L’Unione Europea ha insignito del premio Sakharov 2021, massimo riconoscimento del blocco in materia di diritti umani, l’oppositore nazionalista russo Alexei Navalny.
Altri candidati al premio erano la golpista boliviana Jeanine Anez, assurta alla presidenza della Bolivia dopo il colpo di Stato contro Evo Morales, e un gruppo di donne afgane. Invece i leader del Parlamento Europeo hanno deciso di premiare il neonazista russo in aperta critica al Cremlino.
L’annuncio è stato dato attraverso un tweet dal gruppo democristiano del PPE in seno al Parlamento Europeo. “Sig. Putin, libera Alexei Navalny. L’Europa chiede la sua libertà – e quella di tutti gli altri prigionieri politici”.
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi circa la natura esclusivamente politica e geopolitica di questo premio che viene spacciato come un riconoscimento a personaggi impegnati nella difesa dei diritti umani, può dare uno sguardo ai più recenti vincitori di questo premio per veder fugato ogni dubbio.
Negli ultimi anni lo abbiamo infatti visto assegnato all’opposizione bielorussa (2020), il regista ucraino Sentsov (2018), l’opposizione ‘democratica’ venezuelana (2017).
Per approfondire la figura e gli obiettivi del neo-nazista Navalny, segnaliamo questo articolo di Manlio Dinucci – “Navalny, democratico made in Usa”:
«Un poliziotto sfonda la porta di casa con un ariete portatile, l’altro entra con la pistola spianata e crivella di colpi l’uomo che, svegliato di soprassalto, ha afferrato una mazza da baseball, mentre altri poliziotti puntano le pistole contro un bambino con le mani alzate: scene di ordinaria violenza «legale» negli Stati uniti, documentate una settimana fa con immagini video dal New York Times, che parla di «scia di sangue» provocata da queste «perquisizioni» effettuate da ex militari reclutati nella polizia, con le stesse tecniche dei rastrellamenti in Afghanistan o Iraq.
Tutto questo non ce lo fanno vedere i nostri grandi media, gli stessi che mettono in prima pagina la polizia russa che arresta Aliexey Navalni a Mosca per manifestazione non autorizzata. Un «affronto ai valori democratici fondamentali», lo definisce il Dipartimento di stato Usa che richiede fermamente il suo immediato rilascio e quello di altri fermati. Anche Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera della Ue, condanna il governo russo perché «impedisce l’esercizio delle libertà fondamentali di espressione, associazione e assemblea pacifica».
Tutti uniti, dunque, nella nuova campagna lanciata contro la Russia con i toni tipici della guerra fredda, a sostegno del nuovo paladino dei «valori democratici».
Chi è Aleixey Navalny? Come si legge nel suo profilo ufficiale, è stato formato all’università statunitense di Yale quale «fellow» (membro selezionato) del «Greenberg World Fellows Program», un programma creato nel 2002 per il quale vengono selezionati ogni anno su scala mondiale appena 16 persone con carattertstiche tali da farne dei «leader globali». Essi fanno parte di una rete di «leader impegnati globalmente per rendere il mondo un posto migliore», composta attualmente da 291 fellows di 87 paesi, l’uno in contatto con l’altro e tutti collegati al centro statunitense di Yale.
Navalny è allo stesso tempo co-fondatore del movimento «Alternativa democratica», uno dei beneficiari della National Endowment for Democracy (Ned), potente «fondazione privata non-profit» statunitense che con fondi forniti anche dal Congresso finanzia, apertamente o sottobanco, migliaia di organizzazioni non-governative in oltre 90 paesi per «far avanzare la democrazia».
La Ned, una delle succursali della Cia per le operazioni coperte, è stata ed è particolarmente attiva in Ucraina. Qui ha sostenuto (secondo quanto scrive) «la Rivoluzione di Maidan che ha abbattutto un governo corrotto che impediva la democrazia». Col risultato che, con il putsch di Piazza Maidan, è stato insediato a Kiev un governo ancora più corrotto, il cui carattere democratico è rappresentato dai neonazisti che vi occupano posizioni chiave.
In Russia, dove sono state proibite le attività delle «organizzazioni non-governative indesiderabili», la Ned non ha per questo cessato la sua campagna contro il governo di Mosca, accusato di condurre una politica estera aggressiva per sottoporre alla sua sfera d’influenza tutti gli stati un tempo facenti parte dell’Urss. Accusa che serve da base alla strategia Usa/Nato contro la Russia.
La tecnica, ormai consolidata, è quella delle «rivoluzioni arancioni»: far leva su casi veri o inventati di corruzione e su altre cause di malcontento per fomentare una ribellione anti-governativa, così da indebolire lo Stato dall’interno mentre dall’esterno cresce su di esso la pressione militare, politica ed economica.
In tale quadro si inserisce l’attività di Alexey Navalny, specializzatosi a Yale quale avvocato difensore dei deboli di fronte ai soprusi dei potenti».
