Organizzarsi per impedire lo smantellamento della produzione di autoveicoli e componenti nel nostro paese!
Il “piano industriale” di Stellantis che i sindacalisti di regime (quelli della Svolta EUR ‘78, della “concertazione e compatibilità” con padroni e loro autorità) chiedono a Carlos Tavares di rendere noto, lo ha illustrato chiaramente una persona informata dei fatti come Carlo Calenda, già Ministro dello Sviluppo Economico dei governi Renzi e Gentiloni, nella puntata di Piazzapulita dello scorso mese: smantellare la produzione di autoveicoli in Italia.
Ai padroni conviene produrre autoveicoli in paesi dove i diritti dei lavoratori e i salari sono minori e le conquiste che le masse popolari italiane hanno strappato alla borghesia durante la prima ondata delle rivoluzione proletaria (1917-1976) non sono mai esistite o sono già state completamente cancellate. Questo vale per gli autoveicoli, ma vale anche per la produzione di ogni altro bene: non a caso in Italia (e in Francia, negli USA e in altri paesi imperialisti) i capitalisti stanno diffusamente attuando la deindustrializzazione. Sta agli operai delle aziende minacciate, agli altri proletari e al resto delle masse popolari impedirla. Ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale e questo gli importa di più delle conseguenze che comporta per l’umanità e l’ambiente.
Nel caso Stellantis i segnali sono chiari e molteplici, le “nuove produzioni” a Termoli o altrove, annunciate ogni tanto da Tavares, sono uno specchietto per allodole! Tavares e i suoi soci e complici infatti fanno passi avanti solo se riescono a seminare demoralizzazione e rassegnazione tra i lavoratori, a seminare tra di essi la convinzione che non c’è niente da fare, a convincere anche i meno docili che l’unica cosa che resta da fare per ognuno è cercare di essere tra i meno colpiti (“si salvi chi può”), a isolare i più ribelli. In sintesi: solo se riescono a dividere il fronte degli operai. Lo smantellamento della produzione di autoveicoli in Italia infatti coinvolge direttamente non solo gli operai di Stellantis, ma anche quelli delle altre aziende che fanno capo al gruppo Agnelli-Elkann (Iveco, CNHi, Maserati, Ferrari), delle aziende che producono componenti per auto come la GKN di Campi Bisenzio (FI), delle aziende che forniscono servizi (pulizia, mensa, trasporto, ecc.) negli stabilimenti del gruppo, delle aziende che si occupano della distribuzione e dei servizi ai clienti (concessionarie, punti assistenza e officine). Anche considerando solo le fabbriche del gruppo Agnelli-Elkann e quelle che producono componenti, in Italia sono ancora più di 200.000 operai: possono far saltare i piani di Tavares & C. e andare anche oltre. Il primo, fondamentale e indispensabile passo per riuscirci è incominciare da subito in ogni azienda a organizzarsi, formare comitati operai: 10, 100, 1000 Collettivi di Fabbrica come quello della GKN!
