“All’alba di domenica 7 febbraio 1932 un’ondata di 152 aeroplani nemici si avventò sulla base hawaiana di Pearl Harbour. Nello spazio di pochi minuti tutti gli aerei parcheggiati negli aeroporti furono distrutti e di seguito tutte le navi all’ancora nella baia vennero affondate”.
7 febbraio 1932, Attacco a Pearl Harbour
All’alba di domenica 7 febbraio 1932 un’ondata di 152 aeroplani nemici si avventò sulla base hawaiana di Pearl Harbour. Nello spazio di pochi minuti tutti gli aerei parcheggiati negli aeroporti furono distrutti e di seguito tutte le navi all’ancora nella baia vennero affondate. I difensori non riuscirono a capire da dove venissero quegli aerei e nemmeno dove siano andati dopo l’attacco. Ovviamente gli aerei non erano veramente nemici e le bombe erano sacchetti di farina, ma il trionfo della squadra navale comandata del contrammiraglio Harry Ervin Yarnell fu lo stesso impressionante.
Ogni anno la marina e l’esercito degli Stati Uniti organizzavano grandi manovre e nel 1932 il Fleet Problem Number 13 si rivelò illuminante. L’ammiraglio Yarnell lasciò indietro le sue navi da battaglia e arrivò alle Hawaii completamente inaspettato con le portaerei Saratoga e Lexington nascoste dentro un temporale: lanciò gli aerei all’alba di una sonnacchiosa domenica e distrusse il nemico arrivando da nord-est: esattamente come fecero i giapponesi dieci anni dopo.
L’Ammiragliato decise di non dare peso alla faccenda, visto che aveva piena fiducia nella superiorità delle grandi navi da battaglia e riteneva fosse intollerabile che l’attacco giungesse di domenica mattina. Lo stesso si fece con le manovre del 31 gennaio 1933 e con quelle del 29 marzo 1938 quando fu l’ammiraglio King a ripetere l’impresa di Yarnell.
Se però l’Ammiragliato americano si rifiutava di accettare la realtà questo non accadde con quello nipponico che ripeté fedelmente l’exploit di Yarnell nella famosa domenica 7 dicembre 1941, anche se poi gli stessi giapponesi dimostrarono di non avere capito l’importanza delle portaerei e rimasero ammaliati dal mito di uno scontro navale risolutivo deciso dai grandi cannoni delle loro nuovissime navi da battaglia della Classe Yamato: due enormi, costosi e inutili cassoni.
Ho scoperto questa incredibile vicenda leggendo un articolo in cui si paragona la flotta americana di oggi alla cavalleria feudale francese distrutta dagli arcieri inglesi ad Agincourt.
Ricordate? “We Few, We Happy Few, We band of Brother”
“The US Military Like the French at Agincourt?”
https://www.nytimes.com/2019/04/25/opinion/us-military.html
Mi ha dolorosamente stupito constatare che gli onnipresenti complottisti non ne abbiano mai parlato. Nessuna delle molte nullità che ci illustrano l’inganno di Franklin Delano Roosevelt a Pearl Harbour si è mai interessata alla cosa, probabilmente perché non ne sanno nulla, perché l’odiato presidente democratico non è collegabile al fatto, visto che giurò un anno dopo, e che tutta la faccenda è un problema interno alle dinamiche dell’ammiragliato, ai suoi chiodi fissi ed alla tradizionale ottusità degli alti papaveri militari, giapponesi compresi.
Un work in progress di Claudio Giusti
Thomas McKelvey Cleaver
Pacific Thunder The US Navy Central Pacific Campaign, August 1943 October 1944
Osprey Publishing; Oxford UK, 2017
Nofi, Albert A.
To train the fleet for war : the U.S. Navy fleet problems, 1923-1940
Naval War College historical monograph series ; no. 18
NAVAL WAR COLLEGE PRESS, NEWPORT, RHODE ISLAND, 2010