Ormai si tratta solo di negare la verità e un crimine commesso. Lo Stato di Israele in questo è un vero specialista.
I fatti, però, hanno sempre la testa dura ed emergono da ogni insabbiamento.
Così, quasi due settimane dopo il suo omicidio, una ricostruzione del crimine dell’Associated Press sia delle autorità palestinesi che dei colleghi del giornalista secondo le quali il proiettile che ha ucciso Abu Akleh, giornalista di al Jaazeera proveniva da un’arma israeliana.
Numerosi video e foto scattati la mattina dell’11 maggio mostravano già un convoglio israeliano parcheggiato in una strada stretta con una chiara visuale su Abu Akleh; Possibile anche vedere giornalisti e altri astanti in tempo reale in quegli spari mentre si riparano dai proiettili sparati dalla direzione del convoglio.
An @AP reconstruction of the killing of veteran reporter Shireen Abu Akleh in the occupied West Bank lends support to assertions that the fatal bullet came from an Israeli gun. A conclusive answer could prove elusive because of distrust between the sides. https://t.co/uFI5zY2zYH
— AP Middle East (@APMiddleEast) May 24, 2022
L’unica presenza confermata di manifestanti palestinesi era dall’altra parte del convoglio, a circa 300 metri di distanza, per lo più separata da Abu Akleh da edifici e muri.
Il regime di occupazione di Tel Aviv sostiene che almeno un palestinese era tra il convoglio ed i giornalisti, ma non ha fornito alcuna prova né individuato l’ubicazione del sospetto assassino.
L’omicidio a sangue freddo di Abu Akleh ha scatenato un’ondata di indignazione globale. La comunità internazionale denuncia che il regime israeliano, nella totale impunità, continua a commettere atrocità contro i palestinesi e mette a tacere le voci dissenzienti ricorrendo alla solita etichetta di “antisemitismo”.
L’AntiDiplomatico
24/05/2022