I paesi dell’organizzazione “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) si sono riuniti oggi per la 13-mo summit a livello di capi di Stato. Il BRICS è un’organizzazione informale che quest’anno compie 15 anni e ha particolare valore, poiché è nata come risposta legittima alla politica di contenimento e pressione che gli Stati Uniti e altri paesi dell’Occidente hanno condotto verso i paesi terzi e le potenze regionali durante gli ultimi decenni. In altre parole, l’organizzazione del BRICS costituisce una sfida al mondo unipolare che ha dominato dopo la caduta dell’Urss.
La riunione di oggi acquista una particolare importanza sullo sfondo della situazione geopolitica in fase di vorticoso cambiamento in Asia centrale e in Afghanistan. In conclusione i paesi del BRICS hanno rilasciato una dichiarazione con cui esortano tutte le parti in Afghanistan ad astenersi dalla violenza e a regolarizzare la situazione in modo pacifico.
Inoltre, i paesi del BRICS si impegnano a rafforzare la collaborazione nella sfera politica, economica, culturale e della sicurezza;
confermano la fedeltà al piano generale di azioni riguardo l’Iran;
esortano a coinvolgere i paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli africani, nel processo della presa di decisione a livello mondiale;
confermano la volontà di continuare ad aiutare i paesi del mondo nella lotta contro la pandemia;
esortano ad allargare la collaborazione non solo in questo campo, ma anche in quello dei problemi legati alla sanità presenti e futuri;
ritengono che la collaborazione nella questione dello studio dell’origine del SARS-COV-2 abbia un ruolo importante nella lotta contro la pandemia da Covid 19.
Prima dell’inizio del lavori del summit BRICS, Putin ha rilasciato delle dichiarazioni, facendo capire senza mezzi termini che gli americani sono i colpevoli di questa nuova crisi in Afghanistan. Vladimir Putin ha dichiarato che “la nuova spirale di instabilità in Afghanistan è dovuta ai tentativi irresponsabili degli Stati Uniti d’America di imporre i propri valori, che sono estranei al popolo afgano, di cercare di costruire con i metodi di ingegneria sociale e politica le cosiddette “strutture democratiche”, senza tener conto né delle particolarità storiche, nazionali degli altri popoli, ignorando le tradizioni secondo le quali questi popoli vivono e tutto ciò è finito in destabilizzazione, sfociato nel caos, dopodiché gli autori di questi esperimenti si sono ritirati in fretta e furia abbandonando i propri pupilli al loro destino. Adesso tutto il mondo è costretto a farne le spese e ad affrontare le conseguenze, conseguenze di cui non si ha ancora chiara la portata che avranno sulla sicurezza sia regionale che a livello globale”, – ha concluso il presidente russo.
Ricordo che il 29 febbraio del 2020, gli americani avevano firmato con i Talebani l’Accordo di Doha, secondo il quale si impegnavano a portare via il loro esercito dopo quasi 20 anni, e i Talebani avevano promesso di sedersi al tavolo delle trattative con il governo allora vigente e di rompere i legami con al Qaeda. Ma abbiamo visto tutti com’è finita. Ora i Talebani hanno fatto un annuncio importante e significativo: faranno l’inaugurazione del nuovo governo islamico l’11 settembre!
Il gabinetto dei ministri, composto da prigionieri di Guantanamo e partecipanti a diverse organizzazioni mondiali terroristiche, entra in carica esattamente nel giorno del 20º anniversario della tragedia americana, dopo la quale Washington cominciò la guerra in Afghanistan.
Direi che qui ogni allusione è puramente non casuale! L’infamia sembra essere peggiore di quella del Vietnam.
MARINELLA MONDAINI
(Scrittrice, giornalista, traduttrice. Vive e lavora a Mosca)