Il mondo che conoscevamo prima del 24 febbraio 2022, oggi, non esiste più.
Raffaele Sciortino: Guerra e scongelamento della crisi globale
Guerra e scongelamento della crisi globale
di Raffaele Sciortino
Il mondo che conoscevamo prima del 24 febbraio 2022, oggi, non esiste più.
È a partire da questo dato di fatto, terrificante nella sua chiarezza, che il 2 aprile abbiamo voluto organizzare un momento di discussione, a Modena, sul mondo di domani, la guerra in Europa e il destino della globalizzazione, di cui oggi cominciamo a riportare gli interventi. Due invitati d’eccezione: Raffaele Sciortino, autore di I dieci anni che sconvolsero il mondo. Crisi globale e geopolitica dei neopopulismi (Asterios 2019) oltre che di numerosi altri contributi, e Silvano Cacciari, della redazione di «Codice Rosso» di Livorno e autore di La finanza è guerra, la moneta è un’arma (in uscita a breve per La Casa Usher). Una discussione di alto livello quindi – o tutto o niente, ormai dovreste conoscerci –, per capire quella che è la “temperatura” del sistema capitalistico globale, al netto del riscaldamento climatico e dei “condizionatori spenti”; un “provare la febbre” a una fase che, già prima della precipitazione ucraina, appariva torrida, e che la messa in mora di un nuovo conflitto armato dentro l’Europa, tra attori e potenze mondiali sull’orlo della crisi di nervi, non può che “accompagnare solo” (cit.) al punto estremo di fusione.
Non ci interessa ripetere la cronaca della guerra o dare cristalline indicazioni politiche. Ci muove, per ora, l’urgenza di possedere la complessità di tendenze, traiettorie e scenari. Sebbene questa crisi sia (fino adesso) localizzata in Ucraina, si dispiega infatti su vari livelli – militari, economici, geopolitici – che abbracciano il mondo intero, sia fisico che immateriale; che chiamano in causa l’egemonia del dollaro, l’ascesa della Cina, la decadenza occidentale – anche se ben vedere ci sono tanti Occidenti, e questa crisi mette in luce i diversi loro interessi: l’Europa, dell’Ovest e dell’Est, quella mediterranea, la Russia eurasiatica, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il resto dell’anglosfera, e via discorrendo.
Gandolfo Dominici: La guerra del Draghistan
La guerra del Draghistan
di Gandolfo Dominici[1]
Nella neolingua dell’orwelliana colonia atlantista del sultanato del Draghistan la guerra si chiama pace e per ottenerla basta spegnere i termosifoni e l’aria condizionata.
Infatti, il sultano del Draghistan è passato dal suo già mirabile “non ti vaccini, muori e fai morire” all’altrettanto laconico e tranchant “Preferite la pace o l’aria condizionata?”. Qualcosa che suona come “accendi l’aria condizionati e uccidi un bambino ucraino”.
Poco importa che anche un bambino di due anni possa notare la mancanza di nesso logico tra l’aria condizionata (quindi le implicite sanzioni finalizzate al non comprare il gas russo) e una trattativa per ottenere la pace con la Russia.
Logica vorrebbe che per ottenere quella che nella paleo-lingua italiana si definiva “pace” sarebbe opportuno creare un clima di distensione per favorire il dialogo che difficilmente si può ottenere con sanzioni o, peggio ancora, inviando armi ad una delle due fazioni in conflitto.
Ma – evidentemente – i padroni di oltre oceano non vogliono questo, e il sultano della colonia del Draghistan – insieme al coro degli altri suoi omologhi europei – obbedisce incurante delle disastrose conseguenze economiche, sociali e (sperando che mai avvenga) militari.
Sempre nella scuola di Orwell, e come nel caso della precedente emergenza (o per meglio dire “stato di eccezione”) Covid, allo Stato ed alla stampa occorre generare paura e odio per un nemico cosicché, per combatterlo, bisognerà obbedire. Così, mentre nel caso del Covid il nemico erano (e per inerzia lo sono ancora) i “no-vax”, ora il nemico è un paese “avversario” che è tale per volontà di chi comanda.
