Intervista al dottor Karim Hamarneh, nato a Beth-Jala (Betlemme) nel 1951 da genitori profughi (Nakba) dopo la prima guerra del 1948. Arrivato in Italia nel 1968, cittadino italiano della Diaspora Palestinese. Presidente dell’Associazione culturale Liguria-Palestina che si prefigge di divulgare la tradizione Palestinese. Suoi scritti: ”Esiste ancora la Palestina?”, La condizione delle donne Palestinesi”. Attivista per i Diritti Umani. Vive a Genova.
Cominciamo proprio da un tuo scritto, Karim. Ma la Palestina esiste ancora?
Con la proclamazione dello stato di Israele nel 1948, la Palestina ha perduto l’80 % del suo territorio. Nella seconda guerra del 1967 e’ stata militarmente occupata da parte di Israele la parte della Cisgiordania con Gerusalemme Est e Gaza .Con svariate Risoluzioni l’ONU insieme alle Istituzioni Internazionali hanno dichiarato illegittima tale occupazione. Tanti tentativi di accordi di pace negli anni si sono succeduti e nel 1993 a Oslo è stata sancita la creazione dell’Autorità Palestinese (ANP) con funzioni di sicurezza e son stati suddivisi i territori in tre fasce. Il 12% totalmente sotto il controllo dell’Anp (fascia A); IL 28% amministrato dall’Anp ma la sicurezza è sotto il diretto controllo israeliano; (fascia B) Il 60% totalmente gestito dal governo israeliano (fascia C ) dove ovviamente gli israeliani hanno incoraggiato gli insediamenti israeliani in questi territori Gli accordi di Oslo, per gli Arabi, si sono rivelati una vera trappola. Israele ha triplicato il numero di nuovi insediamenti di coloni ebrei. I nuovi insediamenti avvengono a scapito della popolazione autoctona araba, e sono attuati con abusi da Far West ,con la confisca di terre private ,sorgenti di acqua ,abbattimento di intere coltivazioni di ulivi, alberi di limoni e alberi da frutta, furti o boicottaggio di sorgenti idriche. Con questa politica aggressiva ed oppressiva esiste il serio pericolo di perdere tutti i territori palestinesi, perché l’ideologia SIONISTA mira a costituire il grande Israele, dal Nilo all’Eufrate.
Moni Ovadia in una intervista all’Adnkronos dichiara che Israele attua una politica infame e senza pari strumentalizza la Shoa, cosa ne pensi?
Ho avuto modo di conoscere personalmente Moni Ovadia, è una persona di grande spessore che conosce molto bene il problema e ne soffre, pur essendo ebreo ma non sionista ha coraggio da vendere e argomentazioni da fare.
Israele pur essendo il paese occupante e forte nel conflitto fa sempre la vittima e ricorda sempre la Shoa e guai ad essere criticata per la sua politica, accusando quelli che la criticano di antisemitismo A Ovadia è comunque interdetto l’ingresso in Israele.
Con Netanyhau ci sono state stragi continue, dai bombardamenti a Gaza alle provocazioni feroci sulla Spianata che porta alla Moschea di Al Aqsa, agli insediamenti illegali dei territori della Cisgiodania. Il nuovo primo Ministro Bennet ha ripreso la sua politica coloniale e razzista, ma alcuni dicono che il nuovo governo è di “sinistra”, su che cosa si differenziano?
Con Netanyau è stata rafforzata la politica razzista e coloniale di Israele nei confronti del popolo palestinese, non ha rispettato gli accordi di Oslo che prevedevano la creazione di uno Stato palestinese dopo 5 anni, ha perseguito una politica di destra, fascista che il popolo ebraico nella sua storia recente in Europa ha subito e di cui è stata vittima (Shoa).