Per approfondire ulteriormente la figura di Navalny, riproponiamo questo articolo scritto nel 2017 da Danilo Della Valle – “Bisognerebbe cacciare tutti gli immigrati dalla Russia”. Ecco chi è Navalny, il “leader dell’opposizione russa” (con il 2% dei consensi):
«Nonostante le autorizzazioni siano necessarie in tutto il mondo per manifestare, pena il carcere o multe salate (vedasi le proteste non autorizzate contro il “paladino europeista” Macron come sono state represse nel sangue in maniera ben peggiore rispetto ai 300 euro di multa con cui se l’è cavata Navalny l’ultima volta) i media italiani stanno via via aprendo le loro edizioni online con titoli sensazionalistici: “Arrestato il LEADER democratico dell’opposizione Navalny”; “fermato il Leader Antisistema Navalny”.
Decine sono gli arresti in una protesta non autorizzata a Mosca dopo che Aleksey Navalny ha spostato il luogo della manifestazione da un posto autorizzato a uno non autorizzato. Circa 4500 persone hanno così preso parte ad una protesta non autorizzata a via Tverskaya nel centro della capitale russa. Oltre 150 sono gli arresti per “aver rotto l’ordine pubblico”, si legge in una nota della polizia. La decisione di Aleksey Navalny di spostare la manifestazione da via Sakharova (Autorizzata) a via Tverskaya (non autorizzata) è stata comunicata poche ore prima dell’evento attraverso il suo blog. Navalny ha scritto per “mancanza di palco e sistemi audio adeguati”.
Torniamo a Navalny. C’è un piccolo appunto da fare però ai nostri solerti media, ossia che Navalny non è il Leader dell’opposizione russa e che soprattutto non è un democratico. Il blogger, sebbene abbia un buon seguito nella capitale russa dove alle elezioni comunali del 2013 a capo di una coalizione con il partito liberale Parnas riuscì ad arrivare al 26%, con la maggioranza dei voti presi nelle aree più ricche della città, è per lo più sconosciuto nel resto della Russia.
Secondo un sondaggio del centro Levada datato Marzo 2017, solo il 2% della popolazione russa sarebbe disposta a votare Navalny alle presidenziali del 2018. Insomma un pò pochino per catalogarlo come leader dell’opposizione, visto che ci sono partiti di opposizione in Russia, quali il Kprf, il Ldpr, il SP, che hanno percentuali a doppia cifra e sono stranamente non calcolcati dai nostri media.
Sembra ancor più eccessivo definire Navalny democratico e antisistema. Il blogger negli anni si è distinto per le sue posizioni razziste nei confronti dei georgiani (chiamati roditori) e di tutti i caucasici che venivano accusati da Navalny di togliere il lavoro ai russi. Fu proprio il “leader anticorruzione” a proporre il regime di visti per chi dal sud emigrava al nord della Russia e fu proprio lui a partecipare alla “Marcia Russa”, parata che si svolge ogni anno in Russia e che vede sfilare i nazionalisti, talvolta anche un pò nazisti, nostalgici di un panslavismo non ben precisato al grido di “fuori gli immigrati, la Russia ai Russi”. Secondo Radio Free Europe, insomma non proprio Russian friendly, “Navalny ha partecipato alle manifestazioni di nazionalisti russi di ogni tipo”.
E proprio dopo una di queste manifestazioni nell’ottobre del 2013, il buon democratico Navalny esaltato dalla folla di giovani nazionalisti dichiarò che “bisognerebbe cacciare tutti gli immigrati dalla Russia”. Cacciato nel 2007 dal partito ultraliberale Yablako per “attività nazionaliste e xenofobe che hanno danneggiato l’immagine del Partito”, la leadership del Partito stesso ha più volte rincarato la dose. Engelina Tareyeva, attivista storica di Yablako, ha dichiarato nel 2014 : ” Considero Navalny l’uomo più pericoloso di tutta la Russia. Non c’è bisogno di esser un genio per capire che la cosa più orribile sia avere i nazionalisti etnici al potere. Navalny basa le relazioni sulla base dell’etnicità delle persone, tutto questo è pericolosissimo.” Dello stesso avviso sembra esser il giornalista Peter Hitchens che sul Daily Mail scriveva “pochissimi sembrano conoscere il legami di Navalny con il mondo del nazionalismo russo, al qual confronto l’Ukip e il FN sono avanguardia di correttezza politica”. E ancora, sempre il giornalista britannico riprende sul suo blog i media occidentali che “presi dal loro odio nei confronti di Putin (così come nei confronti di Bashar al Assad) sono accecati davanti ai difetti dei loro avversari”. http://hitchensblog.mailonsunday.co.uk/2017/03/alexei-navalny-revisited.html
Tutto questo al netto delle vicende giudiziarie di Navalny, davvero molto poco chiari i suoi traffici, e dei suoi legami importanti con alcune Ong d’oltreoceano e della Yale University….»
La Redazione de l’AntiDiplomatico
20 Ottobre 2021