Sinistra in Rete
Marco Bertolini: Il generale Marco Bertolini spiega cosa sta succedendo in Ucraina
Il generale Marco Bertolini spiega cosa sta succedendo in Ucraina
Matteo Carnieletto intervista Marco Bertolini
Generale Marco Bertolini, fino a qualche settimana fa, sembrava impossibile che la Russia potesse invadere l’Ucraina. Sembrava che la diplomazia stesse lavorando sodo e pareva ci fossero, seppur flebili, spiragli di accordo tra le parti. Cosa è successo dopo?
Vorrei innanzitutto fare una precisazione: Occidente è un termine che preferirei non utilizzare in quanto improprio. Come può esser definita la Polonia? Occidente o oriente? L’errore di fondo è continuare a ragionare con lo schema della Guerra fredda, che prevede i concetti di Europa orientale e occidentale. Fatta questa premessa, bisogna tenere presente che, dalla caduta del Muro di Berlino, la Russia sente la frustrazione che caratterizza tutte le ex super potenze decadute, che sono costrette ad ingoiare bocconi amari. In particolare, Mosca si è vista strappare molti pezzi del suo ex impero, che sono passati, con armi e bagagli, dall’altra parte. Questa condizione di debolezza era stata accettata da Gorbachev e da Eltsin. Poi è arrivato Putin ed ha impresso una direzione diversa, ricostruendo innanzitutto l’amor proprio russo.
Pasquale Cicalese: Benvenuti nel nuovo mondo
Benvenuti nel nuovo mondo
di Pasquale Cicalese
Tre giorni fa ho ospitato sul blog l’intervento dell’economista Guido Salerno Aletta sullla de-dollarizzazione. Articolo molto letto, secondo i canoni del mio piccolo blog, e che ha acceso un dibattito tra diverse persone su whattupp e con il telefono. Ho ritenuto perciò opportuno chiedere loro un contributo. I primi tre li pubblico oggi, probabilmente ce ne saranno altri. Il fine è aprire un dibattito anche tra voi lettori, che potete dire la vostra nella finestra dei commenti. E’ un articolo lungo, vi prego di prestare pazienza e attenzione. Ne vale la pena. Ecco i contributi.
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Duello&triello
di Roberto Sassi, filosofo e saggista
La guerra senza limiti comprende esiti frastagliati…La competizione interimperialistica, in un mondo multipolare, è un triello alla Sergio Leone, non un duello alla John Ford (Gattei docet). Nel duello vince chi spara per primo.Nel triello, chi spara per primo muore (cf. Il buono, il brutto e il cattivo). Questa situazione mette nell’angolo gli USA, che sono ancora la maggiore potenza militare mondiale. Per uscire dall’angolo, gli USA vogliono:
- Costringere l’UE nella morsa atlantica
- Bloccare la via della seta
- Tornare al duello est-ovest
Così si capiscono 8 anni di temporeggiamento russo e la posizione defilata della Cina.
Tanner Greer: Fermarsi davanti al precipizio
Fermarsi davanti al precipizio
di Tanner Greer
Il pubblicista e ricercatore indipendente Tanner Greer, collaboratore di Foreign Policy, sul suo sito The Scholar’s Stage, offre interessanti spunti di riflessione sul processo decisionale nella politica estera occidentale degli ultimi decenni, che gli appare come guidato più da imperativi moralistici che da lucide e dettagliate riflessioni razionali. Anche negli ultimi precipitosi eventi in Ucraina le decisioni politiche dell’Occidente sembrano più informate a giudizi di valore e al bisogno impellente di “fare qualcosa” che ad una attenta valutazione delle conseguenze delle proprie scelte. Certamente questo aspetto morale e valoriale delle decisioni politiche è e dovrebbe essere sempre presente. Il problema si pone – come pare in questo caso – quando ci si costruisce degli imperativi morali senza mantenere solide basi di realtà.
