Vi sono argomenti di peso per sostenere che la NATO potrebbe, in quanto tale, violare la Carta dell’ONU. Ma è anche vero che nello Statuto del Patto Atlantico del 1949 è definito un forte legame tra l’organizzazione atlantica e le Nazioni Unite. La NATO si inquadra tra le organizzazioni regionali contemplate dal capitolo VIII della Carta.
La NATO forse già illegale
a maggior ragione dopo il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari
Vi sono argomenti di peso per sostenere che la NATO potrebbe, in quanto tale, violare la Carta dell’ONU.
Ma è anche vero che nello Statuto del Patto Atlantico del 1949 è definito un forte legame tra l’organizzazione atlantica e le Nazioni Unite. La NATO si inquadra tra le organizzazioni regionali contemplate dal capitolo VIII della Carta.
Le Parti devono, infatti, astenersi dall’uso della forza in maniera incompatibile coi principi delle Nazioni Unite (art. 1);
– possono utilizzare la forza solo in conformità al principio di legittima difesa individuale e collettiva ex art. 51 della Carta, nel caso in cui uno Stato membro sia militarmente aggredito (art. 5);
– riconoscono la “responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza” per il mantenimento della pace internazionale (art. 7).
Nel corso del tempo vari accordi NATO hanno però sancito una sua evoluzione di interventismo autonomo. Viene inserito nell’ambito di competenza dell’Alleanza il diritto di intervenire “fuori area” quando vengano messi a rischio “interessi vitali”, ad esempio i flussi energetici.
Sicché si può ora contestare che la NATO aderisca ancora al proprio Articolo 1 che riconosce la supremazia dell’Articolo 51 della Carta ONU sul diritto all’autodifesa degli stati membri.
Questo è un punto critico di grande rilevanza.
Ma il punto più critico può essere sollevato ora, ai sensi del Trattato di proibizione delle armi nucleari, quando entrerà in vigore (si spera al più presto, cioè 2 anni per le prime 50 ratifiche secondo le stime ICAN) e se ne vorrà proclamare la validità universale (conformando ad esso il TNP).
La NATO è un’alleanza militare su base nucleare che si riserva il diritto di usare armi nucleari quale prima reazione anche a un attacco convenzionale (dottrina del first use).
E’ sorta storicamente, nel 1949, per aprire l’ombrello nucleare USA a protezione di una Europa occidentale ritenuta militarmente debole rispetto alla preponderanza, vera o presunta importa relativamente ai fini del presente ragionamento, delle truppe corazzate sovietiche.
L’ombrello USA era anche segno simbolico di una funzione egemonica della potenza americana. Non a caso circolava la battuta che – essa NATO – serviva a “tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto”.
L’arma nucleare va considerata fuori legge. Ci stiamo arrivando, a livello internazionale, in termini formali che dovranno essere tradotti in termini fattuali (anche se non bisogna darlo per scontato). Non è logico dedurre che debba essere considerata fuori legge una alleanza militare che prevede programmaticamente l’uso di tali armi “mostruose ed illegali”, per giunta nella possibilità di un primo colpo tattico?
Dopo di che – è ovvio – esiste il problema politico di come trattare, con i percorsi negoziali opportuni, tutti coloro che, in possesso di armi nucleari, il TPAN stigmatizza di fatto come “criminali”. Su questo sarebbe interessante conoscere i primi orientamenti degli ICAN Campaigners che si riuniscono i prossimi giorni ad Oslo…
Ci sono state dichiarazioni che – nella titolazione con cui sono state riportate – lasciano perplessi:
1- liberarsi delle armi nucleari non comporterebbe grandi cambiamenti negli assetti mondiali;
2- avremmo proposte per una NATO non nucleare anche essa di (relativamente) facile realizzabilità (anche se, ma questo è forse il minimo, il Consiglio Atlantico si è già pronunciato esplicitamente e con estrema durezza contro il TPAN).
