La Seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è iniziata da Madrid il 2 ottobre 2019, anniversario di Gandhi e della Giornata della Nonviolenza delle Nazioni Unite, e si concluderà l’8 marzo 2020, Giornata internazionale della Donna, sempre a Madrid. Questo scritto, nasce quale contributo al passaggio della Marcia a Berlino e Vienna; per stimolare la discussione e proporre future iniziative, visto l’intento dei promotori di ripetere la Marcia ogni cinque anni.
La Marcia Mondiale passerà il 26 e 27 febbraio da Trieste, capoluogo storico di zona, epicentro di guerre e scontri etnici e politici nel ventesimo secolo; percorsa oggi da migranti in fuga da altre guerre, attraverso i Balcani. Trieste, che ha realizzato una Rivoluzione nonviolenta chiudendo l’ospedale psichiatrico grazie al team di Basaglia, potrebbe ora condividere la tesi di Stéphane Héssel, prigioniero con lo scrittore Boris Pahor in campo di concentramento, secondo il quale la prossima rivoluzione, o sarà non violenta oppure non sarà !
Il porto di Trieste, oggetto di bombardamento anglo-americano nel 1944, e salvato negli ultimi giorni di guerra dalla distruzione dei nazifascisti, è divenuto luogo di transito per strumenti di morte. I rappresentanti della Women’s International League for Peace and Freedom (WILPF) e dei Disarmists Esigenti, hanno consegnato il 20 giugno 2017 alla Conferenza delle Nazioni Unite per un Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPAN) un documento con cui, insieme all’ex sindaco di Koper – Capodistria Aurelio Juri si propone la realizzazione di uno studio per la denuclearizzazione dei porti ai sensi del nuovo Trattato, onde evitare un rischio incombente sull’umanità.
Nel documento, consegnato alla presidente Gomez del Costa Rica, unico paese al mondo costituzionalmente senza esercito, si fa riferimento al Trattato di pace del 1947 tra Italia e potenze vincitrici la seconda guerra mondiale, approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la Risoluzione 16 e ratificato dall’Italia, in cui i territori di Trieste-Trst e Koper-Capodistria sono definiti “smilitarizzati e neutrali”.
Attualmente, il Golfo di Trieste è condiviso da Italia Slovenia e Croazia; i tre Stati fan parte dell’Alleanza atlantica che si è espressa contro il nuovo Trattato ONU di Proibizione delle Armi Nucleari, approvato da 122 Stati grazie alla pressione della Coalizione Internazionale ICAN, premiata col Nobel per la Pace 2017. Il Trattato, ratificato finora da 35 paesi, entrerà in vigore al deposito del 50° atto.
In contrasto con entrambi i Trattati, di pace del 1947 e di divieto delle armi nucleari, nonché con la Dichiarazione euromediterranea di Barcellona del 1995, che per la prima volta ha posto le basi del disarmo e denuclearizzazione nel Mediterraneo, il Golfo di Trieste ospita due porti nucleari militari di transito: Trieste-Trst in Italia e Koper-Capodistria in Slovenia.
La presenza dei due centri urbani rende impossibile una seria prevenzione dei possibili incidenti, per quanto riguarda la propulsione nucleare delle navi, la presenza a bordo di armi convenzionali o di distruzione di massa, e la possibilità di diventare – a propria volta – bersaglio militare e nucleare. Nel 1972, la zona industriale della città fu teatro di uno spaventoso attentato ai serbatoi della Trans-Alpine Pipeline di Dolina, che rifornisce Austria, Repubblica Ceca e Germania; il più grande deposito petrolifero del bacino mediterraneo.
Il segreto militare sulle informazioni necessarie alla valutazione del rischio, obbliga le istituzioni a nascondere importanti informazioni sul pericolo, rendendo letteralmente impraticabili i Piani di emergenza in caso di incidente nucleare previsti dalla Legge e da Direttive europee. Piani ottenuti con difficoltà, dagli organi competenti. L’esistenza a Miramare presso Trieste della Scuola di prevenzione nucleare dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna, e la presenza dei tre Paesi confinanti, Italia Slovenia e Croazia sullo stesso Golfo, può determinare le sinergie necessarie per avviare il disarmo nucleare di questi porti.
Il “case study” tornerebbe utile anche ad altre località, come Aviano dove la presenza di ordigni nucleari mai ufficialmente confermata nasconde le possibili molto gravi conseguenze ai cittadini, che sono state dimostrate da uno studio della Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, tenuta nel dicembre 2014 sempre a Vienna. Conferenza che fu determinante nel percorso verso l’approvazione del nuovo Trattato ONU, ratificato in primis dallo Stato del Vaticano.
Gravi conseguenze ancor più possibili ora, che il ventilato trasferimento ad Aviano di nuove bombe dalla base turca di Incirlik, assieme al rinnovo e trasformazione imminenti di quelle esistenti in B.61-12, cioè missili teleguidati a potenza variabile, “usabili” sul campo, aumentano esponenzialmente il rischio per popolazione e territorio nell’intera Alpe Adria, e oltre.
Le responsabilità delle Nazioni Unite, nella contraddizione esistente tra il Territorio smilitarizzato e neutrale che circonda Trieste, e il protettorato di fatto di questo Territorio da parte NATO, non si fermano qui, e devono essere portate all’attenzione del Segretario Generale e del Consiglio di Sicurezza.