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La risposta occidentale all’invasione russa arriva con violenza e rapidità. Le azioni dell’UE, delle nazioni dell’Anglosfera e del Giappone sono sia straordinarie che consequenziali: diversi stati della NATO hanno sfacciatamente dichiarato la loro intenzione di armare le forze ucraine con armi convenzionali e di precisione e persino aerei militari. Lo spazio aereo europeo è chiuso a tutti gli aerei russi. Le capitali occidentali non hanno solo annunciato sanzioni agli oligarchi del Cremlino, ma anche restrizioni alla banca centrale russa. Le istituzioni russe vengono rimosse dal sistema SWIFT. I norvegesi, con una manovra che sarà sicuramente imitata, hanno scaricato tutti gli asset russi dal loro fondo sovrano. Olaf Scholz ha ripudiato in un discorso tutto l’ultimo decennio della politica energetica e di difesa tedesca. E ora si parla di far entrare Svezia e Finlandia nella NATO.
Il Pedante: Fiat iustitia pereant immundi
Fiat iustitia pereant immundi
di Il Pedante
Volendo azzardare un commento su ciò che sta accadendo nel nostro Paese, non si saprebbe davvero da che parte incominciare. Forse dalla più urgente, da quella torpida sensazione di normalità che fa da sfondo agli eventi, da quell’ipnosi molle in cui la tragedia sfugge e sprofonda. Mentre spirano venti di guerra a oriente getto uno sguardo sulle macerie della guerra che imperversa da due anni in casa nostra, e raccolgo detriti a caso.
La scuola. Ragazzini bullizzati dalle maestre (!) perché non si sono lasciati iniettare una fiala, o per lo stesso motivo esclusi dall’aula. Altri messi ai domiciliari su segnalazione anonima, cioè privati della libertà personale senza processo come non si poteva più fare da circa ottocento anni. Perché c’era l’habeas corpus – c’era.
I docenti. Una settimana fa ha parlato in televisione un professore di medicina. Non so che abbia detto, ma il giorno dopo l’università per cui lavora ha fatto sapere al metamondo di Twitter che le parole del docente «non rappresentano il pensiero dell’istituzione» e ha annunciato «ulteriori azioni».
Jack Orlando: Il nuovo disordine mondiale /2: Tamburi di guerra
Il nuovo disordine mondiale /2: Tamburi di guerra
di Jack Orlando
Il primo proiettile sparato da un tank di Mosca, non ha colpito il suolo d’Ucraina, o un suo soldato, ma è andato a impattare dritto contro la supponente quanto ingenua arroganza dell’Occidente nel credersi il padrone del mondo.
Ha mandato in frantumi quella certezza della NATO che nessuno, al di fuori di essa, può permettersi il lusso di invadere un paese sovrano e ridisegnarne gli scopi. La fine di quella certezza ha lasciato posto prima al panico, subito dopo al livore e si è messo in moto un ingranaggio pericoloso, alimentato a piombo e mania di onnipotenza.
Un intero mondo di musi gialli, di sporchi arabi, di dannati negri sta guardando il terribile sovrano occidentale schiaffeggiato sulla soglia di casa. Il rischio che i tremori europei si propaghino oltre il Vecchio Continente, decretando la fine definitiva del sistema-mondo a egemonia atlantica e dando il via a nuovi tentativi di disgregare l’ordine, è un rischio reale e gli amministratori della potenza occidentale non possono in alcun modo permetterlo.
Una vittoria della Russia, non sarebbe solo una sconfitta in Ucraina, sarebbe la fine di un primato di potenza e l’inizio di un mondo che le sfugge dalle mani.
È per questo che si continua a ripetere ossessivamente “Putin deve fallire”. È una questione di vita o di morte o, quanto meno, di irreversibile declino .
E non è diverso per il capo del Cremlino, ora che ha imboccato una via a senso unico contendendo alla NATO il monopolio dell’espansione imperialista: le alternative sono tra una vittoria militare con un conseguente (quanto difficoltoso ad oggi) cambio di status del paese invaso o di un compromesso vincente, oppure di un tragico tracollo per la Russia, ridimensionata definitivamente nel suo ruolo di potenza e relegata, bene che vada, ad un ruolo di subordine nello schema globale.
