Comunicato CC 11/2017 – 17 settembre 2017
1917, centenario della gloriosa Rivoluzione d’Ottobre, la svolta nella storia dell’umanità
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Per l’assemblea del 23 settembre a Milano
Difendere il diritto di sciopero praticandolo!
Fare di ogni singola lotta una scuola di comunismo!
Avanzare nella rivoluzione socialista: moltiplicare il numero delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari, costituire il Governo di Blocco Popolare e avanzare fino a instaurare il socialismo!
Dopo il successo dello sciopero del trasporto pubblico e privato dello scorso 16 giugno, i cinque sindacati promotori (Cub, Sgb, Si Cobas, Usi-AIT, Slai Cobas) hanno indetto uno sciopero generale con i seguenti eccellenti obiettivi:
Abolire le disuguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati.
Forti aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro e investimenti pubblici per ambiente e territorio.
Pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi.
Contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni.
Diritto universale alla salute, all’abitare, alla scuola e alla mobilità pubblica.
Difesa del diritto di sciopero.
Contro l’accordo truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza.
Contro ogni tipo di guerra e le spese militari.
E a proposito di questo ultimo obiettivo del prossimo sciopero generale ricordiamo che la Costituzione del 1948, confermata dal risultato del referendum dello scorso 4 dicembre, esclude il ricorso e la partecipazione alla guerra (art. 11) ed esclude anche la partecipazione ad alleanze come la NATO che comporta sacrificio della sovranità nazionale non in condizione di parità con gli altri Stati, nel caso particolare con gli USA (art. 11).
Coordinamenti di delegati e di lavoratori, anche iscritti ai sindacati di regime e anche non iscritti ad alcun sindacato, si sono già fatti promotori della stessa iniziativa di lotta. A sostegno di questo sciopero stanno confluendo anche altri sindacati alternativi e di base, anche quelli firmatari dell’infame TUR (Testo Unico sulla Rappresentanza) del 10 gennaio 2014, come USB, Confederazione Cobas, ADL Cobas. Per sabato 23 settembre i sindacati promotori hanno indetto al liceo Carducci di Milano un’assemblea che prenderà decisioni definitive sulla data e le modalità dello sciopero.
Il (n)PCI impegna tutti i propri organismi e chiama i compagni e gli organismi che simpatizzano per la rivoluzione socialista che il Partito promuove, a sostenere e valorizzare lo sciopero:
– a fare di tutto perché lo sciopero sia partecipato su larga scala da tutti i lavoratori indipendentemente dal sindacato a cui sono iscritti e anche dai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato,
– a fare di tutto perché lo sciopero non resti un’operazione sindacale isolata dal corso generale delle cose, né un’operazione principalmente di affermazione dei sindacati alternativi e di base contro i sindacati di regime (e tanto meno di lotta tra gli stessi sindacati alternativi e di base), ma principalmente contribuisca a fare dei sindacati alternativi e di base i promotori della mobilitazione dei lavoratori aggregati nelle aziende e di quelli dispersi nel territorio, disoccupati o emarginati perché costituiscano organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) che prendano via via nelle proprie mani la direzione del paese e si coordinino fino a costituire un proprio governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia,
– a fare di tutto perché lo sciopero e la sua preparazione siano una grande scuola di comunismo.
Come in ogni lotta, ogni risultato immediato che i lavoratori riescono a strappare ai padroni e alle loro autorità è importante e ben venuto, ma più importante ancora è che la lotta rafforzi l’organizzazione ed elevi la coscienza dei lavoratori e delle masse popolari, la loro fiducia in se stessi e la determinazione a combattere e a vincere. Questo fa “montare la maionese” della lotta di classe, fa avanzare la rivoluzione socialista che porrà fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista impone nel nostro paese come nel resto del mondo.