Navi militari coinvolte in missioni di guerra, anche illegittime secondo lo Statuto delle Nazioni Unite, come i bombardamenti missilistici in Siria, hanno sostato a Trieste; rifornimenti militari sono salpati dal Porto franco internazionale per gli Emirati Arabi Uniti, paese della coalizione a guida saudita che nel 2015 invase lo Yemen.
Un rapporto al Consiglio di sicurezza, dimostra l’uso di bombe italiane nelle aree civili yemenite, e sottolinea come questo possa costituire un crimine di guerra. Nel 2016, un gruppo di cittadini presentò una denuncia alla Procura di Trieste, riferendo che esportazioni sensibili per milioni di euro navigarono dal porto verso gli Emirati. In conformità con la Costituzione, anche la legge italiana 185/90 proibisce esportazioni di armamenti verso paesi in guerra.
100 anni dopo la fine della prima guerra mondiale, in Europa, persone e associazioni di Regioni vicine, già luoghi di conflitti e guerre nel ventesimo secolo – durante il quale persone come Bertha von Suttner e Danilo Dolci hanno continuato a perseguire la Nonviolenza attiva – hanno lanciato il Manifesto per un’Alpe Adria di Pace, domenica 11 novembre 2018 a Klagenfurt, per invitare a lavorare per il futuro e divenire cittadini con uguali diritti, e per collegare la dimensione regionale con quella planetaria.
Al volgere del secolo, il progressivo consolidamento dell’Unione Europea ha fatto pensare a una composizione di pressioni etniche, e guerre nazionalistiche. Ma la globalizzazione sembra sopraffare questa tesi, ed ecco il senso di una seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza; offrire uno strumento di partecipazione, e di interconnessione fra Iniziative locali e Campagne internazionali.
La Campagna “Mediterraneo Mar de Paz”, promossa dalla 2a Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza che attraverserà l’Alpe Adria (Carinzia, Slovenia e Croazia occidentali, Friuli Venezia Giulia) questo febbraio, ha preso forma a Pirano in Slovenia, dove la prima rotta marittima della Marcia è stata concepita e dove la Marcia Mondiale sosterà il 25 febbraio; proveniente da Umago, nell’Istria croata.
Tra ottobre e novembre 2019, la barca a vela Bamboo partì da Genova dove a maggio 2019 portuali e pacifisti bloccarono un carico d’armi per la guerra yemenita. Si fermò a Marsiglia, vicino al porto nucleare militare francese di Tolone e a Barcellona, dove incontrò la Peace Boat, che solca i mari e testimonia l’olocausto atomico di Hiroshima e Nagasaki.
Sempre veleggiando toccò il porto di Cagliari in Sardegna, isola dei più grandi poligoni militari nel Mediterraneo; poi Palermo in Sicilia, le cui sponde raccontano il dramma dei migranti; e ancora Livorno, la maggior base di rifornimento bellico fuori dagli Stati Uniti.
Abbiamo voluto con questi incontri gettar le basi per delle Ambasciate di Pace; basandoci sull’esperienza vissuta negli anni ’90 in Iraq e nei Balcani, quando moltissime persone si mobilitarono per resistere alla guerra con la Nonviolenza. Col fine di impegnare le città a smuovere l’inerzia degli Stati, attraverso una diplomazia dal basso. Il sindaco di Palermo ha aderito alla Campagna per primo ed ha girato la proposta ai colleghi del Mediterraneo, con l’adesione della città di Hiroshima.
Dopo il viaggio nel Mediterraneo occidentale intendiamo ricominciare – dal Golfo di Trieste, che attende l’applicazione della Risoluzione n.16 – e portare la proposta delle Ambasciate di Pace verso il Mediterraneo orientale, e riaprire l’iniziativa per una Nuclear Free Zone, come in America Latina e Caraibi, Sud Pacifico, Sud-est asiatico, Africa, Antartide, Spazio e Fondali marini.
Una volta formata la prima rete di Ambasciate, auspichiamo di contribuire alla realizzazione di una Conferenza di Pace nel Mediterraneo, se possibile, sulla Peace Boat, vintage cruiser giapponese costruito nei cantieri navali di Monfalcone … in Alpe Adria.
Col viaggio via mare della Marcia Mondiale verso i Paesi euromediterranei, abbiamo intrapreso un percorso ispirato al secondo dopoguerra, quando la sofferenza prodotta dai conflitti mondiali produsse una “linea” di neutralità, sulla “cortina di ferro”, dalla Svezia al Mediterraneo, segnata da tre punti chiave: Berlino Vienna e Trieste, che sperimentarono Statuti di neutralità.
La 2a Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza vuol dare nuovo valore a quelle scelte postbelliche, e rendere effettiva l’attivazione delle Ambasciate di Pace, immaginate col viaggio nel Mediterraneo, e prefigurate coi tentativi degli anni ’90 in Iraq e nei Balcani.
Proponiamo pertanto, mediante un passaggio coordinato della 2 Marcia Mondiale nelle città interessate, di iniziare a collegare le attività di ricerca nel Mediterraneo al filone culturale e storico postbellico della neutralità Europea.
Alessandro Capuzzo