Mikhail Lobanov – Ghennadi Zuganov: I comunisti russi tra manifestazioni contro la guerra e difesa delle popolazioni del Donbass
I comunisti russi tra manifestazioni contro la guerra e difesa delle popolazioni del Donbass
di Mikhail Lobanov – Ghennadi Zuganov
C’è una seria discussione tra i comunisti russi, in particolare dentro il Partito Comunista della Federazione Russa, seconda forza politica del paese e promotore – da anni – della risoluzione alla Duma che ha portato al riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass. Pubblichiamo qui di seguito due interventi diversi.
Il primo è di Mikhail Lobanov un deputato del PCFR (Partito Comunista della Federazione Russa) che invita a mobilitarsi con maggiore determinazione per la pace e contro la guerra, anche andando in contrasto con il governo di Putin.
Il secondo è di Ghennadi Zuganov, segretario del PCFR che invece invita ad una maggiore determinazione nella difesa delle Repubbliche del Donbass e critica le manifestazioni per la pace di non essersi mai viste durante gli otto anni di guerra dell’Ucraina contro le popolazioni delle Repubbliche Indipendenti né di segnalare nelle manifestazioni i bombardamenti ucraini contro queste ultime.
E’ una discussione seria, come è seria la situazione, anche per chi vive e agisce politicamente in Russia.
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Alessandro Pascale: 2013: I nazisti al potere in Ucraina
2013: I nazisti al potere in Ucraina
di Alessandro Pascale
[Testo tratto da A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l’egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2018, pp. 109-114.]
Per quanto riguarda il caso ucraino tutto ha inizio sul finire del 2013. Il presidente ucraino Yanukovich e il suo governo si trovano ad un bivio, dovendo sostanzialmente scegliere la direzione strategica da far prendere al proprio Paese: da una parte l’integrazione con l’Unione Europea, dall’altra la collaborazione storica con la Russia. Tra il 30 novembre e il 17 dicembre Yanukovich rifiuta la proposta europea, impostata sostanzialmente sulle ricette tipicamente liberiste, e accoglie invece l’accordo con Putin, più vantaggioso economicamente (1). Apriti cielo. Yanukovich viene dipinto immediatamente come un dittatore che si oppone ai diritti, alla libertà e alla democrazia garantiti dall’Unione Europea. Yanukovich sicuramente non è Lenin né un santo, ma è quantomeno difficile definirlo dittatore, in quanto regolarmente eletto nelle elezioni del 2010, riconosciute dall’OCSE come «elezioni trasparenti» (2).
Marinella Mondaini: Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta
Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta
di Marinella Mondaini
Il presidente ucraino Zelenskij stamattina alle 5 ha pubblicato la notizia falsa dell’attacco “russo” alla centrale nucleare di Zaporozije e ha telefonato ai capi occidentali per metterli al corrente di questa “mostruoso atto” e sollevare altra isteria. Quello che è accaduto nella realtà invece è ben diverso: si tratta di una mostruosa provocazione, compiuta alle 2 di stanotte da un gruppo di sabotatori nazionalisti ucraini contro i militari della Guardia azionale russa in pattugliamento del territorio protetto adiacente la centrale nucleare di Zaporozije, non lontano da uno dei reattori.
La propaganda ucraina ha raccontato che è stata bombardata dai russi e la notizia è stata subito raccolta dai media statunitensi ed europei. I militari ucraini hanno deciso di giocare alla guerra lungo le mura della più grossa centrale nucleare d’Europa che ha ben 6 reattori. Hanno portato i carri armati e i complessi missilistici Grad e dall’edificio del Centro di Addestramento (che ha diversi piani) situato al di fuori del perimetro della centrale nucleare, hanno aperto il fuoco contro i militari russi. In conseguenza a ciò si è scatenata una battaglia e gli ucraini, prima di scappare dall’edificio gli hanno dato fuoco. Solo grazie al comportamento eroico dei militari russi e anche al buon senso delle autorità della città, è stato scacciato il gruppo dei sabotatori ucraini e sono stati fatti passare i camion dei vigili del fuoco per spegnere l’incendio.
