[Sinistrainrete] L'”Apartheid” del Draghistan: benvenuti nella post-democrazia totalitaria

Lo scorso 24 Novembre abbiamo appreso dalla conferenza stampa di Super Mario Draghi, Gran Sultano del Draghistan, che con il Super Green Pass questo Natale non sarà normale per tutti i sudditi, ma solo per quelli vaccinati.

 

Gandolfo Dominici: L'”Apartheid” del Draghistan: benvenuti nella post-democrazia totalitaria

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L'”Apartheid” del Draghistan: benvenuti nella post-democrazia totalitaria

di Gandolfo Dominici[1]

720x410c50Lo scorso 24 Novembre abbiamo appreso dalla conferenza stampa di Super Mario Draghi, Gran Sultano del Draghistan, che con il Super Green Pass questo Natale non sarà normale per tutti i sudditi, ma solo per quelli vaccinati.

L’Amato Leader ha anche espresso l’auspicio (eventuale) che il prossimo Natale si potrebbero riammettere all’interno della società i sudditi esclusi, sempre a condizione che si comportino bene e diano segni di pubblica e sincera conversione.

Gli fa eco l’araldo Bruno Vespa che intervistato su Mediaset – divenuta, per l’occasione, rete amica e non più rivale – dichiara perentorio che: “Per diventare cittadini di serie A bisogna vaccinarsi”.

Ovviamente poco importa il dettato dell’art. 3 della Costituzione della (fù) Repubblica Italiana che prescrive testualmente (grassetto nostro):

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Influenti testate internazionali tra cui Politico.eu[2], Zeit[3] e Washington Times[4] hanno recentemente citato il Draghistan definendolo come una critica da parte di una “rumorosa minoranza di intellettuali” per poi concludere che, comunque, la maggioranza degli italiani sostiene l’operato di super Mario Draghi.

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Leonardo Mazzei: Vaccini, la propaganda e la realtà

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Vaccini, la propaganda e la realtà

di Leonardo Mazzei

capro espiatorio 1024x585Ogni settimana un giro di vite. Ogni giorno che passa una nuova proposta di restringimento delle libertà. Ogni minuto del teatrino della (dis)informazione ufficiale occupato da una caccia alle streghe che sarebbe perfino comica ove non fosse anche tragica. La ragione di questo accanimento è semplice: tanto più cresce l’evidenza del flop della strategia vaccinale, tanto meno la si vuole ammettere. Eccoci così arrivati al paradosso dello scarso funzionamento di un vaccino imputato a chi ha deciso di non farselo! Come ha ben scritto Andrea Zhok, con la costruzione mediatica della figura criminalizzante del “no vax”, i non vaccinati sono diventati il capro espiatorio cui attribuire ogni colpa.

Quando si fermeranno? Siamo ormai così abituati al peggio che questa domanda risuona perfino banale, mal posta e fuori luogo. Non si fermeranno mai, qualora si affermasse la sinistra profezia di Klaus Schwab. Più precisamente, non si fermeranno finché non verranno fermati. Ma la lotta sarà lunga e difficile e, come ha scritto Moreno Pasquinelli: “Per adesso hanno vinto loro”.

Sappiamo bene come le misure governative non abbiano alcuna funzione sanitaria, volendo invece sviluppare un nuovo modello di controllo politico e sociale. Tuttavia, l’ossessione liberticida a cui stiamo assistendo viene giustificata proprio come l’unica via di salvezza per uscire dall’epidemia. La concatenazione logica di questo ragionamento è quanto mai semplice: primo, il virus è un mostro in grado di sterminarci; secondo, solo il vaccino può fermarlo; terzo, solo un lasciapassare sempre più stringente può convincere gli ultimi riottosi alla sacra e risolutrice puntura.

Il Mostro, il Bene e il Male: questi sono i tre ingredienti tipici di una narrazione che vorrebbe essere edificante quanto definitiva. Tralasciando qui ogni considerazione sulla malattia, che esiste ma non è la peste e neppure la Spagnola, è chiaro come questo racconto si regga fondamentalmente sul secondo elemento: il “Bene” rappresentato dal vaccino, unico strumento in grado di sconfiggere il “Mostro”.

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Carlo Di Mascio: Pashukanis e l’estinzione del diritto

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Pashukanis e l’estinzione del diritto

di Carlo Di Mascio

unnamiuobuo567edE’ da come viene affrontato il tema dell’estinzione del diritto che si può comprendere fino a che punto un giurista è veramente vicino al marxismo e al leninismo.