Ellen Brown: L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano
L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano
di Ellen Brown
Ellen Brown ha scritto un articolo imperdibile che spiega con rara lucidità quale sia la posta in gioco dello scontro in atto tra Russia e Stati Uniti. Se in Italia esistesse ancora un giornalismo economico (o anche solo un giornalismo), di questo si dovrebbe parlare. Nessun paese ha sfidato con successo l’egemonia globale del dollaro USA prima d’ora. L’articolo originale in inglese è nel suo blog e qui di seguito eccone la traduzione.
I critici stranieri hanno sempre stigmatizzato il “privilegio esorbitante” che ha il dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli Stati Uniti possono emetterla sostenuti nient’altro che dalla “piena fede e credito degli Stati Uniti “. I governi stranieri, avendo bisogno di dollari, non solo li accettano nel commercio, ma acquistano titoli statunitensi, finanziando efficacemente il governo statunitense e le sue guerre estere.
Ma nessun governo è stato abbastanza potente da rompere quell’accordo fino ad ora. Come è successo e cosa significherà per gli Stati Uniti e le economie globali?
L’ascesa e la caduta del petrodollaro
Innanzitutto, un po’ di storia: il dollaro USA è stato adottato come valuta di riserva globale alla conferenza di Bretton Woods nel 1944, quando il dollaro era ancora sostenuto dall’oro sui mercati globali. L’accordo prevedeva che l’oro e il dollaro sarebbero stati accettati in modo intercambiabile come riserve globali, i dollari sarebbero stati convertibili in oro su richiesta a $ 35 l’oncia. I tassi di cambio di altre valute sono stati fissati rispetto al dollaro.
Ma quell’accordo è stato rotto dopo che la politica “guns and butter” del presidente Lyndon Johnson ha esaurito le casse degli Stati Uniti finanziando sia la guerra in Vietnam che i suoi programmi sociali “Great Society” all’interno. Il presidente francese Charles de Gaulle, sospettando che gli Stati Uniti stessero finendo i soldi, cambiò gran parte dei dollari francesi in oro. Altri paesi seguirono il suo esempio o minacciarono di farlo.
coniarerivolta: La notte nera dove tutti i keynesiani sono neri
La notte nera dove tutti i keynesiani sono neri
di coniarerivolta
Da qualche settimana è scoppiata una guerra tra Ucraina e Russia, che esplicita un conflitto che va avanti dal 2014 ed è infine sfociato in un’invasione da parte dei russi. Questa guerra coinvolge indirettamente anche gli Stati Uniti, la NATO e i Paesi UE, in un quadro internazionale segnato da un livello di conflittualità crescente, caratterizzato anche dalla tensione tra Stati Uniti e Cina.
Una delle reazioni del blocco occidentale è stato aumentare le ‘sanzioni’ economiche verso la Russia, colpendo transazioni economiche e finanziare, esportazioni e importazioni, escludendo in parte la Russia dalla rete di pagamenti internazionale SWIFT. Non siamo di fronte a una novità. Molti altri Paesi nel mondo sono sottoposti a ‘sanzioni’ più o meno forti da parte degli USA: Bielorussia, Cipro, Cina, Corea del Nord, Yemen, Iran, Iraq, Afghanistan, Siria, Cuba, Venezuela, Nicaragua, Eritrea, Libia, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, etc. Praticamente un terzo del mondo è sottoposto a questo tipo di sanzioni.
Un altro effetto collaterale di questa guerra è stato l’annuncio dell’aumento delle spese militari in vari Paesi europei, in particolare Germania e Italia, che rientra negli accordi sottoscritti all’interno dell’ambito della NATO ed ha già portato negli ultimi anni a un graduale incremento delle risorse dedicate alla difesa.
Marinella Mondaini: Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale
Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale
di Marinella Mondaini
Il portavoce del Ministero della Difesa, il generale maggiore Igor Konascenko, durante il briefing serale ha dichiarato che in base alle intercettazioni radiofoniche, nei territori occupati della città di Mariupol’ ci sono, oltre ai nazisti del battaglione Azov e rimanenze dell’Esercito ucraino, anche un significativo numero di mercenari stranieri.