Antiper: Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina
Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina
di Antiper
Si dice che nell’attuale conflitto russo-ucraino sia doveroso parteggiare per l’Ucraina in quanto paese aggredito. Si tratta di un approccio che risulta molto spontaneo, ma anche problematico quando assolutizzato. Facciamo un esempio: in Via Rasella, nel 1944, avremmo dovuto parteggiare per i soldati tedeschi (che erano gli aggrediti) e non con i partigiani italiani (che erano gli aggressori)? Evidentemente no. Si dirà: i partigiani attaccavano perché erano stati attaccati. Precisamente.
Per capire qualcosa dell’attuale situazione in Ucraina non è possibile fermarsi al dato di fatto inoppugnabile che Putin ha dato il via all’invasione dei territori ucraini perché questo attacco non è solo il punto di partenza di una storia (e di una guerra) ma anche il punto di arrivo di un’altra storia (e di un’altra guerra, iniziata nel 2014 e che ha visto il governo ucraino uccidere migliaia di altri ucraini delle zone ribelli del Donbass). Già questo ci pone un problema: perché l’Ucraina aveva il diritto di separarsi politicamente dalla Russia in nome del diritto all’auto-determinazione mentre le regioni del Donbass o la Crimea non avevano il diritto, in nome del medesimo principio, di separarsi politicamente dall’Ucraina o unirsi politicamente alla Russia?
Giovanna Cracco: Pólemos è padre di tutte le cose
Pólemos è padre di tutte le cose
di Giovanna Cracco
Cinque giudici del CGA siciliano ripercorrono le problematiche che ruotano intorno alla campagna vaccinale Covid e chiedono dati scientifici al governo: l’obbligo potrebbe arrivare davanti la Corte costituzionale, mentre la politica si muove in (apparente) stato dissociativo legiferando discriminazioni e un Green Pass permanente
“La politica non è un asilo: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa.”
Il 6 gennaio scorso il governo Draghi decreta l’obbligo vaccinale Covid 19 per i cittadini di età superiore a cinquant’anni: riguarda non solo le due dosi della “vaccinazione primaria” ma anche il cosiddetto booster, e si traduce in sospensione dall’impiego senza retribuzione per i lavoratori non in regola con la vaccinazione e privi del Green Pass da guarigione. Il provvedimento è chiaramente spinoso dal punto di vista costituzionale – lo vedremo – e sociale – per la fase pandemica nel quale si colloca, al di là della questione no vax – ma il presidente del Consiglio non ritiene di dover argomentare la decisione; lo farà solo quattro giorni dopo, aggiungendo le scuse per aver “sottovalutato le attese per una conferenza stampa”. Noblesse oblige titolano i principali media italiani (“Draghi si scusa”), incapaci (o servili al punto da diventarlo) di riconoscere l’arroganza del potere quando sorride e ha modi garbati; quell’arroganza che ritiene di poter decidere senza dover dare alcuna spiegazione. A sua discolpa, dobbiamo tuttavia riconoscere che Draghi non è abituato a vestire l’abito del politico: nulla gli è più alieno del concetto di ‘rappresentanza del popolo’. E probabilmente considera la Costituzione un vetusto fardello inadeguato alle attuali esigenze dei mercati globali e del sacro Pil.
Iniziamo a entrare nelle questioni.
C’è un giudice a Palermo
“È innegabile che quei crimini furono commessi nell’ambito di un ordine ‘legale’, e che anzi fu questa la loro principale caratteristica.”
Pino Arlacchi: “La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa”
“La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa”
di Pino Arlacchi
La guerra, dice la Carta delle Nazioni Unite, è la maledizione dell’umanità. Non esistono guerre giuste o sbagliate, ma solo carneficine più o meno riuscite. In circostanze estreme, quali l’autodifesa o la protezione da genocidi e stermini, continua la Carta con il suo articolo 51, è necessario l’uso della forza, anche militare, autorizzato dal Consiglio di sicurezza.
Da ex-dirigente ONU, quindi, non posso approvare quanto la Russia sta facendo all’ Ucraina da qualche giorno. Mosca è passata da una forma di autodifesa dalle minacce NATO, perpetrate direttamente o tramite il governo ucraino, ad una guerra vera e propria, da condannare senza se e senza ma. Ora c’è il rischio che lo scontro finisca con l’assomigliare alle feroci campagne NATO contro la Serbia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, costate centinaia di migliaia di vittime.