E. B. Pashukanis, Economia e regolamentazione giuridica (1929)

1. Premessa1

E’ più o meno nota la drammatica vicenda filosofica ed esistenziale di Evgeny Pashukanis2, il quale, nella Russia sovietica tra gli anni 20 e 30 del Novecento – in perfetta sintonia con l’impianto marxista-leninista, e in distonia con quello stalinista mirato, dopo la seconda metà degli anni 30, al massimo rafforzamento del diritto e dello Stato – tenta di spiegare attraverso la sua opera più significativa, La Teoria generale del diritto e il marxismo del 1924, la correlazione esistente fra lo Stato, il moderno diritto formale astratto ed i rapporti sociali capitalistici, e ciò partendo dal presupposto fondamentale secondo cui la forma specifica della regolamentazione giuridica capitalistica ha origine dalla forma-merce, nonché dalla conflittualità degli interessi privati. Pashukanis, in netta antitesi con un certo marxismo ortodosso, ribadisce che Stato e diritto non sono la stessa cosa, né tantomeno possono più essere collegati o dedotti dalla proprietà privata, bensì dalla merce che, in quanto rapporto sociale, intende privilegiare solo valori di scambio per il mercato e non valori d’uso per i bisogni sociali e che, conseguentemente, nel capitalismo può esistere solo un diritto, quello “privato”, rispetto al quale quello “pubblico” rappresenta solo un’abile finzione borghese. Esiste dunque una concatenazione indissolubile tra la forma-merce e la forma giuridica, nel senso che la prima non fa che materializzare la seconda, dato che il capitalismo, universalizzando tutto quanto è legato alla merce, ne impone la sua forma al lavoro salariato, e ciò in particolare perché giunge a concepire ogni individuo come soggetto giuridico, un soggetto cioè uguale ad altri e libero di operare come meglio crede nel mercato, ma di fatto ridotto dal rapporto di produzione capitalistico a mera funzione nella produzione, e quindi nello sfruttamento.

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Manlio Dinucci: La tragica farsa del Summit per la democrazia

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La tragica farsa del Summit per la democrazia

di Manlio Dinucci

Il 9-10 dicembre il Presidente Biden ospiterà il «Summit per la Democrazia» che riunirà, in collegamento mondiale online, «leader di governo, società civile e settore privato».

La lista degli invitati comprende 111 paesi. Tra questi 28 dei 30 membri della Nato: mancano Turchia e Ungheria ma, in compenso, ci sono Israele e Ucraina, insieme a 26 dei 27 membri della Ue salvo l’Ungheria. Per intenderci: c’è la Polonia sotto tiro della Ue perché viola lo stato di diritto.

Il Summit «fornirà loro una piattaforma per difendere la democrazia e i diritti umani all’interno e all’estero, per affrontare attraverso una azione collettiva le più grandi minacce che hanno di fronte oggi le democrazie».

Verrà in tal modo avviato «un anno di azione per rendere le democrazie più reattive e resilienti», che culminerà con un secondo Summit in presenza per «costruire una comunità di partner impegnati nel rinnovamento democratico globale».

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comidad: Bolle finanziarie e bolle oligarchiche

comidad

Bolle finanziarie e bolle oligarchiche

di comidad

Una famosa canzone di Luigi Tenco diceva: “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare”. La si potrebbe attualizzare con un: “Ho firmato un trattato con te perché non avevo niente da fare”. Il riferimento è a casi come il Trattato di Aquisgrana del 2019 tra Francia e Germania, oppure al Trattato del Quirinale di pochi giorni fa tra Francia e Italia. Per il trattato del 2019 si parlò addirittura di nascita della “Framania”, mentre oggi, per fortuna, nessuno si è azzardato a parlare di “Fritalia”. Questi trattati bilaterali tra Stati europei, oltre a contraddire la mitologia sull’Unione Europea, appaiono in parte superflui, poiché ribadiscono una prassi di affari legati agli armamenti che sarebbe persino meglio dissimulare; oppure appaiono velleitari, in quanto vorrebbero conferire al militarismo degli affari anche una valenza strategica quantomeno surreale.

La retorica sulla “Difesa Europea” è infatti smentita dal dato oggettivo che l’Europa dell’Est è un feudo statunitense all’interno della NATO. Il tentativo da parte di USA e Polonia di annettere l’Ucraina alla NATO trova resistenze sempre più decise da parte della Russia, e queste resistenze non si allenterebbero neppure se invece di Putin al Cremlino ci fosse Madre Teresa di Calcutta.

