Immaginate un giornalista che inventi di sana pianta che un governo di una nazione straniera sia in possesso di armi di distruzione di massa.
Immaginate che tale opera di (dis)informazione contribuisca agli occhi dell’opinione a giustificare un intervento armato da parte dell`esercito più potente al mondo e che la stessa azione militare diventi la responsabile della morte di 460mila persone, con l’ausilio di armi non convenzionali.
Infine, immaginate che quella notizia pubblicata da quel giornalista si riveli a posteriori completamente falsa, un’invenzione costruita ad arte per giustificare una guerra di aggressione contro un popolo sovrano.
Cosa potreste aspettarvi a seguito di tutto ciò?
Pensereste quantomeno che lo stesso giornalista venga licenziato e bannato dalle più grandi testate giornalistiche.
Di certo nessuno scommetterebbe sul fatto che quasi un ventennio dopo lo stesso autore possa sedere sulla scrivania dei più prestigiosi giornali americani. Eppure in questo caso perché la realtà supera di gran lunga quello che perfino le menti più fervide farebbero fatica a concepire…
Nel 2002, Michael R. Gordon, mentre scriveva per il New York Times, fu il primo giornalista a pubblicare articoli sulle fantomatiche armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein. Accusa che si rivelò essere poi completamente falsa. Nonostante questo “incidente”, diciannove anni dopo, Gordon lavora ancora oggi in veste di giornalista per il Wall Street Journal. Ora lo ritroviamo nuovamente con le mani nel sacco, mentre fa quello che sa fare meglio: raccontare balle. Ed eccolo qui che ritorna a calunniare nuovi stati sovrani da attaccare e distruggere, insinuando che il virus abbia origini dal laboratorio di Wuhan. Non stupiamoci se poi ci ritroviamo pieni di terrapiattisti e complottari vari. Del resto quando i media parlano dei “professionisti dell’informazione” fanno riferimento proprio a giornalisti come Michael R. Gordon: e si fa fatica a distinguere in questi casi tra giornalisti e divulgatori al soldo della CIA.