1. A “massive information process”
L’immagine più diffusa con la quale il mondo tendeva a concepire se stesso, prima della pandemia, e attraverso la quale verosimilmente tornerà a pensarsi, ancor di più, superata la pandemia, è quella che può sintetizzarsi nel brutto termine di “infosfera”. L’infosfera è la concezione del mondo come scambio e messa in rete continua di informazioni, più precisamente come un luogo unificato e globalizzato da un processo permanente di accumulazione, calcolo e trasmissione di informazioni.
Tale rappresentazione per la quale il mondo fisico, naturale, materiale viene ad essere sempre più attraversato, abitato e dominato da una società cosidetta della conoscenza, trova ovviamente il suo fondamento nella diffusione gigantesca delle macchine informatiche, dei computer, e della crescita esponenziale del loro potere computazionale, della loro capacità cioè di immagazzinare, confrontare, elaborare e calcolare informazioni. Tale capacità enorme di “processare”, resa ormai esterna e indipendente dalla mente umana (inaugurata e messa in opera dalla geniale macchina di Touring), concluderebbe, si afferma, una dimensione antropologica del conoscere, fondata sulla centralità della mente umana, per inaugurare un tipo di sapere che dipenderà sempre più da dispositivi automatici, da intelligenze e memorie artificiali, in grado di produrre metodologie di ricerca e interpretazioni di ogni aspetto del mondo e della vita.
Jeffrey Tucker: La perdita di fiducia è stata ampiamente meritata
La perdita di fiducia è stata ampiamente meritata
di Jeffrey Tucker*
Qui, Jeffrey Tucker si pone una serie di domande sugli ultimi due anni, arrivando alla conclusione che la questione del Covid è stato un problema profondamente politico. Ovvero, un problema che ha a che fare con la gestione dello stato. In questo caso, i vari organi dello stato sono andati avanti per conto loro, senza che nessuno riuscisse, e nemmeno volesse, controllarli. Non è stato un “complotto,” perlomeno non nel senso che si da normalmente al termine. E’ stata la convergenza di interessi di una serie di individui, ditte, partiti politici, burocrati, e altre sezioni della società che hanno trovato utile spaventare la gente per i loro scopi. E ora ci troviamo con uno stato dove l’apparato burocratico è completamente fuori controllo e che gestisce l’apparato della comunicazione pubblica (detto anche la “propaganda”) in modo completamente autonomo, seguendo gli interessi particolari delle varie lobby. Purtroppo, non si vede come fare a rimediare a questa situazione che, anzi, tende a peggiorare mentre, in parallelo la sfiducia generalizzata nelle istituzioni (incluso la divinizzata “Scienza”) cresce in continuazione. La faccenda non promette bene. (Prof. Ugo Bardi)
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La società è stata distrutta a molti livelli, e anche l’economia. Siamo di fronte a una crisi di salute mentale tra i giovani dopo due anni di sconvolgimenti educativi e sociali senza precedenti. L’inflazione più alta nella vita della maggior parte delle persone ha gettato la gente nel panico per il futuro, e questo si combina con una strana e imprevedibile penuria.
E ci chiediamo perché. Pochi osano chiamarlo per quello che è: il risultato di chiusure e controlli smodati che hanno compromesso diritti e libertà essenziali. Questa scelta ha sconvolto il mondo come lo conoscevamo. Non possiamo semplicemente andare avanti e dimenticare.
Gigi Roggero: Per fare conricerca – Prefazione
Per fare conricerca – Prefazione
di Gigi Roggero
È appena stato pubblicato nella collana Input di DeriveApprodi il volume Per fare conricerca di Romano Alquati. Frutto di un ciclo di lezioni da lui tenuto all’inizio degli anni Novanta per studenti e militanti, il testo è un formidabile strumento formativo, un manuale di metodo si potrebbe dire seguendo l’algido linguaggio sociologico, a cui preferiamo il termine utilizzato da Alquati: è una «macchinetta», non solo da leggere ma da studiare, non solo da studiare ma da praticare. Pubblichiamo la Prefazione scritta da Gigi Roggero.