Ha militarizzato e impoverito la popolazione con la creazioni di innumerevoli posti di blocco fissi 150 e mobili oltre 450 per impedire la libera circolazione e sfiancare ed umiliare donne uomini, bambini e vecchi con ore e ore di attesa, sotto il sole cocente o la pioggia, per non parlare poi della costruzione del lunghissimo muro che divide famiglie tra loro e le loro terre .Bennet il successore, segue la politica precedente, dire che sia di sinistra non corrisponde al vero. In Israele la definizione di sinistra spetta a poche organizzazioni che non superano il 4%
Non ci dimentichiamo che durante il governo laburista di Shimon Perez le politiche di fondo erano sostanzialmente le medesime nei confronti dei nativi palestinesi.
Bennet era ed è uno dei principali sostenitori degli insediamenti illegali israeliani e questo vuol dire molto nel non affrontare e risolvere il problema e la pace in Palestina.
Il “sistema” sionista israeliano permette i furti della terra palestinese e Israele è stata creata sulle città e sui cadaveri dei palestinesi, che la Nakba e la pulizia etnica vanno avanti da 73 anni così come l’apartheid, ma la Comunità internazionale guarda altrove, perché?
La Comunità internazionale è assente e non ha voce nella soluzione del problema palestinese, finché gli Stati Uniti appoggeranno e daranno tutto il loro sostegno in barba alle varie risoluzioni internazionali .E’ necessario che l’Europa, la Cina e la Russia prendano parte ai negoziati e costringano Israele a riconoscere i diritti del popolo palestinese. Non sono più accettabili la pulizia etnica e l’apartheid del popolo indigeno che Israele sta attuando, esso fa parte dell’élite mondiale come potenza militare, tecnologica, economica, viene quindi rispettata nell’attuare gli interessi del Capitalismo mondiale.
Non solo il mondo è “indifferente” alle sofferenze del popolo Palestinese e, guardando l’Italia rispetto alla Palestina, notiamo come la destra che la sinistra non siano diverse nel difendere l’indifendibile. La legalità internazionale non conta quando c’è di mezzo Israele.
Gli Europei e soprattutto la Sinistra anche italiana, soffrono di un complesso di colpa annoso nei confronti del popolo ebreo, che ha subito la Shoa, anche se la creazione dello Stato di Israele ha provocato e provoca ingiustizie, oppressione e diaspora di un popolo che nulla aveva a che fare con l’antisemitismo e che viveva da millenni in quei territori .Tutto ciò sarebbe umanamente comprensibile. Ma quello che a mio avviso è intollerabile è che sulla scia dell’ Hasbarah, propaganda israeliana sistematica attraverso tutti i mezzi possibili ed immaginabili (media, libri, pubblicazioni, films) e del Mainstream, l’Occidente è portato a pensare ad Israele come uno stato ideale e democratico ed è questa la vera menzogna .
Naturalmente gli Usa hanno sull’Europa e specie sull’Italia che ha perso la guerra una grandissima influenza sulla opinione pubblica e sull’orientamento della politica estera.
Cosa ne pensi “dell’Accordo di Abramo”? E che cosa la Palestina si può aspettare dai Paesi Arabi come gli Emirati Arabi Uniti o il Marocco?
Gli accordi di Abramo, pretestuosamente annunciati come possibile soluzione del problema palestinese, sono stati stipulati dal governo di Israele e i paesi del golfo sotto l’egida di Trump, con la clamorosa assenza dei rappresentanti del popolo palestinese. Prevedono la normalizzazione dei rapporti tra le due parti e collaborazione in vari settori, economici ma soprattutto militari e di sicurezza per un disegno nuovo della geopolitica mediorientale, a mio parere, contro l’Iran e le sue future ambizioni nella zona. In realtà sono anni che esiste questo tipo di collaborazione sotto banco e la soluzione del problema palestinese non è stato quasi preso in considerazione in questa occasione. L’unico elemento positivo pare, è quello che per ora Israele abbia rinunciato all’annessione della Valle del Giordano dove vive e lavora in terre fertilissime una gran parte di indigeni arabi e che prevedeva un consistente incremento di nuovi insediamenti di coloni ebrei .
Dopo la fuga dei sei prigionieri politici palestinesi, l’attenzione si è nuovamente destata nei loro confronti, 4650 Palestinesi, di cui 200 bambini, perseguiti attraverso un sistema giudiziario militare invece che civile, sistema unico al mondo, vigliacco e disumano, potremo mai riuscire a liberarli e con quali mezzi?
