Testo integrale dell’intervento a Lo Stato delle cose. Euro, mercati, democrazia, Conferenza internazionale organizzata da a/simmetrie, Associazione italiana per lo studio delle asimmetrie economiche, Centro Congressi Serena Majestic, Montesilvano (Pescara)
Elisabetta Frezza: Euro, mercati… e conformismo
Euro, mercati… e conformismo
di Elisabetta Frezza
Testo integrale dell’intervento a Lo Stato delle cose. Euro, mercati, democrazia, Conferenza internazionale organizzata da a/simmetrie, Associazione italiana per lo studio delle asimmetrie economiche, Centro Congressi Serena Majestic, Montesilvano (Pescara), 17 ottobre 2021
Il conformismo (tema delle riflessioni dell’anno passato) è uno degli antecedenti più rilevanti dell’attuale stato delle cose. Ovvero, l’attuale stato delle cose dipende per molta parte dalla estensione dell’habitus conformista, penetrato fin dentro il nostro DNA – e non soltanto in senso figurato.
Un anno fa, da questa stessa postazione, parlavo di scuola, che è sempre una formidabile lente di ingrandimento dei fenomeni che investono la società. Un luogo, e un tema che, per motivi di famiglia, mi trovo a esplorare da anni; da anni toccando con mano i tanti e ingravescenti segni esteriori di una degenerazione che, per la sua sistematicità e implacabilità, non può che essere il frutto di una ponderata regia, al servizio della quale si è schierato un imponente esercito di esecutori, più o meno consapevoli.
Di questo processo stiamo ora vedendo l’epilogo. Un epilogo degno del teatro dell’assurdo e infatti, giunti al punto in cui siamo giunti, dovrebbe essere proprio l’assurdo la chiave ideale per leggere infallibilmente la realtà delle cose.
C’è dunque del metodo nella follia lucida e ostinata che da tempo ispira lo stravolgimento, più ancora che di un modello di istruzione – che pure ci apparteneva, ed era un modello di riconosciuto valore – del senso stesso dell’istruzione. Il ganglio più vitale, più delicato, più prezioso di ogni società organizzata, perché riguarda il suo futuro.
Clive Staples Lewis, quello del regno di Narnia e del leone Aslan, ha dipinto con chiarezza preveggente la differenza tra “vecchia e nuova educazione”. Era il 1943 quando scriveva:
Gioacchino Toni: Culture e pratiche di sorveglianza
Culture e pratiche di sorveglianza
Costruzione identitaria e privacy tra rassegnazione digitale e datificazione forzata
di Gioacchino Toni
Riferendosi all’età contemporanea, le scienze sociali tendono ad assegnare una certa importanza al ruolo dei social media nella “costruzione del sé”, nella “costruzione antropologica della persona”. Nel recente volume di Veronica Barassi, I figli dell’algoritmo. Sorvegliati, tracciati, profilati dalla nascita (Luiss University Press, 2021) [su Carmilla], l’autrice evidenzia come, nell’era del capitalismo della sorveglianza, con la possibilità offerta dalle piattaforme digitali di raccontare storie personali negoziando la posizione che si occupa in società, sorgano alcune importanti questioni su cui vale la pena riflettere.
Innanzitutto si opera nell’impossibilità di controllare il contesto in cui le informazioni personali vengono condivise e ciò, sottolinea la studiosa, determina il collasso dell’integrità contestuale, dunque la perdita di controllo nella costruzione del sé in quanto non si padroneggiano più le modalità con cui ci si presenta in pubblico. Si tenga presente che alla creazione dell’identità online concorrono tanto atti coscienti (materiali caricati volontariamente) che pratiche reattive (like lasciati, commenti ecc.) spesso in assenza di un’adeguata riflessione.
Nel costruire la propria identità online si concorre anche alla costruzione di quella altrui, come avviene nello sharenting, ove i genitori, insieme alla propria, concorrono a costruire l’identità online dei figli persino da prima della loro nascita. In generale si può affermare che manchi il pieno controllo sulla costruzione della propria (e altrui) identità online visto che si opera in un contesto in cui ogni traccia digitale può essere utilizzata da sistemi di intelligenza artificiale e di analisi predittiva per giudicare gli individui sin dall’infanzia.
