Messico: il presidente López Obrador vince in quattro Stati e chiede la fine dell’embargo contro Cuba

Il governo del presidente messicano è uscito ulteriormente rafforzato dalle ultime elezioni locali, che hanno visto il suo partito vincere in quattro Stati su sei. AMLO ha inoltre ribadito la richiesta del Messico di porre fine al blocco economico contro Cuba.

I cittadini di sei dei 31 Stati federati che compongono il Messico sono stati chiamati alle urne domenica 5 giugno per rinnovare i propri governi. Ad essere coinvolti sono stati gli Stati di Aguascalientes, Durango, Hidalgo, Oaxaca, Tamaulipas e Quintana Roo. Queste elezioni erano considerate in particolare come un nuovo banco di prova per il governo federale di Andrés Manuel López Obrador (AMLO), il presidente progressista che dal 2018 ha impostato il nuovo corso della politica messicana.

Il verdetto ha premiato nuovamente AMLO e il suo partito Morena (Movimiento Regeneración Nacional), i cui candidati hanno conquistato la vittoria in quattro Stati su sei.

Secondo i dati ufficiali, nello Stato di Quintana Roo, la candidata Maria Elena Hermelinda ha ottenuto il 55,46% delle preferenze, battendo nettamente la candidata di destra Laura Lynn Fernández (17,31%). Anche nel Taumalipas, il partito presidenziale ha ottenuto la maggioranza assoluta delle preferenze, con Américo Villarreal Anaya (51,04%) che è stato eletto governatore ai danni di César Augusto Verástegui (42,76%).

Una vittoria ancora più netta per Morena è arrivata dall’Oaxaca, dove Salomón Jara Cruz ha raggiunto il 60,13% dei consensi, distanziando nettamente il suo principale rivale, Alejandro Avilés Álvarez (24,40%). Nello Stato di Hidalgo, infine, Morena sosteneva il candidato del Partito del Lavoro (Partido del Trabajo, PT), Julio Ramón Menchaca Salazar, che ha ottenuto il 61,56% delle preferenze, con quasi il doppio dei voti di Alma Carolina Viggiano Austria (31,39%), che godeva dell’appoggio di tutti i partiti della destra tradizionale.

Al contrario, negli Stati di Aguascalientes e Durango si sono imposti i candidati dell’opposizione, rispettivamente María Teresa Jiménez Esquivel del Partido Acción Nacional (PAN), vincitrice con il 53,38%, ed Esteban Alejandro Villegas Villarreal, del Partido Revolucionario Institucional (PRI), che ha raggiunto il 55,10%. Una magra consolazione per i due partiti che, fino all’avvento di Morena, erano soliti dominare la vita politica messicana.

In base a questi risultati, Morena e gli altri partiti della coalizione che sostiene l’attuale governo progressista controllano attualmente 20 Stati su 31, ai quali va aggiunto il Distretto Federale di Città del Messico. Il PAN e il PRI, le principali forze di opposizione alla presidenza di AMLO, controllano rispettivamente cinque e tre Stati, mentre il Movimiento Ciudadano governa negli Stati di Jalisco e Nuevo León. Infine, il Partido Verde Ecologista de México (PVEM), considerata come una formazione ecologista conservatrice, governa nello Stato di San Luis Potosí.

Dopo aver ottenuto questa nuova vittoria elettorale, López Obrador si sta affermando sempre più come uno dei leader progressisti latinoamericani più influenti, facendo pesare anche la sua vicinanza con gli Stati Uniti per esercitare pressioni su Washington. AMLO sta sfruttando il cosiddetto Vertice delle Americhe, indetto da Joe Biden, per denunciare le politiche discriminatorie e imperialiste degli Stati Uniti nel continente.

Innanzi tutto, López Obrador ha rifiutato la partecipazione all’evento, così come hanno fatto i presidenti Xiomara Castro (Honduras) e Luis Arce (Bolivia) ed il primo ministro Ralph Gonsalves (Saint Vincent e Grenadine) per protestare contro il mancato invito di Cuba, Venezuela e Nicaragua all’incontro. AMLO, Xiomara e Arce hanno deciso di inviare altri membri del governo all’incontro, in segno di dissenso nei confronti della decisione di Biden.

Inoltre, il governo messicano si è fatto portatore di un’istanza che accomuna quasi tutti i governi della regione, ovvero la richiesta della fine del blocco economico criminale da che da sei decenni gli Stati Uniti impongono illegalmente contro Cuba. “Cuba è una questione di fondo e lo sarà per l’intero vertice”, ha affermato Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri messicano. “Il blocco contro Cuba ha significato una sofferenza indescrivibile per il popolo”.

Il ministro degli Esteri messicano ha anche affermato che “è impossibile calcolare il costo umano del blocco: migliaia di famiglie cubane sono state separate per decenni; tuttavia, la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi ha calcolato che le perdite dell’economia cubana dovute alle sanzioni statunitensi ammontano a 130.000 milioni di dollari, un importo superiore al suo PIL“.

Ebrard ha ricordato il discorso pronunciato dal presidente López Obrador la scorsa estate davanti ai ministri degli Esteri dei paesi membri della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi, in cui “proponeva un nuovo assetto interamericano che si metta alle spalle la storia delle offese che hanno caratterizzato le relazioni degli Stati Uniti con i loro vicini latinoamericani per gran parte degli ultimi 200 anni“.

I segnali provenienti dal continente latinoamericano indicano sempre più la necessità di creare un nuovo sistema di relazioni multilaterali latinoamericane che permetta ai Paesi della regione di affrancarsi dall’egemonia statunitense. Il fallimento annunciato del Vertice delle Americhe convocato da Biden, che fa seguito alla delegittimazione dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), dimostra come siano sempre più i governi e i popoli che spingono per andare in questa direzione.

Giulio Chinappi

09/06/2022

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