La violenza di Stato contro i dissidenti ha raggiunto livelli intollerabili. Di fronte al fallimento della campagna vaccinale Draghi ha individuato nei fantomatici “no vax” un facile capro espiatorio. Quanto ancora dovremo sopportare questo clima di soprusi? Ne parliamo a “Dietro il Sipario” in compagnia di Stefano Puzzer, Eugenio Capozzi e Fulvio Grimaldi.
Glasgow cop 26: i golpisti della transizione
Molti hanno capito – moltissimi no – che questo popolo si è fatto stendere da un colpo di Stato a sua insaputa. Per capirne origine e portata, tocca guardare dove pochi guardano: a Glasgow della COP 26, dove, nel finale, come fosse un corollario del cerimoniale, è apparsa la “Glasgow Financial Alliance for Net Zero” (Alleanza finanziaria per lo zero netto carbone). Lì dentro ci stanno tutti quelli dei soldi, da Blackrock a Vanguard, a Goldman Sachs, tutti coloro che posseggono tutto e si posseggono a vicenda. E, ora anche, le grandi entità transnazionali supposte istituzionali, cioè globali, ma pubbliche, emanazioni ONU. Che, come l’ONU, pubbliche non lo sono più da qualche decennio (lo dichiaro lo stesso Kofi Annan nei ’90: ”Non facciamo più capo agli Stati, ma al business”).
Di questa grande alleanza, che ci vorrà portare alla Meta finale del Grande Reset, dico due parole nel programma al link. Ma dovremmo tornarci. Perché Mario Draghi, di questa conventicola, che si mette sotto i piedi Stati e futuro, è pioniere e vessillifero.
Se non ci fosse stato Puzzer
Intanto fatemi dire subito che non potevo chiudere un anno come questo e aprirne uno, sicuramente ancora bastardo, in modo più incoraggiante che con l’incontro con Stefano Puzzer, portuale, operaio, uomo, combattente. Un uomo che ha infiammato l’Europa e ne ha rilanciato la resistenza. Cosa valga quest’uomo, la cui integrità e intelligenza ha subito aggressioni e calunnie perfino – penoso è dirlo – da frustrati e imbecilli annidati tra le nostre fila, lo esprimono, nella trasmissione, le sue stesse parole.
Si fanno bilanci, vero, alla fine d’ogni anno? Tutto continua uguale, si tratta solo di una stazione del lungo percorso, ma l’usanza è quella. Anche per mantenere un po’ di memoria nello tsunami della smemoratezza organizzata e conservare in vita strumenti via via più desueti, come la valutazione di cosa ci va accadendo.
Come siamo messi
Ecco la mia classifica. Presidenza della Repubblica: la peggiore mai avuta (ma è una bella gara con quella precedente); presidenza del consiglio: la più nemica della nazione mai vista dall’unità d’Italia; governo: il più corrotto mai presentatosi sulla scena; parlamento: il più vile e rinnegato mai eletto; classe dirigente: la più inetta, ottusa, scaltra, ladra, cinica, mai apparsa nella penisola dai tempi di Eliogabalo; informazione: la più venduta al migliore offerente da quando usavano le agiografie degli imperatori; Chiesa: da braccio morale del più immorale dei poteri, ha restituito a Costantino la donazione.
Con il precursore avvocato ad aprire la partita e sondare l’avversario e il bomber banchiere entrato in campo nel secondo tempo per la goleada, la tattica ha funzionato. Dai DPCM di Conte che la Carta l’hanno sfregiata, si è passati con Draghi alla domanda “Costitu…che?” E qualsiasi risposta finiva lì, sommersa dalle ovazioni di ministri e stampa. O, volendo “mitigare”, col centesimo voto di fiducia sulle violazioni di quella Carta. Il presidente, poi, per le occasioni solenni, tipo fine anno, entrava nelle nostre case, per elargirci i frutti fioriti dal suo impegno di Garante dell’Unità Nazionale e presidente di TUTTI (?) gli italiani.
Il pesce pilota della Transizione
Mario Draghi, si è qualificato membro d’onore della “Glasgow Financial Alliance Net Zero”, conventicola mascherata da transizione ecologica per porre al suo servizio, non più tanto col debito, ma grazie al monopolio dei mezzi finanziari, Stati e popoli. Ne è stato l’antesignano, il teorico, il portavoce da quando, sul panfilo “Britannia”, lesse all’augusto consesso dei più importanti finanzieri internazionali, a partire da Soros, il programma della liberalizzazione e privatizzazione mondiale. Vale a dire la totale sostituzione del pubblico col privato. Ne venne, grazie ai ragazzi di bottega Dini, Amato, Prodi, D’Alema, lo smantellamento e la svendita (tramite opportuna svalutazione della lira operata da Ciampi) del migliore patrimonio produttivo nazionale. Quando eravamo la quinta potenza industriale del mondo.
Proseguita l’opera dalla poltrona di lingotti d’oro di vicepresidente della Goldman Sachs e, poi, dall’euristico “whatever it takes” nella BCE, Draghi, giustiziere numero uno della Grecia, si è acconciato a portare a termine il lavoro nel laboratorio Italia. Lavoro in due fasi. Guerra di classe dall’alto al basso; guerra d’élite all’intera società umana. Le incredibili accelerazioni repressive di queste settimane, da lui e dai suoi sgherri tecnico-politici imposte sul piano, insieme delle punizioni sanitarie e di colpi di maglio sociali, sulla scia del suo kingmaker Renzi, indicano che questo operativo intende completare la prima fase in coincidenza con la conclusione del suo premierato. Difficilmente ci riuscirebbero controfigure come Franco, o Cartabia, senza il suo coltivo già pronto al raccolto.