Marcello Tarì: «Per un catechismo rivoluzionario»
«Per un catechismo rivoluzionario»
Su La communion qui vient (Paris, ed.Seuil 2021).
di Marcello Tarì
No, non è al catechismo di Necaev, il manifesto russo del nichilismo rivoluzionario, che gli autori de La communion qui vient [La comunione che viene] si riferiscono, quando viene evocato a mo’ di slogan in un punto cruciale del testo. Per capirlo è sufficiente guardare al sottotitolo del libro: Carnets politiques d’une jeunesse catholique [Quaderni politici di una gioventù cattolica]. Invece è certo che il titolo gioca sul richiamo a un altro testo, pubblicato sempre in Francia quindici anni fa e che divenne anch’esso una specie di catechismo rivoluzionario per le giovani generazioni. Sto parlando ovviamente di quello a firma del Comitato Invisibile, L’insurrezione che viene.
La sua diffusione andò infatti oltre l’interesse strettamente politico-culturale, fu piuttosto un fenomeno di costume che influenzò un certo modo di pensare la vita e la politica nel contesto del presente ordine del mondo e credo sia esattamente questo il motivo del libro appena uscito, cioè mettere in discussione i modi di vita e le politiche attuali proponendo qualcos’altro. Anzi, in questo caso qualcosa di veramente Altro. La communion qui vient è però anche una citazione di un altro importante piccolo volume uscito nella sua prima edizione nel lontano 1990, cioè La comunità che viene di Giorgio Agamben, nel senso che uno degli argomenti principali affrontati dal libro è la critica politica del concetto di comunità al quale viene preferito, appunto, quello di comunione.
L’obiettivo di questo testo non è diverso da quello che animava quello del Comitato Invisibile, cioè dare una forte scossa a un ambiente, in questo caso quello cattolico, mentre nel caso precedente si trattava di quello della sinistra radicale, ma entrambi hanno l’ambizione di rivolgersi a tutta la società indicando alcune piste teoriche e organizzative.
Dante Barontini: Alta velocità, si va a Parigi! Ah, ma la linea già c’è?
Alta velocità, si va a Parigi! Ah, ma la linea già c’è?
di Dante Barontini
Esultate, gente, esultate! E’ stata inaugurata la linea ferroviaria alta velocità da Milano a Parigi!
“Dal 18 dicembre i treni Frecciarossa 1000 percorrono la tratta da Milano Centrale a Parigi Gare de Lyon”. In sole sette ore, comodamente seduti e senza la paura di cadere dal cielo, lascerete la Madunina e vedrete la Torre Eiffel. E naturalmente viceversa.
La strategia commerciale di Trenitalia si conferma anche su questa tratta, con alcuni (pochissimi) posti venduti a soli 29 euro, se potete prenotare mesi prima.
Tutto bello, efficientissimo, modernissimo, rassicurante e promozionale. Si omette in genere di ricordare che un treno sulla stessa linea c’era già, il francese Tgv, che parte da e arriva proprio a Milano… Ma non fa niente, la concorrenza è l’anima del capitalismo, no?
Il lettore, e ancor più il telespettatore, assiste soddisfatto, pensando a quando potrà farsi il suo viaggetto low cost…
A noi, che siamo viaggiatori ansiosi di pagare poco, ma anche un po’ attenti alla geografia, viene in mente una domanda: ma che strada fa, questo Frecciarossa ad alta velocità?
Francesco Barbetta: Come liberare il XXI secolo
Come liberare il XXI secolo
di Francesco Barbetta
Una recensione al libro Reddito di base. Liberare il XXI secolo, di Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini e Rachele Serino, Momo Edizioni, 2021
Reddito di base. Liberare il XXI secolo scritto da Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini e Rachele Serino è un libro estremamente utile per il nostro tempo. In primo luogo perché il tema del reddito di base è emerso con forza negli ultimi due anni a causa dell’impatto della pandemia sulla vita di milioni di persone nel mondo. In particolare, in Italia, si è discusso spesso nei movimenti della possibilità di estendere, senza condizionalità, il Reddito di Cittadinanza. Il tema di cui parla il libro, quindi, rientra a pieno titolo in un possibile programma su cui far convergere le forze ed opporsi al governo e al tipo di società che potrebbe emergere al termine di questa pandemia.
