Il rapporto La fabbrica della tortura si basa su oltre tremila testimonianze dirette di migranti e rifugiati transitati dalla Libia, raccolte dagli operatori di Medici per i Diritti Umani (MEDU) nell’arco di sei anni dal 2014 al 2020.
LA FABBRICA DELLA TORTURA
Rapporto sulle gravi violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati in Libia (2014-2020)
Queste cose atroci stanno accadendo ora.
Dovete andare nelle prigioni in Libia
per andare a liberare chi è dentro!
F., 24 anni dal Sudan, febbraio 2020
Dal 2014 ad oggi sono sbarcati in Italia 660 mila migranti. Circa il 90% di essi ha trascorso settimane, mesi o anni in Libia, provenendo soprattutto dai paesi dell’Africa occidentale o del Corno d’Africa. Il rapporto La fabbrica della tortura si basa su oltre tremila testimonianze dirette di migranti e rifugiati transitati dalla Libia, raccolte dagli operatori di Medici per i Diritti Umani (MEDU) nell’arco di sei anni dal 2014 al 2020.
Il rapporto analizza il periodo che va dal 2014 ad oggi sotto tre punti di vista: 1) i flussi migratori che giungono in Italia dalle coste libiche; 2) il sistema di abusi e di sfruttamento che si consuma in Libia ai danni di migranti e rifugiati; 3) le conseguenze psico-fisiche delle violenze subite. Viene inoltre approfondito il confronto di due fasi; i tre anni che precedono l’accordo Italia-Libia sui migranti (febbraio 2014 – gennaio 2017) e i tre anni successivi al medesimo accordo (febbraio 2017 – gennaio 2020).
Le storie dei sopravvissuti descrivono con drammatica precisione i luoghi, i perpetratori e le modalità delle violenze che si consumano sistematicamente nel territorio libico, all’interno e fuori dai centri di detenzione e di sequestro. Esse richiamano le gravi responsabilità dell’Italia, dell’Unione europea e dell’intera comunità internazionale e rappresentano un formidabile atto di accusa sulla tragedia che si sta consumando in questi anni sulle rotte migratorie che attraverso la Libia portano all’Europa.
Roma, 17 marzo 2020
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VEDI >> MAPPA dei centri di detenzione in Libia ricostruita in base alle testimonianze