Per rimanere nel campo della legalità internazionale, l’attacco si sarebbe dovuto fermare alla distruzione delle infrastrutture militari ucraine, e doveva essere seguito da un cessate il fuoco e da un negoziato. La sua trasformazione in una guerra è stato un grave errore, favorito peraltro dall’ondata di russofobia che si è scatenata in Europa.
Rostrum, Comzanros: Uno contro cento
Uno contro cento
L’internazionalismo alla prova dei fatti in Ucraina
di Rostrum, Comzanros
La marea sale, il vento soffia, per molti è dura mantenere la fermezza di una posizione coerentemente internazionalista, ammesso che l’abbiano mai avuta. Ne siamo mortificati, ma non cederemo di un millimetro di fronte ai tentativi di mettere l’internazionalismo proletario in una falsa posizione, per giustificare l’incapacità di reggere l’urto delle trombe assordanti, non della realtà – si badi bene – ma della propaganda di guerra e del conseguente sentire diffuso.
In generale, tra i sofismi e le sottigliezze con cui finora si è argomentato contro le dichiarazioni internazionaliste – quelle autentiche, senza “se” e senza “ma” – il trait d’union è sempre stato quello di mettere, di fronte all’evento guerra imperialista, la divisione sociale, la lotta di classe, “tra parentesi”.
Siamo tutti internazionalisti – ci mancherebbe – “ma” di fronte ad un’aggressione imperialista e all’invasione del proprio territorio l’appello all’unità internazionale della classe operaia deve cedere il passo ad un ritorno in prima linea della “questione nazionale”, che si tratti del Donbass oppresso o dell’Ucraina occupata. Lo spazio per la lotta di classe si aprirà “in un secondo momento”, prima viene la lotta dei “popoli” per la loro indipendenza, autodeterminazione, ecc. Niente di nuovo, dal 1914 ad oggi.
Ma abbiamo letto anche di peggio.
C’è stato chi ha agito in maniera più ambigua – e perciò più pericolosa – provando ad aggirare l’obiezione fondamentale di qualunque internazionalista degno di tale nome: la divisione sociale, la lotta di classe non è mai “tra parentesi”, né graffa, né quadra, né tonda.
Michele Castaldo: Il caos capitalistico riflesso in Ucraina
Il caos capitalistico riflesso in Ucraina
di Michele Castaldo
I fatti di questi giorni non sono un fulmine a ciel sereno, Putin avrebbe perso all’improvviso i lumi della ragione e ha deciso di scatenare la guerra contro l’Ucraina, come si tenta di far credere, oppure per la sete espansionistica che mirerebbe a restaurare il vecchio impero zarista. Le cose sono molto più semplici e molto più complicate al tempo stesso.
Che si cerca di accerchiare la Russia attraverso la Nato fino ai confini ucraini, dovremmo ricordare che ci sono stati accordi firmati dalle potenze occidentali con la Russia all’indomani dell’implosione dell’Urss. E in quegli accordi si stabiliva che la Nato non avrebbe dovuto raggiungere i confini con la Russia, e in modo particolare attraverso l’Ucraina. Accordi, scritti e firmati, non chiacchiere. Dopodiché la Nato, ovvero gli Usa e le maggiori potenze economiche europee hanno risucchiato uno a uno tutti i paesi che si erano liberati dall’orbita sovietica, in modo particolare a Est, ma anche a Nord. E la Russia ha subito.
Vogliamo essere oltremodo chiari: le repubbliche che si sono liberate dall’influenza della ex Urss non lo hanno fatto esclusivamente su ordine dei comandi occidentali, lo hanno fatto anche perché attratti dalle luci scintillanti dell’Occidente. Dunque le Repubbliche baltiche, la Polonia, la stessa Ucraina, la Romania, l’Ungheria abbandonarono una nave ritenuta ormai in via di affondamento, e per aspirare a uno sviluppo autoctono della propria economia incominciarono a occhieggiare con l’Occidente e l’Occidente accolse volentieri nel suo seno nuove possibilità di mercato e un nuovo proletariato da sfruttare. Altrimenti detto: nuova linfa per rilanciare l’insieme del modo di produzione capitalistico che mostrava qualche affanno proprio lì nel suo cuore pulsante.