In secondo luogo, il testo ha il grande merito di tirare le somme intorno al dibattito sul reddito di base.
Francesco Maringiò: Democrazia liberale e democrazia socialista
Democrazia liberale e democrazia socialista
di Francesco Maringiò
Nei giorni 4-5, 9-10 e 14-15 dicembre, si è tenuto a Pechino (ed online per gli ospiti stranieri) un Forum internazionale sulla democrazia, promosso dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, dal China Media Group e dall’Ente cinese per la pubblicazione in lingue estere di Pechino. Questo simposio, dal titolo: “Forum internazionale sulla Democrazia: i valori umani condivisi” ha visto la partecipazione di importanti intellettuali e funzionari governativi cinesi, assieme a giornalisti, esperti e studiosi internazionali.
L’evento assume una significativa importanza, dato che tratta un tema nevralgico del dibattito politico internazionale.
Per l’Italia hanno preso parte Romeo Orlandi, presidente di Osservatorio Asia (qui il video del suo intervento: https://bit.ly/3EVDmRI) e Francesco Maringiò, il cui intervento integrale è qui riprodotto.
Nei paesi a capitalismo maturo la configurazione dell’organizzazione del governo assume una formula che viene definita col termine di democrazia liberale, per quanto tale affermazione può essere considerata a tutti gli effetti un vero e proprio ossimoro, dal momento che allude alla fusione fra due tradizioni politiche che erano state a lungo distinte o addirittura opposte: quella di un liberalismo che per lo più non era democratico e quella di una democrazia che tendenzialmente non era liberale.
Vaccinazione di massa dei bambini sani contro la Covid-19, che fretta c’è?
Vaccinazione di massa dei bambini sani contro la Covid-19, che fretta c’è?
(…)
La solidarietà sociale da parte chi ha meno di 12 anni rasenta l’ideologia. Il vaccino non va fatto ai bambini per impedirgli di contagiare gli adulti, ma solo se sono fragili» scrive Francesco Vaia Direttore Spallanzani, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, sul suo profilo Facebook.
Qualche settimana fa un gruppo di esperti ha creato il blog gocciaagoccia.net, coniando l’hashtag #smartProVax. Credono nella medicina personalizzata che tiene conto dei rischi, che non sono uguali per tutti. «Dobbiamo rimettere al centro la relazione di fiducia medico-paziente, e non dare messaggi neutri e uguali per tutti» sostiene Sara Gandini, epidemiologa biostatistica, docente all’Università Statale di Milano. «Sono felice della possibilità di poter vaccinare anche i minori ma ho dubbi rispetto alla vaccinazione di massa dei bambini sani. Dovrebbe essere incentivata in chi è più vulnerabile per età, sesso o patologie. Agli altri dovrebbe essere lasciata libera scelta».
Damiano Mazzotti: La filosofia politica della grande paura. Come mantenere la razionalità
La filosofia politica della grande paura. Come mantenere la razionalità
di Damiano Mazzotti
Ermanno Bencivenga: La grande paura, Gingko Edizioni , 2021
Ermanno Bencivenga è un filosofo molto conosciuto, lavora negli Stati Uniti e ha pubblicato “La grande paura”, un saggio quasi censurato che dimostra la sua grande responsabilità di illustre cittadino. Lo studioso italoamericano analizza in modo molto razionale, limpido e scorrevole l’eccessivo allarmismo mediatico e l’ambigua gestione politica dell’emergenza sanitaria legata al nuovo Coronavirus (Gingko Edizioni, Verona, 2021, 126 pagine, euro 17; ha scritto più di 60 libri).
La premessa del professor Bencivenga è molto lineare: l’attuale deriva sociale legata all’emergenza sanitaria e parasanitaria “ha avuto un impatto paragonabile a una guerra mondiale” e “ha accelerato un processo di imbarbarimento della nostra umanità che era già in corso ma, in questa brusca accelerazione, ha acquisito una tragica evidenza” (prologo). La mente dei cittadini e di troppi professionisti della sanità e dei media è stata circondata dalla ragnatela quasi invisibile dell’ideologia assolutista del neoliberismo finanziario, che opera in modo conscio e inconscio, diretto e indiretto.