Nei loro interventi alle assemblee fatte prima della manifestazione nazionale del 18 settembre a Firenze, nelle interviste che hanno rilasciato a La Città Futura n. 353 del 18.09.21 e a Resistenza n. 10/2021 di ottobre 2021, nella loro pagina facebook, gli operai del Collettivo di Fabbrica della GKN forniscono spunti e suggerimenti pratici su come organizzarsi:
– coalizzare in un comitato gli operai combattivi che ci sono in ogni azienda non solo tra i dipendenti diretti, ma anche tra quelli delle aziende interne (i lavoratori della mensa, delle pulizie, i carrellisti e il portierato),
– partire dall’appartenenza di classe, non dalla tessera sindacale che hanno in tasca né dalla posizione politica,
– usare tutte le possibilità previste dallo Statuto dei lavoratori, dagli accordi sindacali, ecc. ma senza fermarsi a queste,
– incontrarsi dentro l’azienda (usando le assemblee e i permessi sindacali garantiti da Contratti nazionali e accordi interni) e fuori dall’azienda (riunioni dell’organizzazione operaia e di gruppi di lavoratori, assemblee e presidi all’esterno dell’azienda) anche nei periodi in cui non sono già in corso lotte particolari: agire in autonomia e fuori dalle regole imposte da padroni e sindacati di regime,
– avvalersi degli insegnamenti e dell’esperienza degli operai che hanno fatto parte dei Consigli di Fabbrica degli anni ’70, di cui proprio le fabbriche FIAT sono state un epicentro: le interviste (ad Anna Musini e Ines Arciuolo per la FIAT Mirafiori di Torino e a Marcello Cipriani per la FIAT di Firenze) pubblicate sulla sezione “I Consigli di Fabbrica degli anni ‘70” sul sito del P.CARC ne contengono numerose, ma ci sono sicuramente molti altri “vecchi operai” in grado di insegnare alle nuove leve di operai come organizzarsi e lottare,
– creare una struttura (RSU, Collettivo di Fabbrica, Assemblea) che non segue le imposizioni e le regole dettate dagli accordi tra Confindustria, governi e CGIL-CISL-UIL (a partire dal Testo Unico sulla rappresentanza sindacale del 10.01.2014 e altri accordi della politica di “concertazione” avviata 40 anni fa), ma è una struttura che permette di costruire e curare il legame con il grosso degli operai dell’azienda,
– costruire una rete (alla GKN li chiamano “delegati di raccordo”) attraverso cui il comitato operaio ha il quadro della situazione di ogni reparto e arriva in ogni reparto,
– accompagnare l’azione del comitato operaio dentro la fabbrica all’azione fuori dalla fabbrica, per creare e rafforzare il legame con organismi e movimenti popolari della zona e con altri collettivi operai (usando i canali sindacali, ma non solo).
Sono le principali indicazioni che emergono. Ma già queste fanno intravvedere come far fronte al “regime da caserma”, ai frequenti spostamenti di reparto e di stabilimento che rendono difficile vedersi regolarmente, al fatto che una parte degli operai “aspetta solo di andare in pensione” e alle altre condizioni (il “sistema Marchionne”) con cui gli Agnelli-Elkann cercano di eliminare le condizioni organizzative, morali e intellettuali necessarie ai lavoratori anche solo per resistere, tanto più necessarie per lottare e vincere. Questi ostacoli e queste difficoltà sono analoghe a quelle affrontate dagli operai avanzati che hanno dato il via ai 21 giorni di Melfi del 2004, alla resistenza di Pomigliano al ricatto di Marchionne nel 2010, alle lotte contro la deportazione da Pomigliano a Cassino nel 2017. Nei tre casi gli operai quelle difficoltà le hanno superate: nei casi in cui però non hanno vinto, fu perché non avevano una loro direzione che scavalcava i sindacati di regime. Proprio per questo ora di fronte al piano Stellantis bisogna iniziare ognuno da subito a organizzarsi nella propria azienda e coordinarsi con quelli delle altre aziende.
Non c’è ricatto e repressione padronale, complicità dei sindacati di regime e diversione mediatica che riescono a bloccare a tempo indeterminato la classe operaia. Non ci sono riusciti neanche Mussolini e il regime fascista, non ci riusciranno Tavares e Draghi!
Nelle fabbriche Stellantis la situazione è che “la brace cova sotto la cenere”: ovunque alcuni operai si mettono a promuoverla e si organizzano per farlo, la resistenza si sviluppa!
Gli operai Stellantis che lo cercheranno, troveranno aiuto e sostegno dal Collettivo di Fabbrica della GKN. Il Collettivo di Fabbrica e gli operai della GKN hanno anche loro interesse e necessità di mandare a gambe all’aria i piani degli Agnelli-Elkann di smantellare la produzione di autoveicoli nel nostro paese: la chiusura di GKN annunciata il 9 luglio dal fondo speculativo Melrose è una diretta conseguenza dei piani Agnelli-Elkann. Nei prossimi giorni, il 26, il 30 e il 31 ottobre, sono in programma tre iniziative di confronto e di mobilitazione, che sono altrettante occasioni per costruire o rafforzare il legame tra operai Stellantis e il Collettivo di Fabbrica della GKN.