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Riccardo Paccosi: Il Covid, Capanna e il ’68 che fu

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Il Covid, Capanna e il ’68 che fu

di Riccardo Paccosi

Mario Capanna e la separazione retrospettiva dalla sinistra: dalla divergenza nel presente alla cancellazione di un passato condiviso

Mario Capanna intima ai “No Vax” di non svolgere contestazioni alla Prima della Scala, perché a suo dire ciò significherebbe infangare la memoria dell’analoga contestazione organizzata da lui nel 1968. L’ex-leader demoproletario aggiunge che, a differenza del movimento attuale, quello del ’68 rappresentava “l’Italia migliore” e conclude, ovviamente, invitando i contestatori dell’oggi a vaccinarsi.

Come ho già avuto modo di scrivere, vedere la sinistra – tutta la sinistra – farsi indefessa promotrice d’un processo di ristrutturazione in senso totalitario del sistema capitalista, di un nuovo assetto che vede la sfera pubblica privatizzata e i diritti del lavoro cancellati al fine di reprimere la dissidenza politica, fa sì che la riflessione su come la sinistra si sia trasformata negli ultimi decenni non risulti più sufficiente.

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Marco Cattaneo: Che senso ha pagare interessi sul debito pubblico?

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Che senso ha pagare interessi sul debito pubblico?

di Marco Cattaneo

La banca centrale, o più precisamente l’istituto di emissione (che non ha nessun bisogno di essere una banca: la sua funzione potrebbe benissimo essere svolta da un dipartimento del ministero dell’economia) può fissare a suo piacimento i tassi d’interesse sul debito pubblico. Lo può fare perché è in grado di creare moneta, e di comunicare al mercato che si impegna ad acquistare i titoli in circolazione a un determinato prezzo. Impegno credibile per un soggetto emittente della moneta in cui sono denominati i titoli.

E in effetti non è neanche indispensabile che lo Stato emetta titoli. Se controlla l’istituto di emissione, può spendere moneta di nuova creazione. In tal modo, crea risparmio privato: la moneta emessa con la spesa pubblica rimane nel sistema economico.

L’offerta di titoli di debito pubblico non è, quindi, necessaria per finanziare lo Stato. Svolge invece un’altra funzione: offrire ai privati una forma di impiego a basso rischio del risparmio che si è generato, appunto, tramite la spesa pubblica netta (cioè per effetto dei deficit pubblici).

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Cornel West: Su Frantz Fanon, uno dei grandi intellettuali rivoluzionari del XX secolo

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Su Frantz Fanon, uno dei grandi intellettuali rivoluzionari del XX secolo

di Cornel West

Il 6 dicembre ricorreva il sessantesimo anniversario della morte di Franz Fanon, negli anni ’60 punto di riferimento per tutti i movimenti antimperialisti e anticolonialisti. Vi propongo l’omaggio di Cornel West, uno dei più importanti intellettuali militanti afroamericani viventi uscito in questi giorni sulla rivista Lithium. Su Jacobin trovate un articolo di Peter Hudis su “Fanon, il filosofo delle barricate”

Frantz Fanon è il più grande intellettuale rivoluzionario della metà del XX secolo. È anche il più rilevante per il 21° secolo. Il suo genio teorico, l’arte letteraria e il coraggio politico sono innegabili. E la sua integrità personale, onestà totale e tenacia autocritica sono indiscutibili. Come la rivoluzione bebop di Charlie Parker nella musica moderna, le opere e le testimonianze di Frantz Fanon hanno sconvolto e frantumato i paradigmi prevalenti nella filosofia, nella cultura e nella politica moderne. Simile all’intelletto sonoro sovversivo di Nina Simone, Frantz Fanon ha reso inevitabile il confronto con le realtà storiche della decolonizzazione. In breve, è una figura imponente nel nostro tempo neoliberista e neocoloniale perché ha gettato una luce sul lato nascosto terrificante e terroristico dell’imperialismo europeo suprematista bianco, una luce che ci consente di tenere traccia di come ha raccolto ciò che ha seminato.