Le trattative con loro vengono fatte oltre che in russo e ucraino, anche in sei lingue straniere, per lo più europee. E’ evidente che a Mariupol’ sono bloccati non i difensori dei cosiddetti “valori europei”, ma i mercenari stranieri che sono venuti a uccidere gli slavi per i dollari degli americani, usando lo scudo umano dei civili pacifici.
Il regime nazista di Kiev è si è rifiutato di evacuare i mercenari da Mariupol’, ma la città verrà certamente liberata dalle milizie del Donbass insieme alle Forze armate russe”, ha detto Konascenko.
Il Ministero della Difesa russo ha confermato e fornito maggiori prove che il missile “Tocka U”, le vittime del quale sono state 50 persone oggi a Kramatorsk, città controllata dall’Ucraina, è stato lanciato dalle posizioni delle forze armate ucraine.
Francesco Cappello: Emergenze parallele. Continua la guerra di Draghi al nostro Paese
Emergenze parallele. Continua la guerra di Draghi al nostro Paese
di Francesco Cappello
Non so se sia del tutto chiaro ma siamo ormai pienamente parte del conflitto ucraino. Siamo in guerra contro la Russia grazie alle decisioni di Draghi avallate dalla sua corte di vassalli.
Forniamo armi a Kiev mentre ci siamo proposti quali protagonisti principali della guerra economica contro la Russia seppure le sanzioni predisposte hanno il potere di danneggiare seriamente più il nostro Paese che la federazione russa.
Il guerriero Draghi, l’uomo che guarda lontano, dice che: “se dovessero cessare le forniture russe oggi, noi comunque fino a tardo ottobre siamo coperti dalle nostre riserve quindi le conseguenze non le vedremmo fino all’autunno. Questa è la prima cosa da sapere“ nello stesso momento in cui, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, afferma che già oggi (con il gas russo che continua ad alimentare il nostro sistema industriale): “Il 16% delle imprese ha ridotto o interrotto le produzioni. Se continuiamo cosi’ si aggiungera’ un altro 30% nei prossimi mesi (…) oggi non possiamo piu’ reggere. Produrre e’ diventato antieconomico“.
Marinella Correggia: Il Falso delle “fosse comuni” e l’espulsione dal Consiglio diritti umani Onu
Il Falso delle “fosse comuni” e l’espulsione dal Consiglio diritti umani Onu
Il precedente della Libia nel 2011
di Marinella Correggia
Il 25 febbraio 2011 – poche settimane prima dell’avvio dei bombardamenti Nato – la Libia viene espulsa dal Consiglio dei diritti umani Onu di Ginevra, ed è la prima volta nella storia di quest’organo dell’Onu, i cui membri sono a rotazione. La Russia è dunque arrivata seconda. Si vede che tutti gli altri paesi sono buoni, anche chi ha martoriato interi popoli a suon di bombe e sfruttamento coloniale.
Nel caso libico, strumentalmente si rivela utilissima la richiesta di 70 Ong “Appello urgente ai leader mondiali per fermare le atrocità in Libia” (https://unwatch.org/urgent-ngo-appeal-to-world-leaders-to-prevent-atrocities-in-libya/). Nella richiesta si riportano “notizie” terribili. Molte di queste Ong non ne sanno nulla ma si sono accodate alla fino ad allora ignota Lega libica per i diritti umani (oltre al grande burattino statunitense che è UN Watch). Il suo coordinatore – in seguito diventato ambasciatore del governo insediato a Tripoli dalla guerra Nato – qualche mese dopo cade in contraddizione e rivela agli autori dell’importante documentario La Guerre Humanitaire (https://www.youtube.com/watch?v=koYzkEWHtQA) che no, non c’era alcuna prova…aveva ascoltato quanto riferivano i “ribelli”.
kamo: Tranquilli, è solo il primo mese di guerra. Poi peggiora
Tranquilli, è solo il primo mese di guerra. Poi peggiora
di kamo
La guerra ha legato tra loro, con catene di ferro, le potenze belligeranti, i gruppi contendenti di capitalisti, i “padroni” del regime capitalistico, gli schiavisti della schiavitù capitalistica. Un grosso grumo di sangue: ecco che cos’è la vita sociale e politica dell’attuale momento storico.
Lenin, Lettere da Lontano.
I democratici antifascisti per il battaglione Azov.
I razzisti sovranisti per la denazificazione.
