a scrutinio segreto fece saltare l’accordo tra Pd, M5s, Fi e Lega. Tutti i gruppi parlamentari hanno espresso la disponibilità a riprendere l’esame della legge elettorale partendo dal testo che l’Aula ha rinviato in Commissione. È quanto è emerso alla seduta della Commissione Affari costituzionali come riferisce il presidente Andrea Mazziotti.
di Mario Muser
Danilo Toninelli ha detto che M5s, è disponibile ma vuole prima l’approvazione della legge sui vitalizi che comunque può essere approvata in breve tempo. Il primo gruppo ad intervenire sollecitando la ripresa dell’esame partendo dal testo dell’Aula è stato Forza Italia con Francesco Paolo Sisto, che ha invitato i gruppi a essere “flessibili”: “Se alla fine tutti i gruppi saranno un po’ scontenti – ha detto poi ai cronisti – vorrà dire che ognuno ha fatto una piccola rinuncia ma la legge sarà buona”. Forza Italia spinge per un sistema tedesco (anche se quello presentato di tedesco ha solo il nome). Che nella versione all’italiana corrisponderebbe a una sorta di proporzionale corretto. Un modo evidentemente per decidere le alleanze dopo aver votato. “Bisogna bandire gli interessi personali – ha proseguito Paolo Sisto – e abbandonare la scritturazione di regole autoreferenziali nella consapevolezza che la migliore transazione è quella che vede tutti un po’ scontenti. Abbiamo fiducia che la Camera, lavorando alacremente, saprà onorare il proprio ruolo e, così, rispondere alla necessità di evitare che le sentenze diventino, per inerzia ed incapacità di decidere, leggi dello Stato”. Anche Alfredo D’Attorre (Mdp) e Stefano Fassina (Si) hanno invitato a ripartire subito: “Ipotizzare che la legge elettorale si faccia dopo quella di Bilancio è escluso”, ha detto D’Attorre. “Non sono possibili altri rinvii. Si riparta dal modello tedesco, aggiungendo almeno il voto disgiunto”. “I grandi partiti – ha aggiunto – devono spiegare cosa è successo, perché hanno cambiato idea”. Infine, afferma D’Attorre, un “accordo largo non vuol dire che a una singola forza politica possa essere riconosciuto potere di veto sul testo”. Un sì è giunto anche da Maurizio Lupi, pur chiedendo una serie di modifiche, come altrettanto ha fatto Ignazio La Russa, che si è pronunciato per un premio di coalizione. Anche la Lega, con Giancarlo Giorgetti, pur dando la disponibilità a ripartire dal proporzionale, ha detto di preferire un maggioritario. Posizione ribadita successivamente anche dal segretario Salvini. “Mi auguro – afferma – che Berlusconi che dice di voler vincere lavori a un centrodestra forte e compatto che si ottiene con una legge chiaramente maggioritaria, in cui si sa chi vince la sera del voto”. Una sollecitazione a omogeneizzare i sistemi di Camera e Senato è giunta dal presidente del gruppo Misto, Pino Pisicchio, che ha anche ipotizzato di ripartire da Palazzo Madama, dove non ci sono voti segreti sulla legge elettorale. Per Pisicchio “il Parlamento non può subire l’umiliazione di rinunciare ad approvare una legge elettorale. È necessario che la politica acquisisca la consapevolezza che andare al voto con i due pezzi di legge elettorale sopravvissuti al vaglio della consulta significa avere la certezza dell’ingovernabilità. Non è certamente questo l’obiettivo che il Parlamento può perseguire. Dobbiamo, dunque andare avanti alla ricerca di un punto di convergenza”. Danilo Toninelli, pur dicendo di “rivendicare il lavoro fatto fino a giugno”, quando M5s fece l’accordo con Pd, Fi e Lega, ha detto che occorre prima approvare la legge sui vitalizi altrimenti il “clima politico” renderebbe difficile portare avanti la legge elettorale. Ad una domanda del relatore Emanuele Fiano, Toninelli ha risposto che comunque i vitalizi possono essere approvati in breve tempo. Fiano, parlando come capogruppo del Pd in Commissione, ha anch’egli dato la disponibilità, purche’ del futuro accordo facciano parte i quattro principali partiti che sottoscrissero il patto a giugno, allargando anche ad altri l’intesa. Domani una nuova seduta e l’ufficio di presidenza che potrebbe stabilire il termine per la presentazione del testo base e degli emendamenti. Vai al sito www.avantionline.it/
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Da MondOperaio
Servire i cittadini
Servire i cittadini – Forum degli amministratori socialisti Orvieto 8-9 settembre 2017. La kermesse socialista si aprirà l’8 settembre alle ore 13 con i tavoli di lavoro. Dalle 17 alle 20 le relazioni in seduta plenaria – presiede Gennaro Acquaviva – con Massimo Seri, Cesare Pinelli, Fabio Natta, Claudio Martelli, Livio Valvano, Luciano Pero, Luciano Baccheta, Mario Abis, Roberto Perrotta, Enzo Mattina. Si discuterà di riforme istituzionali e degli enti locali, migranti, sud, giovani e militanza politica. Sabato 9 settembre l’evento si aprirà alle 9.30, con i dibattiti politici presieduti da Luigi Covatta. Intervengono: Maria Cristina Pisani, Pia Locatelli, Oreste Pastorelli, Enzo Maraio, Fausto Longo, Enrico Buemi, Mauro Del Bue, Bruno Zanardi, Marco Cammelli, Giuseppe Roma, Carlo Vizzini, Gian Franco Schietroma, Matteo Ricci. Sono previsti interventi di Lorenzo Guerini e Riccardo Magi. Le conclusioni sono affidate al Segretario Riccardo Nencini.