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A quel che è accettato / dagli il fuoco del tuo odio. Paul Éluard
Per fare conricerca è il frutto di un ciclo di lezioni tenuto da Romano Alquati per il seminario sui «comunicanti» svoltosi nei primi anni Novanta alla facoltà di Scienze politiche di Torino, a cui parteciparono studenti e militanti dell’ex movimento della Pantera e dell’allora neonata Radio Blackout, emittente creata dai centri sociali del capoluogo piemontese. Nelle intenzioni originarie, le lezioni erano finalizzate all’impostazione di un percorso di conricerca sul nodo della comunicazione e dei comunicanti. Indipendentemente dagli sviluppi successivi, a noi resta un volume fondamentale, edito per la prima volta dalla Calusca nel 1993 e che oggi riproponiamo, non casualmente, nella collana di DeriveApprodi dedicata alla formazione politica. Per fare conricerca, infatti, è innanzitutto uno straordinario strumento formativo, unico nel suo genere. È un manuale di metodo si potrebbe dire seguendo l’algido linguaggio sociologico, a cui preferiamo il termine utilizzato da Alquati: è una macchinetta, non solo da leggere ma da studiare, non solo da studiare ma da praticare.
coniarerivolta: Consigli non richiesti: Europa e FMI predicano austerità
Consigli non richiesti: Europa e FMI predicano austerità
di coniarerivolta
La primavera dovrebbe portare una ventata di aria fresca, ma a leggere i giornali in questi giorni è sconcertante leggere come, dopo anni di austerità e miseria e nonostante pandemie e guerre, i guardiani dell’ortodossia continuino a riproporci le solite ricette.
Il 23 maggio la Commissione europea ha pubblicato i Country Reports, cioè le relazioni con cui la Commissione manifesta i risultati del proprio monitoraggio sulle condizioni economiche e sociali degli Stati membri, esprimendo una serie di consigli con cui di fatto prende avvio il processo di sorveglianza delle politiche di bilancio (ma non solo) degli Stati. Una sorveglianza che, nell’ambito del piano di ripresa post-pandemica, è legata a doppio filo all’erogazione dei fondi del programma Next Generation EU e, quindi, al PNRR. Come ha ricordato, infatti, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, in riferimento alle raccomandazioni specifiche per ciascun Paese, “finora dipendeva solo dai Paesi rispettarle o meno, ma ora le raccomandazioni sono legate a sussidi e potenziali prestiti” Ovviamente, ce n’è anche per l’Italia, e a leggerlo cascano le braccia.
Salvatore Bravo: La tempesta del pensiero
La tempesta del pensiero
di Salvatore Bravo
Il sistema capitale riduce la filosofia a chiacchiera da salotto o a semplice erudizione. Per poter neutralizzare la prassi critica della filosofia si procede a integrarla nel sistema di congelamento del pensiero. La filosofia accademica destoricizzata è un prodotto per il mercato, lo scopo è venderla sul mercato della cultura. La produzione libraria filosofica risponde, così, ai bisogni del mercato e ne diventa parte sostanziale. La produzione di libri è corredata dai festival della filosofia e dagli incontri con l’autore, l’insieme produce e tesse le fila di un mercato diffuso e nello steso tempo lo legittima. La filosofia muore nelle piazze e nei festival in cui la chiacchiera colta produce indotti, ma non contribuisce alla tempesta del pensiero. Metafora heideggeriana “la tempesta del pensiero” è il concetto, il quale è parte dell’invisibile nel visibile, il vento c’è, lo si sente, ma non si vede, egualmente il pensiero non è visibile, ma la sua azione agisce nella realtà. La tempesta del pensiero è in continuità con l’insegnamento socratico è cultura del domandare. La domanda sorge, se vi è la possibilità di riflettere sulle rappresentazioni e sulle parole-concetto che ordinano l’ideologia del mondo. La filosofia ha effetto scongelante, scioglie i nodi concettuali sclerotizzati dall’abitudine.