I tecnocratici europeisti per il presidente comico e populista.
Gli anarchici per i sacri confini dello Stato ucraino.
I comunisti per l’Impero zarista di tutte le Russie.
I nazionalisti per l’Eurasia da Lisbona a Vladivostok.
Gli indipendentisti per l’imperialismo anglosassone Nato.
I pacifisti per la guerra mondiale.
Alessandro Mantovani: Autodeterminazione dell’Ucraina?
Autodeterminazione dell’Ucraina?
di Alessandro Mantovani
«Se [per la propria affermazione nazionale] un paio di Erzegovini vogliono dare il via ad una guerra mondiale che costerebbe mille volte gli uomini che popolano l’intera Erzegovina; questo secondo me non ha nulla a che fare con la politica del proletariato» (Engels a Bernstein, 22-25/2/1882) 1
«Essere per la guerra in tutta l’Europa per la sola ricostituzione della Polonia significa essere un nazionalista della peggior specie, significa porre gli interessi di un piccolo numero di polacchi al di sopra degli interessi di centinaia di milioni di uomini che soffrono la guerra» (V.I. Lenin, “I risultati della discussione sull’autodecisione”, 1916)
«Quanto più pura è ora la lotta del proletariato contro il fronte generale imperialista, tanto più imperioso si fa, evidentemente, il principio internazionalista: “Un popolo che opprime altri popoli non può esser libero”» (Lenin, “I risultati della discussione sull’autodecisione”, 1916)2.
Ogni grande evento storico determina svolte. In particolare le catastrofi, e nessuna più della guerra. Tutto accelera, gli animi si accendono, le forze sociali si mettono in moto. Sono destinate a divaricarsi inesorabilmente tra chi la guerra la vuole e chi la subisce. Ma all’inizio il quadro si presenta diverso: lo sciovinismo e l’isteria bellicista imperano. ”Armiamoci e partite! Prendiamo misure di guerra e tirate la cinghia!”, è l’assordante boato dei media che copre ogni voce dissonante, mentre gli esitanti si danno un gran daffare, con ragionamenti tortuosi, per esorcizzare il momento in cui dovranno decidere: o per la guerra, o contro.
Francesco Barbetta: Marxismo ed ecologia. Analisi di un dibattito internazionale
Marxismo ed ecologia. Analisi di un dibattito internazionale
di Francesco Barbetta
Il volume di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (ombre corte, 2022) – che la recensione di Francesco Barbetta discute nel dettaglio – si propone di fare il punto su un ambito di discussione, quello appunto dell’eco-marxismo, in grande fermento negli ultimi anni.
Un buon modo per inquadrare la dinamica del confronto è quello di distinguere tra analisi che si propongono di mostrare la dimensione ecologista dell’opera di Marx – in modo tale che il Moro di Treviri si presenti come ambientalista ante litteram – e analisi che invece si propongono di interrogare l’archivio marxiano a partire dalla politicizzazione della crisi ecologica tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso – a partire, cioè, da un insieme di problemi che, semplicemente, non esisteva ai tempi in cui Marx scriveva.
Del primo gruppo fanno parte i teorici della frattura metabolica (Burkett, Foster, Saito), del secondo chi ha esplorato strade più sperimentali, spesso sulla scia dei movimenti sociali (Federici, Merchant, O’Connor). Vi sono poi voci (Malm, Moore, Salleh) che rivendicano una continuità forte col pensiero di Marx – e pure con il marxismo – senza esprimersi direttamente su questo passaggio.
Quasi superfluo concludere ribadendo che la posta in gioco del dibattito in oggetto non è filologica ma politica: solo la riflessione collettiva potrà trasformare le varie opzioni teoriche in efficaci strumenti del conflitto sociale (Emanuele Leonardi).
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Il libro di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (Ombre Corte, Verona 2022), consente al militante italiano di conoscere a grandi linee varie letture del rapporto tra ecologia e marxismo.
Enrico Calamai: Desaparecidos
Desaparecidos
Alba Vastano intervista Enrico Calamai
Intervista al Console Enrico Calamai “ lo Schindler di Buenos Aires”. A cura di Alba Vastano per il mensile Lavoro e Salute
Due anni di stillicidio di informazione terroristica. Il virus dell’infodemia corre pressante almeno da un biennio sul filo delle nostre vite. Molto prepotente da inizio pandemia, fino ad oggi con la guerra in corso in Ucraina. I fili della paura che avviluppa la nostra esistenza li gestiscono strumentalmente i soliti pochi noti, i signori del potere e della guerra.
