L’ultimo momento di mobilitazione popolare internazionale che si ricordi contro una guerra, è del 2003, in occasione dell’invasione militare dell’Iraq ad opera degli Stati Uniti e dei loro alleati, sulla base di notizie inventate di sana pianta, ovvero che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa e fosse pronto ad utilizzarle. Allora milioni di persone marciarono in tutto il mondo per chiedere agli Usa di non intervenire in Iraq. Eppure in quei tragici momenti nessun corteo pacifista al mondo osò sfidare la propaganda di guerra, sventolando bandiere irachene o chiedendo di armare il popolo iracheno contro l’invasore.
Oggi invece i cortei “pacifisti” chiedono apertamente di fornire armi a Kiev o, in alternativa di intervenire con la Nato per creare una No fly zone, scatenando così una guerra mondiale.
Poco importa se il presidente ucraino abbia fatto tutto il possibile per far precipitare il paese in guerra con la Russia, con azioni irresponsabili, sempre più sprezzanti nei confronti della sicurezza del paese confinante, tanto da arrivare a dichiarare, durante la conferenza sulla Sicurezza, tenutasi a Monaco il 20 febbraio 2022, che l’Ucraina avrebbe abbandonato il patto di non proliferazione nucleare, dotandosi così di armi atomiche. Se ciò non fosse sufficiente, l’8 marzo arriva la conferma sia dagli Usa che dalla Russia che in Ucraina sono presenti laboratori militari per la produzione di armi batteriologiche di distruzione di massa. Altro che paese aggredito, l’Ucraina si stava preparando ad aggredire, prima il Donbass e poi la Russia.
Il problema però non è solo Zelensky, ma il sistema politico repressivo estremamente violento e razzista ucraino, che coltiva l’odio nei confronti dei russi e dei russofoni, con un progetto chiaro: ripulire etnicamente il paese da qualsiasi influenza russa. Subito dopo il colpo di stato del 2014, la prima legge approvata riguardava la lingua ucraina e poneva forti limitazioni all’uso di quella russa, nonostante l’est del paese fosse abitato prevalentemente da russofoni. Un’ulteriore spaccatura, in un paese ancora scioccato dal massacro di Odessa e dalla violenta presa del potere dei nazisti.
Se la narrazione ufficiale dipinge l’Ucraina come una democrazia aggredita dall’imperialismo russo, beh in tutta onestà bisogna dire che Ucraina e democrazia sono un ossimoro, l’una esclude l’altra. Come potrebbe esserci democrazia in un paese che ha riabilitato i carnefici nazisti della seconda guerra mondiale, che ha legalizzato le squadre fasciste che per otto anni, hanno seminato il terrore in tutto il paese, sequestrando e torturando, a volte uccidendo, oppositori politici? La guerra del regime di Kiev al Donbass ha provocato circa 14000 morti e probabilmente, senza l’intervento russo, avremmo assistito ad una invasione su larga scala dell’esercito ucraino già alla fine di febbraio. A testimonianza di questa ipotesi, c’è l’alto numero di effettivi dell’UAF al confine con le due repubbliche indipendentiste e il fitto lancio di colpi di artiglieria sulle città orientali nei giorni precedenti l’operazione militare russa.
Tutti questi fatti sono stati semplicemente censurati dai media occidentali, che hanno l’esigenza di arruolare i popoli europei contro il popolo russo. Negli ultimi giorni, molti eventi hanno dimostrato ancora una volta il carattere fascista del governo e delle istituzioni ucraine, ma i media li hanno ignorati o, nella peggiore delle ipotesi, hanno rilanciato la propaganda di Kiev.
Il 5 marzo avviene l’esecuzione di uno dei mediatori ucraini, Denis Borisovich, ucciso nel centro di Kiev dagli uomini del servizio segreto ucraino, per presunto tradimento. Immaginiamo se ciò fosse avvenuto a Caracas o a Mosca. La stampa occidentale però, ha ripreso senza alcuna analisi critica, la versione di Kiev, giustificando l’omicidio del banchiere. Se Borisovich fosse una spia russa non lo sapremo mai con certezza. Nessun processo verrà mai celebrato per appurarlo, nessuno si chiederà più perché quell’uomo fosse nella delegazione ucraina.
All’omicidio di Borisovich, si aggiunge il sequestro di un parlamentare ucraino il 4 marzo scorso, Nestor Shufrich, già più volte colpito dalla violenza fascista per le sue posizioni di contrasto al pensiero unico nazionalista. Etichettato come spia russa, Nestor Shufrich è stato tratto in arresto e allo stato attuale non si hanno sue notizie.
Un’altra vittima presunta del regime di Kiev è il sindaco del villaggio di Kremennayam, Vladimir Struk trovato morto il primo marzo scorso. Aveva proposto ai deputati locali di avviare comunicazioni con la Russia. Secondo la moglie, è stato sequestrato da uomini armati. Il suo corpo è stato ritrovato con un colpo di arma da fuoco al cuore.
Un altro caso è quello dei fratelli Mikhail e Aleksander Kononovich dell’Unione Giovanile Comunista Leninista dell’Ucraina, arrestati il 7 marzo dal regime neofascista ucraino e accusati di essere spie russe e bielorusse. Probabilmente saranno uccisi nelle prossime ore.
Questo è quello che sappiamo, ma gli omicidi mirati, i sequestri di persona, le torture, rappresentano un fenomeno molto più ampio, ormai fuori controllo dopo la distribuzione di armi alla popolazione e la dichiarazione della legge marziale che hanno aumentato a dismisura le violenze sulla popolazione russofona. Chiunque sia solo sospettato di essere una spia, viene spesso ucciso sul posto o incarcerato e torturato senza alcun processo. Inoltre le città sono teatro di saccheggi e scorribande di gruppi criminali, che esercitano violenza su chiunque.
A dispetto della propaganda occidentale che mostra presunti civili ucraini che rifocillano i soldati russi catturati, sul campo si assiste al pestaggio, alla tortura e all’esecuzione dei prigionieri. Le autorità ucraine utilizzano gli avversari catturati come vessilli di propaganda, costringendoli a chiamare i propri congiunti per spingerli a protestare contro il governo russo.
A questi episodi, non certo isolati, si aggiungono le documentate pratiche dei battaglioni nazisti, di utilizzare i civili come scudi umani, per impedire l’avanzata russa nei centri urbani, anche attraverso il sabotaggio dei corridoi umanitari, l’esecuzione di intere famiglie che cercano di scappare, di disertori o di uomini che cercano di evitare l’arruolamento. Una pratica più che logica, dato che dopo l’evacuazione dei civili, i coraggiosi combattenti fascisti dovrebbero vedersela con le truppe regolari russe. L’esito sarebbe scontato.
Tutti questi eventi non disegnano i tratti di una democrazia matura sotto attacco, ma di una feroce dittatura fascista, pronta a tutto pur di combattere la Russia e trascinare il mondo in una terza guerra mondiale. I popoli dell’Ucraina sono utilizzati come agnello sacrificale in uno scontro tra Russia e Nato, già in atto sin dai primi giorni di conflitto e presto o tardi, la narrazione hollywoodiana del coraggioso popolo che lotta contro l’occupante cadrà come un castello di carte, al primo soffio di vento.
Maurizio Merlo
09/03/2022