In questi ultimi tempi il discorso sulla Costituzione e sulla sua difesa ha visto un’accelerazione in rapporto al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Nel confronto in corso si cerca di far apparire che chi vota NO difende la Costituzione mentre chi vota SÍ sarebbe propenso a manipolarla.
Per inquadrare bene le questioni sul tappeto bisogna invece mettere bene a fuoco i contenuti del dibattito legato alla Costituzione per capire perchè oggi essa è così spesso evocata e con quali finalità. La retorica, in particolare quella istituzionale ma non solo quella, non ha aiutato finora a far chiarezza. Si parla della Costituzione più bella del mondo, ma la lotta per la sua piena attuazione langue e sembra accendersi ora solo sulla questione della rappresentanza parlamentare, questione di grande rilievo, ma non certo l’unica.
Ad aumentare la confusione è emerso recentemente, senza dar luogo a puntualizzazioni e contestazioni di sorta, il progetto di un certo sovranismo preteso di ‘sinistra’ che pone al centro non solo l’Italexit, ma anche l’attuazione della Costituzione del ’48. Essendo il leader di questo progetto un parlamentare ex Lega, ex 5 Stelle, ex direttore della Padania ed ex vicedirettore e direttore di Libero in sostituzione di Vittorio Feltri, c’è da chiedersi per quale fine la Costituzione venga così spesso evocata. Un motivo in più per individuare bene i soggetti della battaglia in sua difesa e i contenuti che devono diventare i punti di riferimento indispensabili per evitare strane ammucchiate e per vederci chiaro.
Perchè e per quali obiettivi si rende attuale una battaglia per il rispetto e soprattutto, bisogna sottolineare, per l’attuazione della Costituzione?
Il punto di partenza delle lotte sul rispetto della costituzione è stato, in passato, di carattere difensivo, e riguardava la questione delle libertà politiche riconosciute e tutelate dalla Costituzione e violate per decenni. La battaglia iniziò già nel 1948, sotto i governi repressivi della DC e dei suoi alleati, per la libertà di riunione, di parola, di propaganda, di associazione e di sciopero. A costo di lotte durissime oggi questi diritti vengono riconosciuti diversamente dal passato, quando Scelba governava a suon di manganelli e schioppettate. Ma il riconoscimento effettivo di questi diritti, che pure hanno una precisa specificazione nel testo costituzionale, viene ignorato anche oggi. Molti accesi difensori della costituzione non si sono accorti per esempio che nella realtà il diritto di libera organizzazione sindacale e di sciopero è vanificato paradossalmente proprio dal modo in cui la questione della rappresentanza è impostata dallo ‘statuto dei lavoratori’, laddove indica i titolari della contrattazione nei sindacati ‘maggiormente rappresentativi’: non i lavoratori dunque, e la rappresentanza che essi indicano, ma i sindacati considerati ‘maggiormente rappresentativi’. Quando si parla dunque di rappresentanza dei lavoratori chi decide per i contratti che, come sappiamo, “hanno efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce” (art. 39)? Quali poteri decisionali hanno i lavoratori? Si tratta – è bene sottolinearlo – di diritti di rappresentanza che riguardano decine di milioni di persone, quanti sono i lavoratori dipendenti.
Se questa è la situazione per i diritti di rappresentanza dei lavoratori, la situazione è forse migliore sul piano dei diritti di rappresentanza politica? Tutt’altro! Da decenni, con operazioni riuscite o abortite, come quella del governo Renzi nel 2016, vengono introdotte, o si tenta di introdurre, leggi che sono in palese contrasto con la Costituzione, creano disparità tra i cittadini e ledono il diritto a un sistema di rappresentanza democratica. La questione che immediatamente balza agli occhi è quella delle leggi elettorali approvate in base a interessi politici contingenti e di parte senza nessun rispetto per la Costituzione e tali da garantire a pochi gruppi di potere la possibilità di decidere chi sarà eletto e chi no. Ma lo svuotamento del principio di rappresentanza democratica dei cittadini va molto al di là delle scandalose leggi elettorali e include i tentativi di modificare il principio che l’Italia è una democrazia parlamentare o la cosiddetta autonomia differenziata tra le regioni, con le conseguenti disparità di trattamento e di diritti tra i cittadini, o la questione dell’esercizio monopolistico dei media e dei relativi conflitti di interesse e tanto altro.
Ma adesso si vorrebbe far credere che la riduzione del numero dei parlamentari sarebbe un elemento in più di rafforzamento di tutte le tendenze e le manovre antidemocratiche della travagliata storia della nostra repubblica. In realtà la riduzione del numero non tocca nessuno dei punti che abbiamo seppur sommariamente menzionato e punta anzi a metter ordine in una situazione poco trasparente sul funzionamento e il ruolo del Parlamento, che consente il mantenimento di una palude aperta a tutti i trasformismi.
Difendere la costituzione è cosa assai diversa dalla campagna strumentale contro la riduzione del numero dei parlamentari. Le questioni essenziali contenute nella carta costituzionale riguardano tre cose mai rispettate e di cui non si parla mai: l’art.11 che impone relazioni internazionali su un piano di eguaglianza e vieta il ricorso alla guerra; il ruolo sociale dell’economia e quindi la funzione dello Stato in questo ambito e la priorità della tutela dell’interesse collettivo e, infine, la piena soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione garantisce (lavoro, pensioni, sanità, scuola, ambiente ecc.) che le politiche liberiste hanno profondamente intaccato.
Bisogna impedire i discorsi strumentali e confusi sulla Costituzione e porre invece con chiarezza le questioni essenziali su cui dovrebbe nascere un movimento che le sappia veramente sostenere e che però all’orizzonte ancora non si vede. Anzi, una parte non trascurabile di quelli che dovrebbero essere i più ferventi sostenitori di un programma siffatto vanno in giro a parlare di violazione della democrazia in un contesto – quello dell’attuale referendum – determinato da una manovra di palazzo contro il governo Conte e i 5 Stelle in palese contraddizione col voto parlamentare quasi unanime a favore di un parlamento più snello. Bisogna esser ciechi per non vedere il “maledetto imbroglio” del no di sinistra (Barbara Spinelli) o, come dice Marco Travaglio, il dispiegarsi di una ‘sinistra per Salvini’ che, invece di fare chiarezza e impegnarsi su un progetto generale, aiuta lui e le forze liberiste a combattere i 5 Stelle, il governo Conte e la parte del PD che più convintamente lo sostiene..
per un Fronte Politico Costituzionale
Aginform
14 settembre 2020