Sirio Zolea: Conflitto russo-ucraino: essere per la pace significa adoperarsi per una piena neutralità dell’Italia
Conflitto russo-ucraino: essere per la pace significa adoperarsi per una piena neutralità dell’Italia
di Sirio Zolea
Quella era un’epoca così gaia! La morte intrecciava già le sue mani ossute al di sopra
dei calici da cui bevevamo. Noi non la vedevamo, non vedevamo le sue mani.
Joseph Roth, La cripta dei cappuccini
L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, si legge nell’art. 11 della nostra Costituzione. Traducendo in legge un saggio approccio di politica estera italiano, con cui per decenni governanti di ben altro spessore di quelli di oggi avevano praticato questo fondamentale principio costituzionale, il legislatore del 1990 (legge n. 185) aveva, tra l’altro, escluso in generale l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato. Ecco che, peraltro senza un minimo di dibattito nel corpo diffuso del Paese, sotto l’impulso di un sistema mediatico colto da qualche giorno da un parossismo di frenesia bellicista, il Governo decide di indossare l’elmetto e, in un Consiglio dei Ministri estemporaneo, decide nientemeno che di derogare, tra l’altro, alla suddetta legge (e, aggiungerei, di fatto, alla Costituzione) per autorizzare la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina (decreto-legge n. 16 del 28 febbraio 2022). Perché, in nome del cielo? Possibile che l’unica sirena che riesce a farsi sentire sia quella dell’industria degli armamenti, mentre il vicolo cieco di sanzioni alla Russia e aiuti militari all’Ucraina si annunzia come la pietra tombale per un numero impressionante di imprese italiane che stavano appena iniziando a intravedere l’alba dopo i disastri dell’epidemia?
Federico Dezzani: Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina
Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina
di Federico Dezzani
A distanza di una settimana dall’inizio delle operazioni russe in Ucraina, è tempo di stilare le prime considerazioni sul conflitto che sancisce l’inizio di una nuova era. Se è ancora troppo presto per le osservazioni di carattere militare, c’è molto da dire invece sull’assetto internazionale e sugli effetti economici-finanziari
La settimana che ha cambiato il mondo.
Sette giorni sono passati da quando, alle prime luci del 24 febbraio 2022, la Russia ha avviato la sua “operazione speciale” in Ucraina: sette giorni che hanno impresso l’accelerazione definitiva a quelle dinamiche geopolitiche che abbiamo sempre messo in luce in questi ultimi, convulsi, anni. Nel momento in cui l’articolo viene scritto, si sa che le forze russe hanno circondato Charkov ed un’analoga manovra di accerchiamento è in corso a Kiev. I successi più eclatanti sono certamente quelli riportati sul fronte meridionale, dove i russi sono riusciti a creare un ponte terrestre con la Crimea (con la sola esclusione di Mariupol, ancora sotto assedio) e a riallacciare la penisola al Dnper, riaprendo i cruciali canali d’acqua dolce. La recentissima conquista di Kherson, sulla foce del Dnepr, lascia supporre che in prospettiva i russi vogliano ricongiungersi alla Transnistria, via Odessa: si verificherebbe così lo scenario inizialmente ipotizzato di un’Ucraina nazionalista (con capitale Leopoli), senza accesso diretto al mare, mentre nella parte sud-orientale del Paese nascerebbe una repubblica filo-russa (con capitale Kiev, città di frontiera?).
