Per provare a comprendere la “crisi ucraina” dovremmo definitivamente dismettere gli occhiali da guerra fredda con cui eravamo stati abituati a guardare il mondo.
Militant: Cambiare gli occhiali con cui guardavamo il mondo
Cambiare gli occhiali con cui guardavamo il mondo
di Militant
Per provare a comprendere la “crisi ucraina” dovremmo definitivamente dismettere gli occhiali da guerra fredda con cui eravamo stati abituati a guardare il mondo. In questa vicenda non esistono stati buoni e stati cattivi, non esiste un campo antimperialista in cui militare aprioristicamente, né stati socialisti o progressisti da difendere, ma esclusivamente stati nazionali e alleanze internazionali che stanno promuovendo e tutelando gli interessi delle rispettive borghesie dominanti. Il tutto in un balletto politico che, seppure nessuno ammetta di volerlo espressamente, anzi lo neghi risolutamente, rischia pericolosamente di trasformare lo scontro diplomatico e le schermaglie militari in uno scontro bellico globale vero e proprio. Da questo punto di vista si potrebbe tranquillamente ribaltare il celebre aforisma di Carl von Clausewitz e affermare, senza andare troppo lontano dal vero, che in fin dei conti è la politica internazionale a non essere altro che la continuazione della guerra con altri mezzi.
Andrea Zhok: La frustrazione repressa dietro la vernice buonista
La frustrazione repressa dietro la vernice buonista
di Andrea Zhok
Che siano libri per bambini esclusi dalle fiere, cocktail ribattezzati, lezioni universitarie annullate, direttori d’orchestra banditi, musicisti esclusi dai concorsi, ecc. ecc. la russofobia si è scatenata con la stessa furia con cui nell’ultimo anno si era scatenata la “Novax-fobia”.
Niente unisce queste due tematiche nel merito, ma molto le unisce nel metodo.
Qui si vede in piena luce la degenerazione terminale e rapidissima della cultura liberale in occidente, che vive da sempre una intima contraddizione: essa si vende sul mercato politico come sostenitrice della libertà e del rispetto individuale, ma di fatto favorisce e rispetta solo quelle libertà e quelle individualità che non disturbano il manovratore economico (e che consentono la differenziazione dei mercati), mentre è assolutamente impietosa verso le libertà che toccano o vogliono cambiare la forma di vita mercificata che il liberalismo ha imposto.
La libertà liberale è la libertà dei beni posizionali (di status) e delle forme di svago, dei circenses (che a differenza di quelli romani sono però da acquistare sul mercato privato).
Francesco Piccioni: ABC della guerra in Ucraina, o “la cura del linguaggio”
ABC della guerra in Ucraina, o “la cura del linguaggio”
di Francesco Piccioni
E’ difficile per chiunque orizzontarsi nell’uragano di parole che ci precipita addosso da ogni media. Tv, radio, giornali sparano – siamo in guerra, d’altronde – termini che sembrano di uso comune, comprensibili a tutti, che acquistano un significato anche se ne hanno altri. Ma che in genere vanno a comporre un puzzle dotato di un senso indicibile: andiamo alla guerra!
Per questo cerchiamo di fornire ai nostri lettori un “servizio minimo” ma indispensabile: chiarire la realtà che una parola o una frase nasconde o stravolge.
E’ una funzione che cerchiamo di assolvere con ogni articolo pubblicato, ma che richiede ormai una sorta di “vocabolario essenziale” cui rimandare, perché mentre si scrive di un fatto diventa difficile fare anche la “cura del linguaggio” di guerra.
Ci perdonerete dunque la struttura da dizionario poco enciclopedico, ma ci sembra meglio andare con ordine, per tirar fuori i concetti solidi avvolti da un ammasso di polvere propagandistica. Ovvio che questo “dizionario” andrà aggiornato di frequente. Ma siamo qui anche per questo…
Zeno Casella:Romano Prodi, Segolène Royal, Henri Kissinger: Ecco perché hanno ragione
Romano Prodi, Segolène Royal, Henri Kissinger: Ecco perché hanno ragione
I “Putin-Versteher” che hanno spiegato le ragioni del conflitto in Ucraina
di Zeno Casella
Agenti di Putin, giustificazionisti, fiancheggiatori, complici del nemico, “Putin-Versteher”. Gli appellativi attribuiti dalla stampa e dagli “intellettuali” occidentali a chi esce dal coro del mainstream atlantista in merito al conflitto in Ucraina sono numerosi e vengono distribuiti ad ampie mani in questi giorni. Ma chi sono, cosa dicono quelli che vengono additati come “agenti del nemico”? Sono davvero persone al soldo di una potenza straniera (come si sarebbe detto negli anni ’50) o trattasi più semplicemente di osservatori indipendenti che propongono una diversa lettura degli eventi? Dopo aver analizzato la posizione di diversi partiti comunisti in merito alla vicenda ucraina (leggi qui), proponiamo qui un’indagine sui pareri non allineati alla propaganda guerrafondaia fomentata da Washington e Bruxelles, la cui appartenenza politica e ideologica è però spesso incontestabilmente – e forse per alcuni sorprendentemente – di matrice europeista e (social)liberale.