Maria Concetta Sala: La via e l’itinerario di Rosa Luxemburg
La via e l’itinerario di Rosa Luxemburg
di Maria Concetta Sala
Le questioni impellenti dettate dalla globalizzazione e le possibili soluzioni sulla scia della critica marxiana impegnano da tempo Giovanni Di Benedetto, che in passato ha indagato l’Etica di Spinoza e l’Emilio di Rousseau. Nel suo ultimo lavoro, La primavera che viene. Attualità di Rosa Luxemburg (Mimesis, 2021), egli si misura con l’esperienza teorica, concreta, esistenziale di una grande donna il cui nome è probabilmente noto più della sua opera e, fra l’altro, in cerchie ristrette
Il libro scritto dallo studioso durante la pandemia è senza dubbio un ampio e fondamentale contributo alla sua conoscenza e si distingue nella bibliografia delle analisi e interpretazioni dedicate all’opera della rivoluzionaria polacca non solo in quanto esito di una ricerca accurata ma anche per il suo carattere di guida chiara e completa al percorso tracciato da una personalità – « un condensato di differenze scandaloso e esplosivo », la definisce – che lo ha folgorato.
Gian Marco Martignoni: «L’era degli scarti»
«L’era degli scarti»
Sul libro di Marco Armiero
di Gian Marco Martignoni
Se si vuole seriamente affrontare «la guerra del capitalismo contro la Madre Terra e i popoli originari» – come in Messico ha recentemente sostenuto la Carovana Indigena – è indispensabile la lettura del libro di Marco Armiero L’era degli Scarti (Einaudi: pag.122, euro 15) che introduce la nozione, completamente oscurata dalla narrazione dominante, del mondo come discarica globale. Così si può cogliere in profondità la spaventosa degradazione che la logica estrattiva del capitalismo predatorio produce nei confronti delle persone, delle comunità e dei luoghi in cui esse vivono. Si tratta di un testo molto agile e per nulla predicatorio, poiché a un primo capitolo di carattere teorico Armiero ha affiancato due capitoli dedicati alla conoscenza della realtà che costituisce il Wastocene, per poi concentrarsi sulle sorprendenti pratiche di organizzazione e di resistenza da parte delle comunità che sono costrette a riprodursi nelle zone più inquinate e tossiche del pianeta.
Fulvio Bellini: L’opposizione possibile tra terza via ed economia di guerra
L’opposizione possibile tra terza via ed economia di guerra
di Fulvio Bellini
Premessa: la terza via è ancora possibile?
Come è stato correttamente notato, più passano le settimane di conflitto in Ucraina e maggiori dubbi crescono tra gli osservatori, e si spera nell’opinione pubblica, rispetto al suo reale significato. Per essere maggiormente chiari, trascorrono le settimane e si evidenziano le crepe nell’affresco dipinto dalla propaganda di regime rispetto all’operazione militare speciale. Ad esempio, sorge il dubbio che la Russia volesse effettivamente quello che aveva dichiarato: intervenire in Ucraina a difesa delle repubbliche di Lugansk e Donetsk; oppure che il Presidente Zelensky è quello che è: un attore che recita copioni scritti a Washington; oppure ancora che nella resistenza ad oltranza nell’acciaieria Azovstal a Mariupol del battaglione nazista Azov c’è qualcosa che non torna: “Il caso degli istruttori NATO a Mariupol che imbarazza l’Occidente” scrive l’Antidiplomatico del 6 Aprile scorso; ed infine la durata del conflitto in Ucraina che non dipende solo da Mosca ma altrettanto da Washington aprendo innumerevoli scenari che vedono l’Ucraina solo come pretesto per altro.