Non è per caso o per cattiva volontà di singoli individui (del Trump o del Renzi di turno) o per ignoranza che la borghesia imperialista impone in tutti i terreni della vita individuale e sociale un corso delle cose catastrofico. Lo impone perché di fronte alla crisi generale del sistema capitalista generata dalla sovraccumulazione assoluta di capitale, non può fare diversamente. Ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale e il risultato dell’attività di ogni singolo capitalista, dei gruppi di capitalisti e delle loro istituzioni private e statali è il catastrofico corso delle cose in cui l’umanità intera è coinvolta. Solo instaurando il socialismo possiamo porci fine. Guerre internazionali e civili, devastazione dell’ambiente e alterazione incontrollata del clima, disastri naturali incontrollati, malattie, abbrutimento intellettuale e morale, condotte aggressive e autolesioniste degli individui, miseria, carestie, emarginazione e disoccupazione sono tutti risultati inevitabili degli sforzi della borghesia e del suo clero per prolungare a tutti i costi l’esistenza del sistema capitalista. Uno di questi risultati è anche l’eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere che i lavoratori dei paesi imperialisti avevano strappato alla borghesia durante la prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata nel mondo dalla vittoria della rivoluzione in Russia e dalla costruzione del socialismo in Unione Sovietica diretta dal Partito di Lenin e di Stalin. La potenza del marxismo come scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia è tale che già nel lontano 1927 Stalin, in un articolo della Pravda [ora nel vol. 10 del Opere Complete] in cui dettagliatamente illustrava il significato storico e mondiale di quello che gli operai sovietici stavano facendo, affermava che “l’eventuale distruzione dell’Unione Sovietica avrebbe fatto cadere per lungo tempo la vita politica e sociale dei “paesi più progrediti” nelle tenebre di una reazione nera e sfrenata”. È quello che è avvenuto quando dopo 35 anni (1956-1991) di logoramento e corruzione ad opera dei revisionisti moderni, l’Unione Sovietica è effettivamente crollata. Solo con la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato (in Italia con il consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI) e facendo avanzare la rivoluzione socialista fino all’instaurazione del socialismo, possiamo porre fine all’attuale catastrofico corso delle cose.
Instaurare il socialismo è possibile. Nel nostro paese la costituzione del Governo di Blocco Popolare è il primo tornante del percorso verso l’instaurazione del socialismo che il (n)PCI promuove inserendosi in ogni episodio e contesto della lotta di classe per mobilitare i nostri, portarli ad avanzare in organizzazione e coscienza e creare così le condizioni per uno scontro di livello superiore e avanzare fino all’instaurazione del socialismo. La vittoria è possibile, ci sono già le premesse oggettive per l’instaurazione del socialismo, le condizioni soggettive sta a noi crearle e la situazione rivoluzionaria in sviluppo rende fecondi gli sforzi dei comunisti se assimilano e usano la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, il marxismo-leninismo-maoismo sinteticamente esposto nel nostro Manifesto Programma.
La crisi del regime politico della borghesia è inevitabilmente destinata ad aggravarsi. La mobilitazione reazionaria delle masse popolari (“la guerra dei poveri contro i poveri”) è la risorsa a cui la borghesia e il clero devono per forza fare ricorso, perché non hanno altra via. La verità è che il regime politico della borghesia è debole: dipende dalle masse popolari e gli interessi di queste sono oramai irrimediabilmente antagonisti a quelli della borghesia anche in base al comune buon senso. E la mobilitazione reazionaria non risolve i problemi delle masse popolari le masse popolari: il fascismo non ha risolto i problemi delle masse popolari e le ha al contrario portate alla guerra e alla sconfitta. Parimenti la persecuzione degli immigrati non elimina i mali che affliggono le masse popolari: non dipendono dall’arrivo e dalla presenza degli immigrati, dipendono dal sistema capitalista. Ma le masse popolari sono campo aperto per l’attività di noi comunisti, per mobilitarle a partecipare alla rivoluzione socialista in corso. La mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari dipende da noi comunisti. La combattività delle masse popolari cresce man mano che per propria esperienza vedono che il Partito le dirige in modo giusto, come invece si attenua ed estingue se il Partito insiste a lungo a dirigerle su una strada sbagliata (in Italia lo abbiamo visto nei decenni dopo la vittoria della Resistenza). Il Partito comunista impara ed è scuola di rivoluzione socialista per tutti quelli che vogliono imparare.
Contro il successo di partecipazione dello sciopero dello scorso 16 giugno che ha largamente paralizzato il trasporto pubblico e privato, il governo Renzi-Gentiloni sta mettendo a punto con i gruppi dirigenti dei sindacati di regime misure che restringono ulteriormente il diritto di sciopero. Ma hanno bisogno di creare tra le masse popolari una diffusa convinzione che limitare il diritto di sciopero è giusto. La motivazione con cui questi loschi figuri cercano di convincere le masse popolari la possiamo e dobbiamo ritorcere contro di loro. Noi dobbiamo usare a fondo ogni spunto che il contesto presenta per elevare la coscienza dei lavoratori (oltre che la loro organizzazione), in particolare per rafforzare tra di essi la convinzione e l’adesione alla causa del comunismo e alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista: l’ulteriore limitazione del diritto di sciopero è uno di questi spunti. Il governo Renzi-Gentiloni, con la collaborazione dei sindacati di regime, punta a dare un ulteriore giro di vite al diritto di sciopero (cosa che le autorità e i padroni aspirano e cercano di fare in tutti i paesi dove il diritto di sciopero è oltre che sancito anche praticato dai lavoratori). La motivazione con cui cerca di creare consenso a questo ulteriore giro di vite è il “diritto degli utenti”. È la stessa motivazione usata nel 2008 dal governo Berlusconi, e in particolare dall’allora Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il socio dell’attuale segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso. Rispetto a questa motivazione è utile diffondere ancora oggi il ragionamento che propagandammo in quell’occasione. Dicevano allora Sacconi e i suoi complici e ripetono i loro imitatori oggi: “Il servizio prodotto da un’azienda non è questione che riguarda solo i lavoratori dell’azienda e il suo padrone, il titolare pubblico o privato dell’azienda. Riguarda centinaia, migliaia di altre persone. Il venir meno di un servizio le danneggia o addirittura paralizza la loro attività. Quindi si ripercuote negativamente su tutta la società. Il diritto di sciopero non può essere trattato come un diritto di cui i lavoratori addetti a un’azienda dispongono a loro volontà, considerando solo i loro interessi e ancora meno come un diritto individuale (anche se come tale è sancito dalla Costituzione italiana in vigore dal 1948), che ogni singolo lavoratore esercita a suo giudizio e secondo il suo personale interesse”.