La stampa occidentale fomenta la “caccia alle streghe” filo-russe
Sulle nostre colonne abbiamo già parlato della campagna filo-atlantica avviata dal quotidiano LaRegione (leggi qui), il cui vice-direttore Lorenzo Erroi ha ad esempio accusato il Partito Comunista di “schierarsi con il nemico” per aver ricordato (pur pronunciandosi per il cessate il fuoco e l’apertura di negoziati di pace) le responsabilità della NATO nell’escalation in Est Europa. In modo simile, anche il noto giornalista della Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI) Roberto Antonini ha condiviso le parole dello storico italiano Marcello Flores, secondo cui “i giustificazionisti (che) battono sul fatto che la Nato, l’Occidente o Biden individualmente, avrebbero le loro colpe (…) si comporta(no) come agent(i) di Putin all’interno dell’opinione pubblica europea”.
Pablo Iglesias: Stiamo parlando di entrare in guerra con una potenza nucleare
Stiamo parlando di entrare in guerra con una potenza nucleare
di Pablo Iglesias
Intervento di Pablo Iglesias tratto da un’intervista alla trasmissione “Planta baixa” della televisione catalana TV3
Io in questo voglio essere molto chiaro. Capisco qual è l’umore sociale. È chiaro a tutto il mondo che c’è un’invasione ingiustificabile della Russia in Ucraina, e quando si pone la domanda “hanno diritto gli ucraini a difendersi?”. La risposta naturale di chiunque abbia le migliori intenzioni è: “ovvio che hanno diritto a difendersi”. Ma quando si hanno responsabilità di governo, a volte bisogna essere abbastanza seri da dire alla gente la verità.
Io ho amici militari, alcuni dei quali hanno esperienze di guerra. Gli ho chiesto se effettivamente questo materiale militare può bastare perché l’esercito ucraino o le milizie civili ucraine sconfiggano l’esercito russo. Mi hanno detto: assolutamente no, è impossibile. È impossibile, visti i rapporti di forza che ci sono tra esercito russo ed esercito ucraino, più milizie civili. E gli ho chiesto: “qual è l’unica maniera di sconfiggere l’esercito russo?”. Sono stati altrettanto chiari: una missione militare internazionale guidata dagli USA con altri paesi NATO.
Walter Ferri: Ucraina, prove di trattativa: Putin ufficializza le richieste per la pace
Ucraina, prove di trattativa: Putin ufficializza le richieste per la pace
di Walter Ferri
Ieri, 7 marzo, la Bielorussia ha ospitato il terzo round di colloqui Russia-Ucraina, ottenendo risultati scadenti. Le parti, molto lontane dal trovare un punto d’incontro, si sono dovute accontentare dello stabilire una quadra sull’istituzione di corridoi umanitari che consentiranno ai civili di abbandonare il Paese, un risultato che è messo a dura prova da un panorama bellico confuso, fatto di schermaglie che violano gli accordi e di mine antiuomo che nessuno degli eserciti osa rivendicare come proprie.
D’altronde risulta difficile per Kiev accettare le richieste del Cremlino, richieste che sono state pubblicamente formalizzate prima del confronto diplomatico. La Russia pretende che l’Ucraina si impegni a modificare la propria costituzione così da garantirsi neutrale – ovvero che si impegni formalmente a non avvicinarsi ad alcun blocco -, che riconosca la Crimea come russa e che conceda l’indipendenza alle aree separatiste del Donetsk e del Lugansk. Mosca disconosce o rinuncia quindi all’obiettivo che gli è stato attribuito sin dall’inizio dell’invasione: quello di voler sostituire l’Amministrazione ucraina con un’istituzione palesemente filo-russa.
Gerardo Lisco: Etica sociale: protesta No Vax e Liberalismo
Etica sociale: protesta No Vax e Liberalismo
di Gerardo Lisco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Parte I – Breve storia del movimento antivaccinista
Con l’entrata in campo di filosofi come Agamben e Cacciari e di giuristi impegnati sul tema dei Beni Comuni come Ugo Mattei, il movimento No Vax ha avuto una sorta di legittimazione sul piano culturale per così dire di stampo progressista;senza l’intervento dei tre sopra menzionati tale movimento sarebbe passato come appannaggio della sola destra. Il dato storico è che il movimento anti vaccinista non segue la contrapposizione Ancien Regime contro Modernizzatori, come non segue la contrapposizione destra contro sinistra o conservatori contro progressisti. Il dato comune è l’esaltazione della Libertà individuale contro l’invadenza dello Stato che, soprattutto rispetto alle istanze no – vax contemporanee, la fa da padrone. Pertanto il movimento anti vaccinista è da analizzare rispetto al contesto storico nel quale opera. Ed è per questa ragione che il mio intervento prende le mosse proprio dalla storia del movimento anti vaccinista per poi dimostrare come esso, ai giorni nostri sia espressione della cultura politica liberal – capitalista che, recupera il Liberalismo delle origini, ossa la libertà individuale come fondata sul diritto di proprietà di sé stessi. Essendo il Liberalismo e l’esaltazione individualista il fondamento ideologico del movimento no – vax la mia tesi è dimostrare come tale movimento sia funzionale proprio al sistema capitalista egemone dal quale esso trae origine.