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Dalla Fondazione Rosselli di Firenze
Spini ricorda Carlo e Nello Rosselli nell’ottantesimo del vile agguato fascista
La Fondazione Circolo Fratelli Rosselli e la Mairie de Bagnoles de l’Orne hanno tenuto il 7 giugno scorso una commemorazione pubblica di Carlo e Nello Rosselli di fronte al monumento a loro dedicato a Bagnoles de l’Orne, sul luogo dove avvenne l’assassinio.
Valdo Spini a Bagnoles de l’Orne il 7 giugno scorso
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LETTERA DA WASHINGTON
Il libro di Renzi, secondo me
“Le falsità allucinanti che ti piovono addosso quando sei fuori da tutto sono come le lodi sperticate di cui ti ricoprono quando sei al potere: non tolgono e non aggiungono nulla alla verità della tua persona, alla verità di ciò che sei. Ho pestato tanti piedi, troppi piedi per non immaginarmi che avrebbero fatto di tutto per farmela pagare. Ma ho la libertà di guardare al futuro senza padrini e senza padroni. Anzi. C’è una parola che pochi utilizzano in politica. È la parola “riconoscenza”. Quelli bravi, quelli esperti, quelli di lungo corso te la spiegano con facilità: la riconoscenza è un valore che non ti devi aspettare quando ti impegni in politica. Cancella dalla mente che qualcuno ti dica grazie per avergli offerto qualche incarico di responsabilità. Nessun politico ti ringrazierà di quello che hai fatto per lui: penserà sempre che tutto ciò che ha avuto sia stato solo merito suo. Ho sempre giudicato barbaro questo concetto. Gli obiettivi si raggiungono insieme. E quando qualche volta mi è capitato di scegliere una persona, anziché un’altra, mi sono guadagnato l’odio perpetuo dell’escluso, ma difficilmente la gratitudine di chi ho proposto.” “Più che la riconoscenza mi interessa il riconoscimento di ciò che abbiamo fatto: che si prenda atto che qualcosa è cambiato. Il fatto che uno come me, senza dover rendere conto a nessuno se non ai propri sostenitori, commoventi nella loro tenacia, sia arrivato alla guida del paese dimostra che l’Italia è la terra dove tutto è possibile. Ai ragazzi che incontravo da presidente del consiglio in carica ho ripetuto più volte: “se ce l’ho fatta io, ce la può fare chiunque di voi”. Loro si mettevano a ridere. Ma io ero serio e lo sono tuttora: se il paese più istituzionalmente gerontocratico si permette di dare le chiavi del palazzo per tre anni a un under 40 venuto dal nulla significa che tutto è veramente possibile. Bisogna crederci, però. Avere l’ardire di provarci. Non lasciare che i professionisti del “si è sempre fatto così” abbiano ancora la meglio. Tutto può cambiare, io ci credo ancora, anzi dopo quello che ho visto, ci credo ancora di più. Non ci interessa cambiare l’immagine per gratificare il nostro ego noi vogliamo cambiare l’Italia per i nostri figli. E questa Italia la cambieremo. Andando avanti, insieme.”
Quanto sopra riportato è la chiusura del libro di Matteo Renzi “Avanti” (perché l’Italia non si ferma), Feltrinelli Editore. Lo abbiamo acquistato a Roma qualche giorno fa per verificare se i tanti commenti malevoli letti sulla stampa italiana corrispondevano in qualche modo al contenuto di questo libro. È doveroso dire che noi non siamo dei sostenitori di Matteo Renzi, vuoi perché risiediamo a Washington, vuoi perché certi atteggiamenti da bar sport di Rignano sull’Arno ci avevano lasciati perplessi. Ma questo libro dell’attuale segretario generale del Partito Democratico non solo si fa leggere per lo stile leggero e attraente. Ma è soprattutto un manifesto di alto livello politico che dovrebbe fare riflettere tanti connazionali i quali in un sistema di semplificazione si adagiano sul pasquinismo politico ovvero sulle definizioni volgari delle quali sono oggetto i rappresentanti politici più noti. Per i gossipari della destra Matteo Renzi altro non è se non un “cazzaro”, volendo racchiudere in questa definizione l’eloquenza di questo giovane che ha saputo dimettersi da ogni incarico dopo la sconfitta del referendum del 4 dicembre 2016, fatto eccezionale questo delle dimissioni in un paese in cui nessun politico rinuncia alla cadrega. Matteo Renzi efficacemente ripercorre i fatti salienti dei 1000 giorni al governo della Repubblica, la dura esperienza di aver deciso il ritorno a casa senza mantenere alcuna prebenda, la voglia di riproporsi, certamente perché animato da un ego straripante, ma nella consapevolezza di dover dare la propria energia fisica e morale al servizio della rinascita di un paese, l’Italia, attraversato da convulsioni laceranti e da una insistita incapacità di mettere mano alle proprie riforme istituzionali traguardando il futuro con occhi attenti. Qualunque possa essere il proprio giudizio su questo giovane fiorentino di poco più di 40 anni, il libro si presenta come un utile strumento di individuazione della complessa realtà politica nella quale nuotano e affogano molti comprimari della casta che di Renzi sono acerrimi nemici.
Oscar Bartoli, Washington
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L’AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 – CH 8036 Zurigo
L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.
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