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Joe Galaxy: The Great Reset: un libro per tutti e per nessuno

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The Great Reset: un libro per tutti e per nessuno

di Joe Galaxy

chessboard“Ci dominate per il nostro bene” disse con un filo di voce. “Credete che gli esseri umani non siano adatti a governarsi da soli, perciò…”

-George Orwell, 1984

Si può dire, in fondo, che il motto del liberalismo sia “vivere pericolosamente”. Vale a dire che gli individui sono messi continuamente in stato di pericolo o, meglio, che sono posti nella condizione di esperire la loro situazione, la loro vita, il loro presente, il loro avvenire, ecc., come fattori di pericolo… Si pensi, ad esempio, alla campagna sulle casse di risparmio dell’inizio del XIX secolo, alla comparsa della letteratura poliziesca e dell’interesse giornalistico per il crimine a partire dalla metà del XIX secolo, si pensi a tutte le campagne riguardanti la malattia e l’igiene, si consideri tutto ciò che accade intorno alla sessualità e alla paura delle degenerazione: degenerazione dell’individuo, della famiglia, della razza, della specie umana; insomma dappertutto si può vedere questa stimolazione del timore del pericolo, che è in qualche modo la condizione, il correlativo – psicologico, culturale, interno – del liberalismo. Niente liberalismo senza cultura del pericolo… Libertà economica, liberalismo nel senso che ho appena detto, e tecniche disciplinari sono strettamente connesse

-Michel Foucault, La questione del liberalismo

E poi bisognerebbe riflettere su quelli che, incapaci (a loro merito) di stare nell’ossessivo discorso maggioritario, ma drasticamente privi di strumenti critici, sono caduti (a loro rischio) in alter-narrazioni tossiche. Non sorprende, d’altronde, che dopo decenni di banalizzazione della lingua, di colonizzazione dell’immaginario e di guerra alla complessità, le più sciape storie dell’orrore possano suonare credibili. Da un certo punto di vista, questi nuovi “credenti” rappresentano una catastrofe e una fatica di Sisifo per chi, oltre a non stare nella narrazione maggioritaria, deve poi anche smarcarsi da questa galassia. Ma c’è qualcosa che va osservato e, se possibile, contattato: la qualità umana di chi trova così atroce quel che va accadendo, da ipotizzare che possa esser giustificato solo da qualcosa di altrettanto atroce

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Gaia Giuliani: Dalle distopie dell’Antropocene alle utopie della cura

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Dalle distopie dell’Antropocene alle utopie della cura

di Gaia Giuliani

Pubblichiamo il presente articolo che riassume l’introduzione al volume Monsters, Catastrophes and the Anthropocene. A Postcolonial Critique pubblicato da Gaia Giuliani nel 2021 per i tipi di Routledge e uscito nel numero 5/2021 della nostra rivista

Schermata 2021 12 02 alle 17.36.14Il tempo in cui viviamo[1] 

Viviamo in un’epoca di mostri e catastrofi, sospinti in un ciclo distopico senza fine. Il finis mundi si avvicina sempre di più e diventa gradualmente l’unica lente attraverso la quale l’Europa e l’Occidente danno un senso al ‘nostro’ tempo. ‘Noi’ temiamo le invasioni, uno stato permanente di terrore e la catastrofe ambientale finale – il ‘nostro mondo’ trabocca di caos e minaccia l’ordine che garantisce la nostra sicurezza, il benessere, la sostenibilità e il Progresso. Come nell’Apocalisse di San Giovanni, la fine del mondo come ‘noi’ lo conosciamo cancellerà il Tempo e lo Spazio, danneggerà irrimediabilmente il corpo umano, riportando la violenza selvaggia che era stata espulsa dallo spazio della ragione. Ciò che è in pericolo è l’essenza stessa degli umani, lasciati senza protezione ed esposti alla barbarie, alle epidemie e ai disastri naturali contro i quali occorre mettere confini, muri, colonie, spazi segregati, identità più spesse e leggi marziali: faremo di tutto per fermare la diffusione del caos e tenerlo ‘fuori’, anche se questo significa sacrificare alcuni per il bene dei molti. Alcuni stanno già pagando il prezzo più alto, ma non possono essere aiutati – la loro stessa mancanza di conoscenza li rende vulnerabili al disastro. Se riusciamo a tenerci a distanza di sicurezza da rifiuti tossici, virus, inquinamento ambientale, guerre e altri effetti nocivi dello stesso capitalismo neoliberale di cui beneficiamo, la parte migliore dell’umanità sarà al sicuro.

La mobilità indisciplinata dal Sud al Nord del mondo, il terrorismo organizzato dopo l’11 settembre e la crisi ambientale in continua evoluzione hanno scatenato un complesso insieme di ansie, paure e discorsi apocalittici.