Draghi e la lotta di classe
Riforma fiscale che premia gli strati più abbienti e impoverisce quelli già in grandissima difficoltà; riforma della Giustizia che apre all’impunità di chi si può permettere grandi avvocati che portino i processi al grottesco limite di uno, massimo due anni; Decreto Semplificazione che sugli appalti elimina vincoli e controlli a favore di mafie e speculatori; misure pseudosanitarie che privano il paese del sostegno cruciale del turismo e uccidono piccole e medie imprese; mercato del lavoro sempre più segnato da precariato e licenziamenti facili; riforma pensionistica con ritorno alla Fornero, lo sfruttamento di lavoratori fino ai 70 anni e sbarramento di accesso ai giovani; tana liberi tutti per le delocalizzazioni di investitori stranieri (e domestici), qui installatisi grazie ai privilegi fiscali.
Solo per citare alcune spine della corona calzata in testa all’Italia e senza parlare del micidiale aumento del costo dell’energia, imposto dalle strategie geopolitiche di USA, UE e, in Europa, dei russofobi Neocon Verdi tedeschi. Poi condivisi dagli utili idioti wako nostrani come necessità dettata dalla “transizione ecologica”. Vedremo cosa sapranno mistificare, i nostri mediatici “liberal”, quando il 1929 gli apparirà come una leggera crisi rispetto a quella con la quale la Financial Alliance ridurrà in stracci quanto sarà sopravvissuto alla depopolazione farmacologica, bellica, da fame..
Falce a martello non scampano al virus
Il mondo del lavoro subordinato che allestisce modesti cortei di protesta, i sindacati maggiori che si limitano a pietosi borborigmi e scioperi di facciata, i sindacati di base che pensano ancora di dover combattere un Tremonti, o un Prodi, lo striminzito e irrilevante pulviscolo politico che si dice di vera sinistra, sono tutti come l’indimenticabile ciclista Malabrocca, celeberrima Maglia Nera che si vantava di arrivare sempre oltre tempo massimo.
Eppure, per rovesciare l’attuale reggenza locale dell’Impero, occorrono forze, che tutte insieme (lasciando fuori gli irrimediabili consociati di Landini & Co.), unite ai milioni che rifiutano il trattamento politico-infettivo, farebbero massa critica. E’ mancata l’attenzione, da parte di coloro che hanno capito dove i “padroni” (stavolta del mondo) vadano a parare e per quali vie e con quali mezzi, a chi ancora si ritiene “avanguardia della classe operaia”- E’ mancata la capacità di comunicare quale colossale imbroglio sia stato decisivo per far passare le misure sociocide di cui sopra. Come senza la paralisi fisica e morale, prima ancora che ideologica, imposta dalla paura di un nemico fabbricato con le menzogne (tipo AIDS, terrorismo, cambiamento climatico, il maschio bianco, Russia, Cina…), quel cappio al collo dei lavoratori, dei subalterni, mai si sarebbe potuto stringere fino a questo punto.
Qui non si tratta più solo di operai cacciati in strada, proletari sotto il livello di povertà, o contadini immolati sul ceppo dell’agroindustria. Qui si tratta di bambini, ragazzi, genitori, studenti, esseri che si sono conservati umani. Interclassismo? No, popolo mandato al macello! E, nella prospettiva della risposta anche quantitativa all’élite, è un bel guadagno.
Libertà!!!
Ma tale è stata la violenza persuasiva su chi pure nei tempi aveva condotto consapevoli battaglie contro inganni e prepotenze padronali, che neppure l’evidenza abbagliante di numeri che dimostrano la truffa del salvifico strumento (sempre più morti e feriti da siero tra i ridicolmente definiti “immunizzati”), è riuscita ad aprire un crepa nella fideistica subalternità dei fregati. Fregati, ancor prima, dalla mancata comprensione, probabilmente per carenze storiche e teoriche, del principio di libertà, che nessuna limitazione a tale principio imposto dal potere poteva considerarsi innocente, o tollerabile.
Tra le tante belle cose che dobbiamo ricavare dalla Rivoluzione d’Ottobre, quel principio lo troviamo piuttosto nel 1789 della Rivoluzione Francese.
Siamo arrivati a questo punto, al quasi totale successo della manovra affidata a Draghi, con una minoranza ricca e sufficientemente disumana che ha saputo realizzare una vittoria sulle istanze popolari come nemmeno ai tempi più oscuri del feudalesimo. Figuriamo negli esperimenti, rozzamente violenti, delle dittature europee del secolo scorso.
In queste condizioni ci tocca affrontare il passaggio dalla guerra di classe alla guerra alla società. La prefigura la sopranominata Alleanza Finanziaria per lo Zero Netto presentatasi a Glasgow vestita di transizione ecologica e da pochi percepita nelle sue gigantesche dimensioni, implicazioni, programmi. Si tratta di contrapporre a quanto rimane degli Stati e della loro sovranità una coalizione globale dei poteri finanziari, privati e pubblici, nazionali e transnazionali. Dotata di immenso potere condizionante, si aspetta di imporre a nazioni e popoli quel tipo di società nel quale coscienza dei propri interessi e memoria della propria identità figureranno “come d’autunno sugli alberi le foglie” (verso che Giuseppe Ungaretti dedicò ai suoi compagni d’arme in trincea).
O vogliamo finire come quegli ultimi dei Moicani, sui quali, nel nuovo ordine mondiale, qualche regista di sentimenti “liberal” farà un film di umana simpatia. Se lo potrebbe permettere, non ci sono più.
Fulvio Grimaldi
01/01/2022
LA PERSECUZIONE DEGLI ITALIANI: CHI, COME, PERCHE’ — E PER ARRIVARE DOVE