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Uranio e non solo, la NATO si proclama al di sopra di ogni legge
1) NATO choc: abbiamo immunità, non potete processarci per i crimini di guerra (di A. Amorosi, Affari Italiani 16/6/2022)
2) Serbia, l’avvocato Aleksic: “Tremila cittadini malati di cancro pronti a citare la Nato in giudizio” (13 Giugno 2022)
3) L’OTAN revendique “l’immunité” contre les poursuites judiciaires serbes sur l’utilisation d’uranium appauvri dans les bombardements de 1999 (Daily Telegraph, 26 mai 2022)
4) Reduci contro la guerra (Gregorio Piccin, Il Manifesto del 9 marzo 2022)
5) L’epidemia da uranio impoverito scatenata dalla NATO (Gregorio Piccin, Il Manifesto del 29.1.2022)
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Giovedì, 16 giugno 2022
NATO choc: abbiamo immunità, non potete processarci per i crimini di guerra
Uranio impoverito/ Al tribunale di Belgrado un pool di avvocati con un italiano cita in giudizio la NATO per i crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia
di Antonio Amorosi
L’uranio impoverito fa ancora morti. La NATO (che l’ha usato) si ritiene non processabile
La storia torna sempre. Accade in questi mesi in Ucraina e tornerà quando l’attuale conflitto sarà concluso.
Nel quasi silenzio totale italiano torna nelle aule giudiziarie il caso dell’uranio impoverito e lo fa in Serbia, al tribunale di Belgrado. Anche se l’opinione pubblica l’ha dimenticato, sarebbero circa 7600 i militari italiani ammalati di cancro a causa dei proiettili all’uranio impoverito utilizzati dalla NATO nei bombardamenti del 1999 in Jugoslavia. Di questi, 400 sono deceduti.
Al tribunale di Belgrado un pool di avvocati con un italiano, il legale Angelo Fiore Tartaglia, conducono una battaglia per la verità: la NATO e il ministero della Difesa della Serbia sono stati citati in giudizio per avere usato, nel primo caso la NATO, la micidiale arma e, nel secondo il ministero serbo, per non aver informato e adeguatamente protetto i propri militari dai rischi di esposizione.
Uranio impoverito: la battaglia nel tribunale di Belgrado. Processare la NATO per crimini
Negli anni ‘90 la NATO bombardava la ex Jugoslavia “per portare la pace” sul territorio e lo ha fatto anche con i micidiali proiettili addizionati con l’uranio, i missili Tomahawk sparati in zona di guerra dalle navi Usa in Adriatico, causando distruzioni e morti che si hanno ancora oggi e si avranno nel tempo.
Cinque anni dopo l’uso arrivarono le ammissioni da parte della NATO. Fu questa al tempo la reazione dell’allora ministro della Difesa italiano e attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Devo manifestare rammaricoper il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un’informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionale”. Mattarella disse anche: “Noi vogliamo fare chiarezza; lo dobbiamo innanzitutto ai nostri militari e alle loro famiglie; lo dobbiamo a tutti gli italiani”.
Uranio impoverito. I nostri vertici militari sapevano dell’uso
Il 31 agosto 1995, nel quartier generale della Nato a Napoli, l’ammiraglio a quattro stelle della Marina degli Stati Uniti, poi dimissionario, Leighton Warren Smith Jr. (come riportano gli atti della Camera dei Deputati) aveva spiegato proprio l’uso dei proiettili a base di uranio impoverito nella duplice Operazione Deliberate Force del 1995 di inizio campagna. All’annuncio sarebbero stati presenti i vertici militari italiani.
Gli armamenti contenenti uranio impoverito hanno effetti molto gravi e irreversibili anche sull’ambiente. Un nesso di causalità tra esposizione all’uranio impoverito e le malattie tumorali è accertato e il Linfoma di Hodgkin e la leucemia sono le malattie più diffuse in chi vi è stato esposto. Nel 2001 Carla del Ponte, capo del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, decretò che l’utilizzo delle armi a uranio impoverito da parte della NATO era assimilabile a un crimine di guerra. E anche secondo la Corte Europea come per altri organismi giurisprudenziali non c’è immunità che tenga quando viene compiuto un crimine di guerra. Per questo l’uso di un’arma non convenzionale come l’uranio impoverito viola l’articolo 23 della Convenzione dell’Aia del 1899 e la Convenzione di New York del 1976.