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Paolo Bartolini: L’irrazionalismo che fa comodo

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L’irrazionalismo che fa comodo

A partire dall’ultimo rapporto del CENSIS

di Paolo Bartolini

26651114977 6e241a1cf7 oLa gran cassa della comunicazione mediatica ha dato risalto agli esiti di un recente rapporto del Censis, che evidenzierebbero la presenza di sacche di irrazionalismo abbastanza diffuse nel tessuto sociale del nostro Paese. Ecco allora che scopriamo di vivere gomito a gomito con sedicenti terrapiattisti, con nemici dei vaccini e del progresso scientifico, con negazionisti più o meno espliciti del Covid-19.

Dinnanzi a questi risultati potremmo reagire in due modi altrettanto superficiali, cioè privi di filosofica attenzione agli eventi che si stanno dipanando dinnanzi ai nostri occhi negli ultimi due anni. Il primo modo è quello di chi interpreta i dati emersi come la conferma alla propria sensazione di essere accerchiato da tribù di sconsiderati trogloditi, prigionieri di un regressivo pensiero magico, indubbiamente individualisti e fascisti. Si noterà che questo profilo si attaglia perfettamente al nemico pubblico no-vax costruito negli ultimi mesi per dirottare lo sdegno e la rabbia dell’opinione pubblica su un’entità nebulosa e polimorfa, talmente generica da poter assumere in un baleno le fattezze del tuo vicino di casa. Il secondo modo, simmetrico e complementare, immagina che questi studi sociologici abbiano solo il fine di indurre le istituzioni a inasprire le restrizioni – già notevoli – nei confronti di scettici e antagonisti che contestano i vaccini e/o il Green Pass. Per costoro chiunque la pensi diversamente mente sempre, è un venduto, un nemico del popolo e così via. Sarebbe assurdo negare la realtà: nella galassia dei critici verso la gestione dell’emergenza vi sono anche umani disabituati al ragionamento rigoroso, inclini ad abbracciare fantasie sciocche e caricaturali.

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coniarerivolta: Se trentacinquemila vi sembran tanti

coniarerivolta

Se trentacinquemila vi sembran tanti

di coniarerivolta

Ad ascoltare le cronache, parrebbe che l’Italia sia diventata improvvisamente ed inaspettatamente la locomotiva d’Europa, la prima della classe, l’esempio da seguire. La Commissione europea ha addirittura rivisto al rialzo le stime della crescita del PIL, dal 5% al 6,2%. Si tratta tuttavia di una crescita di natura squisitamente aritmetica, in quanto figlia del tonfo di 10 punti registrato lo scorso anno. Per giunta, questa ripresa non è nemmeno in grado di riportare i livelli di attività alla situazione di fine 2019. Se non si ancora è recuperato ciò che si è perso vuol dire che le politiche macroeconomiche messe in campo sono state insufficienti, e, nonostante ciò, una nuova stretta di austerità è alle porte. Cattivi presagi, che diventano ancora più minacciosi se si guarda al mercato del lavoro.

Vi è infatti una domanda da porsi: quali sono gli effetti di tale crescita del PIL sul mercato del lavoro? L’occupazione sta aumentando? E se sì, come e quanto? Un’analisi del bollettino mensile dell’ISTAT “Occupati e disoccupati” fornisce interessanti spunti di riflessione che dovrebbero rappresentare un campanello d’allarme per un governo interessato alle sorti del mondo del lavoro, o quantomeno aprire gli occhi alle forze politiche intenzionate a migliorare la condizione di lavoratrici e lavoratori.

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Guy Van Stratten: Clima e letteratura: se il nostro futuro è un mondo post-apocalittico

codicerosso

Clima e letteratura: se il nostro futuro è un mondo post-apocalittico

di Guy Van Stratten

Chissà quanti dei capi di Stato riuniti a Glasgow in occasione del recente vertice sul clima svoltosi lo scorso novembre, hanno visto il disaster movie del 2004 diretto da Roland Emmerich, The Day After Tomorrow. Il film racconta gli effetti devastanti del cambiamento climatico secondo un’ottica apocalittica ma soprattutto lo racconta come un avvenimento repentino, mentre sta avvenendo. Il disastro giunge all’improvviso come lo scoppio di una bomba atomica o come un attacco alieno alla Terra, raccontato già dallo stesso Emmerich in Independence Day (1996). L’apocalisse si realizza in modo repentino, nell’arco implausibile di una mezza giornata, proprio mentre gli esperti stanno discutendo delle problematiche legate al clima: l’emisfero boreale del globo si raffredda rapidamente, per effetto dell’interruzione della Corrente del Golfo provocata dallo scioglimento dei ghiacci mentre New York e altre grandi città vengono invase dall’acqua[1]. Nonostante il suo impianto spettacolare, tuttavia il film ci offre l’inedita rappresentazione degli statunitensi come migranti climatici, in fuga dal raffreddamento del loro territorio, costretti a rifugiarsi in Messico. La drammatica situazione esistente ai confini fra Stati Uniti e Messico, in cui sono sempre più numerosi gli immigrati messicani che, a rischio della propria vita, cercano di entrare negli stati americani, viene ironicamente rovesciata.