Francesco Galofaro: Ucraina: eclissi della ragione
Ucraina: eclissi della ragione
di Francesco Galofaro, Università di Torino
Ho passato il fine settimana a Tallinn, in Estonia, per un convegno. Al ritorno ho trovato un’Italia profondamente cambiata. Nel volgere di una manciata di ore, l’indignazione contro la guerra si è trasformata in interventismo, ovvero nel proprio contrario. Ma l’albero si riconosce dai frutti: può un albero buono dare frutti cattivi? Così ha detto un tempo qualcuno di cui, nella confusione, non riesco più a ricordare il nome. All’emergenza umanitaria che ha colpito la popolazione e i profughi l’Unione europea non risponde inviando farmaci né cibo, ma armi. I telegiornali mettono in scena l’«eroica resistenza del popolo ucraino», inneggiano a soldati eroici che si fanno esplodere pur di non arrendersi, mostrano bambini coi kalashnikov, giovani sorridenti che nei cortili di orrendi condomini svuotano bottiglie di wodka per fabbricare molotov, profughi adolescenti che vorrebbero tornare in Ucraina a combattere fino alla morte. Vogliamo davvero vendere le nostre mine antiuomo agli ucraini, così che minino il proprio stesso Paese?
Geraldina Colotti: Blocco di RT e Sputnik: l’UE censura l’informazione
Blocco di RT e Sputnik: l’UE censura l’informazione
di Geraldina Colotti
“Fermiamo la macchina dei media del Cremlino. Russia Today e Sputnik, controllati dallo stato russo, e le loro affiliate, non potranno più diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Vladimir Putin e seminare la divisione dell’Unione”. Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa a Bruxelles.
Un bel modo di difendere il pluralismo e la libertà di opinione di cui si riempiono la bocca i governi europei. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere rispetto al Venezuela, c’è una poderosa rete di complicità tra questa Europa dei banchieri e le corporations che pilotano i flussi mediatici, essendo l’informazione una merce che risponde al grande capitale internazionale
E così, come scrive il Washington Post, Twitter ha annunciato oggi che inizierà a bloccare i tweet che rilanciano i collegamenti ai media statali russi o ai media legati al Cremlino, utilizzando i tag arancioni. Questi tag sono stati utilizzati in passato per segnalare notizie false sulla pandemia di Covid e ora appariranno in qualsiasi tweet che includa un collegamento a siti di media statali russi.
Enrico Euli: Ti armo
Ti armo
di Enrico Euli
L’Occidente parla di negoziati e di pace ma arma gli ucraini e si riarma. Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla. Questo è purtroppo è il pacifismo dei bellicisti. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, chiede con coraggiosa lucidità Enrico Euli, dove starebbe la nonviolenza? Intanto, “in continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte…”
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Mentre blatera di negoziati e invoca la pace, l’Occidente arma gli ucraini e si riarma. La Germania stanzia 100 miliardi per rafforzare il suo esercito (ce ne ricorderemo quando sorgerà un nuovo Hitler?). L’Europa non si scompone nell’utilizzare i suoi “Fondi per la Pace” per fornire “armi letali” ai difensori di Kiev. Volodymyr Zelenski invita a costituire una Coalizione contro la Guerra, per proseguire a farla. Orwell realizza compiutamente il suo incubo neolinguistico.
Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla, contano solo le azioni e i fatti (compiuti).
Fosco Giannini: Guerra, “pacifisti” e anti-imperialisti
Guerra, “pacifisti” e anti-imperialisti
di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”
Da sempre, la guerra imperialista è “la potenza in sè” che determina le due opzioni fondamentali (e tertium non datur, come per sempre ha insegnato la logica aristotelico-scolastica del “terzo escluso”): quella malsana delle forze ideologicamente e a volte – solo a volte – inconsapevolmente subordinate all’imperialismo e l’opzione conseguentemente antimperialista, rivoluzionaria, libera da ogni retaggio della weltanshauung capitalista.
E, da sempre, la guerra imperialista è lo spartiacque tra le forze “kautskiane”, che continuamente, dalla Seconda Internazionale in poi, si ripresentano tra le file del movimento operaio, e le forze che, organizzando il loro pensiero innanzitutto attorno al cardine dell’antimperialismo, possono comprendere la fase, la natura delle forze in campo e in virtù di ciò possono saper stare da una parte della barricata. Ricordando il monito di Lenin: “Chi non sta da una parte della barricata è la barricata”.
Oggi è innanzitutto il tempo, di fronte alla drammatica crisi russo – ucraina, di fronte alla potenza di fuoco del mastodontico apparato mediatico occidentale che ha la funzione che negli antichi eserciti aveva la cavalleria, che attaccava ai fianchi l’esercito nemico, del ripristino dell’ opzione conseguentemente antimperialista, della verità.
