Non è per niente normale che i militari italiani siano impegnati in missioni “fantasma” nascoste all’opinione pubblica.
I militari italiani intervengono in parti del mondo in cui non siamo impegnati da trattati internazionali, né quello per la Nato né altri. A conoscenza di queste missioni sono soltanto il governo in carica, che le decide, e gli alti comandi militari, che le eseguono. I cittadini non ne sanno niente. Lo abbiamo scoperto solo dopo l’attentato dell’Isis in Iraq dove sono rimasti feriti cinque nostri soldati. Come si sa la Costituzione prevede che i trattati internazionali non siano soggetti a referendum, quindi non ci sarebbe nemmeno motivo di temere che il malcontento popolare metta a repentaglio tra un governo e l’altro il rispetto di accordi presi in precedenza. Mentre l’articolo 11 della Costituzione continua a ricordarci che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ….».
Lo scudo legale utilizzato fin dalla prima guerra del Golfo contro l’Iraq nel 1991 consiste nel definire «operazioni di polizia internazionale» quelle che sono in realtà guerre a cui non potremmo partecipare. Qui però siamo oltre, perché nessuno sa niente di queste missioni dette appunto fantasma, mentre per le missioni degli anni passati c’è stato un voto del Parlamento e dunque un dibattito anche fra i cittadini e sui mezzi d’informazione. E’ uno di quei casi in cui parlare di democrazia violata è una sottostima molto forte della realtà. Siamo alle soglie dell’alto tradimento verso gli interessi del Paese. Potremmo senza saperlo essere a fianco di dittatori sanguinari, uccidere persone innocenti che chiedono la democrazia nel loro Paese, reprimere rivolte in nazioni di cui non sappiamo nemmeno pronunciare il nome. E chi lo ha deciso, quale governo, quello in carica o quello precedente?
E’ un fatto di estrema gravità che viene accolto in silenzio anche da quelle forze politiche che a parole blaterano di trasparenza, che sono quelle stesse forze – Movimento 5 stelle in testa – che hanno voluto ridurre i parlamentari, un processo che certo non garantisce una maggiore democrazia; e i frutti già si vedono attraverso questa grave violazione del diritto dei cittadini a essere almeno informati sull’operato del proprio governo, operazione che ci consente di rinnovare o meno la fiducia, in base alle decisioni che prendono, alle forze politiche che lo compongono.
Invece noi siamo qui a parlare di questo argomento soltanto perché pochi giorni fa è squillato il telefono nelle case di cinque famiglie italiane per avvisarle che i propri figli, mariti, fratelli erano stati feriti, alcuni gravemente, in Iraq. Abbiamo quindi scoperto per caso che le forze armate italiane stanno addestrando in particolare soldati curdi a rispondere all’offensiva che l’Isis ha scatenato nell’area, come risposta all’attacco turco che ha fortemente indebolito la resistenza curda, decisiva fino a poche settimane fa per contrastare, respingere e sconfiggere gli invasati di Daesh (il nome più corretto e meno offensivo per il mondo islamico con cui vengono chiamati gli orfani di Al Baghdadi).
Chi scrive – cosa di cui potete giustamente infischiarvene – è favorevole ad aiutare i valorosi curdi e vorrebbe che a loro venga riconosciuto il diritto a uno Stato autonomo. Al tempo stesso se non vendessimo armi a chi li stermina (il governo turco di Erdogan) la nostra azione sarebbe più sensata e meno contraddittoria e ambigua di quel che è. Ma non tutti la pensano come me e le diverse opinioni concorrono a determinare quell’oggetto sempre più misterioso che è diventato la democrazia.
Il caso delle missioni fantasma dimostra che anche la democrazia è ormai un fantasma, una nebulosa indeterminata di cui molti si riempiono la bocca a corrente alternata avendo perso il senso della parola stessa, che significa governo del popolo. Che nell’era dei populismi è la dimostrazione di quanto sia vuoto il populismo, di quel “popolo” a cui fa finta di richiamarsi per imporre in realtà decisioni che non passano per il voto ma per le piazze in cui nelle parole scorre il sangue. Nel caso delle missioni fantasma però scorre il sangue vero, quello di persone in carne e ossa che sono mandate allo sbaraglio a rischiare la vita non per la “patria” ma per un pezzettino ristretto di patria composto da pochissime persone che decidono, un’oligarchia composta da pochi elementi del governo, alti comandi militari, lobby di venditori di armi, servizi più o meno segreti e “tecnici” che rimangono nel ministero della Difesa anche quando cambiano i governi. Che possibilità abbiamo di controllare che l’operato di questi pochi individui risponda alla volontà della maggioranza dei cittadini? Nessuna.
Così come nessuno tra le forze più attente ai rischi del militarismo, quell’arco che va dal Pd a Leu – gli altri della destra amano dichiaratamente a priori che qualcuno muoia per vendere armi e affermare virili e ridicole concezioni del popolo guerriero – nessuno ha preso posizione su questo argomento venuto alla luce pochi giorni fa soltanto. Perché dalle missioni fantasma a cui partecipano militari italiani c’è la possibilità, concretizzata da una proposta politica, di passare da missioni organizzate dall’Italia con militari italiani a missioni organizzate dall’Italia ingaggiando mercenari, i cosiddetti “contractor”. La proposta non l’ha fatta un politico qualsiasi, ma un sottosegretario alla Difesa, il pentastellato Angelo Tofano, che farnetica di puntare a ottimizzare ancor di più certi processi e a fare riflessioni slegate da «vecchi schemi sulla sicurezza dei nostri uomini all’estero» anche con pratiche che utilizzano altri Paesi. E infatti altri Paesi – che utilizzano questi “nuovi” sistemi dei vecchi mercenari – hanno visto alcuni gruppi di contractors macchiarsi di crimini orrendi e senza controllo nei luoghi del mondo in cui sono intervenuti. Tofano ha poi smentito di aver chiesto l’uso di mercenari per le missioni estere italiane ma alcuni pentastellati ci hanno da tempo abituato a smentire ciò che pochi minuti prima e davanti a testimoni hanno affermato.
Pochi sanno – lo conferma in un’intervista al quotidiano online Fanpage Giampiero Spinelli, leader della Stam, società di “consulenti” (leggi contractor) assoldata per mettere in sicurezza siti archeologici di Sabratha e Cyrene – che queste organizzazioni di “consulenti” operano per più governi, oggi per l’Italia e domani per la Turchia o la Libia, come già fanno da molti anni per tutto il mondo. In Colombia ad esempio i contractor assoldati dagli Usa si sono macchiati di crimini che vanno dagli stupri agli omicidi di civili, coperti dall’immunità offerta dall’esercito statunitense. Potremmo fare una lunga lista sull’etica di queste scelte. Ma il motivo addotto per il ricorso a questa moderna forma di barbarie è sempre lo stesso: la velocità esecutiva che è nemica della democrazia. Se aspetti che un Parlamento decida rischi di far passare l’occasione, economicamente molto ghiotta, che offrono i tanti conflitti nel mondo. Quindi si ricorre con artifici legali a utilizzare società che hanno bisogno di meno personale degli eserciti ufficiali per compiere le loro nefandezze. Il problema è quindi esattamente quello che abbiamo individuato per le missioni fantasma, quello della democrazia, che diventa ogni giorno di più simulacro di se stessa. In una democrazia fantasma sono permesse missioni militari fantasma, con buona pace del diritto dei cittadini a essere informati dai loro governi. E l’omicidio della democrazia è il crimine più grave a cui stiamo assistendo inermi in questa epoca storica contemporanea.
di Gianluca Cicinelli
15 Novembre 2019