Questo è un post molto lungo. Non è necessario capire tutto, l’importante è cogliere l’atmosfera generale.
Ci saranno molte cospirazioni.
Ci siete?
Miguel Martinez: Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste
Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste
di Miguel Martinez
I cospirazionisti sono quelli che sospettano che i ricchi e i potenti non siano scemi.
E che quindi siano capaci di coordinarsi tra di loro.
E che quindi il confine tra politica, economia, informazione, mondo militare e “clero” intellettuale (clerisy) sia a dir poco poroso.
Insomma, che spesso e volentieri cospirino, e che questo sia il principale motivo per cui sono appunto ricchi e potenti.
Gli anticospirazionisti sono quelli che si dedicano a salvare l’onore e la stupidità dei ricchi e dei potenti.
Gli anticospirazionisti usano sempre tre tattiche.
Uno, tirano fuori la Carta Matta.
Siccome ogni sospetto nei confronti di ricchi e potenti è in partenza criminale, nel mondo della clandestinità in cui i diffidenti sono rinchiusi, le constatazioni più ovvie si mescolano a buffi deliri e stranezze.
E quindi l’anticospirazionista può pescare facilmente su Facebook le fantasie dei rettiliani o di QAnon, e attribuirle a tutti i cospirazionisti.
Francesco Garibaldo: Marx, il capitalismo e i compiti politici del presente
Marx, il capitalismo e i compiti politici del presente
di Francesco Garibaldo
Il dibattito su Marx e le nuove problematiche del capitalismo in un recente libro di Riccardo Bellofiore. Come nasce il plusvalore? La natura monetaria del valore. I limiti di una analisi distributiva del reddito. La doppia critica: al lavorismo e alla teoria della fine del lavoro. La critica a Keynes e i compiti politici del presente
Il libro di Riccardo Bellofiore dedicato a Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica1 rilegge gli autori classici citati nel titolo seguendo due temi dominanti: la teoria del valore-lavoro e come viene rappresentato il lavoro nella riflessione economico-politica. Un pensiero centrale in tutto il libro, riprendendo un tema di Rosa Luxemburg, è la critica della centralità dell’economico e di una visione industrialista basata sulla centralità della produzione.
In realtà, nel ripercorrere criticamente questi temi in quegli autori, Bellofiore ci consegna i risultati di un dibattito internazionale – International Symposium on Marxian Theory – iniziato da Fred Moseley nel 19902, di un lungo lavoro di rilettura di gruppo di Marx a partire dall’originale tedesco, iniziato da Bellofiore all’Università di Bergamo, e il confronto con un grande numero di interpretazioni di Marx negli ultimi decenni. In primo luogo, quindi, il libro è un utilissimo compendio critico del dibattito su Marx su scala internazionale e in Italia negli ultimi quarant’anni.
Una seconda ragione di interesse del libro è la sua apertura problematica. Esso non vuole consegnarci un Marx ossificato in una qualche forma dogmatica, ma un Marx oltre Marx. Si tratta di tenere fermi i punti chiave delle sue scoperte teoriche aggiornandole ai nuovi contributi di ricerca, sia teorici sia derivanti dall’analisi dei nuovi problemi posti dal capitalismo attuale.
Il libro si articola in otto capitoli e due appendici: la prima di analisi critica del pensiero di O’Connor sulla questione della natura, la seconda sulla questione di genere; entrambi i temi sono discussi in rapporto al problema del lavoro. L’ultimo capitolo sostituisce una formale conclusione con una disamina dell’ambiguità del concetto di liberazione dal lavoro a partire dal famoso saggio di Keynes del 1930 sulle prospettive economiche per i nostri nipoti.
Partito comunista internazionale: Lo shock pandemico accelera la tendenza capitalistica alla concentrazione e all’espropriazione
Lo shock pandemico accelera la tendenza capitalistica alla concentrazione e all’espropriazione
di Partito comunista internazionale
Ci è stato segnalato questo ampio contributo apparso su “il programma comunista”, n.3, maggio-giugno 2021. Ritenendolo utile ai fini del dibattito, lo pubblichiamo
1) Emergenza permanente
La “pandemia” da Covid è senz’altro uno di quegli eventi che determinano delle svolte, non solo come emergenza sanitaria, ma come avvio di una nuova emergenza più generale e indeterminata nel tempo, elevata a metodo di gestione politica dell’emergenza sociale ed economica.
