Secondo uno studio pubblicato dall’Università di Pavia su Public Health¹, il 57 dei 106.600 morti in eccesso avuti nel 2020 non è imputabile al Covid-19, ma all’interruzione delle cure ospedaliere, delle visite non urgenti e degli screening: 1,3 milioni di ricoveri in meno rispetto al 2019 (-17%), di cui circa 620.000 chirurgici saltati, 747.011 ricoveri programmati e 554.123 urgenti.
Ma non basta.
Secondo un’indagine condotta da Anaao-Assomed² a ogni posto letto in meno per 1.000 abitanti è associato un aumento del 2% della mortalità legata al Covid nei primi 8 mesi del 2020.
L’Italia con 3,1 posti letto ogni 1.000 abitanti ha registrato un +17% di mortalità. La Germania con 8 posti letto ogni 1.000 abitanti ha registrato un aumento della mortalità prossimo allo 0.
Dall’indagine emerge come quello dei posti letto sia un fattore più determinate rispetto ad altri, come per esempio l’età media della popolazione.
Nel 1976 l’Italia aveva 10,7 posti letto ogni 1.000 abitanti. Più del triplo rispetto a oggi. Secondo i risultati dell’indagine, se l’Italia avesse mantenuto quei numeri anziché tagliarli selvaggiamente, si sarebbero potute salvare quasi 20.000 vite su 106.600 (circa 8.000 se i morti per Covid-19 del 2020 sono stati 45.838 come suggerisce lo studio dell’Università di Pavia).
Ma non basta.
Anche per quanto riguarda i posti letto di terapia intensiva l’Italia si piazza agli ultimi posti europei dietro a Germania, Lituania, Austria, Belgio, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Grecia, Estonia, Lettonia, Portogallo, Francia, Olanda, Finlandia e Irlanda ³.
La Germania, prima, ne conta 6 ogni mille abitanti. Più del doppio dell’Italia (2,6 posti ogni 1.000 abitanti).
Ma non basta.
Negli ultimi 10 anni la classe politica italiana ha chiuso 173 ospedali, il 15% (dai 1.165 del 2010 ai 992 del 2019).
Stessa sorte è toccata, a causa dei tagli al SSN e al blocco del turno over, al personale sanitario: in 10 anni sono stati tagliati 42.380 professionisti sanitari (-6,5%)?.
Ma non basta.
Anche la visione di un modello sanitario fortemente ospedalecentrico ha mostrato tutti i suoi limiti.
Stando ai dati ufficiali, anche il sottodimensionamento dovuto ai tagli degli ultimi anni dell’assistenza territoriale (i cosiddetti medici di famiglia) ha avuto un alto impatto sul numero di morti (tra i più alti al mondo) registrati in Italia.
Secondo la Corte dei conti?, il numero dei medici di medicina generale nell’ultimo quinquennio è stato tagliato del 3,8%, passando dai 45.878 del 2010 ai 42.428 nel 2019 (-3.450).
ll più alto rapporto tra medici generici e dimensioni della popolazione – 253 per 100.000 abitanti – è stato registrato in Portogallo.
In Italia il rapporto per 100.000 abitanti dei medici generici è stato di 89,2 contro i 179 dell’Irlanda, i 158,7 dell’Austria, i 157,1 dell’Olanda, i 152,9 della Francia, i 124, 8 della Finlandia, i 114,7 della Svizzera, i 114 del Belgio e i 97,8 della Germania?.
Eppure solo in base ai dati Ocse negli ultimi 8 anni sono stati oltre 9.000 i medici formatisi in Italia che sono stati costretti ad andare a lavorare all’estero (soprattutto Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia)?.
Ma non basta.
Sono state tagliate anche le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale che sono passate dalle 9.635 nel 2010 alle 8.798 attuali.
Ancora più marcato il taglio dell’assistenza Territoriale Residenziale che a fronte delle 9.635 strutture presenti nel 2010 ne conta 7.683 nel 2019.
L’Italia ha tagliato 37 miliardi al SSN solo tra il 2012 e il 2019.
Ma non basta.
Perché i dati non raccontano tutto.
Spesso valgono di più le parole.
In questo caso le parole di chi questa battaglia l’ha combattuta e la combatte sul campo.
Come Riccardo Munda, medico mazzarinese che nell’ultimo anno si è occupato degli abitanti di Nembro, in provincia di Bergamo.
Che ha scelto di stare tra i malati di Covid-19, salvandogli la vita, anziché “visitarli” al telefono come raccomandato dall’ATS di Bergamo: «Ma non perché sono un eroe. Perché sono un medico. E dove dovrei stare: tra i sani?».
E che, in una bellissima ma dolorosa intervista a Francesca Borri, racconta:
«L’unica cosa chiara di questo virus è che si batte sul territorio. In Italia non sono mancati gli ospedali, ma tutto il resto, tutto quello che evita ai malati di finirci: e di finirci tutti insieme. Covid o non Covid, la polmonite va curata. E va curata subito.
E invece ti dicono di chiamare il medico solo quando cominci a respirare male. E cioè quando è troppo tardi. Onestamente, posso dirlo? Raramente ho visto questo virus vincere solo per merito suo»?
[FONTI: