Pakistan: proteste di massa dopo il “golpe” parlamentare (ispirato dagli USA) contro il premier Khan

Khan: «Manovra Usa per imporre un governo guidato da mascalzoni»

Ieri in Pakistan ci sono state imponenti manifestazioni di massa in diverse città, inclusa la capitale Islamabad, contro «Il governo importato» e a favore dell’ormai ex primo ministro Imran Khan, un’ex stella del cricket, che sabato è stato sfiduciato dal Parlamento.

Il 3 aprile, il vicepresidente pakistano aveva respinto la mozione di sfiducia contro Khan, definendola «Una cospirazione straniera e incostituzionale». Successivamente, il presidente aveva sciolto l’Assemblea nazionale su richiesta di Khan e indetto nuove elezioni. Ma la Corte suprema del Pakistan ha ripristinato l’Assemblea nazionale che ha immediatamente chiesto un altro voto di sfiducia. I voti contro Khan  sono stati 174 su 342 seggi dell’Assemblea Nazionale. La votazione sulla mozione di sfiducia è iniziata dopo che il presidente del Parlamento Asad Qaiser, alleato di Khan, si era dimesso.

Il PTI aveva perso la maggioranza parlamentare a marzo, dopo che 7 parlamentari della coalizione di governo erano passati all’opposizione. Ufficialmente la sfiducia contro Khan è stata presentata a causa della grave crisi economica e per la cattiva gestione della pandemia di Covid-19, ma tutti sanno che dietro c’è ben altro e che questo riguarda le relazioni internazionali di Islamabad. Oggi il parlamento pakistano dovrebbe nominare il nuovo primo ministro.

Le grandi proteste di ieri sono state indette dal partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) di Khan, che ha invitato militanti e sostenitori a scendere in piazza in tutto il Paese. Le manifestazioni si sono svolte anche in città come Peshawar, Lahore,  Okara e Multan. Taimur Khan Jhagra, il ministro delle finanze della provincia di Khyber Pakhtunwkha. Ha scritto su Twitter: «Tutta Peshawar è in strada. In solidarietà. Senza precedenti. Sono sbalordito». Manifestazioni contro il nuovo governo “golpista” sono state organizzate da emigrati pakistani anche a Londra e a Melbourne, in Australia.

Khan, che aveva lasciato la residenza ufficiale, si è trasferito nella sua casa a Bani Gala, alla periferia di Islamabad da dove ha ringraziato i suoi sostenitori: «Per il loro incredibile sostegno. Mai nella nostra storia sono emerse folle così spontanee e in tale numero, nel rifiuto del governo importato guidato da farabutti».

L’ex premier ha anche ribadito le sue accuse contro gli Stati Uniti, ha incolpato  Washington della sua cacciata e di aver partecipato attivamente a quella che ha definito «Cambio di regime, volta a portare al potere una banda di teppisti flessibili, tutti sulla loro busta paga. I pakistani, sia in patria che all’estero, l’hanno fortemente respinto». Secondo Khan, «Il Pakistan sta entrando in un nuovo periodo di lotta per la libertà, nella quale il popolo protegge la sovranità e la democrazia” da una cospirazione straniera per un  cambio di regime».

Gli Usa sarebbero stati molto scontenti sia del sempre più stretto rapporto del Pakistan con la Cina sia del ruolo svolto da Islamabad nell’Afghanistan finito in mano a talebani dopo 20 anni della disastrosa guerra di invasione Usa/NATO. Uno scontento di Washington che si sarebbe saldato a quello della destra militare e islamista che vedeva di cattivo occhio le politiche di riavvicinamento con la nemica India.  E probabilmente non è un caso che, subito dopo la defenestrazione di Khan, New Delhi abbia subito detto che il missile lanciato per sbaglio qualche giorno in territorio indiano non era stato un stato uno sbaglio ma una provocazione orchestrata dai militari pakistani.

La rimozione di Khan potrebbe essere un altro dei granelli che stanno inceppando le relazioni più che amichevoli tra India e Usa. Il governo di destra induista di Modi ha già preso le distanze dalle sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina e ora si trova a dover ingoiare questo “golpe” parlamentare contro un suo interlocutore che, a quanto pare è stato ordito dagli Usa con i suoi nemici pakistani della destra islamista. Il tutto proprio mentre New Delhi stringe il pugno di ferro contro lo Stato ribelle del Kashmir rivendicato dal Pakistan e dove operano anche guerriglieri indipendentisti.

Già il 31 marzo Khan aveva accusato «Uno stato estero» di essere responsabili della crisi politica pakistana e di volerlo estromettere dal potere con una mozione di sfiducia. Poi aveva ironicamente precisato: «Gli Stati Uniti? Oh, non gli Stati Uniti, ma uno Stato straniero che non posso nominare». Precisando che «Un Paese mi ha inviato un “messaggio” nel tentativo di interferire nella politica interna pakistana». Cosa che gli Usa hanno sempre fatto, anche appoggiando dittature militari ferocissime e usando il Pakistan come retroguardia armata della guerra dei talebani contro i sovietici che avevano invaso l’Afghanistan.

Dopo essere stato sfiduciato, Khan  ha addirittura affermato di essere in possesso di «Una registrazione ottenuta dall’ambasciatore pakistano a Washington che prova le accuse». Gli Usa hanno fermamente respinto queste accuse e negano qualsiasi coinvolgimento negli eventi interni del Pakistan, cosa abbastanza difficile da credere, visto cosa hanno combinato nel passato le amministrazioni statunitensi – democratiche e repubblicane – in Pakistan e con il Pakistan.

Una situazione davvero pericolosa in un Paese dotato di armi nucleari e dove la Cina ha forti interessi, anche in funzione anti-indiana e di passaggio della nuova Via della Seta marittima e terrestre. Interessi fortemente contrastati dagli Usa e che ci raccontano che probabilmente per Washington quello in Ucraina è un conflitto marginale ai confini della vecchia Europa, mentre il vero scontro sull’egemonia economica e geopolitica si gioca in Asia. Al fragile confine tra India, Pakistan, Cina, Iran e Afghanistan.

11/04/2022

Pakistan: proteste di massa dopo il “golpe” parlamentare contro il premier Khan – Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

Sharing - Condividi