In occasione della Giornata internazionale dei migranti, Amnesty International ha chiesto alla nuova Commissione europea di agire con urgenza per proteggere i diritti dei migranti e dei rifugiati abbandonati a sé stessi lungo la rotta del Mediterraneo orientale.
Le persone in cerca di salvezza lungo le pericolose rotte marine e terrestri tra Turchia e Grecia e i Balcani occidentali stanno affrontando rischi mortali mentre nevica e le temperature scendono sotto lo zero. Nel 2019, quasi 70.000 persone hanno raggiunto la Grecia, 14.000 delle quali attraverso la frontiera terrestre.
Dai sovraffollati campi per rifugiati delle isole greche agli accampamenti improvvisati della Bosnia dove migliaia di persone dormono per terra o versano in condizioni inumane e indegne, le persone che cercano riparo affrontano filo spinato, sentieri pericolosi e un rigido inverno.
I leader europei hanno ora l’opportunità di porre fine alle precedenti pericolose politiche e di dare alle persone che fuggono verso l’Europa la salvezza e la dignità di cui sono alla ricerca e che la legge prevede.
Rischiare la morte attraversando un fiume
Sulla base dell’accordo tra l’Unione europea e la Turchia del marzo 2016, la maggior parte delle persone che arrivano sulle isole greche restano bloccate lì per lunghi periodi di tempo prima di essere trasferite sulla terraferma o essere rimandate in Turchia. Ma un numero sempre maggiore di persone cerca un modo diverso per ottenere protezione in Europa, tentando di attraversare il fiume Evros, alla frontiera settentrionale terrestre tra Turchia e Grecia, per poi iniziare un viaggio pericoloso lungo i Balcani occidentali.
Dal 2016 gli arrivi via terra hanno visto un notevole incremento, da 4000 fino a 14.000 alla fine del 2019, nonostante i respingimenti e le violenze nei confronti dei richiedenti asilo nella regione dell’Evros, una prassi denunciata ampiamente negli anni scorsi e anche di recente ma mai contrastata dalle autorità di Atene.
Negli ultimi giorni, lungo il percorso dal confine dell’Evros verso l’interno della Grecia, sei persone sono morte di ipotermia, evidenziando l’urgente bisogno di proteggere coloro che intraprendono questo tragitto sempre più pericoloso. Il governo greco, tuttavia, non sta facendo niente per aiutarle. Al contrario, dichiara di voler sigillare le frontiere, anche attraverso l’installazione di sistemi di sorveglianza per scoraggiare l’attraversamento del confine.
Amnesty International teme che queste ulteriori misure repressive abbandoneranno ancora una volta a sé stesse persone che hanno bisogno di percorsi legali e sicuri d’ingresso.
La Bosnia di fronte a una crisi umanitaria
Nel frattempo nei Balcani occidentali la polizia della Croazia continua a respingere violentemente le persone che cercano di entrare nell’Unione europea attraverso i suoi confini, provocando una crescente crisi umanitaria in Bosnia ed Erzegovina. Nonostante le schiaccianti prove sull’operato illegale e violento della polizia di Zagabria, la Commissione europea ha chiuso gli occhi e ha raccomandato che la Croazia acceda all’accordo di Schengen.
Nella prima settimana di dicembre, è iniziato uno sciopero della fame dei migranti e dei rifugiati del campo di Vucjak. Prima che ne venisse annunciata la chiusura, quasi 800 persone vivevano in una tendopoli situata su terreni contaminati di una discarica senza acqua corrente e privi di servizi igienico-sanitari e fonti di riscaldamento adeguate. Circa 3000 degli 8000 migranti e rifugiati che si trovano in Bosnia non riescono a trovare un posto nei campi, a causa del sovraffollamento, e dormono a cielo aperto affrontando temperature sotto zero. Altre migliaia di persone vivono altrove nella regione, come in Serbia, in condizioni di permanente incertezza.
Le conseguenze mortali del trattenimento sulle isole greche
Sulle isole greche, in condizioni agghiaccianti, si trovano attualmente oltre 40.000 persone di cui 13.800 minorenni. Molte di esse dormono in tende precarie o in container dalle pareti sottili che non forniscono protezione rispetto al clima invernale.
L’estremo sovraffollamento ha causato molte vittime. Il 6 dicembre una donna è morta nell’incendio del suo container nel campo di Kara Tepe, sull’isola di Lesbo. Secondo Medici senza frontiere sull’isola di Moria, da agosto, sono morti tre bambini uno dei quali, appena nato, per grave disidratazione.
La politica di trattenere i rifugiati e i richiedenti asilo sulle isole greche e di fortificare le frontiere esterne dell’Unione europea significa che migliaia di persone restano bloccate per mesi in condizioni squallide. Le vite delle persone in cammino lungo l’Europa orientale restano in un limbo, sospese tra la prospettiva di un trattenimento a tempo indeterminato in campi indegni e insicuri e quella di essere rimandate in un paese non sicuro.
I leader europei devono riconoscere il costo umano delle politiche di esternalizzazione del controllo delle migrazioni e della protezione dei rifugiati alle sue zone periferiche o persino a stati terzi dove i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono costantemente messi in pericolo.
Incoraggiare la deterrenza col pugno di ferro alla frontiera orientale mostra l’ambiguità dell’Unione europea rispetto ai suoi valori costituenti e le conseguenze delle sue politiche attuali, che causano sofferenze su scala massiccia e creano instabilità altrove.
Similmente ai tentativi in corso di arrivare a un sistema equo e attivabile di sbarchi e ricollocamenti delle persone che fuggono attraverso il Mediterraneo, l’Unione europea dovrebbe assumere un atteggiamento solidale e agire con urgenza per proteggere i diritti delle persone in cammino alla frontiera orientale, anche attraverso la creazione di un meccanismo obbligatorio di distribuzione che aiuti gli stati maggiormente esposti.
Amnesty International ha sollecitato l’Unione europea a essere all’altezza dei suoi valori costituenti e di ripensare le attuali politiche basate sull’impedire gli ingressi a ogni costo, per assicurare che questo sarà l’ultimo inverno che i migranti e i rifugiati passeranno rischiando di perdere la vita all’addiaccio.
Roma, 18 dicembre 2019