Laboratori biologici in Ucraina, una verità nascosta per troppo tempo

L’arrivo dell’esercito russo in Ucraina ha portato alla luce la presenza di laboratori biologici statunitensi e di documenti alquanto scottanti. Si tratta di prove schiaccianti che confermano quello che già si sospettava da tempo, nonostante le goffe smentite di Washington.

Negli ultimi giorni è emersa la notizia secondo la quale i soldati russi in Ucraina avrebbero trovato laboratori biologici statunitensi installati sul territorio dell’ex repubblica sovietica. I russi hanno mostrato diversi documenti ritrovati che offrono prove schiaccianti circa quello che è avvenuto in Ucraina negli ultimi anni. Di fronte a tali pesantissime accuse, Washington non ha saputo far altro che rispondere che non si deve credere a Mosca, qualunque cosa dica, anche se le evidenze sono sotto il naso di tutti.

In realtà, la presenza di questi laboratori in Ucraina era già nota da tempo, ma mancavano le prove materiali. Ora che le prove sono state messe a disposizione del pubblico, negare l’evidenza diventa davvero impossibile. Secondo la ricostruzione che siamo riusciti a fare, la storia avrebbe avuto inizio addirittura nel 2005, sotto la presidenza del filo-occidentale Viktor Juščenko, quando il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e il Ministero della Sanità ucraino hanno stipulato un accordo di cooperazione, ufficialmente per prevenire la diffusione di tecnologie, agenti patogeni e conoscenze che potrebbero essere utilizzate per sviluppare armi biologiche. Tali progetti sono stati affidati all’agenzia militare statunitense DTRA (Defense Threat Reduction Agency).

Attraverso il sotterfugio di questo accordo, gli USA avrebbero messo le mani sui laboratori che l’Ucraina aveva ereditato dall’Unione Sovietica e sui preziosi documenti delle ricerche condotte dagli scienziati sovietici nei decenni passati. Resosi conto della situazione, il presidente Viktor Janukovyč, salito al potere nel 2010 in seguito a regolari elezioni, aveva chiesto a Washington di fornire al governo ucraino tutti i documenti necessari per capire quali ricerche venissero portate avanti nei laboratori del suo Paese, affermano che gli Stati Uniti avevano accesso “alle strutture biologiche in cui sono conservati campioni di virus mortali”, senza alcuna possibilità di controllo da parte delle autorità ucraine.

Nel 2013, il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (Служба безпеки України – СБУ; Služba Bezpeky Ukrayïny – SBU) aveva pubblicato un rapporto sulla questione, che denunciava le azioni degli Stati Uniti nel Paese: “Queste azioni della parte americana sono considerate dagli esperti nazionali come la formazione del proprio database di ceppi patogeni che sono immagazzinati nei siti ucraini, il loro sistema di stoccaggio, nonché il controllo e lo studio da parte di medici militari sull’efficacia dell’utilizzo di patogeni di infezioni particolarmente pericolose in regioni specifiche dell’Ucraina per creare o migliorare nuovi tipi di armi biologiche ad azione selettiva (contro una razza, un genotipo, un territorio di nascita o residenza particolare)”, si legge nel documento. In pratica, gli USA stavano utilizzando l’Ucraina per sviluppare le proprie armi biologiche.

Nel rapporto del SBU si legge anche che “le suddette iniziative della parte statunitense hanno un impatto negativo sul processo di attuazione dell’accordo e sono inaccettabili per l’Ucraina nel contesto della propria visione del concetto di costruzione di un efficace sistema di sorveglianza epidemiologica ed epizootica […]. La SBU concorda con la posizione del Ministero della politica agraria e del Servizio veterinario e fitosanitario statale dell’Ucraina sull’impossibilità di continuare il progetto di riduzione della minaccia biologica in Ucraina così com’è, poiché rappresenta una minaccia per gli interessi nazionali nel campo biologico”.