Ilan Pappé: Le quattro lezioni dell’Ucraina: i doppi standard occidentali
Le quattro lezioni dell’Ucraina: i doppi standard occidentali
di Ilan Pappé
Crisi ucraina. La visione di media e classi dirigenti in Occidente è segnata da etnocentrismo e razzismo: dai rifugiati «simili a noi» alle «legittime» invasioni Usa in Medio Oriente fino alla tollerabilità dei gruppi neonazisti. E infine alle politiche di oppressione di Israele nei confronti dei palestinesi
Secondo Usa Today, la foto diventata virale di un grattacielo ucraino colpito dai bombardamenti russi ritraeva, in realtà, un grattacielo nella Striscia di Gaza, demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021.
Qualche giorno prima, il ministro degli Esteri ucraino si era lamentato con l’ambasciatore israeliano a Kiev: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani (Haaretz, 17 febbraio 2022).
Faceva riferimento all’evacuazione forzata dalla Striscia di Gaza delle donne ucraine sposate con uomini palestinesi, nel maggio 2021, ma intendeva anche ricordare a Israele il pieno sostegno dimostrato dal presidente ucraino in occasione dell’aggressione israeliana ai danni della Striscia, sostegno su cui tornerò in seguito.
Fausto Sorini: Perché la crisi ucraina e come uscirne. Editoriale
Perché la crisi ucraina e come uscirne. Editoriale
di Fausto Sorini
All’indomani dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia un giornalista chiese a Louis Althusser che cosa pensasse della posizione di condanna del Pcf (di cui il grande filosofo era membro). Egli rispose (cito a memoria): “ Il problema non è condannare o approvare, ma spiegare perchè è avvenuto. E questo il Pcf non lo fa”.
Questo è il metodo con cui Marx21 cerca di porsi anche nei confronti della crisi ucraina. Senza farsi intimidire da una campagna politica e mediatica in corso per cui ogni tentativo di spiegare – senza allinearsi all’isteria anti-russa – viene bollato come “putiniano” e messo al bando.
Per questo ci interessano le valutazioni, di segno anche diverso, che cercano di spiegare le scelte anche più dirompenti della Russia di Putin; soprattutto quando vengono da chi pure non ha mai respinto, diversamente da noi che siamo comunisti, una sua collocazione euro-atlantica. Ma che avverte che, nel frangente attuale, sono in gioco i destini del genere umano, della sicurezza e convivenza pacifica tra le nazioni, ivi compresi quelli del popolo ucraino.
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Nel 2014 un colpo di Stato in Ucraina destituì con violenza il presidente Yanukovic, designato da elezioni regolari internazionalmente riconosciute e poi costretto a fuggire all’estero per non essere ucciso. Il golpe fu organizzato da formazioni neo-naziste sostenute sul campo dall’Ambasciata americana di Kiev e sostenuto, in piazza Maidan, da rappresentanti dell’amministrazione Usa e dell’Ue.
Riccardo Mazzetti: La persona e lo stato: per una critica del green pass
La persona e lo stato: per una critica del green pass
di Riccardo Mazzetti
Simone Weil a venticinque anni, nel 1934, di fronte all’evoluzione in senso totalitario della Rivoluzione D’Ottobre, alla maturità del fascismo italiano e agli albori del nazismo tedesco, sviluppò alcune “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”. In questo libretto, scritto “in uno di quei periodi in cui svanisce quanto normalmente sembra costituire una ragione di vita”[1], perché “il trionfo dei movimenti autoritari e nazionalisti distrugge un po’ dovunque la speranza che uomini onesti avevano riposto nella democrazia e nel pacifismo”[2], il lavoro assume il carattere di privilegio, e la scienza, invece di diffondere lo spirito critico tra le masse, “le abitua alla credulità”[3] – insomma scritto in un contesto significativamente parallelo all’oggi – analizza le dinamiche per cui, dall’oppressione della natura sull’esistenza del singolo nelle società primitive, si passi necessariamente all’oppressione dell’uomo sull’uomo nelle società più avanzate. Quando la complessità del processo produttivo è elevata diventa necessaria l’organizzazione sociale, cioè il potere di alcuni sugli altri. Quando poi la conoscenza mette a disposizione saperi, armi e macchine, chi li controlla acquisisce un privilegio sugli altri, così come chi controlla la moneta, nel momento in cui si rende necessario lo scambio di prodotti. Questo privilegio è maggiore a seconda del “grado di concentrazione del potere”[4] e diventa oppressione nella misura in cui chi lo detiene, essendo in costante pericolo di perderlo, è automaticamente spinto a cercare di aumentarlo. Per questo, tecnicamente, “non c’è mai potere, ma solo corsa al potere”[5] e “l’uomo sfugge in un certo qual modo ai capricci di una natura cieca solo per abbandonarsi ai capricci non meno ciechi della lotta per il potere”[6].