La battaglia dell’avvocato italiano Tartaglia che ha sconfitto 300 volte il ministero della Difesa e il documento della NATO
“L’uranio impoverito è altamente tossico”, racconta il sito Vittime del dovere, “se inalato, ingerito o se entra in contatto diretto con ferite, ad esempio, nel caso di proiettile”.
Ma a Belgrado, per la prima volta nella storia, la NATO si è costituita in giudizio depositando un documento: un accordo di cooperazione e presenza dal 2005 nella Repubblica della Serbia che la renderebbe, a loro dire, immuni dalla giurisdizione.
“Se è vero che per i militari che operano in Serbia è prevista un’immunità da responsabilità civile e in fase esecutiva”, ha spiegato ad Affaritaliani l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, “questa non ha e non può avere in alcun modo efficacia retroattiva. E non può riguardare i danni di guerra”.
In soldoni anche se la NATO ritiene di godere di un’immunità senza limiti, addirittura retrodatabile, i suoi discorsi non hanno senso.
L’accordo a cui fa riferimento l’Alleanza Atlantica è stato stipulato nel 2005, dopo i fatti contestati. Un’immunità non può essere retroattiva. E i crimini di guerra non sono oltretutto inclusi in qualsiasi accordo possibile.
“Il nesso tra uranio impoverito e tumori è netto”, racconta Tartaglia, “e l’uso di queste armi è sicuramente un crimine di guerra”.
L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia non è un legale qualsiasi: è l’unico al mondo ad aver vinto circa 300 cause in difesa dei militari, quelli italiani (controparte il ministero della Difesa che è il datore di lavoro), che dopo l’esposizione all’uranio impoverito nella ex Jugoslavia continuano a morire. Per questo gli è stato chiesto di affiancare gli avvocati serbi.
E’ la guerra che torna, col suo carico di morte nel tempo, come ha sempre fatto e farà sempre, anche se sul tema “in Italia c’è una sorta di silenzio stampa assordante”, ha detto ad Affari l’avvocato Tartaglia.
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Serbia, l’avvocato Aleksic: “Tremila cittadini malati di cancro pronti a citare la Nato in giudizio”
La malattia sarebbe una diretta conseguenza dell’uso di uranio impoverito durante i bombardamenti sul Paese nel 1999
13 Giugno 2022
Circa 3.340 cittadini della Serbia vogliono citare in giudizio la Nato per essersi ammalati di cancro. Lo ha dichiarato l’avvocato Srdjan Aleksic, aggiungendo che la malattia sarebbe una diretta conseguenza dell’uso di uranio impoverito durante i bombardamenti sul Paese nel 1999. Lo stesso avvocato ha detto che il risarcimento potrebbe variare da 100 mila a 300 mila euro a persona, a seconda della gravità della malattia. “Abbiamo la possibilità di dimostrare, davanti al nostro tribunale a Belgrado, che c’è un rapporto causa-effetto tra uranio (impoverito) e malattia, e così la Nato diverrà responsabile di tutte le conseguenze causate dai bombardamenti”, ha affermato Aleksic, aggiungendo che la procedura dovrebbe iniziare in autunno.
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L’OTAN revendique “l’immunité” contre les poursuites judiciaires serbes sur l’utilisation d’uranium appauvri dans les bombardements de 1999
26 mai 2022
L’Alliance occidentale a passé 78 jours à bombarder la Yougoslavie en 1999, contaminant la nation des Balkans avec au moins 15 tonnes de munitions à l’uranium appauvri (UA) hautement toxiques. Les avocats serbes ont déposé plusieurs poursuites contre l’OTAN, mais n’ont encore reçu aucune admission formelle d’actes répréhensibles de la part de l’Alliance pour ses actions.
- L’OTAN a officiellement répondu aux poursuites intentées par les Serbes auprès de la Haute Cour de Belgrade concernant l’utilisation de munitions à l’UA par le bloc lors de la campagne de bombardements de 1999, réclamant l’immunité de poursuites, a déclaré Srdan Aleksic, un avocat représentant les victimes, à Sputnik Serbie.
- “Dans sa déclaration au tribunal, le bureau de liaison de l’OTAN en Serbie a indiqué que l’Alliance bénéficiait d’une immunité totale sous la juridiction serbe sur la base de l’accord de 2005 entre l’Alliance et l’Union d’États de Serbie-et-Monténégro ‘sur la participation au transit et au soutien des opérations de maintien de la paix’ et de l’accord de 2006 sous lequel le bureau de liaison à Belgrade a été créé », a déclaré Aleksic.