La crisi ucraina funge anche da acceleratore e chiarificatore dei rapporti politici tra Stati ufficialmente non belligeranti e all’interno degli stessi, tra le forze politiche a favore della guerra (sostanzialmente tutte) e le forze sociali contrarie (molto più numerose di quello che si pensi). In altre parole sorge sempre più prepotente la necessità di fare opposizione alla politica dettata dagli Stati Uniti e applicata con stretta osservanza in Europa da Gauleiter quali Ursula von der Layen, Mario Draghi, Olaf Scholz e la schiera degli oscuri leader dell’Est europeo.
Giulio Pennacchioni: Per una politica più che umana: pensare l’evento
Per una politica più che umana: pensare l’evento
di Giulio Pennacchioni
L’obiettivo dell’ultimo numero dell’Almanacco di filosofia e politica, pubblicato da Quodlibet lo scorso marzo[1] e a cura di Rita Fulco e Andrea Moresco, è duplice: riflettere sullo statuto ontologico-politico della categoria di “evento” e sul rapporto «tra evento storico, conflitto politico e forma istituzionale»[2]. In continuità con i numeri precedenti dell’Almanacco, l’evento si rivela quindi essere uno spazio all’interno del quale è possibile collocare una riflessione sul pensiero istituente. L’evento è dove avviene la trasformazione delle istituzioni, lo sviluppo di alcune e il declino di altre, che non vanno quindi considerate dei “blocchi monolitici” immutabili, bensì delle “strutture” dinamiche e aperte a cambiamenti. Come spiegato[3] da Roberto Esposito, che oltre a dirigere le uscite dell’Almanacco, è tra i filosofi italiani che più si è occupato della nozione di “istituzione”, si tratta di un «concetto che supera l’ambito strettamente politico-giurisdizionale entro il quale siamo soliti collocarlo, e che designa invece sia la forza, la potenza impersonale (ontologica) incorporata alla vita, sia l’intrinseca vitalità (politica)»[4].
Trasformazione delle istituzioni che, come emerso nei tre precedenti volumi dell’Almanacco, non è mai separata da una prassi antagonista, quella dei conflitti sociali, che va anzi assunta a suo punto di inizio. Conflitti politici e sociali che non sono certo mancati durante la crisi scatenata dal Covid 19 (Black Lives Matter, movimenti femministi e per la giustizia climatica, scioperi per la sicurezza sul lavoro e in difesa del salario, scioperi nelle carceri, reti di solidarietà e mutualismo, per citarne solo alcuni) e da cui un “pensiero istituente” può svilupparsi.
Firas Al Shufi: Resa in cambio di cibo: la minaccia europea al Libano
Resa in cambio di cibo: la minaccia europea al Libano
di Firas Al Shufi
Con tempi chiari e linguaggio da ricatto, l’inviato dell’Unione Europea Sven Koepmans ha presentato una proposta occidentale al Libano e alla sua resistenza per impegnarsi in un processo di “pace” con il nemico israeliano sotto il nome di soluzione finale.
In cambio della normalizzazione e della rinuncia ai diritti, gli europei offrono ai libanesi le tentazioni del pane, delle medicine e dell’elettricità, e alla resistenza libanese ampi privilegi nel nuovo regime.
A due settimane dalle elezioni parlamentari, l’“inviato speciale dell’Unione europea per il processo di pace in Medio Oriente”, Sven Kopmans, ha lasciato il clamore del fronte ucraino contro i russi ed è sbarcato pesantemente a Beirut.
Promuovere la “soluzione finale” con il nemico israeliano, come unica via per la stabilità in Oriente, e unica via d’uscita per il Libano dalla crisi attuale.
Il diplomatico olandese, arrivato dalla Palestina occupata dopo l’incontro con il ministro della guerra del nemico, Benny Gantz, ha girato per giorni da una sede all’altra dei tre presidenti, il ministero degli Affari esteri ed Hezbollah, parlando a nome dei 27 paesi europei della necessità di attivare il “processo di pace”.