Il problema dei detenuti palestinesi è assai spinoso; come sai anche i civili hanno un trattamento giuridico di tipo militare, giustificato dallo stato di emergenza continua.
Non dimentichiamo che, mentre i ragazzi israeliani diventano maggiorenni a 18 anni, i palestinesi sono considerati adulti già a 16 anni con le conseguenze del caso. Inoltre Israele si permette di attuare la cosiddetta detenzione amministrativa, senza capo d’imputazione e quindi senza possibilità di ottenere una difesa legale e rinnovabile ogni 6 mesi senza nessuna certezza. A questo proposito noi a Genova, come Associazione Culturale Liguria Palestina abbiamo ospitato un giovane scrittore di Betlemme, Aysar Al Saifi che ha presentato il suo libro “Foglie di Gelso”, racconti di storie vere raccolte o vissute in prima persona o attraverso testimonianze che rischiavano di restare inascoltate .Una denuncia forte contro il regime di Israele. In realtà tutto il popolo palestinese è in prigione, succede spesso che tramite altoparlanti la popolazione venga informata sul fatto che nessuno può uscire dalle loro case. Esistono numerosissimi posti di blocco sia fissi che mobili che rendono gli spostamenti della gente difficilissimi sia che si spostino per motivi di lavoro sia per motivi di salute o familiari. Check point che implicano ore di attesa di uomini donne vecchi e bambini ammassati in corridoi, umiliazioni costanti .
Più di 670 istituzioni finanziarie europee hanno legami con società coinvolte negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, secondo un rapporto di 25 organizzazioni palestinesi, regionali ed europee, per un valore di 255 miliardi di dollari, per non far nomi, il gigante dei macchinari Caterpillar. E noi speriamo sempre nell’Europa della legalità contro l’apartheid.
A questa domanda devo fare riferimento al BDS (boicottaggio disinvestimento e sanzioni), organizzazione nata circa 15 anni fa da 150 Associazioni palestinesi sul territorio che invita al Boicottaggio di tutte le aziende che commerciano con le ditte che si trovano negli insediamenti nei territori occupati (West Bank), costruite illegalmente sulle terre degli autoctoni arabi. Una forma pacifica di lotta che sta ottenendo dei risultati molto interessanti.
C’è un elenco ampio di queste aziende sul sito del BDS. Anche noi individualmente possiamo fare molto scegliendo di non comprare tale merce. Il boicottaggio si può attuare anche nel mondo dello spettacolo, dell’arte e dello sport. Anche a livello accademico è stato segnalato un collegamento esistente tra le Università (anche italiane) e il complesso sistema militare di sicurezza e oppressione.
E poi c’è la “spina nel fianco” che fa tanto male, Gaza, laboratorio di esperimenti militari su civili, sotto perenne assedio di Israele che decide la vita o la morte degli abitanti.
Hai detto bene, Gaza è un laboratorio di esperimenti militari sui civili. La forza e la tecnologia militare consentono ad Israele di proseguire la pulizia etnica del popolo, testando sui corpi di civili i risultati di modernissime armi tecnologicamente all’avanguardia. Nel tempo Israele ha raggiunto e consolidato una posizione di assoluto primato nella produzione e nel commercio mondiale, non solo di armi tradizionali ma anche e soprattutto di strumenti nel settore del controllo e della sicurezza attraverso investimenti nelle tecnologie informatiche e cibernetiche che caratterizzano sempre di più le guerre moderne. Nel 2019 Israele ha speso 19,6 miliardi di dollari il 5,3 % del Pil. E’ l’ottavo paese al mondo nell’esportazione militare, i beneficiari sono tra i paesi i più violenti e corrotti .Non dimentichiamo la partecipazione diretta di Israele alle esercitazioni con la Nato, mettendo in orbita satelliti artificiali anche a scopo militare, ma il vero valore aggiunto è rappresentato dalle politiche di sicurezza, spionaggio, sorveglianza, polizia e intelligenza artificiale che ha potenziato grazie all’occupazione della Palestina. Israele non esporta solo la tecnologia per dominare, ma anche la visione del mondo che ne sta alla base, quella della repressione di chi lotta per migliorare le condizioni dei poveri, delle classi subalterne nel terzo mondo ma anche nel primo, espressione di un razzismo che continuamente si alimenta in Israele, nonostante i suoi crimini e i continui bombardamenti sui civili come a Gaza siano ben documentati, gode di impunità assoluta e addirittura del sostegno della Comunità internazionale .
