Musawer, Rokhshana, Suliman, Sidra e Hussna.
5 persone con età, provenienze e storie diverse ma accomunate da un’unica parola: la guerra.
Musawer, 7 anni
È arrivato al Centro chirurgico di Kabul da Maidan, nella provincia dei Wardak, grazie alla nostra rete dei Posti di primo soccorso. È stato colpito da un bombardamento aereo mentre era a raccogliere foglie per gli animali. La prima bomba lo ha colpito alla mano, poi ha iniziato a correre ed è stato raggiunto da una seconda bomba che lo ha lasciato senza la gamba sinistra.
Suliman, 23 anni
Studente di economia dell’Università di Kabul. Era a un matrimonio la sera del 18 agosto 2019, quando un attacco suicida ha provocato 63 morti e più di 180 feriti. L’uomo che aveva accanto e il suo bambino di appena 4 anni sono orti sul colpo. È arrivato al nostro Centro chirurgico per vittime di guerra di Kabul quella notte, dopo circa un’ora dall’incidente, ed è stato subito operato: una scheggia aveva colpito la colonna vertebrale e riportava lesioni interne molto gravi all’addome. Suliman sarà paraplegico a vita.
Rokhshana, 55 anni
“La situazione peggiora di giorno in giorno. Oggi è peggio di ieri e domani sarà peggio di oggi. Le persone escono di casa per andare a lavoro e non sanno se torneranno la sera.”
Rokhshana lavora con noi da 20 anni, prima nell’ospedale di Anabah e adesso nel Centro di Kabul. È infermiera nel reparto C, quello dedicato alle donne e ai bambini.
Sidra, 9 anni
Due anni fa, la bomba che ha sfondato il tetto della sua casa a Mosul ha ucciso suo cugino e ferito in modo grave uno dei suoi fratelli. Lei a causa dell’esplosione, ha perso la gamba sinistra. L’abbiamo accolta nel nostro centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di Sulaimaniya, in Iraq dove ci siamo presi cura di lei, applicandole una protesi e seguendola nella riabilitazione.
Hussna, 13 mesi
“Avevamo deciso di cenare fuori quando all’improvviso i combattimenti sono ripresi, proprio fuori casa nostra. Un proiettile ha colpito Hussna, alla testa.”
Sono le parole di Golali, la mamma di Hussna. Vengono dalla provincia di Baghlan, nel nord dell’Afghanistan. Per arrivare fino a Kabul, il padre della piccola ha guidato 7 ore di fila. Hussna è stata operata e adesso sta bene, ma il proiettile non può essere rimosso.
In Afghanistan e in Iraq la guerra non è ancora finita e coinvolge quotidianamente uomini, donne e bambini che cercano di vivere la loro vita come possono. Noi di EMERGENCY siamo al loro fianco.
Da 20 anni in Afghanistan, nel nostro ospedale, abbiamo curato oltre 300.000 vittime di guerra.