Sant’Agostino affermava che l’uomo può giungere gradualmente alla verità solo avvicinandosi alla propria anima e più le si accosterà più essa sarà illuminata dal Verbo di Dio.
Se sostituiamo al Verbo di Dio la coscienza di classe e la piena consapevolezza antimperialista, sapremo come trasformare un’anima confusa (quella del gruppo dirigente di Rifondazione Comunista?) in un’anima illuminata dalla verità.
Giovanni Iozzoli: Occidentali’s Karma
Occidentali’s Karma
di Giovanni Iozzoli
E adesso parliamo un pò di sovrastruttura, che tra gas e swift non se ne puo più! (scherzo, eh: senza parlare di gas non si capisce niente dell’Ucraina; l’importante è non fermarsi a quello…)
In ogni teatro di guerra – mai definizione fu più pertinente, perchè ogni conflitto bellico è anche un grande allestimento scenico –, la costruzione retorica dei due campi avversi, quello glorioso e nobile dell’alleato e quello mostruoso e barbaro del nemico, è operazione bellica di primissimo piano. E questo fin dall’antichità – quando narratori, poeti, teologi e artisti venivano arruolati sui due fronti, come oggi lo sono gli operatori dell’informazione e della “cultura”. Le menzogne e le mitizzazioni diventano un elemento naturale del racconto e gli addetti ai lavori presidiano i rispettivi campi come trincee: è così che il TG2, in un eccesso di zelo, manda in onda la clip di un videogioco spacciandola per i cieli di Kiev; e se qualche eroico “partigiano” del battaglione Azov inalberasse uno stendardo con la svastica, il pudore giornalistico certo si rifiuterebbe di mostrarlo; così come le vittime russe o russofone del Donbass appartengono, dal 2014, ad una umanità minore, non degna di racconto, nè di tutela, automaticamente arruolata d’ufficio nel campo della nemicità.
Franco Romanò: La critica del marginalismo nelle lezioni
La critica del marginalismo nelle lezioni
di Franco Romanò
Lasciamo di nuovo Neri Salvadori e Kurz, per ritornare allo Sraffa degli anni ’20. Proseguendo nella disamina dei marginalisti, Le Lezioni mettono in evidenza anche le differenze che esistono fra le diverse scuole: Marshall, in particolare, riprende anche alcune delle argomentazioni di Ricardo. Ciò che mi sembra rilevante, sono però le conclusioni cui egli approda e dalle quali inizia il suo affondo nei confronti della teoria e ancora una volta Sraffa sceglie, in questo come in altri passaggi, la strategia comunicativa della critica indiretta. Affida a Petty quello che lui stesso in fondo pensa e cioè che i sentimenti non giocano alcun ruolo nel determinare il costo di produzione, qualunque sia la nozione di costo che si decide di adottare e gli contrappone subito, pur senza entrare nel merito, la concezione soggettivistica di Marshall, poi così prosegue:
… Comincerò paragonando … il costo di produzione secondo W. Petty e i Fisiocratici e secondo la concezione di Marshall. Prima di entrare nel vivo della materia, tuttavia, c’è un punto da chiarire. Dovrò parlare spesso della concezione che i vecchi economisti avevano del costo come se essi possedessero una nozione chiara e accuratamente definita del medesimo. In realtà questo non è vero. Fino a tempi recenti, il costo non è stato considerato dagli economisti come una categoria indipendente – di solito veniva confuso e spesso identificato, con il valore o il prezzo. Persino Ricardo, quando si domanda “se l’affitto entri o meno nel costo di produzione” egli affermava che “l’affitto non è una reale misura del valore”… Mescolando in questo modo diversi problemi che noi oggi consideriamo interamente distinti, soltanto raramente vediamo usata da loro un’espressione come “costo di produzione”: perciò dobbiamo sempre essere all’erta sul pericolo di leggere nei classici non tanto ciò che davvero hanno scritto ma ciò che ci piacerebbe che avessero scritto.