Augusto Grandi: La grande menzogna sul grano ucraino. Kiev non è il granaio del mondo e neppure d’Europa
La grande menzogna sul grano ucraino. Kiev non è il granaio del mondo e neppure d’Europa
di Augusto Grandi
“La Russia vuole affamare il mondo, bloccando l’esportazione del grano ucraino per via mare”. È questa la nuova bufala dei media italiani di regime. D’altronde sul terreno l’esercito russo avanza e non si può continuare a raccontare di ripiegamenti delle armate putiniane pronte ormai alla resa. Dunque occorre cambiare la menzogna quotidiana. E cosa c’è di meglio di provocare una nuova ondata di indignazione e di terrore nel gregge italico? Il Covid non funziona più, il vaiolo delle scimmie non funziona ancora. Ma la carestia è sempre un tema di successo.
Tanto chi, nel gregge, andrà mai a controllare i dati reali? Basta raccontare che l’Ucraina è il “granaio del mondo” e le pecore si spaventano. Un tempo era considerata solo il granaio d’Europa, ma i tempi sono cambiati. Anche le produzioni ed i produttori, però. Così la produzione mondiale si aggira intorno ai 760 milioni di tonnellate e, grazie ai disinformatori di regime, viene da pensare che Kiev sia il primo produttore. Se no che “granaio del mondo” sarebbe?
Il Pungolo rosso: Da Bonomi (Confindustria) un nuovo attacco ad alzo zero. A seguire, la Cisl…
Da Bonomi (Confindustria) un nuovo attacco ad alzo zero. A seguire, la Cisl…
di Il Pungolo rosso
È in arrivo da ovest (Stati Uniti), da est (Russia) e da nord (Germania) una nuova recessione di portata imprevedibile. Che infliggerà altri colpi all’economia italiana già scossa dall’aumento dei costi di produzione e dalla perdita di mercati causati dalla guerra in Ucraina. Davanti a questi eventi, il presidente di Confindustria Bonomi non ha perso tempo ed è ripartito all’attacco, rispolverando l’arroganza del suo discorso di investitura di due anni fa.
Stamattina è festa, festa grande, euforia, nelle redazioni di Libero e del Giornale per l’elezione di Bonomi a presidente di Confindustria. Dopo mesi in cui la Lombardia – la regione più ricca di Europa – ha squadernato davanti al mondo intero la cinica criminalità dei suoi sciur Brambilla e l’altrettanto cinica connivenza dei clan leghisti … Continua a leggere
Ha perfino scomodato il grande fiorentino, per lanciare un vile messaggio da industrialotto padano assatanato di guadagni mai bastevoli: noi “eroi civili”, padroni del vapore, non daremo aumenti salariali. Dalle nostre tasche non uscirà un euro.
comidad: Dalla psicopandemia alla psicopolemia?
Dalla psicopandemia alla psicopolemia?
di comidad
Nel 1919 i giornali, con in testa il solito “Corriere della Sera”, condussero una martellante campagna di stampa su presunti episodi di aggressione ai reduci di guerra. Molti storici hanno dato per scontata l’autenticità di quella narrazione, ma in realtà di sostanzioso vi era ben poco, anche considerando che, con milioni di ex combattenti in giro, era pretestuoso attribuire un carattere antimilitarista ad ogni rissa in cui venissero coinvolti; ciò in un periodo in cui si veniva alle mani molto più facilmente di oggi. Sta di fatto che quella psicosi indotta dalla stampa di establishment fu importante nel creare il clima di rancore e di regolamento di conti nel quale si instaurò il fascismo. A quell’epoca creare una psicosi fu possibile con i soli mezzi della stampa cartacea, ma oggi, con la potenza degli attuali mezzi di comunicazione indurre analoghe psicosi su presunte emergenze finanziarie o pandemiche, o sui presunti disastri provocati dal reddito di cittadinanza, è molto più agevole e frequente di prima.
In un conflitto internazionale il ruolo mistificatorio dei media è ovviamente decisivo.
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