Sono circa le 17,00 di ieri sera quando un forte boato viene distintamente udito in tutta la Striscia di Gaza, fino ad Eshkol, Israele. Si pensa ad un attacco missilistico lanciato dalla Resistenza palestinese, ma pochi minuti dopo, l’IDF dichiara di aver bombardato un tunnel a Khan Younis, in prossimità del confine tra la Striscia ed Israele.
Il regime d’Israele torna a bombardare Gaza (nel silenzio complice della comunità internazionale): almeno 7 morti
di Paola Di Lullo
Sono circa le 17,00 di ieri sera quando un forte boato viene distintamente udito in tutta la Striscia di Gaza, fino ad Eshkol, Israele. Si pensa ad un attacco missilistico lanciato dalla Resistenza palestinese, ma pochi minuti dopo, l’IDF dichiara di aver bombardato un tunnel a Khan Younis, in prossimità del confine tra la Striscia ed Israele.
Il bilancio parla di 7 morti, tra membri delle Brigate Qassam e delle Brigate Al Quds, braccio armato di Hamas e del Jihad Islamico. Il numero potrebbe crescere, perché nel tunnel c’erano molte persone e le ricerche sono ancora in corso. 12 i feriti.
Secondo quanto, erroneamente, riportato in un primo momento, Israele avrebbe bombardato il tunnel perché lo stesso entrava in territorio israeliano. È il portavoce dell’IDF, il generale di brigata Ronen Manelis, a dichiarare che non solo il tunnel non aveva sbocco in Israele, ma che non era nemmeno operativo, perché ancora in fase di costruzione. Quindi, nessun timore di un probabile immediato attacco.
Ed allora perché il bombardamento?
Lo stesso generale Manelis dichiara che: “Questa è una chiara violazione della sovranità israeliana che non permetteremo. Abbiamo monitorato questo tunnel per diverso tempo, ed ora non costituisce più una minaccia.”
Lo segue a ruota il ministro della difesa, Avigdor Lieberman, affermando che “il tunnel dimostra che Gaza è un regno di terroristi”.
Tempi assai bui per Israele! Dapprima la quasi totale sconfitta dell’Isis in Siria, poi le dichiarazioni di guerra al Libano ed Hezbollah, smentite proprio dai generali dell’IDF. Loro sanno meglio di Lieberman cosa significherebbe invadere oggi il Libano del sud. Non solo Hezbollah, da movimento di resistenza è diventato un vero e proprio esercito, ma avrebbe il supporto di Iran e Siria, probabilmente anche della Russia che farebbe una certa fatica a tirarsi indietro, sbattendo la porta in faccia ai propri alleati.
Non basta.
Proprio tramite Hezbollah, Hamas sta ricucendo i rapporti con l’Iran, interrottisi allo scoppio della guerra in Siria, con il clamoroso e vergognoso voltafaccia del movimento islamico ad Assad.
Ed in ultimo, ma non per ultimo per chi ricorda le manovre “diversive” israeliane del 2014, Hamas e Fatah hanno ripreso i negoziati per giungere alla tanto agognata riconciliazione e pace interna, in un paese fin troppo logorato da 69 anni di occupazione per potersi permettere il lusso di una guerra civile, seppur “diplomatica”, ma nemmeno troppo.
Ma torniamo al tunnel ed ai morti.
Arafat Abdullah Abu Morshed ed il suo vice, Hassan Abu Hasnin, era il capo delle Brigate Al Quds del centro di Gaza. Marwan al-Ara e Misbah Shubir, probabilmente il capo delle Brigate Qassam sul terreno, spiccano tra i nomi “illustri”, i generali senior dei due bracci armati. Gli altri quattro sono Ahmad Khalil Abu Armaneh, Omar Nasser Falit, , Mohamed Marwan Alagha e Husam Alsamiri.