Marino Badiale: La trappola dell’Antropocene
La trappola dell’Antropocene
di Marino Badiale
Appare ormai abbastanza diffuso il riconoscimento del fatto che l’azione umana sul sistema terrestre sia arrivata al punto da mettere in pericolo i principali cicli fisici, chimici e biologici del sistema stesso. La relativa stabilità di tali cicli è stata fino ad oggi il fondamento naturale delle civiltà umane, e metterne in pericolo l’autoriproduzione significa dunque ipotecare il futuro dell’attuale civiltà e spingersi pericolosamente nella direzione di un gravissimo collasso sociale. Nello sforzo di precisare e quantificare questo tipo di problemi, alcuni studiosi hanno elaborato la nozione di “limiti planetari”, limiti che l’umanità non deve superare per evitare un’alterazione profonda dei cicli del sistema [1]. Il più noto di tali problemi riguarda l’alterazione umana del ciclo del carbonio: l’uso di combustibili fossili ha portato, negli ultimi due secoli, all’accumulazione nell’atmosfera di gas a effetto serra, in particolare anidride carbonica, e questo sta iniziando ad alterare il clima del pianeta. Ma anche gli altri limiti individuati dagli studiosi in questione si legano a dinamiche cicliche del sistema terrestre che sono essenziali per la riproduzione della civiltà umana come la conosciamo.
Il fatto che l’azione umana sia arrivata a disturbare aspetti fondamentali della dinamica del sistema-Terra ha portato all’elaborazione della nozione di “Antropocene”, con la quale si vuole indicare l’ingresso in una nuova era geologica, quella, appunto, nella quale l’essere umano è divenuto un vettore di cambiamento geofisico paragonabile alle forze naturali che hanno segnato l’evoluzione del sistema-Terra nei miliardi di anni della sua storia.
Roberto Pecchioli: Togli mascherina, metti bandierina
Togli mascherina, metti bandierina
di Roberto Pecchioli
Gira nelle chat alternative una vignetta in cui una manona fuoriesce dal televisore e aziona una chiave per caricare orologi a molla, posizionata sulla schiena di un telespettatore dagli occhi sbarrati. La didascalia è: togli mascherina metti bandierina. Libri interi non avrebbero potuto essere più pregnanti di quella semplice immagine per descrivere la condizione di dipendenza da cui siamo avvolti.
Non intendiamo qui prendere posizione nel merito. Ciascuno, in libertà, abbia le sue opinioni sulla pandemia- un po’ dimenticata da quando la comunicazione si è concentrata sul conflitto in Ucraina- e sulla guerra. Quel che preme sottolineare è il clima sempre più pesante, l’indottrinamento, la manipolazione continua che cala come una mannaia e interrompe il circuito della razionalità e della libertà di giudizio. Uno dei padri della Chiesa, sant’Ireneo di Lione, nel II secolo dopo Cristo scrisse: l’uomo è una creatura razionale e per questo somigliante a Dio; fu creato libero e padrone dei suoi atti. Oltre il significato trascendente, colpisce la vigorosa difesa del libero arbitrio, così attuale all’alba del totalitarismo del secolo XXI.
Leonardo Mazzei: La posta in gioco
La posta in gioco
di Leonardo Mazzei
La propaganda è assordante, la ragione è oscurata. Inutile soffermarsi sui mille esempi che ce lo dimostrano. Basta accendere la tv, sfogliare qualsivoglia giornale, per averne la riprova in ogni minuto di queste tetre giornate di guerra.
Inutile, seppur doveroso, anche il mostrare l’ipocrisia ed il doppiopesismo della politica e dei media occidentali. In Ucraina muoiono civili e bambini, nelle guerre americane che hanno insanguinato il primo ventennio del secolo invece no. Ma su questo rimandiamo al bell’articolo scritto in proposito da Franco Cardini.
C’è tuttavia un’infamia che le supera tutte, l’attribuzione delle ragioni del conflitto alla presunta malvagità – peggio, alla “pazzia” – di un uomo. Questo modo di presentare le cose ha tanti scopi: criminalizzare l’avversario, rendere nei fatti impossibile qualunque trattativa, preparare il mondo ad un’escalation per mettere in ginocchio la Russia.
Già, l’escalation… A leggere i giornaloni essa sembrerebbe il frutto della supposta avventatezza di Putin. Ma è così? Un gongolante Edward Luttwak, il dottor Stranamore più noto delle nostre tv, ha affermato entusiasticamente il contrario: «C’è un’escalation, ma l’escalation è dal lato occidentale». Difficile non essere d’accordo.
E’ chiaro che siamo entrati in una partita mortale, uno scontro che non ammette vie di fuga, alla fine del quale ci sarà un vincitore ed un vinto, ma ci sarà soprattutto un quadro internazionale profondamente diverso da quello precedente alla crisi ucraina.
