La guerra alla Russia, alla quale partecipa anche l’Italia in qualità di stato cobelligerante, sta mostrando tutta la fragilità delle nostre istituzioni, insieme all’inadeguatezza della classe politica, da tempo priva di prospettiva, apatica, non di rado sciocca. A questo poi si aggiunge il conformismo di una fetta importante delle classi intellettuali. E non mi riferisco solo ai giornalisti che suonano il piffero della Nato, ma anche ai tanti che si sono rifugiati nelle discussioni pseudo intellettuali à la page.
Siamo entrati in guerra senza alcun passaggio formale, né del governo né del parlamento, ma solo per impulso esterno, martellati da una micidiale operazione mediatica. Nessuna delle due camere mi pare abbia fatto una richiesta di interrogazione parlamentare al ministro della difesa o al ministro degli esteri per capire qual è la posizione formale dell’Italia. Al di là delle diverse opinioni, quello che è intollerabile è che le decisioni siano state prese fuori dalla prassi democratica.
Chi è il responsabile del nostro ingresso in guerra? A chi devono rivolgersi gli italiani per chiedere conto delle ripercussioni, anche relativamente alla sicurezza nazionale? Forse a qualcuno non è chiaro, ma l’Italia con le sue basi americane e Nato è un bersaglio militare.
Sul versante dell’opinione pubblica la stampa ha allestito a tempo di record una nuova, ennesima polarizzazione tra chi sta con l’Ucraina e chi è invece un nemico, un putiniano. È però una falsa discussione. Non ci sono “putiniani” e quei pochi disgraziati che manifestano qualche simpatia verso la Russia non contano nulla, come del resto non conta nulla nemmeno chi sostiene senza remore la guerra.
Questa messa in scena mi pare che serva solo a nascondere l’insignificanza dell’Italia nell’attuale scenario europeo: la sua incapacità di agire e di pensare politicamente nel contraddittorio processo geopolitico in corso. Non contiamo nulla, se non come bersaglio militare, come paese cuscinetto esposto all’esercito russo. Agli americani piace un sacco fare la guerra, soprattutto se chi rischia è lontano migliaia di chilometri dal loro territorio.
Paolo Desogus (professore universitario)
20/03/2022
Chi è il vero comico? Zelensky o Draghi?
Non avevo aspettative verso Draghi. Il colpo di mano che ha consentito la sua ascesa politica in Italia dava una chiara segnale sul suo programma politico e sulla sua indole da autocrate. Non pensavo però che sarebbe caduto così in basso come in questi giorni. Oggi a Montecitorio non era più chiaro chi fosse il comico tra lui e Zelenski.
Dire l’“Italia vuole l’Ucraina nell’Ue” è infatti solo la battuta di un vecchio attore sul viale del tramonto. L’impatto sulla realtà di questa presa di posizione è pari a zero. Solo Parenzo e Severgnini possono crederci. Il giornalismo d’accatto nostrano si nutre infatti di simili idiozie, che del resto fanno il paio con la regressione della discussione politica allo schema amico/nemico .
Nessuno si illuda che tutto questo sia a costo zero. Non crediate che non ci saranno conseguenze. Il mondo è molto più grande di chi crede che ci sia solo l’Occidente. E il marchio di paese credulone in mano a una cricca di comici vigliacchi e nani politici resterà attaccato all’immagine dell’Italia chissà per quanto tempo.
Paolo Desogus (professore universitario)
22/03/2022