La vittima è la verità sulle dinamiche storiche, economiche e geopolitiche che l’hanno provocata, ma la verità non è la sola vittima. A pagare lo scotto peggiore della guerra sono migliaia di persone costrette a fuggire dalla normalità della loro vita. Ad abbandonare tutto il loro mondo, a nascondersi nei bunker, a patire la fame. Spesso anche a morire sul ciglio di una strada, mentre fuggono dalle loro case distrutte dai bombardamenti.
Loro sono lì e noi qui a vedere dai monitor questo esodo forzato e la strage degli innocenti come fosse un film, come un dramma avulso dalla nostra realtà. Possiamo provare rabbia, pena, odio verso un leader o l’altro, ma noi siamo gli estranei della guerra, finché noi non diventiamo loro, accogliendo realmente le loro sofferenze e ribellandoci a tanta crudeltà, rifiutando la guerra e la sua possibile escalation voluta dalle potenze imperialiste. La guerra è stupida e crudele. Vuol dire che ci sono uomini stupidi e crudeli che detengono enormi poteri e soggiogano i loro popoli, rendendoli inermi. Le guerre più cruente hanno sempre avuto origine da forme di governo a matrice fascista, con un dittatore al comando. La storia ne è piena.
Basterebbe ricordare quanto accadde nella metà degli anni ‘70 in America latina. In Uruguay, Cile e Argentina si avvicendarono forme di dittature violentissime e molte furono le vittime. In Argentina, nel periodo dei generali, sparirono molte persone e di loro non se ne seppe più nulla. Solo alcune riuscirono a salvarsi e a fuggire, grazie anche all’intervento del console italiano in Argentina, Enrico Calamai.
Militant: In guerra ogni nazista è bell’ ‘a mamma soja
In guerra ogni nazista è bell’ ‘a mamma soja
di Militant
Pur traballante, la memoria storica di questo paese dovrebbe, o avrebbe dovuto, stupirsi della rapida relativizzazione del nazismo in corso dal 24 febbraio in avanti. Il “male assoluto” evidentemente così “assoluto” non era: e non solo per le molteplici accuse di “nazismo” affibbiate ai russi e/o a Putin. In una guerra che è anche – come sempre – una guerra comunicativa, il nemico contingente è sempre il nemico assoluto.Quello che è in corso nel nostro paese, in linea con ciò che accade nel resto d’Occidente (ma solo in Occidente, attenzione), è un fatto diverso: il recupero per fini politico-ideologici del nazismo, anzi del neonazismo.
Quel nazismo e neonazismo presentato fino a ieri, appunto, come non plus ultra del male nella storia, l’anti-uomo e l’anti-umanità par excellance. L’ironia della storia, si dirà. Un’ironia ancor più caustica, se pensiamo che fino al 23 febbraio erano proprio i comunisti ad essere accusati di voler “relativizzare il nazismo”, rifiutando, questi, qualsiasi assolutizzazione del male, ricordando come la storia dell’uomo fosse colma di stermini di massa, genocidi, cancellazione di popolazioni e di etnie, di brutalità inenarrabili che facevano del nazismo una prosecuzione della storia, non il suo apice di brutalità.
Fabrizio Marchi: La guerra russo-ucraina è la conseguenza del fallimento della strategia globale degli USA
La guerra russo-ucraina è la conseguenza del fallimento della strategia globale degli USA
di Fabrizio Marchi
Oltre a fomentare l’opinione pubblica occidentale e a creare un clima di odio contro la Russia, la gigantesca campagna mediatica/ideologica in corso ha anche un altro scopo, non meno importante. E cioè quello di occultare il fallimento della strategia americana su scala globale da più di trent’anni a questa parte, cioè dal crollo del blocco sovietico in poi, quando sembrava che gli USA fossero ormai i padroni del mondo.