In pratica, il presidente Janukovyč era riuscito in questo a bloccare momentaneamente le sperimentazioni statunitensi in Ucraina dall’aprile del 2013. Poco meno di un anno dopo, nel febbraio del 2014, Janukovyč sarebbe stato rimosso dal potere attraverso il colpo di Stato noto come Euromaidan. L’ascesa del presidente golpista Petro Porošenko, sostenuto dall’estrema destra neonazista e dalle potenze occidentali, ed il suo completo allineamento alle politiche statunitensi, ha permesso la ripresa a pieno ritmo di questa cooperazione ineguale tra Washington e Kiev, nonostante i funzionari della SBU abbiano continuato a manifestare le proprie perplessità.

Nel 2016, infatti, la SBU ha pubblicato un nuovo rapporto, nel quale leggiamo: “La forte volontà degli Stati Uniti d’America di rilanciare il progetto dimostra la sua intenzione di stabilire il controllo su tutta la ricerca nazionale sui patogeni di malattie infettive altamente pericolose che potrebbero essere utilizzate per sviluppare o migliorare nuovi tipi di armi biologiche selettive. Non è escluso che, nell’ambito degli estesi diritti e poteri garantiti dal nuovo programma, una parte straniera stia studiando i propri sistemi di screening in Ucraina, che rappresenteranno una potenziale minaccia per la sicurezza epidemiologica ed epizootica sia nelle diverse regioni che nello Stato nel complesso”. Secondo la SBU, tale situazione “crea le condizioni affinché specialisti stranieri possano entrare nei laboratori regionali di microbiologia e familiarizzare con gli sviluppi strategici nazionali. È inoltre possibile utilizzare i dati ottenuti per accusare il nostro Paese di essere coinvolto nello sviluppo di armi biologiche sul proprio territorio”.

Nonostante i continui allarmi lanciati dai servizi segreti ucraini, la collaborazione con gli Stati Uniti in quest’ambito è proseguita durante tutta la presidenza di Porošenko ed anche dopo l’elezione dell’attore comico Volodymyr Zelens’kyj. L’Ukrainian Project (UP), come viene denominato dalla DTRA statunitense, ha certamente permesso di modernizzare i laboratori del Servizio sanitario ed epidemiologico delle forze armate ucraine, ma il prezzo da pagare è stato molto alto per la popolazione ucraina. Ad esempio, nell’ambito del progetto UP-8, denominato “Crescita eccessiva del virus della febbre emorragica della Crimea-Congo (virus CCHF) e degli hantavirus in Ucraina e potenziale necessità di diagnosi differenziali in pazienti sospettati di leptospirosi”, si prevedeva addirittura la morte di alcuni dei 4.000 soggetti sottoposti alla sperimentazione, come se fosse un effetto collaterale qualsiasi! Infatti, nei documenti ufficiali si legge: “Tutti i casi di morte di soggetti di ricerca, eventualmente o specificatamente correlati a procedure di ricerca, devono essere segnalati ai comitati di bioetica negli Stati Uniti e in Ucraina”.

Queste ricerche hanno permesso agli scienziati statunitensi di collezionare il DNA di migliaia di ucraini. Se, da un lato, potrebbero effettivamente permettere di valutare e prevenire la minaccia di diffusione di un’infezione in una determinata regione, quegli stessi dati potrebbero essere utilizzati per ben altri scopi, come quello di creare armi batteriologiche selettive o armi etnobiologiche che colpiscano solo gli slavi orientali (russi, ucraini e bielorussi), in linea con quanto segnalato dai rapporti SBU citati in precedenza. Come se non bastasse, il tutto rappresenta una palese violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi biologiche del 1972.

La cosa peggiore di tutte, e che questi progetti non sono presenti unicamente in Ucraina. Gli Stati Uniti stanno infatti portando avanti studi simili in Georgia, Armenia, Kazakistan e numerosi altri Paesi di Asia e Africa. Le prove portate alla luce dai soldati russi non fanno altro che confermare ciò che già si sospettava da tempo, ovvero che gli Stati Uniti stanno sviluppando armi biologiche di distruzione di massa contro ogni convenzione internazionale. E questa volta le armi sono vere e le prove schiaccianti, non di fantasia come quelle mai trovate in Iraq e Siria.

 

Giulio Chinappi

14/03/2022

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