Marco Valente: I Mostri del Liberismo e come combatterli
I Mostri del Liberismo e come combatterli
di Marco Valente
La recente condanna di Amazon da parte dell’anti-trust italiano (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) è qualcosa di più di una grande multa, equivalente a circa il 10% del fatturato annuo della multinazionale nel nostro paese. E’, in primo luogo, la dimostrazione dettagliata ed evidente del perché la retorica del liberismo come unica forma efficiente di organizzazione economica si fonda su un grande equivoco. In secondo luogo l’indagine dell’Autorità ha esposto in maniera limpidissima il dilemma dei governi rispetto alle grandi imprese del web: come limitarne il potere senza perdere gli enormi vantaggi che offrono. In questo articolo riassumiamo come le politiche liberiste orientate a favorire la concorrenza continua anno creato delle condizioni esattamente opposte a quelle desiderate: monopoli inattacabili da qualsiasi concorrente. Vedremo anche come la Cina gestisce il problema e concludiamo con una proposta di regolamentazione che ottiene il risultato di favorire la vera concorrenza senza perdere i vantaggi forniti dalle grandi piattaforme.
Efficienza e concorrenza: una falsa associazione
Ormai da decenni è universalmente accettato, anche dai movimenti politici che si autodichiarano “di sinistra”, una visione economica del mondo secondo la quale la libera concorrenza garantisce sempre e comunque il risultato più efficiente in qualsiasi contesto. La concorrenza fra imprese garantisce che le imprese sopravvissute adotteranno le pratiche produttive più efficienti. La concorrenza tra lavoratori garantisce che i redditi saranno adeguati al loro apporto alla produzione.
Andrea Fumagalli: Prove di dispotismo italiano
Prove di dispotismo italiano
La farsa della riforma fiscale e l’inflazioni da profitti
di Andrea Fumagalli
Il dispotismo politico-economico
Il primo paradosso, di natura economico-politica, è che il dispotismo politico, oggi rappresentato dal governo Draghi, non è più semplicemente una conseguenza del dispotismo economico ma ne è regia. Se ai tempi di Renzi l’approvazione del Jobs Act rientrava nella logica di accondiscendenza della politica ai poteri forti economici, oggi assistiamo, paradossalmente, a un ritorno della “politica” ma intesa, sia chiaro, come dirigismo e accentramento del potere, indipendente da altre componenti, in teoria fondamentali, della società cosiddetta “democratica”. Ciò avviene in contemporanea (e grazie) al completo svilimento delle prerogative parlamentari come organi legislativi e deliberativi. Dopo trent’anni, arriva così a compimento un processo che rende reale l’esistenza di un autoritarismo elitario, che vede nei “governi tecnici” il perfetto strumento di attuazione del dispotismo; nel decreto legge la sua pratica legislativa; nella figura del premier l’incarnazione (quasi mistica) della governance politico-economica. Il parlamento, ridotto di numero per volere degli italiani e già da anni semplice organo di ratifica, perde così anche i suoi ultimi ruoli formali.
Tale transizione ha avuto il suo battesimo nella presentazione del PNRR nello scorso luglio. Reso noto tre giorni prima della scadenza per l’invio a Bruxelles, Camera e Senato lo approvano senza la men che minima discussione. Ma non basta. La versione finale e ufficiale inviata in Europa incorpora delle modifiche rispetto al testo presentato al parlamento. E non si tratta solo di modifiche formali, dal momento che in quest’ultima versione scompare ogni riferimento, precedentemente presente (seppur in modo vago), alla necessità di introdurre un salario minimo orario in Italia, sul modello tedesco. Il parlamento non ha dunque neanche ratificato il testo finale, in un silenzio quasi totale.
Sandro Moiso: La lunga notte del capitale
La lunga notte del capitale
Leopardi, la natura e il senso ultimo della lotta di classe
di Sandro Moiso
L’intervento seguente è dedicato a Emilio Scalzo, militante No Tav, e al coraggio e alla dignità con cui affronta una persecuzione poliziesca e giudiziaria che da sola basterebbe a dimostrare l’illusorietà di ogni promessa di giustizia e rispetto dei diritti in una società il cui ordinamento è rivolto soltanto all’accumulazione del capitale
Per chiudere l’anno con una serie di considerazioni che possano servire ad inquadrare fatti recenti e pensieri lontani nel tormentato cammino della lotta contro l’attuale modo di produzione, occorre tornare ad uno scrittore ancora troppo poco compreso, sia dal dal punto di vista filosofico che politico, nonostante il suo nome sia pur sempre considerato di grande rilevanza culturale: Giacomo Leopardi.
