Rilanciamo alcune precisazioni del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze, licenziati con una email nei giorni scorsi secondo la nuova prassi barbara padronale.
Nelle loro precisazioni, giustamente, ribadiscono che loro non è solo una vertenza di una fabbrica che chiude, sono le modalità, che rendono la vicenda dela Gkn un caso nazionale, che oggi ha colpitoi lavoratori di Campi Bisenzio, ma domani potrebbe colpire altre maestranze.
Ecco, perché la lotta della Gkn è una battaglia di tutti i lavoratori.
Permetteteci di puntualizzare alcune cose:
- I lavoratori Gkn non sono 422. Sono oltre 500 perché noi siamo tutti colleghi sotto lo stesso tetto: interni e ditte in appalto.
- Siamo stati licenziati con una modalità atroce e con una violenza psicologica importante. Questo aiuta a farvi capire che abbiamo a che fare con persone senza scrupoli. Tuttavia chi si concentra solo sulla modalità con cui siamo stati licenziati, si concentra sulla forma e non sulla sostanza.
- Chi parla di “caso specifico” Gkn si mette quasi sullo stesso piano di chi ci vuole chiudere. Ma soprattutto mette in pericolo tutti i lavoratori di questo paese. Perché nega implicitamente che siamo gli ultimi di una lunga serie e i primi di una ulteriore serie di chiusure e delocalizzazioni.
- Se sfondano qua, sfondano da tutte le parti. Perché siamo una grossa azienda e siamo organizzati. Immaginatevi aziende piccole e meno organizzate.
- Chi parla di indennizzi e di ammortizzatori si mette quasi sullo stesso piano di chi ci vuole chiudere. Noi siamo in fabbrica, questa è casa nostra, da qua non ce ne andiamo. Qualsiasi altra cosa che verrà, sarà il risultato della nostra disperazione economica, non di certo della lotta. Ma l’obiettivo della nostra lotta è solo e soltanto bloccare i licenziamenti. Qua e ovunque.
- Il Mise venga qua a incontrarci. Le multinazionali delocalizzano, noi invece chiediamo di localizzare la trattativa. Sempre che il Mise abbia il coraggio di reggere lo sguardo di una comunità orgogliosa e non piegata
- La nostra vicenda si lega indissolubilmente a quella di FCA stellantis. Cosa dobbiamo aspettare per una mobilitazione del settore?
- A tutti coloro che ci portano solidarietà (circoli Arci, categorie sindacali, singoli lavoratori, ecc) diciamo grazie, grazie, grazie. Non riusciamo a rispondervi né a citarvi tutti senza fare torto a qualcuno. Sarà lunga. Non dimenticateci quando l’attenzione mediatica calerà
- Proprio per avere un canale di solidarietà più puntuale, nascerà una pagina di solidarietà alla vertenza. Avrete notizie a breve
- Sciopero generale e corteo nazionale: è quello che stiamo valutando. Avrete nostre notizie
Abbiamo le lacrime agli occhi, mille storie umane da raccontare ma oggi non è questo il punto. Non siamo i poveri operai che vanno a casa. Siamo dignità, orgoglio e resistenza.
Fate un favore a voi stessi unendovi alla nostra lotta.
Insorgiamo.
Il massacro sociale continua. Licenziati 450 lavoratori alla GKN
Ormai è una prassi consolidata dopo la fine del blocco dei licenziamenti voluto dall’esecutivo Draghi. Con una email, da un momento all’altro, si mettono in mezzo alla strada lavoratori e le loro famiglie. È successo alla Gianelli Ruote in Brianza, ora alla GKN di Campi Bisenzio dove oggi, con una email, sono stati licenziati 422 lavoratori.
Inutile dire dove sono i politici, perché hanno permesso che venissero sbloccati i licenziamenti. Ma, gli influencer, i Ferragnez vari non hanno nulla da dire? O Parlare dei lavoratori licenziati è troppo scomodo ed è meglio rivolgersi ai lidi meno pericolosi del Ddl Zan?