Per l’iniziativa del 30 ottobre il CdF scrive: “Venite con noi il 30 ottobre, al corteo nazionale di Fridays for future e dei movimenti contro il G20. Pullman in partenza dalla GKN. Per info o prenotarsi, messaggiare via sms o whatsapp al numero 3478646481.
Saremo in piazza il 30 ottobre a Roma con tutti i movimenti: saremo con Fridays for future a sancire l’unità totale tra difesa dei posti di lavoro e lotta per la giustizia climatica, saremo con i movimenti di lotta per la casa perché la casa assorbe troppo salario e quando perdi il posto di lavoro, rischi di perdere anche la casa, con le reti per l’istruzione pubblica per dire che pretendiamo di avere un futuro lavorativo per noi e un’istruzione per i nostri figli, con i movimenti per la sanità pubblica per dire che questa società collassa senza un investimento reale sulla prevenzione, la cura, la salute pubblica”.
Noi comunisti riprendiamo e ribadiamo l’insegnamento degli operai GKN. Lo riassumiamo.
Ogni azienda deve dotarsi di una struttura sindacale articolata (CdF, RSU, delegati di raccordo o di reparto, assemblea generale dei lavoratori) e adeguata a organizzare e mobilitare i lavoratori nel difendere i loro diritti e conquiste all’interno dell’azienda, quindi in grado di occuparsi del futuro dell’azienda (controllo processi produttivi, investimenti, commesse, ecc.) e di uscire dall’azienda (occuparsi del territorio e della lotta politica, ambientale e sociale del Paese). Questa è la base per costruire in ogni azienda un movimento sindacale degno di questo nome.
In ogni azienda di una certa dimensione esiste un gruppo di lavoratori organizzati (o che vuole organizzarsi): è possibile e necessario prendere l’iniziativa e costruire una struttura sindacale che non segua le imposizioni e le regole dettate dagli accordi tra Confindustria, governi e CGIL-CISL-UIL (a partire dal Testo Unico sulla rappresentanza sindacale del 10.01.2014 e altri accordi della politica di “concertazione e compatibilità” avviata 40 anni fa).
È possibile e necessario organizzarsi dentro l’azienda (usando le assemblee e i permessi sindacali garantiti da Contratti nazionali e accordi interni) e fuori dall’azienda (riunioni dell’organizzazione operaia e di gruppi di lavoratori, assemblee e presidi all’esterno dell’azienda) anche nei periodi in cui non sono già in corso lotte particolari (agire in autonomia e fuori dalle regole imposte da padroni e sindacati).
È possibile, necessario e urgente costruire (o rafforzare dove già esiste) in ogni azienda un’organizzazione dei lavoratori sullo stile dei Consigli di Fabbrica (CdF) degli anni ‘70. Bando alle regole imposte dai padroni e dai sindacati di regime sulla rappresentanza sindacale e sulle relazioni sindacali (concertazione, limitazione ai diritti organizzazione e sciopero), bando alla concorrenza tra sindacati di base e sindacati di regime nelle fabbriche, bando alla concorrenza e ai personalismi nei sindacati di base: la parola d’ordine dei lavoratori è unità di classe contro padroni, le loro autorità e il loro governo.
Organizzati, mobilitati e coordinati tra loro, gli operai di Stellantis, delle altre aziende Agnelli-Elkann e delle aziende di componenti possono mandare all’aria il progetto Stellantis di smantellare la produzione di veicoli nel nostro paese!
Combinare proteste e mobilitazione contro il progetto Stellantis con la mobilitazione per cacciare il governo Draghi e costituire un governo di emergenza popolare!
Sta a noi comunisti mobilitare le masse popolari contro ognuna delle malefatte dei capitalisti e organizzarle perché si uniscano e costruiscano un proprio sistema di potere fino a diventare capaci di instaurare il proprio governo.
Ai comunisti il compito di elevare il livello della mobilitazione e organizzazione delle masse popolari, di far avanzare la rivoluzione che farà dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuirà alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in tutto il mondo!
Per questo lotta il (nuovo)Partito Comunista Italiano: che quelli che condividono il compito che ci siamo assunti, si arruolino!
Comunicato CC 32/2021 – 25 ottobre 2021
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