Sergio Cararo: Zittito anche il prof. Orsini. La censura di guerra c’è anche qui
Zittito anche il prof. Orsini. La censura di guerra c’è anche qui
di Sergio Cararo
Ci sono cose che si incaricano di demolire il monopolio liberale della stigmatizzazione. Si apprende che anche il prof. Orsini dell’università privata Luiss (quella della Confindustria) non potrà più partecipare a dibattiti televisivi sulla guerra in Ucraina.
Il prof. Orsini coordina l’osservatorio sicurezzainternazionaleluiss.it che da alcuni anni pubblica materiali e analisi di qualità che difficilmente possono essere etichettate come filorusse.
In un dibattito televisivo, in coerenza con quanto analizza nel suo lavoro, aveva osato dare una chiave lettura controcorrente sulla guerra in Ucraina.
Apriti cielo! La Luiss ha invitato il professore a non partecipare più a dibattiti televisivi perché le sue analisi “rischiano di danneggiare valore, patrimonio di conoscenza e reputazione dell’Università per cui lavora”.
Il nostro giudizio sulla Luiss non è mai stato certo lusinghiero. E’ una università privata, fondata dalla Confindustria; qualche conoscente che ci si è laureato ha manifestato anche le “sue riserve” sulla qualità dell’insegnamento che vi si produce, nonostante le rette stellari da pagare per accedervi.
Carlo Formenti: Crisi, pandemia, guerra. Verso la mobilitazione totale
Crisi, pandemia, guerra. Verso la mobilitazione totale
di Carlo Formenti
Questo testo è la prima stesura di un paragrafo della Prima Parte di un corposo lavoro (due volumi) a cui sto lavorando (la Prima Parte sulla crisi del neoliberalismo, la Seconda sui socialismi reali di ieri e di oggi, la Terza sulle prospettive del marxismo rivoluzionario in Occidente). La Prima Parte è stata appena completata (sempre in prima stesura) mentre la Seconda e la Terza richiederanno mesi di lavoro, per cui l’uscita del libro è prevista per i primi mesi del 2023. Pubblicare una parte (sia pure limitata) di un libro ancora in gestazione e con tanto anticipo sulla pubblicazione può apparire una scelta bizzarra, ma mi ha indotto a farlo il precipitare di eventi che ci avvicinano pericolosamente allo scoppio di una Terza guerra mondiale. Questo testo è stato scritto in pochi giorni come una sorta di interludio/appendice alla Prima Parte, con lo scopo di mettere alcune riflessioni teoriche a confronto con l’attualità storica. Si presta dunque ad argomentare il mio punto di vista sulla situazione geopolitica molto meglio dei brevi interventi con cui cerco di contrastare le narrazioni del pensiero unico neoliberale sul mio profilo Facebook. Il lettore troverà una serie di rinvii interni ad altre parti del libro, alcune già scritte altre da scrivere, che non ho ritenuto di eliminare, anche perché non credo possano disturbare la fruizione del testo. Diversamente dal solito, non ho corredato il post con immagini: la valanga di immagini smaccatamente propagandistiche cui siamo sottoposti in questi giorni mi dà la nausea, per cui ho evitato di alimentare questo disgustoso tsunami.
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Il 2007 passerà alla storia come il punto di svolta che ha sancito la fine della guerra di classe fondata sulla globalizzazione e la sua prosecuzione sotto forma di mobilitazione totale.
Giorgio Riolo: Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare
Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare
di Giorgio Riolo
La guerra è un tragico catalizzatore. È la più grande politica di destra. Spegne il pensiero, la ragione, lo spirito critico. Alimenta istinti primordiali di sopraffazione, il tribalismo, lo sciovinismo. Arruola, inquadra, schiera, arma. “Noi” contro “loro”.
Dall’altra parte, induce donne e uomini di buona volontà a combattere con le armi spirituali della scelta etica, della cultura e della politica i soliti malvagi poteri che traggono profitto dalla guerra. Contro chi vuole sempre dominare, egemonizzare, contro i mercanti d’armi, il sempre attivo e feroce complesso militare-industriale.
Donne e uomini, la migliore umanità. La pace è sempre “pane, pace, lavoro”. È sempre a difesa dei deboli, di chi subisce morti, patimenti, distruzioni, stupri.
I.
È in corso l’immane ipocrisia e la ributtante retorica dei sempiterni “valori occidentali”, della libertà e della democrazia, delle guerre umanitarie, della missione civilizzatrice dell’Europa, degli Usa e della Nato contro i barbari di sempre. Nell’Est e nel Sud del mondo. Prima contro i “comunisti” e poi semplicemente contro i “russi”.
Roberto Buffagni: Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina
Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina
di Roberto Buffagni
1. Consultando varie analisi e seguendo le fonti d’agenzia che mi sono parse più equilibrate, mi sono fatto un’idea abbastanza verisimile, per quanto congetturale, della situazione sul campo. Lo schema operativo russo è un esempio da manuale di guerra di manovra, molto somigliante alla campagna sovietica in Manciuria contro il Giappone (1945). L’iniziativa è saldamente in mano dei russi. Il controllo russo dei cieli è quasi completo. Le operazioni principali hanno lo scopo di bloccare le forze ucraine nelle città, aggirarle, e circondarle in una vasta manovra aggirante a tenaglia, che richiederà ancora diverse settimane per concludersi (ovviamente, salvo imprevisti).