A Gaza è nato il “Free Women in free Palestine” in collaborazione con il progetto Donne del 2017 nato in Italia. Non può esistere una libera Terra senza libere donne, e la liberazione delle donne Palestinesi non può avvenire senza la liberazione dall’imperialismo, dal razzismo e dal colonialismo sionista. Un tuo scritto è sulla condizione delle donne palestinesi, ce ne vuoi parlare?
Le donne palestinesi sono sempre state attive presenti nella lotta partigiana dal 1948 e specie dopo il 1967 e nelle varie intifade, scendendo in piazza a protestare e a testimoniare tramite la voce di scrittrici ,giornaliste e intellettuali. Il sistema giuridico palestinese è una combinazione di leggi Ottomane, egiziane, giordane, britanniche ed israeliane. Un sistema non armonizzato e di discriminazione nei confronti delle donne. Dalla creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese nel 1994 dopo gli accordi di Oslo, il suo statuto giuridico è un po’ migliorato ma non è in grado di proteggere completamente i diritti delle donne. Israele non rispetta i diritti umani ( sono circa 50 le prigioniere politiche in carcere).
Le donne subiscono una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto palestinesi patiscono l’ influenza dell’occupazione israeliana e della struttura patriarcale palestinese e pur con un tasso di scolarizzazione superiore a quello degli uomini, hanno un limitato accesso al mondo del lavoro. Le donne hanno priorità differenti per le politiche pubbliche, il benessere della società nel suo complesso. Sono più legate alla realtà di base e quindi portano una prospettiva più rappresentativa delle società. Questo spiega perché mentre la resistenza maschile all’occupazione si concentra soprattutto sull’identità nazionale e sull’aspirazione a un proprio stato, quella femminile invece tende ad aprire il discorso sul tipo di società in cui si vive, alle opportunità e ai diritti per tutti e per tutte, indipendentemente dal sesso, etnia, orientamenti sessuali o religiosi. La lotta di emancipazione delle donne dalla cultura patriarcale e maschilista deve diventare un movimento propulsore importante quanto quello della lotta del popolo contro l’occupazione .A Gaza purtroppo le donne soffrono di più sia sotto l’occupazione sia sotto Hamas, quando ha preso il potere nel 2007 e ha imposto il velo obbligatorio. Attualmente rispetto agli anni del 2007 di oscurantismo la situazione la situazione è cambiata negli ultimi decenni, le donne ora possono andare autonomamente in tribunale per divorziare ma è ancora lontana una vera emancipazione .
L’ultima domanda è di “speranza”. Arriverà la condanna di Israele dal Tribunale Internazionale dell’Aja?
Purtroppo sono pessimista per la condanna di Israele da parte del Tribunale dell’Aja. Israele è talmente potente, appoggiato com’è dal governo Usa e da tutti i governi Europei. Il capitale e l’imperialismo sono i veri padroni del mondo di oggi, le politiche che ne derivano decidono le sorti del mondo e Israele è la regina di questo sistema. Mi piace ricordare una frase di Marwan Barghouti per terminare questa tua intervista:” Quando vi verrà chiesto da che parte stare, scegliete la parte della libertà e della dignità contro l’oppressione, dei diritti umani contro la negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l’occupazione e l’apartheid. Solo così si può servire la causa della pace e agire per il progresso dell’umanità.”
15.10.21 – Mariella Valenti
La Libertà non esiste fin quando i palestinesi non saranno liberi (pressenza.com)