La portata dell’evento, per le ricadute che sta generando, è paragonabile a quello che, ad inizio millennio, ha dato il via alla lunga stagione della “guerra al terrorismo” di matrice islamica, di cui ancora oggi si patiscono i postumi. Se è vero che quella guerra non è servita, com’era nelle intenzioni di chi l’ha scatenata, a riaffermare il ruolo degli Stai Uniti come unica potenza mondiale e a interromperne il declino, oggi che gli attentati si vanno riducendo per portata e frequenza rimane intatta la legislazione emergenziale che si è instaurata un po’ ovunque, a cominciare dal Patriot Act negli Stati Uniti. Come l’attentato alle Torri Gemelle – i cui risvolti rimangono per molti aspetti tutt’altro che chiari – generò a suo tempo delle conseguenze planetarie, altrettanto accade con l’insorgenza Covid, le cui ripercussioni sembrano però estendersi ben oltre l’indirizzo securitario e guerrafondaio che seguì all’11 settembre, e assumere una valenza più generale e un’incidenza più profonda. Non siamo in grado di affermare quale sia stata l’effettiva origine di eventi così straordinari, accomunati dalla manifesta, clamorosa inefficienza degli organismi civili e militari preposti alla prevenzione e al contrasto di simili catastrofi, organismi per altro forti di una potentissima dotazione di mezzi di previsione e intervento. Tuttavia, anche accettando le versioni ufficiali, non v’è dubbio che quegli eventi abbiano avviato una azione generale di contenimento e soluzione delle contraddizioni capitalistiche. Come dopo l’11 settembre, anche l’emergenza pandemica ha portato all’introduzione di elementi propri di una situazione di guerra.
Sergio Cararo: La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media
La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media
di Sergio Cararo
Questa mattina è addirittura il New York Times a scrivere che “Il presidente Biden e i suoi principali collaboratori riconoscono che stanno mettendo a rischio la credibilità americana mentre rinnovano costantemente l’allarme che alla Russia mancano solo ‘alcuni giorni’ per innescare una guerra non provocata in Europa, che potrebbe uccidere decine di migliaia di ucraini nella sua fase di inizio e far ripiombare il mondo in qualcosa che ricorda la Guerra Fredda”.
Nello stesso articolo il Nyt rileva che i collaboratori di Biden affermano di essere disposti a correre questo rischio. Preferirebbero essere accusati di iperbole e di spavalderia se “è quello che serve per scoraggiare il presidente russo Vladimir V. Putin dal perseguire un’invasione”.
Diversamente dal quotidiano statunitense, il giornale economico Financial Times titola nuovamente “La Russia pronta a invadere l’Ucraina entro pochi giorni”. A quanto pare i britannici intendono gareggiare con gli Usa sul piano del bellicismo. Si vede che l’orologio di Londra è tornato indietro di due secoli, ai tempi della russofobia inglese e del “Grande Gioco” che per tutto l’Ottocento vide contrapporsi il Regno Unito e la Russia zarista in tutta l’Asia centrale.
Domenico Moro: La crisi in Ucraina e la tendenza alla guerra degli Stati Uniti e della NATO
La crisi in Ucraina e la tendenza alla guerra degli Stati Uniti e della NATO
di Domenico Moro
La crisi che si sta svolgendo in Ucraina non è un fatto isolato, ma va inquadrata nel contesto mondiale. Non si tratta, in effetti, che di un aspetto della tendenza alla guerra che caratterizza questa fase storica. Per questa ragione è necessario fare chiarezza su alcuni punti, anche perché bisogna evitare di fare di ogni erba un fascio, chiarendo gli interessi in gioco e le responsabilità dei singoli Stati.
Il problema di fondo è il modo di produzione capitalistico. Questo è caratterizzato dalla ricerca del più alto profitto possibile. Per questa ragione ogni frazione nazionale del capitale mondiale è caratterizzata da una tendenza continua all’espansione, cercando di estendere i mercati di sbocco delle merci e dei capitali in eccedenza e di controllare le aree di provenienza delle materie prime. Questo induce una competizione tra Stati che si fanno portatori degli interessi specifici del loro capitale. Uno degli strumenti di questa competizione è quello militare.