2. L’analisi più informata, equilibrata e persuasiva che ho letto si deve a un analista militare statunitense, Bill Roggio, Senior Fellow di FDD (Foundation for the Defense of Democracies) e direttore del “Long War Journal”. Apparsa il 2 marzo sul sito di FDD, è stata ripubblicata dal “Daily Mail” britannico.[1]
3. Non è vero che i russi siano in difficoltà, che dessero per scontata una conclusione rapidissima delle operazioni, che l’attacco sia pianificato male.
Pierluigi Fagan: La politica è la guerra condotta con altri mezzi
La politica è la guerra condotta con altri mezzi
di Pierluigi Fagan
Il generale Fabio Mini, ex capo di stato maggiore del comando NATO per il sud Europa ed autore di vari libri, tra cui uno dal titolo “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?”, ieri commentava i fatti in un programma televisivo.
Chiamato inizialmente ad esprimere un parere a commento complessivo ha detto, con molta cautela come chi sa che le parole vanno pesate con molta attenzione di questi tempi, che quella dei russi è una “guerra al risparmio”. Ha anche detto che ha conosciuto e parlato con generali russi per più di dieci anni, conosce abbastanza bene quello di cui parla. Mini ha ricordato quello tutti gli esperti sanno ovvero che i russi hanno 900.000 affettivi. Secondo lui quel sesto di effettivi usati dai russi in Ucraina sono molto giovani ed inesperti, con mezzo vecchi sebbene ai russi non manchino mezzi molto più efficienti. Ha anche osservato la quasi totale assenza di utilizzo dell’aviazione. Ha tecnicamente definito la strategia sul campo “una guerra limitata per scopi limitati”. Ma da noi viene raccontata un’altra storia, i russi che non conoscono nulla degli ucraini, hanno sottovalutato l’eroica resistenza ed è per questo che dobbiamo continuare a mandargli armi.
Ha anche osservato che l’idea di ridurre la guerra a Putin è sbagliato, non si sa se è Putin che comanda lo Stato Maggiore russo o il contrario o una via di mezzo. E che forse il blocco russo che ha pensato necessaria questa azione, va ben oltre Putin e le Forze Armate. Non ne ha fatto una questione di sondaggi d’opinione su quanti russi l’approvano, evidenziava logiche nel blocco di potere russo e mentalità strategica in senso ampio.
Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale /4: Si vis pacem, para bellum
Il nuovo disordine mondiale /4: Si vis pacem, para bellum
di Sandro Moiso
Accade sempre così: prima si spediscono armi e «istruttori», poi si scopre che non basta e ti sei già avvolto in quella guerra, ne sei una parte e l’unico modo per tentare di slegarti è avvolgerti sempre più sperando di ritrovare il capo della corda. Come sul tavolo prima vengono gettati i fanti, poi si passa alle regine, ai re, agli assi. ( Domenico Quirico, Con le armi consegnate a Kiev siamo già in guerra con Mosca, «La Stampa», 3 marzo 2022)
Scrivere di guerra durante un conflitto in atto, soprattutto nel corso di uno dalle dimensioni e dalle possibili disastrose conseguenze come quello attuale, implica una grave responsabilità, non solo di ordine politico ma ancor più di carattere morale e civile.
Oggi, sotto il bombardamento continuo di una quantità enorme di missili, disinformazione, proiettili, propaganda, immagini di dolore, fake news e autentica merda ideologica, da qualsiasi parte in conflitto provengano, lo implica ancor di più poiché già il solo scriverne con il distacco necessario per non cadere nelle trappole della propaganda embedded rischia di segnare una cesura incolmabile tra la realtà del dolore e della sofferenza sul campo (sia civile che militare) e l’ancor relativa situazione di pace illusoria e privilegio di chi scrive a distanza.
Detto questo, però, occorre lo stesso contrapporsi al conflitto e al suo allargamento, mantenendo uno sguardo di vista che non sia né da tifoseria calcistica, né tanto meno caratterizzato dall’indifferenza travestita da radicalismo, ma che proprio per questi motivi non può fare uso di un linguaggio del tutto asettico.
Nell’Introduzione alle Leggi di Platone, il cretese Clinia individuava nell’azione di chi aveva preparato la popolazione cretese a combattere su un terreno impervio la condanna della «stoltezza della maggior parte di coloro i quali non capiscono che ogni stato si trova sempre in una guerra incessante contro un altro stato finché vive.