Un autore “classico” che, nonostante lo sforzo di aggiornamento fatto con il bel film del 2014 di Mario Martone e interpretato da Elio Germano, Il giovane meraviglioso, viene ancora troppo spesso definito semplicemente pessimista piuttosto che, come sarebbe più corretto, materialista.
Ma se qualcuno chiede cosa può ancora insegnarci, oggi, lo scrittore-filosofo di Recanati, la prima cosa che occorre sottolineare è l’atteggiamento che lo scrittore assunse nei confronti della Natura “matrigna”.
Stiamo attenti: matrigna e non nemica, una differenza non di poco conto, poiché nel primo caso si tratta di una madre acquisita che deve distrattamente occuparsi di creature non volute né, tanto meno, volutamente cercate; mentre nel secondo caso opererebbe per colpire volontariamente l’uomo, danneggiarlo, farlo soffrire di proposito e, soprattutto, con un cosciente e ben definito proposito.
Secondo Leopardi, se la Natura risulta nemica all’uomo questo è dovuto soltanto al carico di illusioni con cui l’Uomo interpreta la propria condizione esistenziale.
Ciò potrebbe sembrare un tema distante da quelli riguardanti la lotta di classe, eppure, eppure…
Marco Ferri: Mission accomplished
Mission accomplished
di Marco Ferri
Entro Natale, Draghi porta a termine le 51 riforme previste dal Pnrr che consentono all’Italia di ricevere la seconda rata di 20 miliardi di euro.
L’atlantista ed europeista ha compiuto la missione.
A questo punto Draghi può anche ascendere al Colle, trionfando alla prima votazione. Ormai la politica economica e sociale italiana è incardinata su montanti prestabiliti, nessun governo può modificare la corsa delle ante, che sono spalancate per i capitali, che sono invece chiuse a chiave per la redistribuzione della ricchezza, l’unica prospettiva che avrebbe avuto la possibilità di modificare i livelli alti di disuguaglianza, tra i più alti in Europa.
Tanto più se a controllare che nessun governo forzi quella porta ci va proprio lui, cioè quello che l’ha disegnata, costruita, messa in opera.
Il disegno restauratore della borghesia italiana ha trovato nella pandemia una locomotiva che ha accelerato nei fatti il viaggio della controriforme costituzionali, cosicché non è più compito dello Stato “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Art.3).
Moishe Postone: “Spectres of Marx” di Derrida
“Spectres of Marx” di Derrida
di Moishe Postone
Un estratto dalla recensione critica del libro di Derrida scritta da Moishe Postone
In “Spettri di Marx“, Jacques Derrida riconosce l’importanza di una critica del capitalismo attuale, così come riconosce la forza dell’analisi di Marx. Ma essendo fin troppo consapevole delle insidie associate al marxismo tradizionale, egli sembra anche pensare che l’unica scelta rimasta sia quella di giustapporre semplicemente un’analisi marxista a quello che è il suo proprio approccio “spettrale“. Per poter presentare un approccio teorico alternativo, ho bisogno di delineare brevemente gli elementi di una lettura di Marx che è molto diversa dall’interpretazione tradizionale che troviamo alla base dell’approccio di Derrida. Scopo di questa lettura non è “difendere” Marx dalla critica di Derrida, bensì fornire le basi per una teoria critica che permetta sia una comprensione socialmente e storicamente più adeguata della nuova situazione mondiale, sia soddisfare l’intento critico del concetto di spettralità di Derrida e la sua critica del marxismo tradizionale.
Piccole Note: Come Big Pharma finanzia e forgia la politica Usa
Come Big Pharma finanzia e forgia la politica Usa
di Piccole Note
Le Case farmaceutiche Usa, tra cui le aziende produttrici di vaccini, sono entrate a gamba tesa nelle elezioni presidenziali americane del 2020, con lauti finanziamenti ad alcuni candidati, in particolare democratici.