Una caratteristica decisiva del modo di produzione capitalistico è, da una parte, la crescita ineguale dei principali Stati ed economie capitalistiche.
Zory Petzova: Italia fra austerità e leggende metropolitane
Italia fra austerità e leggende metropolitane
di Zory Petzova
Senza alcuna riserva possiamo dire che, attualmente nel mondo, non vi è un’elitè politico-oligarchica più avida e lugubre, nonché meno affascinante e priva di sexappeal, di quella italiana. Ipocrita e dissonante, essa è capace di escogitare e usare strumenti e metodi da far invidia alle organizzazioni mafioso-criminali. Con la pandemia, le oligarchie nazionali hanno avuto l’occasione di dimostrare che, anche se appartenenti a un territorio colonizzato, esse possono rilanciarsi ad alti livelli, facendo d’Italia un paese modello della gestione più estrema e repressiva dell’emergenza, con misure e tecniche da apprendere ed esportare nel resto del blocco occidentale. E questo avendo a capo un governo di competenti definito “il governo dei migliori”.
Immediatamente dopo la rielezione di Sergio Mattarella, la pubblica opinione è stata incantata con il ritornello che la sua riconferma fosse segno di stabilità, un argine al caos; lo stesso Mattarella, nel discorso d’inaugurazione, ha cercato di investire il rigore costituzionale di colui che conferisce identità unitaria agli italiani, ergendosi alla figura paterna che deve proteggere il popolo dalle sue pulsioni irrazionali e dal demagogo di turno che se ne potrebbe approfittare.
Giovanni Iozzoli: Il modello italiano (e noi)
Il modello italiano (e noi)
di Giovanni Iozzoli
Diciamocelo: spesso tendiamo a sopravvalutare la forza e la lungimiranza dei nostri avversari. Ci figuriamo le classi dirigenti perennemente impegnate nell’elaborazione di piani raffinati e nella gestione di complessi processi sociali; scriviamo poemi sull’astuzia luciferina del nemico di classe; tentiamo di decifrare mappe e piani avversi, per anticiparne le mosse. Quando poi le cose evolvono in modo imprevisto – cioè, il Machiavelli capitalista si rivela un arruffone e un improvvisatore – allora operiamo un cambio di analisi in corsa, per rimettere tutte le variabili al loro posto e far quadrare l’equazione. Un esempio è la parabola di Draghi – la sua scesa in capo un anno fa e la sua mancata ascesa al Quirinale oggi. Il banchiere assiso a Palazzo Chigi, dava l’idea di un impudico disvelamento della governance capitalista, che ormai esercitava il comando facendo a meno del personale politico e piazzando al suo posto i propri uomini di punta. L’ipotesi di Draghi al Quirinale, largamente pronosticata nel nostro campo, rappresentava il completamento istituzionale di questa spregiudicato strapotere: la torsione presidenzialista, in cui le forze del Male avrebbero posto la società (e i brandelli di Costituzione residui) sotto la tutela del suo uomo forte. Le tessere del comando tutte al loro posto, ordinatamente.
Piccole Note: Pandemia: si allenta la presa e sorgono nuovi interrogativi
Pandemia: si allenta la presa e sorgono nuovi interrogativi
di Piccole Note
La pandemia molla la presa il mondo si sta preparando al nuovo. Dopo la Danimarca e Gran Bretagna, altri Paesi hanno iniziato ad allentare le restrizioni sociali, mentre la Svezia ha dichiarato “finita” la pandemia. Il nostro Paese, al soito, va a rimorchio e fatica a scrollarsi di dosso restrizioni ormai del tutto inutili come il green pass, semmai sia stato utile, nonostante siano state prese alcune decisioni in tal senso.
Ma al d là dell’italica tragedia, per capire che il mondo è ormai cambiato basta leggere la conferenza stampa della portavoce della Casa Bianca Jen Psaki: “Vorrei far notare che il Presidente è stato chiaro che non stiamo spingendo per i lockdown; non siamo mai stati pro-lockdown. Quella non era la sua agenda. La maggior parte dei lockdown, in realtà, sono stati decisi sotto il precedente presidente” (dal sito della Casa Bianca).