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Ilaria Bifarini: Filantrocapitalismo e politica del terrore

ilariabifarini

Filantrocapitalismo e politica del terrore

di Ilaria Bifarini

Ci sono predisposizioni dell’animo ambigue, in cui è difficile distinguere tra intenti dichiarati, a se stessi e al mondo esterno, e reali motivazioni all’agire, spinte pulsionali che travestono di buoni propositi la realizzazione dei desideri più biechi. In questo ambito di analisi rientra senz’altro la questione della cosiddetta filantropia, etimologicamente “amore per l’uomo”, che con la crisi pandemica e l’attuazione del piano del Grande Reset assume un ruolo di primissimo piano all’interno del nuovo discorso dominante.

Il patto siglato a Davos, e sul quale l’élite lavora da tempo, proclama la definitiva incoronazione dei magnati del capitalismo, ormai sempre più declinato nella sua versione speculativo-finanziaria e alienato dall’economia reale di produzione e consumo, a salvatori del mondo. L’umanità è fragile e in costante pericolo, come dimostra l’attuale e infinita crisi pandemica nonchè il famigerato riscaldamento di circa 1,5 gradi di temperatura in oltre un secolo e mezzo, da imputare esclusivamente all’attività antropica o, ancora meglio, del cittadino medio, irresponsabile e dissipatore.

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Giacomo Marchetti: Il super-Stato europeo si adegua alla sfida della guerra commerciale

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Il super-Stato europeo si adegua alla sfida della guerra commerciale

di Giacomo Marchetti

Nel linguaggio legislativo di Bruxelles si chiama “meccanismo per scoraggiare e contrastare le azioni coercitive dei paesi terzi”, e potrebbe essere uno degli strumenti più incisivi della UE per intervenire nella guerra commerciale.

Come si può leggere nella descrizione che ne viene fatta ufficialmente, tale iniziativa “mira a creare un meccanismo per consentire alla UE di contrastare pratiche di paesi terzi ad esercitare pressioni sulla UE o sugli Stati membri affinché adottino o ritirino determinate misure politiche”.

L’obiettivo” continua la sintesi ufficiale “è scoraggiare o neutralizzare tali azioni coercitive, in linea con il diritto internazionale”.

Nel nuovo arsenale della UE le misure economiche adottabili vanno dalle misure commerciali alla restrizione per gli investimenti, nonché alle sanzioni sulla violazione dei diritti rispetto alla proprietà intellettuale.

È quello che nell’attuale linguaggio politico anglo-sassone viene definito game changer, cioè un fattore che cambia le sorti della partita che si sta giocando.

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lorenzo merlo: Così in alto come in basso

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Così in alto come in basso

di lorenzo merlo

La cultura materialista ha soffocato le dimensioni umane considerate inutili alla conoscenza.

La tradizione ermetica, attraverso il suo brocardo così in alto come in basso, vuole esprimere che quanto accade nel mondo fisico è un riflesso di quello metafisico, sottile, esoterico.

Da entrambe le dimensioni possiamo osservare, riconoscere ed esperire gli elementi, le entità, le forze che compongono tanto la storia e le sue forme, quanto l’universale, l’eterno, l’assoluto.

È un discorso inaccessibile a chi risiede, per ideologia o per carenza di consapevolezza, nel piano razionalist-positivista e material-meccanicista. Un territorio che, come tutti gli altri, genera le sue verità. Tra queste, la negazione che altro ci sia oltre alla materia. La quale, a sua volta, è separabile e scomponibile fino alle più piccole parti. Fino a non riconoscere il significato per comprendere mali e speranze, caratteri e condizioni. Solo ciò che essa è in grado di riconoscere e misurare diviene vero, insieme di verità impilate in babeliche librerie, fitte di nomi e categorie. La persistenza di questo ordine delle cose ha pervaso la cultura e le menti, la creatività e il pensiero degli uomini che la condividono per inconsapevole adesione allo scientismo, nonché per maturato convincimento.

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