Ben detto! È una motivazione indubbiamente consistente, di comune buon senso. Ognuno di noi si è trovato una volta o l’altra a dover fare i conti con lo sciopero di qualcun altro e solo la comprensione dei giusti motivi per cui i lavoratori ricorrono allo sciopero ci ha indotto a solidarizzare o almeno a non imprecare e protestare contro gli scioperanti.
Ma la motivazione è vera, proprio perché è vero che oggi i beni e i servizi prodotti da un’azienda (quantità, qualità, caratteristiche, risorse usate e conseguenze della lavorazione) sono questione che riguarda tutta la società e non solo i lavoratori di quell’azienda, e tanto meno riguarda solo il padrone di quell’azienda. La proprietà privata dell’azienda è il residuo, nel presente, di un passato in cui la società era diversa dall’attuale, di quando la produzione e riproduzione della società era per l’essenziale assicurata dalla piccola produzione familiare e le aziende capitaliste erano un’aggiunta. Un passato che è quello in cui il capitalismo è sorto e si è sviluppato. Effettivamente allora aprire e chiudere un’azienda, il suo funzionamento, perfino l’inquinamento che eventualmente produceva, erano questioni che per l’essenziale restavano tra il proprietario e i lavoratori di ogni azienda. La ragionevole motivazione che i Sacconi di ieri e di oggi adducono per giustificare la limitazione e la soppressione del diritto di sciopero, tanto più vale contro la privatizzazione di servizi pubblici, contro la proprietà privata di reti di servizi, di scuole, di ospedali, ecc., contro la proprietà privata di reti di distribuzione, contro la proprietà privata di ogni grande azienda che opera in condizioni più o meno monopolistiche. Provate a immaginare cosa succederebbe se per alcuni giorni o settimane mancasse la produzione di latte, di farina, di scarpe, di cemento, di acciaio, di medicine, ecc. In una società come l’attuale, la produzione e la distribuzione di quasi ogni bene e di quasi ogni servizio sono questioni di pubblica utilità e di ordine pubblico. La “guerra economica” e le sanzioni con cui i padroni del mercato mondiale (di fatto la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, statunitensi e sionisti) cercano di strozzare i regimi ostili che non osano apertamente aggredire (ieri il Cile, Cuba e altri, oggi la Repubblica Bolivariana del Venezuela, la Repubblica Popolare Democratica di Corea, l’Iran e altri) si basa su questo carattere dell’economia moderna. Ma da noi oggi il carattere collettivo delle forze produttive i padroni e le loro autorità lo fanno valere solo contro i lavoratori, contro il loro diritto di sciopero, contro le “pretese” dei lavoratori a un lavoro dignitoso, a condizioni di lavoro sicure e igieniche, a un salario decente, ecc. Lo fanno valere solo contro le “pretese” degli abitanti della Val di Susa, contro chi non vuole una discarica di rifiuti vicino a casa sua o in altre situazioni analoghe. Ma in realtà esso vale innanzitutto contro i padroni: non è compatibile con la vita della società attuale che i rifornimenti di beni e servizi correnti e comunque necessari, che la produzione e distribuzione di beni e servizi dipendano dalla convenienza e dalla volontà di un individuo che ci guadagna o no. Sono tutte questioni di interesse sociale, di interesse pubblico. Per loro natura devono quindi essere gestite pubblicamente, secondo criteri pubblicamente condivisi e sostenuti: ci vuole la gestione pubblica e pianificata dell’economia che è uno degli aspetti essenziali del socialismo e del comunismo.
