L’Italiana ENI è pronta a pagare il gas russo in rubli, come la Russia richiede, checché Draghi e il ministro Di Maio dicessero. Idem molte altre società europee del gas. Si aggiungono (come minimo) all’Ungheria e alla tedesca VGN. L’Unione Europea inoltre si accinge ad archiviare il tentativo di vietare l’importazione del petrolio russo, a causa dell’insormontabile opposizione da parte dell’Ungheria.
E’ come se l’UE avesse abbassato la cresta. Il pendolo dell’autolesionista “no” europeo ai vitali combustibili russi sembra avere timidamente invertito la direzione. Forse, dopo che Polonia e Bulgaria hanno sperimentato i rubinetti chiusi, l’Europa comincia a rendersi conto che le sanzioni alla Russia equivalgono davvero a spararsi sui piedi: ma si potrebbe a questo proposito citare più efficacemente anche un’altra parte del corpo umano.
In ogni caso, l’effetto della guerra, delle sanzioni e dei roboanti (sebbene poi smentiti dai fatti) annunci di sanzioni ulteriori è lo stratosferico aumento dei prezzi. Gas, petrolio (benzina, diesel), carbone e tutto il resto costano sempre di più. L’Europa ha insaponato la corda e se l’è stretta al collo con le sue stesse mani. Non le resta che impiccarsi davvero. Però esita a dare il fatidico calcio allo sgabello.
Tuttavia contemporaneamente sembra che abbia invertito la direzione anche il pendolo della Russia. Finora sembrava privilegiare il business is business senza dare troppo peso all’atteggiamento dell’UE e degli Stati che la compongono. Ora non più.
Fonti occidentali continuano a parlare della possibilità che la Russia chiuda gas alla Finlandia in risposta alla sua decisione di aderire alla NATO. Soprattutto, il colosso russo del gas Gazprom ha deciso di smettere di consegnare gas attraverso il gasdotto Yamal, diretto in Germania attraverso la Polonia. La causa sono le constosanzioni russe sulla società che possiede il tratto polacco del gasdotto. Ora il gas russo affluisce ancora verso Ovest attraverso due sole rotte principali. La prima passa dall’Ucraina: ma Zelensky ha già chiuso uno dei vari tubi. La seconda è il gasdotto Nord Stream I, dalla Russia direttamente in Germania.
Al di là dell’Atlantico, lo Zio Sam non deve aver digerito molto bene il mutato atteggiamento europeo nei confronti del petrolio e del gas russi. La “filosofia” ultra atlantista prescrive di colpire l’economia russa tagliando le importazioni ed evitando il pagamento in rubli che ne rafforza la valuta. E non importa se così facendo si uccide l’economia europea.
Una possibile contromossa statunitense consiste nel dire a Zelensky di chiudere tutti i tubi che portano il gas russo verso l’Unione Europea passando dall’Ucraina. Meglio se non di colpo ma uno dopo l’altro, così da ottenere l’effetto rana bollita. E’ noto: quando il fuoco sotto la pentola è alto, la rana se ne accorge e salta subito fuori. Invece si lascia lessare se il riscaldamento è lento e dolce. In questo caso, sarà interessante vedere quando l’UE comincerà ad accorgersi che essa stessa ed i suoi cittadini stano facendo una pessima fine.
GIULIA BURGAZZI
13/05/2022