“L’estradizione è sempre più vicina con la concessione dell’Alta Corte inglese di ieri. Ora il team legale farà appello alla Corte suprema inglese. Assange ha di fronte a sè un lungo processo legale che vivrà in una cella singola di un carcere di massima sicurezza per terroristi in condizioni fisiche e psicologiche drammatiche. Il rischio più serio è quello del suicidio, come non ha potuto smentire la stessa Alta Corte”.
Lo ha dichiarato a l’AntiDiplomatico la giornalista e scrittrice Stefania Maurizi, autrice di “Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange” (Chiarelettere, 2021), nel commentare la sentenza di ieri sul caso del fondatore di Wikileaks che ha perso la libertà 11 anni fa dopo aver rivelato al mondo i crimini degli Stati Uniti e della Nato in Afghanistan e in Iraq.
“Negli Stati Uniti rischia una condanna che nessuna può seriamente pensare non sia a vita. Chi dice il contrario diffonde solo falsità: negli Usa non ha nessuna speranza di uscirne vivo”, ha proseguito.
Sulle condizioni di Assange, Stefania Maurizi sottolinea di averlo rivisto via video conferenza il 27 e 28 ottobre quando era in Aula dopo molto tempo dal giudizio di primo grado. “Era irriconoscibile stentavo a riconoscerlo io che l’ho incontrato nel corso di 10 anni. Era drammaticamente dimagrito. Il rischio suicidio è molto reale. Se verrà trasferito negli Usa: o non ci arriva vivo o il rischio suicidio è altissimo”.
Parole durissime sul ruolo dell’informazione italiana nel raccontare la vicenda. “Noi del Fatto Quotidiano abbiamo seguito la vicenda in modo fattuale prendendo la sentenza, assistendo all’udienza, seguendo tutto il procedimento. Oggi ho letto l’informazione di Repubblica. Sono indignata per lo stravolgimento sul caso”. Sui motivi della parzialità dei giornali italiani pochi dubbi: “Questo è per l’interesse degli Stati Uniti, che decidono molto carriere nel giornalismo e nel mondo degli affari. Oltre alla loro potenza c’è il sistematico inginocchiamento della maggior parte dell’informazione. L’ho visto nel corso di questi ultimi 10 anni”.
Può spiegarlo sulla sua pelle Stefania Maurizi quanto afferma. “Nessun giornalista delle migliaia che ha scritto sul caso in questi anni ha cercato di ottenere i documenti. Mi sono ritrovata da sola a mettere in piedi una battaglia legale con 4 paesi. Come è possibile che un uomo che ha mostrato i crimini degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq ha perso la libertà? Nessuno cerca i documenti. C’è voluta una giornalista italiana da sola a mettere in piedi una battaglia legale su 4 giurisdizioni, perché nessuno l’ha fatto. Questo è lo stato della nostra informazione”, ha sottolineato.
“La mobilitazione pubblica è l’unica cosa che può salvare Assange. Il processo legale non lo salverà.”, ha concluso.
La Redazione de l’AntiDiplomatico
11 Dicembre 2021