Non c’è ragionevole argomento dei padroni, non c’è argomento di comune buon senso che non si ritorce contro di loro. Ma per cambiare il corso delle cose ci vuole certo la forza della ragione, ma non basta. Che decide in definitiva è la ragione della forza e la forza sta nelle masse popolari dirette dal Partito comunista che opera secondo la concezione comunista del mondo. La vittoria della rivoluzione russa di cui celebriamo il centenario e la costruzione del socialismo in Unione Sovietica nei trenta anni successivi alla vittoriosa insurrezione dell’Ottobre 1917, hanno dimostrato la verità di quello che Marx, Engels e Lenin avevano indicato.
Proprio perché il nostro paese si trova in una situazione rivoluzionaria in sviluppo l’ampiezza della partecipazione dei lavoratori allo sciopero dei trasporti e della logistica dello scorso 16 giugno ha messo in allarme il governo e i suoi mandatari. La moltiplicazione delle agitazioni popolari (dagli studenti, ai dipendenti pubblici, alle donne, agli immigrati), le proteste contro il degrado ambientale e l’incuria dei governi della Repubblica Pontificia (dalle zone terremotate del Centro, all’isola d’Ischia, a Livorno, fino alle proteste contro gli incendi, la siccità, le inondazioni e i nubifragi) fanno temere ai vertici della Repubblica Pontificia che il governo Renzi-Gentiloni faccia presto una fine analoga a quella del governo Renzi caduto sul referendum dello scorso 4 dicembre.
La preoccupazione dei vertici della Repubblica Pontificia è la conferma della forza delle masse popolari: la Repubblica Pontificia non può sopravvivere senza un certo grado di consenso o almeno di acquiescenza e disorganizzazione delle masse popolari. Il moltiplicarsi di centri di mobilitazione e di direzione non collusi con i vertici della RP è una minaccia per la sopravvivenza del regime.
È quindi importante che noi comunisti sosteniamo l’iniziativa dei sindacati e dei coordinamenti di delegati e semplici lavoratori promotori dello sciopero generale e che facciamo il massimo che è nelle nostre forze per dare allo sciopero generale un seguito e uno sbocco politico, anche al di là dei risultati immediati. Certamente è possibile strappare qua e là risultati con ogni lotta sindacale e questi risultati sono preziosi e vanno perseguiti con determinazione e forza. Ma gli obiettivi proposti con lo sciopero generale, analogamente all’obiettivo di rompere con l’Unione Europea, l’Euro e la NATO, analogamente agli obiettivi connessi all’attuazione delle parti progressiste della Costituzione del 1948, possono essere raggiunti solo con la costituzione di un governo d’emergenza che abbia la volontà e la forza di spezzare le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, statunitensi e sionisti. Solo un governo d’emergenza costituito dalle organizzazioni operaie popolari, che le stesse OO e OP fanno ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia rendendo il paese ingovernabile dai governi di questi, può avere la forza per realizzare quegli obiettivi. Il Governo di Blocco Popolare è quel governo. Esso è un tornante sul percorso che porterà all’instaurazione del socialismo: dittatura del proletariato, gestione pubblica e pianificata dell’economia, partecipazione delle masse popolari alla gestione della vita sociale. Il socialismo è la sola alternativa realistica al catastrofico corso delle cose imposto in tutto il mondo dalla borghesia imperialista. La classe operaia è la classe che può e deve essere alla testa di questa lotta: per l’esperienza che ha fatto e la posizione che occupa nella società capitalista è quella più capace di assimilare e usare la concezione comunista del mondo, se il Partito comunista gliela porta nel modo giusto. Essa libera se stessa dalla soggezione alla borghesia solo liberando l’intera umanità dal modo di produzione capitalista. Il futuro dell’umanità è un sistema di relazioni sociali in cui a ogni individuo adulto è assegnato un posto con un ruolo socialmente riconosciuto, ogni adulto svolge un’attività socialmente utile, ogni bambino fin dalla nascita è curato al livello migliore delle conoscenze ed educato a ragionare e a vivere in società, ogni persona gode dei servizi degni di una umanità progredita. La produttività del lavoro umano è oramai già talmente elevata che, anche se non progredisse oltre (ma in realtà può progredire ancora), basta poco tempo e poco sforzo per assicurare tutto quando è necessario alla riproduzione dell’intera umanità al miglior livello oggi conosciuto. Ogni individuo godrà delle condizioni che consentono di sviluppare liberamente con creatività le attività di cui è capace: il libero sviluppo di ogni individuo sarà la condizione del libero sviluppo di tutti (Manifesto del partito comunista, 1848).
Avanti quindi!
Per il GBP, per la rinascita del movimento comunista, per l’instaurazione del socialismo!
Con il socialismo nessuna donna e nessun uomo è un esubero!
Con il socialismo c’è posto per tutti quelli che sono disposti a far la loro parte dei compiti di cui la società ha bisogno!
Non c’è problema, “disastro naturale” e malattia a cui gli uomini oggi non sanno far fronte: è il capitalismo che ce lo impedisce!
Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre l’orizzonte della società borghese!
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Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it