Alessandro Visalli: Guerra Ucraina: note sul punto di vista dell’altra metà del mondo
Guerra Ucraina: note sul punto di vista dell’altra metà del mondo
di Alessandro Visalli
Con 141 voti favorevoli, 5 contrari e 35 astenuti è passata all’Onu una risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina. Hanno votato contro la Russia, la Bielorussia, la Corea del Nord, l’Eritrea e la Siria, voleva votare anche il Venezuela, ma gli è stato impedito con un cavillo. Gli astenuti, posizione molto difficile in questo contesto, sono la Cina, l’India, l’Iran, l’Iraq, il Pakistan, l’Algeria, l’Angola, l’Armenia, il Bangladesh, la Bolivia, il Burundi, la Repubblica Centro Africana, il Congo, El Salvador, il Kazakistan, il Kyrgystan, il Madagascar, il Mali, la Mongolia, il Mozambico, la Namibia, il Nicaragua, il Senegal, il Sud Africa, il Sud Sudan, il Tajikistan, l’Uganda, la Tanzania, il Vietnam, lo Zinbabwe. Quindi molti paesi asiatici, africani e sudamericani.
La risoluzione chiedeva la fine della guerra ed il ritiro delle forze di invasione.
Si sono espressi con un’astensione paesi che complessivamente comprendono oltre quattro miliardi di persone. Proviamo a vedere quali ragioni avevano.
Sulla stampa cinese. Maria Siow su South Csulina Morning Post[1] si chiede se il rifiuto della Cina e dell’India di condannare la Russia danneggerà la loro reputazione nell’Asean (che ha votato a favore della risoluzione dell’Onu con l’astensione, oltre che di Cina e India, solo di Vietnam e Laos). La posizione cinese è quindi descritta come ambivalente, dal ministero degli esteri che accusa gli Usa di aver provocato la guerra allo stesso Ministro che, tuttavia, si dichiara addolorato per il conflitto e le perdite civili.
Il China Daily[2] descrive, come tutte le altre testate, l’apertura della 13° sessione del NPC nella quale Xi ha proposto l’ampliamento del budget militare del 7,1% (la Cina spende ca 250 miliardi di dollari, gli Usa 780 e la Russia 61 miliardi, l’India 72, la Ue 378 miliardi).
Cina: Wang Yi elabora posizione sull’Ucraina
Cina: Wang Yi elabora posizione sull’Ucraina
Le parole del ministro degli Esteri e consigliere di Stato
Tutto è sotto il medesimo cielo. La linea di condotta.
Tanto più in questo momento tragico, avere una visione globale dei problemi e muovere da un approccio cooperativo e non a somma zero – consapevoli del fatto che viviamo tutti sotto il medesimo cielo – ci aiuta a orientarci e a trovare la via corretta, oltre che a sfuggire alla propaganda di guerra di entrambi i fronti.
Vedo che molti si arrovellano e contorcono e azzuffano senza trovare via d’uscita.
Non stupisce che persino in questa circostanza la sinistra italiana ed europea e gli stessi comunisti non siano stati in grado di elaborare una posizione minimamente autonoma e stiano per lo più alla coda delle parole d’ordine altrui, impegnandosi in ciò che ormai è l’unica cosa che riesce loro: la parodia del tifo calcistico trasposta in politica, che porta molti a identificarsi con le jene liberali e liberalesse di La7 e a praticare la reductio ad Hitlerum e porta altrettanti a mescolarsi alla peggiore feccia di destra appena uscita dalle fogne.
Andrea Muni: Quando Foucault parlò con un operaio
Quando Foucault parlò con un operaio
L'(in)attuale rispetto di una “star” filosofica per il sapere dei lavoratori
di Andrea Muni
“L’intellettuale serve a mettere insieme le idee, ma il suo sapere è parziale rispetto al sapere dei lavoratori”. Con questo titolo esce su Libération del 26 maggio 1973 una conversazione tra José, operaio della Renault vicino alla Gauche Proletarienne – Sinistra Proletaria (gruppo di estrema sinistra maoista/spontaneista) e il già celeberrimo filosofo Michel Foucault. La splendida e “canonica” traduzione italiana di questo scambio si trova in M. Foucault, “Il discorso, la storia, la verità (Interventi 1969-1984)”, a cura di Mauro Bertani, Einaudi 2001. [Qui la traduzione degli estratti è mia]
A cosa serve andare a ripescare una conversazione in tutti i sensi inattuale come questa? Una conversazione tra quella che, nel 1973, è già una “star” filosofica come Foucault e un operaio della Renault? Serve in primo luogo per apprezzare la dimensione di ascolto, di non-paternalismo e non-pedagogismo che Foucault assume nei confronti di José. In secondo luogo, serve come spunto storico per riflettere sul livello di simpatia e complicità che i grandi intellettuali “militanti” degli anni ’60 e ’70 nutrivano pubblicamente, senza problemi, nei confronti di quelle frange della militanza politica che non disdegnavano di portare la lotta nelle strade, nelle università e nelle fabbriche. A Lens, dopo la morte di un gruppo di minatori per una fuga di gas, nel 1970 i militanti maoisti della GP attaccano fisicamente l’amministrazione della fabbrica. Mentre il processo della giustizia ordinaria procede contro i mao’s, questi convincono niente meno che l’anziano Jean Paul Sartre (e altri importanti intellettuali dell’epoca) a difenderli dall’aggressione della Giustizia e dello Stato borghesi. E’ così che Sartre, per evitare che venga chiuso, assume la direzione del giornale della GP (La cause du peuple), e accetta anche di presiedere le sedute di un tribunale popolare incaricato di giudicare, inversamente, i crimini dei nemici della classe operaia.