Cambia così la narrativa e ora l’amministrazione Biden tenta di svicolare anche a costo di usare palesi bugie, dal momento che tutti i media mainstream hanno criticato Trump per il suo approccio eccessivamente prudente verso le restrizioni chieste dagli “esperti”, i quali sono stati decisivi nell’affossarlo e aprire la via alla nuova amministrazione.
Robert Blumen: Non c’era un piano di uscita
Non c’era un piano di uscita
di Robert Blumen
Robert Blumen: Sono passati due anni da quando ci dissero che dovevamo “abbassare la curva”
Robert Blumen è un ingegnere e giornalista americano che commenta su vari argomenti di economia e di politica. Mi è sembrato il caso di tradurre questo suo articolo apparso sul sito del “Brownstone Institute” perché è un interessante esercizio di logica su come è stata condotta la campagna anti-Covid negli ultimi due anni. Più esattamente, dovremmo dire “un esercizio di mancanza di logica.”
Blumen parla di molti dettagli, ma c’è un punto fondamentale che viene fuori dal suo articolo: Qual è la “strategia di uscita” dall’emergenza? Il problema è che questo punto di uscita non è mai stato detto chiaramente nella infinita serie di “precauzioni” che ci sono arrivate addosso negli ultimi due anni. Ed è lo stesso per i vaccini, che ci sono stati presentati come l’arma finale contro il virus, ma che chiaramente non lo sono. E se non c’è una strategia di uscita, quando mai potremo uscire dallo stato di emergenza?
Dice Blumen: “Mi ci è voluto del tempo per dare un nome a questa strategia. Ho optato per “soppressione”. La ragione fondamentale per cui la soppressione non è una politica è che non ha uscita. Perché una cosa funzioni deve funzionare entro un tempo limitato. Se le misure per rallentare la diffusione sono riuscite a rallentarla, allora che si fa? La natura di una via di uscita è la risposta alla domanda: “Cosa succede quando smettiamo di fare una certa cosa?” Se la risposta è “Si ritorna indietro a quello che succedeva prima”, allora non è una via di uscita.”
Una critica che si può fare a Blumen è che non considera esplicitamente quella che in effetti sembra essere stata la strategia che i governi hanno cercato di applicare: quella dei vaccini come “arma finale”. Con un vaccino efficace, c’era una strategia di uscita: valeva la pena rallentare la diffusione dell’epidemia fino a quando non sarebbe stato possibile vaccinare la maggior parte della popolazione. In teoria, questo avrebbe debellato il virus per sempre e per sempre.
Francesco Galofaro: Allargare la NATO a est? Lezioni dalla Polonia. Editoriale
Allargare la NATO a est? Lezioni dalla Polonia. Editoriale
di di Francesco Galofaro
La crisi ucraina è una buona occasione per riflettere sull’identità e sul ruolo della NATO. Il 10 febbraio il suo segretario Jens Stoltenberg ha esposto la linea della “fermezza sui principi”; tuttavia, ha ricordato che sul tavolo dei negoziati vi sono nuovi briefing sulle esercitazioni militari e i temi della riduzione delle minacce nello spazio e in rete. La NATO non è disponibile a tornare allo status quo ante 1997 e ad accettare un qualunque limite alla propria “sfera di influenza”; allo stesso tempo, tenta un minuscolo passo verso la distensione propone scambi di informazioni e collaborazione che scongiurino incidenti militari. Il fatto è che, di fronte alle richieste della Russia, la NATO si dimostra una volta ancora un’istituzione decrepita, un fossile di quella guerra fredda che Washington in diversi contesti prova a riesumare. La NATO è sopravvissuta al nemico comunista e al momento tiene insieme due schieramenti diversi: anticinese e russofobo. La tattica imperiale americana è quella di spingere i due schieramenti in prima linea, manovrando entrambi. Nello specifico, russofobe, almeno ufficialmente, sono le repubbliche baltiche, Romania, Bulgaria, Regno unito e Polonia. Non sempre gli interessi dei due gruppi coincidono; soprattutto, talvolta l’orientamento di un Paese membro rispetto ai desiderata del socio di maggioranza può inaspettatamente cambiare.
