Il 4 novembre? Un altro modo di celebrare il 4 novembre. Dalla parte delle vittime.
E’ il giorno giusto per ricordare le “portatrici”. Erano donne che durante la Prima guerra mondiale, ogni giorno all’alba, si presentavano in gruppi di 15-20. Dipendevano da un magazzino militare o un deposito. Avevano delle gerle, le riempivano di merce e partivano. Andavano su, dove c’erano le trincee. Era tutta strada in salita. Dovevano arrivare ad un qualche reparto militare trincerato in montagna. Il dislivello da superare a volte era di mille metri. Impiegavano ore. Viaggiavano con la pioggia, il vento, la neve. Sempre. Ogni viaggio era pagato una lira e mezza. Per capirci: era l’equivalente della tariffa di una prostituta per dieci minuti di prestazione. Sull’Isonzo, erano state arruolate 1.300 donne. Molte di loro parlavano solo tedesco, erano cittadine austriache. Altre parlavano sloveno. Molte sono morte: i cecchini non avevano alcun rispetto.
E’ il giorno giusto per ricordare chi è morto “per mano amica”.
Sono migliaia i militari italiani uccisi dai plotoni d’esecuzione del Regio Esercito. Ammazzati dopo processi sommari e fucilati per diserzione, perché erano rientrati con 24 ore di ritardo dalla licenza. O per codardia, perché erano tornati in trincea, al riparo, per sfuggire al fuoco nemico, alla paura. Condanne capitali e decimazioni decise da generali assassini, come Graziani, come Cadorna. Uomini in divisa, uccisi da chi li comandava e dimenticati, disprezzati: i loro nomi non compiano nemmeno fra quelli incisi nei monumenti che glorificano i caduti
E’ il giorno giusto per dire basta alla menzogna della “difesa della Patria”
Il 24 maggio 1915, milioni di uomini italiani in divisa marciarono per invadere un altro Paese. Marciarono varcando un confine, abbattendolo e attaccando un altro popolo. Marciarono per realizzare la fame di gloria e di conquista di un piccolo re, le cui smanie di potere e grandezza finirono solo quando venne cacciato, dopo aver voluto il fascismo, dopo aver firmato le leggi razziali.
Marciarono per l’ennesima volta per aggredire, come il nostro esercito ha sempre fatto: Terza guerra di Indipendenza, conquista di Roma, guerre coloniali di fine ‘800, guerra alla Turchia, Prima Guerra Mondiale, Guerra d’Etiopia, Guerra di Spagna, Protettorato d’Albania, Seconda Guerra Mondiale. Da quando siamo nati come Stato abbiamo solo fatto guerre d’aggressione. Ai nostri soldati è sempre stato chiesto di attaccare le Patrie altrui, non hanno mai difeso la nostra, perché nessuno ci ha attaccati.
E’ il giorno giusto per ricordare gli eroi.
Quelli che hanno detto no alla guerra e sono stati uccisi, incarcerati, discriminati. I disertori, che hanno scelto di non combattere più, di non uccidere più in “conto terzi”. Le donne che a Livorno e in tutta Italia fermavano i treni carichi di soldati destinati al fronte, stendendosi sulle rotaie, prendendo botte e fucilate dai carabinieri.
E’ il giorno giusto per ricordare che alla guerra dobbiamo sempre dire no.
Raffaele Crocco
04 Novembre 2021
Alla guerra rispondo: signornò – atlante guerre