A rivelarlo è The Intercept, che spiega come tale forma di lobbismo sia sempre esistita in America – da noi si chiamerebbero tangenti ma là va così -, ma era sempre stata limitata a donazioni tramite i Pac (Political action comitee) che hanno l’obbligo di renderle pubbliche.
Nelle ultime elezioni, invece, sono fluite attraverso i gruppi “dark money”, che drenano denaro privato per conto di partiti e candidati nel più assoluto anonimato. È quanto emerge dalle “ultime dichiarazioni fiscali della Biotechnology Innovation Organization (BIO), che fa opera di lobbyng per conto di Moderna, Pfizer, Johnson & Johnson e altre importanti aziende biotecnologiche coinvolte nell’attività di trattamento del virus Covid-19″.
“BIO – dettaglia The Intercept – è da lungo tempo l’organismo con cui l’industria biotecnologica influenza Capitol Hill e più recentemente è diventata il volto pubblico dell’industria dei vaccini durante la crisi di Covid-19”.
Sebastiano Isaia: La pandemia come crisi sociale capitalistica
La pandemia come crisi sociale capitalistica
di Sebastiano Isaia
L’esperienza della guerra, come l’esperienza
di qualsiasi crisi nella storia, come qualsiasi
grande disastro o qualsiasi svolta nella vita
della persona, mentre istupidisce e abbatte gli
uni, educa e tempra gli altri (Lenin, 1915).
Gli Stati dei Paesi capitalisticamente più avanzati (a cominciare dalla Cina e dagli Stati Uniti) hanno investo a fondo perduto nello sviluppo dei vaccini anti-Covid nel tentativo, peraltro riuscito, di stabilizzare il quadro sociale minacciato da un gigantesco potenziale “oggettivamente” catastrofico. Anche questa volta il processo sociale oggettivo ha dimostrato che la catastrofe sociale non si trasforma deterministicamente in una rivoluzione sociale, tutt’altro, come attesta il rafforzamento nella coscienza delle masse subalterne del principio di autorità incarnato dallo Stato e da tutte le istituzioni che sono in qualche modo al suo servizio – istituzione scientifica compresa, ovviamente.
Ma questa drammatica realtà non solo non è una prova della inutilità degli sforzi intesi a far crescere un punto di vista rivoluzionario su quanto accade nel mondo, ma ne attesta piuttosto l’importanza, la necessità e l’urgenza sia sul piano sociale (attualità) che su quello storico (prospettiva).
Kim Moody: L’interruzione della supply chain arriva “just in time”
L’interruzione della supply chain arriva “just in time”
di Kim Moody
Abbiamo tradotto questo interessante articolo apparso su Labor Notes scritto da Kim Moody che riflette sulle recenti interruzioni della supply chain andando al di là della semplice constatazione dei limiti “logistici” delle catene di distribuzione delle merci. Oltre la cornice ideologica che i propugnatori del capitalismo di piattaforma ribadiscono continuamente l’intero sistema di valorizzazione si regge sull’intensificazione dello sfruttamento e dell’abbattimento dei tempi di non-lavoro. Ecco ciò su cui poggia il just in time, e perchè oggi mostra i segnali di una crisi su scale inedite
Uno spettacolo globale si è svolto a marzo quando la gigantesca nave portacontainer Ever Given, diretta a Rotterdam dalla Malesia, è rimasta bloccata nel Canale di Suez per sei giorni,fermando 150 navi in un giorno e sostenendo il traffico marittimo ad un costo stimato di $ 1 miliardo (£ 750 milioni).
Ma lo snafu Ever Given non è stato un incidente isolato. Dall’altra parte del mondo, all’inizio di novembre circa 77 navi portacontainer erano bloccate in mare fuori dai porti di Los Angeles e Long Beach, mentre quasi un terzo delle navi in banchina ha dovuto aspettare cinque giorni o più per essere scaricate.
I più letti degli ultimi tre mesi
Marco Craviolatti: Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire
Giovanna Cracco: Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza
Sonia Bibbolino: Lettera ai “compagni”
Andrea Zhok: Sul significato politico del Green Pass
Andrea Zhok: Identikit del No-Vax o del come costruire un capro espiatorio
Ludovico Lamar: Stato, complotto e giostra finanziaria
Giuseppe Longo: La pandemia ed il «techno-fix»
Andrea Del Monaco: L’austerità come ostetrica di nuovi fascismi?