La Palestina che non muore e non si rassegna, ci racconta che, poche ore dopo la sua morte, la moglie di Ahmad Khalil Abu Armaneh, ha dato alla luce un bel maschietto che porta il nome di suo padre.
Secondo le dichiarazioni del portavoce del ministero della salute a Gaza, Ashraf Qudra, le vittime hanno inalato gas velenoso durante l’attacco, sia i morti che i feriti. Al Qudra ha sottolineato l’urgente necessità di rivelare il tipo di armi usate nell’attacco.
Sempre il portavoce dell’IDF, il generale Manelis, dichiara che “Non c’era nessuna intenzione di eliminare i militanti anziani”, il che fa giusto un po’ dubitare della buona fede delle sue dichiarazioni, dal momento che lui stesso aveva affermato che il tunnel era sotto osservazione da un po’ di tempo e che si è trattato di un’azione “preventiva”.
Durissima la condanna del Jihad Islamico che afferma che le azioni di Israele sono una “dichiarazione di guerra” ed aggiunge che esaminerà tutte le opzioni per rappresaglie. Ha inoltre dichiarato che valuterà la natura della propria risposta nelle prossime ore. Per prevedere eventuali attacchi con razzi, l’ IDF ha posizionato il sistema missilistico Iron Dome vicino al confine di Gaza. “Questo tunnel fa parte delle nostre politiche di deterrenza per difendere il popolo palestinese”, ha dichiarato Da’ud Shihab, portavoce del Jihad Islamico. “Non esiteremo a difendere la nostra terra. L’attacco israeliano che ha colpito combattenti e civili è un’escalation pericolosamente aggressiva e un nuovo tentativo di mescolare le carte. Stiamo esaminando tutte le possibilità per non perdere l’opzione di rispondere a questa aggressione “.
Meno dura, ma ugualmente ferma, la condanna di Hamas. Niente rappresaglie, ma “l’ultimo crimine sionista è una grave escalation nei confronti del nostro popolo e contro la nostra resistenza al fine di danneggiare la nostra stabilità e unità. Fa parte degli sforzi ampliati per invertire l’unità palestinese e mantenere la divisione come era”, ha aggiunto. “La resistenza all’occupazione in tutte le sue forme e i vari modi in cui si sta rafforzando è un diritto naturale per la nostra gente”.
E Fatah? Chi si aspettava un dietrofront, resterà deluso. Il portavoce di Fatah,Osama Al-Qawasmi, riprendendo i sentimenti espressi da Hamas, ha affermato che “Israele sta cercando di esacerbare la situazione per tenerci divisi”, dopo aver condannato il bombardamento del tunnel definendolo “il reato israeliano che ha danneggiato il popolo palestinese nella Striscia di Gaza”. Al Qawasmi ha aggiunto che “questo crimine israeliano è parte della politica che i successivi governi israeliani hanno intrapreso nel tentativo di eludere le prove di corruzione che devono affrontare a spese del sangue del nostro popolo”.
Fatah ha anche sottolineato la sua posizione ferma nel continuare i colloqui di unità con Hamas, nonostante il tentativo di Israele di sabotarlo.
Quanti bombardamenti e morti “preventivi” dovranno ancora affrontare i palestinesi, nel più totale ed assordante silenzio della comunità internazionale, affinché Israele si senta al sicuro? Non sono già abbastanza al calduccio in una terra non loro, in città, paesi, case, campi, spiagge non loro? La possibilità di fare il bello ed il cattivo tempo, di non rispettare le risoluzioni ONU senza alcuna sanzione, l’impunità di cui godono in nome di un olocausto da imputare alla Germania ed all’Europa, non certo alla Palestina, li rendono ancora insicuri? E noi, lettori troppo spesso distratti, siamo sicuri di non sapere cosa li renderebbe sicuri?
FONTI : THE PALESTINIAN INFORMATION CENTER
MA’AN NEWS AGENCY
QUDS NETWORK
YNET NEWS
Notizia del: 31/10/2017