Stavolta diciamo SÍ!
Ci scuserà il compagno Pascale che su Marx XXI ha spiegato le ragioni per cui al prossimo Referendum sulla legge che riduce il numero dei parlamentari bisognerebbe votare per l’abrogazione, mettendo un NO sulla scheda, se qui sosteniamo la posizione opposta, quella del SÍ.
Con questo non vorremmo però aprire una guerra di religione, come a sinistra si usa spesso fare in caso di dissenso su una scelta politica, ma riportare la discussione sul terreno del ragionamento e delle valutazioni strettamente attinenti alla questione, anche per evitare che si dipinga una situazione in cui, come si usa dire, nella notte nera tutte le vacche sono nere.
Purtroppo, a nostro parere, è da tempo che a sinistra, e anche tra quelli che si definiscono comunisti, si dà una lettura della situazione politica che non trova corrispondenza nella realtà. E questo ci pare il caso anche sulla questione del referendum di settembre.
La riduzione del numero dei parlamentari ha una lunga storia ed è stata spesso invocata anche da sinistra, per esempio da Nilde Jotti. Sembra inoltre assai difficile sostenere che una equilibrata riduzione del numero vada a scapito della centralità del Parlamento o ne comprometta l’efficacia. Sembrerebbe assai più plausibile il contrario. Adesso però tutti i giustificati allarmi per il prevalere degli istinti autoritari dei poteri forti del sistema liberista che fanno strame della democrazia vengono convocati tutti assieme al solo scopo di affossare, se possibile, questa riforma.
Bisogna battersi, si dice, contro l’antipolitica e il populismo, che sarebbero la vera minaccia incombente. Non ci si cura di cantare nel coro assai equivoco, per non dir di peggio, di un Panebianco sul Corriere della Sera o della nuova Repubblica di Elkann. In realtà quello che molti auspicano non è una vittoria della democrazia, ma la sconfitta dei 5 Stelle. La riduzione del numero dei parlamentari sta infatti dentro al percorso inaugurato dai 5 Stelle, che parte dal decreto dignità, dalla legge spazzacorrotti, dal blocco della prescrizione, dalla riduzione dei vitalizi e ha per sbocco naturale il sistema elettorale proporzionale che è sicuramente quello che dà un carattere più democratico alla rappresentanza parlamentare. Non ci troviamo di fronte ad un Renzi che sognava di stravolgere la Costituzione per dare il potere a un uomo solo al comando, cioè lui. Qui siamo dentro un processo che cerca di rompere la tradizione di corruzione che ha storicamente contraddistinto la rappresentanza politica in Italia. Il concetto non è ridurre il ruolo del parlamento ma ridurre e controllare più facilmente il mercimonio che attorno ad esso ruota. Possibile che non si riesca a distinguere questo da un attentato alla democrazia?
Saranno i risultati del referendum a dimostrare che milioni di italiani hanno ben capito di che cosa si tratta, mentre molti politici, che pure sono costretti dalla pressione dell’opinione pubblica a dichiararsi per il SÍ, in modo più o meno obliquo, ma anche con clamorosi voltafaccia, coltivano la speranza – motivata da considerazioni in cui la democrazia entra assai poco – che la legge costituzionale venga abrogata. Si prendano in considerazione a questo proposito i dubbi e le reticenze piddine e il fatto che il referendum è stato reso possibile dall’apporto decisivo dei parlamentari della Lega. Si osservi come da tempo giornali come Repubblica e gli altri del fronte unico padronale danno risalto a dichiarazioni trasversali volte a superare il muro dei SÍ che i partiti di riferimento evitano prudentemente di attaccare direttamente.
Chi si occupa di storia, come il compagno Pascale, ricorderà a questo proposito il referendum monarchia o repubblica del 2 giugno1946. La repubblica vinse, ma lo scarto fu minimo perchè la DC di De Gasperi pur dichiarandosi per la repubblica parteggiava per la monarchia.
Quando invitiamo dunque a interpretare correttamente la situazione, vogliamo suggerire a coloro che in buonafede si schierano per il NO di approfondire meglio il ragionamento e uscire da schematismi che schiacciano la sinistra e i comunisti su posizioni slegate dalla dinamica reale dello scontro, che ha oggi per protagonisti da una parte i liberisti e dall’altra chi cerca quanto meno di limitarne l’azione, devastante anche sul piano della corruzione. Scambiare Renzi con Conte porta solo acqua al mulino di Salvini e soci.
Questo ci preme di dire – senza voler fare della nostra scelta di comunisti rispetto al referendum una trincea dove si fa l’Italia o si muore – per cercare di uscire dalla logica identitaria e/o movimentista e scendere sul concreto delle battaglie politiche che come comunisti dobbiamo imparare a fare. A questo proposito ci sembra importante la nota di Angelo Ruggeri su Togliatti pubblicata su Marx XXI il 21 agosto, nell’anniversario della morte del grande dirigente comunista, che suona come un invito ai compagni a riflettere su come i comunisti italiani erano diventati un grande partito.
22 agosto 2020
Roberto Gabriele e Paolo Pioppi