La coalizione occidentale è stata sconfitta in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno perso per strada paesi come il Pakistan che gli hanno voltato le spalle per guardare alla Cina. Stesso discorso per l’India, l’altro grande colosso asiatico. Se è vero che per ovvie ragioni geografiche, geopolitiche ed economiche, l’India non avrebbe potuto e non potrebbe assumere posizioni dichiaratamente ostili nei confronti della Russia e soprattutto della Cina, è altrettanto vero che gli (anglo)americani non sono stati in grado di trattenerla saldamente nella loro orbita. Per ciò che riguarda poi il Medioriente si sono mossi, come da tradizione, come un elefante in una cristalleria e non a caso non sono riusciti nel loro principale intento, quello di destabilizzare la Siria. Altra sconfitta. Se a ciò aggiungiamo che non sono riusciti a scalfire l’Iran, non ci resta che fare due più due.
lorenzo merlo: Lontani dal mondo
Lontani dal mondo
di lorenzo merlo
Viviamo su un piano di realtà inclinato, vertiginosamente ripido. Salvo imprevisti, ci porterà alla morte. E sarà una buona sorte, almeno dal punto di vista della rinascita. Qualche riga manichea che salta molti grigi della realtà, con il solo intento di riferirsi alle tendenze di fondo
Forse vivo o vengo da un altro mondo. In questi ultimi due anni sono accadute cose che ci avrebbero fatto perdere la casa e qualunque patrimonio se ci avessero proposto di scommettere su una simile distopia. Eppure, a cose fatte, la maggioranza ha accettato con indifferenza – al massimo con malesseri individualistici – la sua realizzazione. Anche la sovranità individuale è stata delegata, il guinzaglio attaccato e i canini mostrati ai propri simili meno disponibili ad alienare se stessi.
Abbiamo assistito a cambi di versione di verità, a minacce, a dichiarazioni di persecuzione, a preghiere di morte e di esclusione dallo stato sociale, a elicotteri a caccia di solitari in riva al mare, a cambi di definizione del concetto di pandemia.
Umberto Vincenti: Un partito come viceré
Un partito come viceré
di Umberto Vincenti
La vicenda della guerra in Ucraina ha reso manifesto quanto già sapevamo circa l’assetto del potere reale nella Repubblica italiana. Prima del 1992, l’Italia era alleata degli Usa, ospitandone decine e decine di basi militari sparse sulla Penisola. Erano un’alleanza e un’ospitalità dovute: l’Italia aveva perso la guerra che gli USA avevano vinta; e gli USA avevano aiutato efficacemente l’Italia a rialzarsi dalle macerie attraverso le largizioni di denaro contemplate nel Piano Marshall. C’era un condizionamento politico, sì, che gli USA esercitavano attraverso la Democrazia Cristiana. Ma ciò non aveva impedito il sorgere e il diffondersi di un diffuso antiamericanismo ai vari livelli (c’era il Partito Comunista, c’erano gli intellettuali, c’erano i movimenti di piazza). Si eleggevano Capi dello Stato democristiani (ma anche il socialdemocratico Saragat e il socialista Pertini); però si votava per il Parlamento nazionale con frequenza perché le Camere erano frequentemente sciolte in anticipo. Nel 1992 nasceva, con il Trattato di Maastricht, l’UE; e progressivamente l’assetto di potere ne veniva trasformato. Seconda repubblica e galassia Berlusconi.
Angelo d’Orsi: Quando l’intellettuale rinuncia alla ragione
Quando l’intellettuale rinuncia alla ragione
A proposito di Flores e di “Micromega”
di Angelo d’Orsi
Il 4 aprile 2022 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha diffuso il seguente comunicato:
“L’ANPI condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’ONU e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”.
“Questo comunicato è osceno, e infanga i valori della Resistenza”, è l’incipit del commento di Paolo Flores d’Arcais, direttore di “MicroMega”, mentre a me è parso un comunicato di buon senso, e di civile rigore. In un editoriale sul sito della rivista, invece di sostenere la linea della ricerca della verità, Flores la dà per assodata, e chiede, dopo una profluvie di insulti ai dirigenti ANPI e di volgarità contro i russi, reclama una Norimberga per processarli (e poi? pena di morte?): un editoriale di una rozzezza e di una violenza che può fare invidia ai fogli più osceni del bellicismo italiota.
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