L’Ucraina dal 2015 è riuscita a non comprare più il gas di Gazprom direttamente. Con il sistema del “flusso inverso” e del “backhaul” gli Stati Ue glielo mandano indietro. Ma non durerà.
È uno dei paradossi di questa guerra: l’Ucraina anche in queste settimane continua a comprare gas russo, anche se non dalla Russia, e contribuisce così indirettamente a finanziare le spese militari dell’invasione voluta da Vladimir Putin.
Storicamente l’Ucraina è stato allo stesso tempo uno dei grandi punti di ingresso del gas russo nell’Unione Europea, tramite i gasdotti Soyuz e Fratellanza, e un importatore di gas russo. Aumentare il grado di autonomia energetica dell’Ucraina per liberarla dalla dipendenza dalla Russia è stata una delle priorità dei governi ucraini degli ultimi vent’anni. È stato un obiettivo centrato solo in parte. Negli anni Kiev ha investito su altre fonti di energia, soprattutto nucleare e carbone, sull’efficienza energetica e sullo sfruttamento dei suoi giacimenti, i secondi più grandi d’Europa dopo quelli della Norvegia, con 1.100 miliardi di metri cubi di gas secondo le stime più recenti.
Anche grazie al brusco taglio dei consumi provocato dalla crisi economica post-Lehman, tra il 2006 e il 2011 l’Ucraina è riuscita a tagliare le sue importazioni di gas russo da 57 a meno di 45 miliardi di metri cubi all’anno. Dal 2010, dopo una delle più pesanti “guerre del gas” tra Mosca e Kiev, con al centro il problema dei prezzi, il governo ucraino si è organizzato per trovare alternative. Ha costruito le prime infrastrutture di metanodotti per importare gas dagli Stati europei confinanti: prima la Slovacchia, quindi l’Ungheria, infine la Polonia.
Dal 2011 ha potuto iniziato a fare quello che tecnicamente si chiama “reverse flow”, il flusso inverso: il gas di Gazprom che tramite l’Ucraina raggiunge l’Europa può tornare indietro. Non è solo una svolta tecnica, ma geopolitica: Naftogaz non compra più quel gas da Gazprom, ma dalle compagnie europee e quindi può pagare quel gas ai prezzi del mercato europeo, svincolandosi dai costi (più alti) degli accordi con Mosca, con prezzi legati a quelli del petrolio.
Lo sviluppo di queste infrastrutture è quello che ha permesso a Kiev di abbandonare definitivamente le importazioni di gas da Gazprom. È una svolta storica che arriva il 25 novembre del 2015, circa un anno e mezzo dopo l’invasione della Crimea. In quell’occasione la compagnia ucraina Naftogaz comunica che può fare a meno del gas di Gazprom perché ha trovato abbastanza forniture alternative dall’Unione Europea. Il metano che comprerà – anche se questo non lo dice esplicitamente – è sempre quello russo.
Dal 2020 un ulteriore adeguamento delle infrastrutture tra l’Ucraina e i Paesi confinanti ha reso ancora più sofisticato il meccanismo del “flusso inverso” con il passaggio alla sua forma virtuale, chiamata backhaul, che significa “carico di ritorno”. Grazie a questo nuovo sistema Kiev non deve trasportare “davvero” il gas russo fino in Slovacchia per poi ricomprarlo. Lo preleva direttamente dalle sue condotte, sottraendo la quantità di metano che riacquista da quella che deve consegnare a destinazione. È meno banale di quanto possa sembrare: la quantità di gas che può essere “sottratta” deve essere comunque inferiore alla massima capacità della condotta che collega i due Paesi. Nell’agosto di quell’anno, l’Ucraina ha anche ricevuto il suo primo carico di gas naturale liquefatto dalla Romania, come esperimento di diversificazione delle forniture.
Secondo i dati ufficiali, nel 2020 l’Ucraina ha consumato 31,2 miliardi di gas naturale, importandone 15,8, cioè circa la metà. Le importazioni arrivano per il 64% dalla Slovacchia, per il 26% dall’Ungheria, per il 10% dalla Polonia. È quasi tutto gas russo che l’Ucraina ricompra dai Paesi europei.
Funziona così anche in questi giorni: nell’ultimo aggiornamento, del 30 marzo, l’operatore ucraino ha comunicato che il giorno precedente la rete nazionale ha trasportato 74,8 milioni di metri cubi di gas, con 9,7 milioni di metri cubi “importati”. Si sapeva da anni che questo sistema rischiava di avere vita breve. Con l’avviamento del Nord Stream 2, completato la scorsa estate e ora bloccato per sempre, la Russia non avrebbe più avuto bisogno di fare passare il suo gas dall’Ucraina e avrebbe potuto azzerare i flussi. Kiev, a quel punto, sarebbe dovuta tornare a comprarlo direttamente da Gazprom o attivare flussi reali con i vicini Paesi dell’Ue.
C’era una data precisa per questo scenario: il primo gennaio 2025. Quel giorno sarebbe scaduto infatti l’accordo firmato alla fine del 2019 tra Gazprom e Naftogaz, con la mediazione europea, per garantire il passaggio annuo di 40 miliardi di metri cubi di gas russo attraverso l’Ucraina in cambio di un incasso, per Naftogaz, di circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Un’intesa che con tutta probabilità non sarebbe stata comunque rinnovata e che ora sembra già avere i giorni contati.
Pietro Saccò
8 aprile 2022
Anche Kiev compra gas russo, ma dai vicini europei (avvenire.it)