“Dobbiamo essere noi la classe dirigente di questo paese”
L’INTERVISTA
Partiamo dalla sentenza del Tribunale del Lavoro di Firenze che ha dichiarato illegittimi i vostri licenziamenti avvenuti con un’email. Una vittoria che dà slancio alla vostra lotta?
È un passaggio che ci siamo conquistati, a differenza delle chiacchiere che si sentano sul fatto che la normativa in Italia già c’è, la sentenza di basa sul contratto nazionale dei metalmeccanici, sulla nostra accordistica interna e su tutta la nostra storia sindacale dove si erano costruiti obblighi per l’azienda. Quindi la normativa non c’entrava nulla. Con gli scioperi, i tavoli, le trattative ci siamo conquistati quegli accordi che abbiamo portato davanti al giudice.
Con questa sentenza ora al Governo Draghi quale intervento chiedete?
Al Governo non chiediamo nulla. Chiedere si associa a supplicare e ad aspettarsi qualcosa. Dal Governo non ci aspettiamo nulla, sappiamo, e non siamo, ingenui, a chi risponde questo governo, che ha come funzione sociale non di tenere aperte le aziende ma semmai di favorirne alla chiusura. Al governo rivendichiamo delle norme che salvaguardino 500 posti di lavoro, come patrimonio collettivo. Perché come sta facendo il Governo con la mitigazione sociale, cioè offrire al singolo lavoratore forme di ricollocazione o ammortizzatori sociali, costringe l’individuo ad autodistruggere il proprio posto di lavoro per smettere di lottare ed occuparne un altro. Ma quando vado ad occupare un altro posto di lavoro, ammesso che lo trovi, sapendo che sarà molto più precario di quello precedente, lo sto togliendo anche, di fatto, ad un altro che poteva occuparlo.
Sabato 40.000 persone provenienti da varie regioni italiane hanno partecipato alla vostra manifestazione. Il numero dei partecipanti finora a sabato scorso, ricordava i 40.000 della Marcia dei Capi alla Fiat del 1980, l’inizio di tante sconfitte ei lavoratori. Credi che con questa manifestazione inizi una nuova stagione di lotte operaie?
Può esserlo, ma non sta solo a noi determinarlo. I lavoratori GKN stanno lottando anche per salvaguardare il loro sito produttivo e per questo sono consapevoli che devono mettere mano ai rapporti di forza nel paese, perché la nostra vertenza chiama in causa Governo, Stellantis, le leggi di questo paese. Proviamo a cambiare il mondo intorno a noi, ma non possiamo farlo da soli. Abbiamo creato però un piccolo pertugio dove chiunque sia oppresso nel mondo del lavoro, se vuole può inserirsi. Più che fare appello con la parola Insorgiamo, di più non possiamo fare. Sta adesso al resto del mondo del lavoro decidere di “approfittare” della nostra lotta, del nostro dramma per cambiare questo paese. Sabato in 40.000 lo hanno capito, vediamo come evolverà la vicenda.
Dopo questa grande manifestazione, ci sarà lo sciopero del sindacato di base dell’11 ottobre, quale prospettive di lotta si aprono per continuare la vostra lotta e quella di altre vertenze?
Dopo questa sentenza sono cambiati i tempi della nostra mobilitazione eravamo pronti a mobilitarci per bloccare le lettere di licenziamento che dovevano arrivare domani. Certo è che la mobilitazione continua vedremo la forza che acquisirà l’11 ottobre con lo sciopero generale. O se ci sarà anche l’esigenza di chiamare allo sciopero anche il sindacalismo confederale perché attorno alla GKN c’è la simpatia della base operaia confederale.
La politica, le istituzioni come si sono rapportate con la vostra vertenza?
Da noi non c’è più classe dirigente politica ed economica. Chi dirigeva questa fabbrica non ha retto il confronto su nessun terreno né di natura sindacale-vertenziale, né sull’organizzazione del lavoro. Oggi mezzo mondo politico gioisce e si affida ad una sentenza di un tribunale, comunque basata sull’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, di una legge fatta nel 1970 e che loro stessi vorrebbero distruggere. Dà l’idea di ciò che è la classe dirigente politica ed economica di questo paese, che non è in grado di produrre nulla. Credo che noi possiamo essere la classe dirigente di questo paese, ci abbiamo provato nel nostro piccolo.
LA REDAZIONE DE L’ANTIDIPLOMATICO