Afghanistan, corridoi umanitari: l’esercizio della discriminazione

Le risposte umanitarie a tutto ciò che sta avvenendo in Afghanistan, non possono non essere esaminate da un punto di vista intersezionale

Fortunatamente si sono creati dei corridoi umanitari, benché tra mille difficoltà, dall’Afghanistan: è cronaca recentissima l’arrivo di 94 persone, di cui quasi la metà bambini, a Settimo Torinese, il Comune si è fatto carico dell’acquisto e donazioni di beni di prima necessità da destinare alle persone.

Tuto ciò è la dimostrazione che, ove ci sia la volontà politica, le cose avvengono.

Tuttavia nella questione dell’evacuazione dall’Afghanistan non si può non individuare un discrimine.

Si parla di evacuazione di persone afghane che hanno collaborato con le forze e le diplomazie degli Stati che hanno operato in Afghanistan, è stata lanciata una raccolta firme in favore di corridoi umanitari per donne e bambini.

Questa raccolta firme è nei fatti discriminatoria: un conto sono le priorità, altro conto sono i diritti, questa raccolta firme non tiene conto del fatto che in questo modo verrebbero per sempre divise delle famiglie.

Ferocemente perseguitate saranno anche le persone lesbiche, gay, trans, le persone che manifestano il dissenso, già arrivano gli echi di proteste e di morti tra chi scende in piazza nelle città afghane per manifestare contro i talebani.

I profughi giunti a Settimo Torinese trascorreranno la quarantena non su una nave, ma in una struttura protetta della Croce Rossa, anche qui la parola corretta è: perfetto, ma non si può non sottolineare una discriminazione nei confronti di tutti coloro che sono costretti a trascorrere la quarantena su costosissime navi affittate dal Governo e spesso tradotti direttamente nei centri di detenzione per il rimpatrio (CPR), in cui solo l’anno scorso sono state inutilmente detenute più di 2.000 persone, senza aver commesso alcun reato penale, che non sono state rimpatriate.

Eclatante è il caso di Moussa Balde, di origine guineiana, che è stato detenuto – nonostante da anni non si effettuino rimpatri nella Repubblica di Guinea (Guinea Conakry) – nel CPR di Torino e posto in isolamento, luogo nel quale si è tolto la vita.

L’Afghanistan non è l’unico luogo ove ci siano vere e proprie emergenze umanitarie, ad esempio la situazione in Yemen è da anni letteralmente drammatica, altro esempio sono le zone ulteriormente devastate dalla crisi climatica.

A livello europeo si opera anzi una feroce, violenta repressione delle migrazioni, sia sulla rotta balcanica – utilizzata anche da molti afghani – che sulla rotta mediterranea, si mettono in atto politiche che scoraggiano in ogni modo la richiesta d’asilo, vengono operate “riammissioni informali” negli stati confinanti da cui provengono i profughi: una disapplicazione di tutti i principi che garantiscono diritti, ma addirittura del famigerato trattato di Dublino.

Si continuano a reiterare gli accordi con la Libia.

Ben vengano quindi i corridoi umanitari dall’Afghanistan, ben vengano saggi criteri di priorità nell’evacuazione, ben venga, però, una volontà politica che operi nella salvaguardia della fragilità, del diritto alla vita, della liberta e della sicurezza della persona (art. 3 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani), in ogni luogo e senza discriminazione.

Sentiamo da membri del Governo, in particolare da Di Maio, dichiarazioni sulla salvaguardia dei Diritti Umani.

I diritti sono diritti, non possono e non devono sottostare ad aspetti economici e/o geopolitici: i diritti non possono essere soggetti al relativismo, in qualunque modo e per qualsiasi ragione venga esso esercitato.

 

Fabrizio Maffioletti

22.08.21

Afghanistan, corridoi umanitari: l’esercizio della discriminazione (pressenza.com)

 

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