Alfonso Navarra
Nasce la Pesco, costola della Nato
Dopo 60 anni di attesa, annuncia la Ministra della Difesa Roberta Pinotti, sta per nascere a dicembre la Pesco, «Cooperazione strutturata permanente» dell’Unione Europea nel settore militare, inizialmente tra 23 dei 27 stati membri.
Che cosa sia lo spiega il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Partecipando al Consiglio degli affari esteri dell’Unione Europea, egli sottolinea «l’importanza, evidenziata da tanti leader europei, che la Difesa europea debba essere sviluppata in modo tale da essere non competitiva ma complementare alla Nato».
Il primo modo per farlo è che i paesi europei accrescano la propria spesa militare: la Pesco stabilisce che, tra «gli impegni comuni ambiziosi e più vincolanti» c’è «l’aumento periodico in termini reali dei bilanci per la Difesa al fine di raggiungere gli obiettivi concordati».
Al budget in continuo aumento della Nato, di cui fanno parte 21 dei 27 stati della Ue, si aggiunge ora il Fondo europeo della Difesa attraverso cui la Ue stanzierà 1,5 miliardi di euro l’anno per finanziare progetti di ricerca in tecnologie militari e acquistare sistemi d’arma comuni. Questa sarà la cifra di partenza, destinata a crescere nel corso degli anni.
Oltre all’aumento della spesa militare, tra gli impegni fondamentali della Pesco ci sono «lo sviluppo di nuove capacità e la preparazione a partecipare insieme a operazioni militari».
Tali capacità sono complementari alle esigenze della Nato che, nel Consiglio Nord Atlantico dell’8 novembre, ha stabilito l’adattamento della struttura di comando per accrescere, in Europa, «la capacità di rafforzare gli Alleati in modo rapido ed efficace».
Vengono a tale scopo istituiti due nuovi comandi. Un Comando per l’Atlantico, con il compito di mantenere «libere e sicure le linee marittime di comunicazione tra Europa e Stati Uniti, vitali per la nostra Alleanza transatlantica». Un Comando per la mobilità, con il compito di «migliorare la capacità di movimento delle forze militari Nato attraverso l’Europa».
Per far sì che forze e armamenti possano muoversi rapidamente sul territorio europeo, spiega il segretario generale della Nato, occorre che i paesi europei «rimuovano molti ostacoli burocratici». Molto è stato fatto dal 2014, ma molto ancora resta da fare perché siano «pienamente applicate le legislazioni nazionali che facilitano il passaggio di forze militari attraverso le frontiere».
La Nato, aggiunge Stoltenberg, ha inoltre bisogno di avere a disposizione, in Europa, una sufficiente capacità di trasporto di soldati e armamenti, fornita in larga parte dal settore privato.
Ancora più importante è che in Europa vengano «migliorate le infrastrutture civili – quali strade, ponti, ferrovie, aeroporti e porti – così che esse siano adattate alle esigenze militari della Nato».
In altre parole, i paesi europei devono effettuare a proprie spese lavori di adeguamento delle infrastrutture civili per un loro uso militare: ad esempio, un ponte sufficiente al traffico di pullman e autoarticolati dovrà essere rinforzato per permettere il passaggio di carrarmati.
Questa è la strategia in cui si inserisce la Pesco, espressione dei circoli dominanti europei che, pur avendo contrasti di interesse con quelli statunitensi, si ricompattano nella Nato sotto comando Usa quando entrano in gioco gli interessi fondamentali dell’Occidente messi in pericolo da un mondo che cambia.
Ecco allora spuntare la «minaccia russa», di fronte alla quale si erge quella «Europa unita» che, mentre taglia le spese sociali e chiude le sue frontiere interne ai migranti, accresce le spese militari e apre le frontiere interne per far circolare liberamente soldati e carrarmati.
il manifesto, 21 novembre 2017