S. Bellucci: La Transizione digitale come biforcazione storica
La Transizione digitale come biforcazione storica
di S. Bellucci
La fase storica che stiamo vivendo non è inquadrabile nel concetto di crisi ma in quello di transizione. La rivoluzione tecnologica è anche una rivoluzione sociale e politica e sta producendo i suoi esiti in conflitto con i vecchi assetti del mondo industriale e finanziario. Il lavoro salariato perde la sua centralità pur mantenendo la sua forma di sfruttamento ma ad esso si affiancano nuove forme di estrazione del valore basate sulla logica della gestione dei dati. La lotta si configura tra i modelli centralizzati e quelli decentralizzati e l’abilitazione di produzione diretta di valore d’uso.
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Il fattore chiave per comprendere le trasformazioni in atto e scegliere le opportune linee di azione, attiene alla valutazione della fase. La maggioranza delle analisi parte da una “tradizionale” percezione degli accadimenti e li inquadra all’interno della categoria della “crisi”. All’interno di questo approccio, inoltre, si sviluppa la convinzione di un recupero o della vecchia forma di stabilità (sia economica, sia di modello sociale e statuale) o del possibile “ritorno” a forme di contestazione, conflitto, lotta che consentirono, soprattutto nel secolo lungo del capitalismo industrial-finanziario di acquisire conquiste sociali, diritti, forme di rappresentanza in grado di produrre processi di identificazione e di delega. Questo anche nelle formazioni politiche e sociali che, pur auspicando un cambiamento “generale”, continuano a pensare che esso possa essere prodotto a partire dal “recupero” della “forza” (politica e sociale) che in passato avevano avuto le organizzazioni del mondo del lavoro.
Una sorta di ossimoro storico: per cambiare occorrerebbe ripristinare!
Maurizio Lazzarato: La guerra in Ucraina, l’Occidente e noi
La guerra in Ucraina, l’Occidente e noi
di Maurizio Lazzarato
In questo articolo Maurizio Lazzarato propone una riflessione sulle cause che hanno provocato l’attuale Guerra in Ucraina, partendo da un’analisi delle più importanti rivoluzioni del XX secolo, durante le quali si sono riconfigurati i rapporti di forza tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del Mondo. Secondo Lazzarato proprio la mancata analisi di quelle rivoluzioni ha fatto si che, dopo il crollo del Muro di Berlino, non siano stati sufficientemente compresi i nuovi assetti strategici e, di conseguenza, che non si sia intravisto il pericolo di nuove inevitabili guerre, come quella scoppiata proprio in Ucraina.
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“La catastrofe è la condizione di vita e il modo normale di esistenza del capitale nella sua fase finale”.
Rosa Luxemburg (1913)
Le parole d‘ordine «No alla guerra», «Pace», «né con Putin, né con Biden» sembrano deboli e impotenti se non trovano la loro forza in un «contro Putin e contro Biden». L’opposizione alla guerra deve fondarsi su una feroce lotta contro le diverse forme di capitalismo e sovranità in lizza tra loro, tutte capaci di dominio, sfruttamento e guerra.
L’appello dei partiti socialisti alla conferenza internazionale di Zimmerwald del 1915 ci ricorda una verità molto semplice, sebbene attivamente dimenticata. La guerra «nasce dalla volontà delle classi capitaliste di ogni nazione di vivere dello sfruttamento del lavoro umano e delle ricchezze naturali dell’Universo» – per cui il nemico principale è, o è anche, nel nostro stesso paese.
Siamo sorpresi, siamo disorientati, come se questa guerra fosse una novità arrivata come un fulmine nel cielo sereno della pace. Eppure, da quando il Dipartimento di Stato nel 1989 ha annunciato la fine della storia, la pace e la prosperità sotto la benevolenza dello Zio Sam, il Pentagono e l’esercito degli Stati Uniti si sono impegnati in una serie impressionante di «missioni umanitarie per la fratellanza tra i popoli»:
Parla l’imprenditore russo: “Vi dico la verità sulle sanzioni”
Parla l’imprenditore russo: “Vi dico la verità sulle sanzioni”: Rettifica
Il lato oscuro delle misure imposte alla Russia dalla Comunità internazionale
a cura di Beatrice Nencha
Aggiornamento ore 19.30
Abbiamo rimosso l’intervista ad un imprenditore russo pubblicata stamattina e firmata da Beatrice Nencha. Ad una successiva e più approfondita verifica, infatti, ci siamo resi conto che molte delle cifre fornite dall’imprenditore erano errate. I numeri si discostavano così tanto dalle stime realistiche che abbiamo preferito eliminare del tutto l’intervista. Ce ne scusiamo con i lettori e li ringraziamo per la comprensione.
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