Il caso polacco
In proposito, in questi ultimi giorni l’atteggiamento di Varsavia nei confronti della Russia, solitamente belluino, sembra insolitamente votato alla prudenza.
Franco Piperno: Movimento e tempo in Aristotele (III parte)
Movimento e tempo in Aristotele (III parte)
La critica di Aristotele alla reificazione del tempo
di Franco Piperno
Continua la pubblicazione dei contributi di Franco Piperno dedicati alla questione del tempo e, in particolare, alla relazione sotterranea tra tempo comune e tempo scientifico. Questo rapporto era già stato indagato attraverso il racconto delle «due imprese di Pigafetta» (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/le-due-imprese-di-pigafetta). Ora l’autore si rivolge alla fisica aristotelica per sviluppare una considerazione sulla nozione di tempo naturale, cioè fisico (Qui prima e seconda parte).
* * * *
1. L’«ora» come istante indivisibile e l’«ora» come presente
Il resoconto aristotelico del tempo come «numero del mutamento» non include la relazione temporale di simultaneità. D’altro canto un modo per venire al significato di «istante indivisibile» è tramite il concetto e l’annessa definizione di simultaneità; inversamente, data la nozione d’«istante», il «simultaneo» è ciò che accade allo stesso istante.
Anche in questo caso, soccorre l’analogia tra il punto e il segmento di retta – il punto geometrico, in se stesso indivisibile, di lunghezza nulla, non è un elemento ma piuttosto il limite del segmento; analogamente si possono individuare i concetti temporali corrispondenti. Tuttavia sarà bene avvertire che l’analogia va agita con prudenza; infatti, mentre la lunghezza di un segmento si presenta tutta intera alla volta, simultaneamente, l’intervallo temporale comporta che il suo inizio e la sua fine non siano simultaneamente presenti.
Sonia Bibbolino: Scuola e controllo sociale ai tempi del Covid
Scuola e controllo sociale ai tempi del Covid
di Sonia Bibbolino
Intervento letto ad un incontro contro il Green Pass a Firenze sabato 12/2/22
Nel mio intervento parlerò ovviamente di scuola, quella scuola pubblica e gratuita che è stata sicuramente una grande conquista, garanzia di formazione per tutti i ragazzi indipendentemente dalla loro condizione sociale ed economica. Una scuola pubblica che dovrebbe offrire un ambiente idoneo alla crescita personale e allo sviluppo di una coscienza critica ma soprattutto essere un luogo inclusivo e di sana socialità.
Bene che cosa è rimasto di questa scuola?
L’imposizione di questa “emergenza pandemica” non ha fatto altro che mettere a nudo le sue forti criticità e invece di cogliere l’occasione per eventuali miglioramenti si è dato l’affondo finale. Si sarebbe potuto per esempio risolvere il problema annoso delle classi sovraffollate riducendo il numero degli studenti per classe, invece si è optato per imporre la didattica a distanza con una accelerazione tale da rendere imprescindibile l’uso delle nuove tecnologie e procedere a una digitalizzazione forzata.
Roberto Buffagni: I nodi al pettine
I nodi al pettine
di Roberto Buffagni
Crisi ucraina. È arrivato al pettine il nodo dell’espansione NATO verso Est.
È stato un errore strategico di prima grandezza che George Kennan, l’architetto della politica di contenimento dell’URSS nel secondo dopoguerra, definì “the most fateful error of American policy in the entire post-Cold War era.” La Russia potrebbe accettare la presenza di un’alleanza militare a guida USA ai propri confini solo se fosse una colonia americana, guidata da un governo fantoccio, e/o si disgregasse in entità politiche troppo deboli per opporsi alla volontà degli USA (è il caso dell’Europa dopo la IIGM). Ve ne fu la possibilità nel 1991, con l’implosione dell’URSS; ma dopo un periodo di terribile sfacelo, la Russia ha ritrovato una direzione politica capace di difendere la sovranità nazionale.
La situazione è molto semplice. Nel 1832, gli Stati Uniti pubblicano la Dottrina Monroe: il Nord e il Sud del continente americano non sono più aperti alla colonizzazione. Nessun paese del continente americano può stringere alleanze militari con potenze straniere.