Questa mattina è stata comunicata con una e-mail a 450 operai e operaie la chiusura immediata (a partire da lunedì) dello stabilimento GKN di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze; azienda produttrice di semiassi per automobili. Attualmente è in corso un’assemblea permanente, come comunica via social Dario Salvetti, RSU in azienda, membro del Collettivo di Fabbrica, dell’assemblea generale nazionale FIOM e del direttivo provinciale FIOM Firenze.
Una notizia non isolata. Il 1° luglio, data fatidica dello sblocco dei licenziamenti per la maggior parte dei comparti, Alessandro Cambarau, lavoratore disabile, è stato lasciato a casa con un messaggio dalla FLSmidth Maag Gear di Segrate (Milano), azienda per cui lavorava da dieci anni. Pochi giorni dopo, 152 lavoratori della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto (Monza Brianza) sono stati licenziati tramite mail.
Casi non isolati e direttamente inseribili in un contesto di attacco padronale senza precedenti negli ultimi anni. La Confindustria di Carlo Bonomi, esponente dell’ala dura dei padroni italiani, ha fin da subito fatto pressioni sui governi, prima il Conte bis poi quello Draghi, per togliere lo sblocco dei licenziamenti. La conquista è arrivata nel momento in cui CGIL, CISL e UIL sono stati disposti ad accettare tutte le richieste di Confindustria senza battere ciglio, limitandosi al «si impegnano raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali». Il tutto in un clima di repressione e violenza antioperaia e antisindacale nella logistica, con addirittura un sindacalista – Adil Belakhdim, Si Cobas Novara – morto durante uno sciopero perché investito da un crumiro.
La solidarietà al Collettivo di Fabbrica della GKN e a tutti gli operai coinvolti è sicuramente un primo passo ma non può bastare. Alla luce di ciò che accade si deve aprire una riflessione seria sulle prospettive della lotta nei luoghi di lavoro in Italia. Le dirigenze dei confederali, di fronte a una situazione senza precedenti e alla più grande crisi economica dal 1945, hanno scelto la strada della collaborazione di classe, sposando la retorica dell’“unità nazionale”, preferendo sedersi a un tavolo con padroni e governo invece che mobilitare le proprie strutture e proclamare lo sciopero.
Le parole di denuncia nei salotti televisivi, dalle pagine dei giornali, da piazze autoreferenziali – come quella del 26 giugno, chiamata avendo ben presente la manifestazione del 19 giugno a Roma – non servono più a nulla. Bisogna parlare chiaro. La funzione che le dirigenze dei confederali, Landini in testa, stanno dando ai propri sindacati è una soltanto: illudere milioni di lavoratori e lavoratrici che ci sia un margine per accordi, per trattative, che la pace sociale sia l’unico orizzonte possibile.
In questo modo, l’essersi inchinati alle pretese di Confindustria diventa un «grande risultato per il sindacato», per riportare le parole del leader CGIL. In questa direzione, si divide la classe lavoratrice, tenendo il freno a mano tirato e ponendo un veto a priori a qualsiasi convergenza reale su un piano di lotta.
Quanto è successo a Firenze e in provincia di Monza-Brianza è solo un primo assaggio di quello che i lavoratori affronteranno nei prossimi mesi. Domenica a Bologna si riunirà un’assemblea del sindacalismo conflittuale per discutere della costruzione concreta di uno sciopero generale in base a rivendicazioni condivise, per rispondere con unità e organizzazione all’attacco padronale.
Attorno a questa assemblea si devono cementificare tutte le forze politiche di classe, devono aderirvi tutti quei settori sindacali che non vogliono più stare a guardare. Ogni giorno che passa l’unità e l’organizzazione delle lotte operaie diventano una necessità sempre più impellente. Costruire un fronte unico di classe è l’unica soluzione che abbiamo per rispondere. Perché loro colpiscono uniti. Noi, invece, contiamo i licenziati, i feriti durante le cariche, un morto durante uno sciopero, i tagli ai nostri diritti. Non possiamo più aspettare.