Marco Cattaneo: Superbonus: Draghi e Franco in confusione
Superbonus: Draghi e Franco in confusione
di Marco Cattaneo
Il tandem Mario Draghi / Daniele Franco è apparso parecchio stizzoso e parecchio confuso durante la conferenza stampa di ieri.
Mi riferisco alla reazione alla domanda finale (vedi qui video dal minuto 42 in poi) di una giornalista del Sole 24Ore (non di un giornale antigovernativo peraltro: del resto giornali antigovernativi in Italia ce ne sono ben pochi, e quei pochi chissà perché alle conferenze stampa del presidente del consiglio si vedono di rado, o forse mai…).
La domanda verteva sui possibili effettivi negativi del blocco alla circolazione dei crediti fiscali derivanti da ristrutturazioni immobiliari. Contestatissimo provvedimento introdotto con decreto legge circa una settimana fa.
Draghi prima ha cercato di minimizzare l’impatto dei crediti fiscali immobiliari sulla ripresa economica per poi ammettere che è rilevante, quindi ha parlato di carenze di controlli all’origine dovuta al fatto che la legge originaria sul Superbonus 110, di ispirazione M5S, è stata scritta male.
Ma Draghi su questo punto è smentito dai dati della stessa Agenzia delle Entrate, secondo i quali gli accertamenti per frodi, dell’importo totale di 4,4 miliardi di euro, sono imputabili solo per il 3% al Superbonus 110.
iAlessandro Bertante: Mordi e fugg
Mordi e fuggi
Elisabetta Bucciarelli intervista Alessandro Bertante
Alessandro Bertante, Mordi e fuggi. il romanzo delle BR, Baldini+Castoldi, 208 pagine, 2022
EB. Partiamo dal titolo, “Mordi e fuggi”, con un sottotitolo: “Il romanzo delle BR”. Hai voluto evidenziare che fosse un romanzo o ci tenevi a specificare il tema delle Brigate Rosse?
AB. Entrambe le cose. “Mordi e fuggi” era la citazione del Presidente Mao scritta sul cartello appeso al collo dell’ingegnere Macchiarini durante il suo breve sequestro ed è una delle immagini più iconiche della lotta armata in Italia e forse ne rappresenta anche l’inizio. Ma oggi è uno slogan poco conosciuto, specie fra i giovani, e il sottotitolo serve a fare si che non sorgano equivoci sul contenuto. Mi piaceva però anche sottolineare la natura romanzesca del libro, per scartare ogni ipotesi saggistica o memorialistica.
Hai deciso di raccontare il mito fondativo delle BR, qual è il motivo? C’è forse qualcosa di eroico che nella ricostruzione di quegli anni si è perso?
Fraser Nelson: La Svezia ha avuto ragione riguardo al Covid fin dal principio?
La Svezia ha avuto ragione riguardo al Covid fin dal principio?
di Fraser Nelson
La terra del buonsenso sembra prosperare mentre la Gran Bretagna sta pagando il costo di severi lockdown
Mentre la Gran Bretagna ha praticato i lockdown come il resto del mondo, la Svezia è diventata l’anomalia ribelle. Per comprendere la Svezia abbiamo bisogno di comprendere una parola che è difficile da spiegare, se non da tradurre: lagom. Essa significa, di fatto, “perfetto-semplice”: non troppo, non troppo poco. Le persone che sono lagom non si distinguono e non fanno rumore: si integrano alla perfezione – e ciò è visto come una virtù.
Sono stati scritti saggi sul perché lagom riassuma una certa mentalità svedese – che è male mettersi in mostra, considerarsi migliori o essere ribelli. Per questo motivo è davvero strano che, duranti i lockdown, la Svezia sia diventata l’anomalia ribelle del mondo.
Gli Svedesi hanno visto la cosa da un altro punto di vista. Loro andavano avanti a fare la loro vita con calma: il lockdown era un esperimento estremo, drastico e non sperimentato. Rinchiudere tutti, togliere i bambini da scuola, sospendere le libertà civili, mandare la polizia a controllare le persone che passeggiavano con il loro cane – e chiamare tutto ciò “cautela”?
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