L’avocat a rejeté les demandes d’« immunité », insistant sur le fait qu’« aucun de ces accords n’accorde l’immunité à l’OTAN en tant qu’organisation, et l’immunité ne peut être appliquée rétroactivement. Par conséquent, l’OTAN ne peut pas bénéficier de l’immunité pour les crimes de guerre contre des civils et pour son agression illégale en vertu de l’accord de 2005. »
« Dans le dossier concernant les bombardements à l’UA qui ont fait des victimes parmi la population civile, les soldats et les policiers, l’OTAN porte la responsabilité de la violation du droit à la vie et des dommages causés », a souligné Aleksic.
L’avocat s’attend à ce que la Haute Cour de Belgrade procède à des audiences sur la question en octobre.
Aleksic et l’avocat italien Angelo Fiore Tartaglia ont déposé une plainte contre l’OTAN pour son utilisation d’uranium appauvri lors de l’attaque de 1999 contre la Yougoslavie en janvier 2021. Deux poursuites supplémentaires ont été déposées plus tôt cette année. Tartaglia avait auparavant représenté avec succès près de 200 soldats italiens morts d’un cancer ou tombés gravement malades après avoir été exposés à l’uranium appauvri alors qu’ils servaient au Kosovo lors de la mission de « maintien de la paix » de l’OTAN dans cette région serbe.
Le tribunal de district de Belgrade a déclaré le général américain Wesley Clark et le secrétaire général de l’OTAN Javier Solana coupables de crimes de guerre en septembre 2000 pour le bombardement de la Yougoslavie en 1999.
Cependant, la révolution de couleur qui a renversé le président yougoslave Slobodan Milosevic en octobre 2000 avait conduit à une révision du verdict et, fin 2001, la Cour suprême de Serbie avait annulé la décision.
La Serbie connaît l’un des taux de cancer les plus élevés d’Europe, avec près de 60 000 patients en oncologie diagnostiqués chaque année, et un taux de cancer chez les enfants jusqu’à 2,5 fois supérieur à la moyenne européenne. Les médecins serbes sont convaincus que le taux élevé de cancer est directement lié à l’utilisation abondante de munitions à l’UA lors des bombardements de l’OTAN. Outre les cancers, les scientifiques ont signalé une augmentation alarmante de l’infertilité, des maladies auto-immunes et des troubles mentaux au cours des deux dernières décennies, notamment le stress post-traumatique et d’autres problèmes psychologiques associés aux bombardements.
Plus tôt cette année, la directrice de l’Institut serbe de radiologie et d’oncologie, le Dr Danica Grujicic, a déclaré à Sputnik que les attentats à la bombe de 1999 avaient eu un impact dévastateur sur l’écologie de la région et que l’utilisation de l’uranium appauvri, combinée à des attaques délibérées contre des usines chimiques et des installations industrielles dangereuses, avait créé un catastrophe environnementale affectant des pays bien au-delà des frontières de l’ex-Yougoslavie.
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Gli ex militari italiani vittime dell’uranio impoverito sono contro l’invio di armi e soldati e chiedono verità e giustizia per loro e per i civili a seguito della “pandemia da uranio” scatenata dalla Nato.
In questo Paese in preda all’isteria belligerante si affaccia un movimento di reduci per la pace ed il rispetto dell’art.11 della Costituzione.
REDUCI CONTRO LA GUERRA
Gregorio Piccin su Il Manifesto del 9 marzo 2022
https://gregoriopiccin.it/reduci-contro-la-guerra/
https://ilmanifesto.it/luranio-e-la-pace/
«Per la pace, per il rispetto dei principi costituzionali, a garanzia della salute del personale militare italiano e in nome di tutte le vittime dell’uranio impoverito. Che nessun soldato italiano venga utilizzato per questa guerra a rischio della propria vita». Così si conclude il comunicato stampa diramato dagli ex militari vittime dell’uranio impoverito all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.
UN COMUNICATO IN CUI i veterani italiani delle guerre Nato e delle varie «coalizioni di volenterosi» hanno fatto preciso riferimento anche alle vittime civili. Non solo, Emanuele Lepore, in rappresentanza dell’Associazione vittime dell’uranio impoverito (Anvui), è intervenuto al presidio «No alla Guerra» a Ghedi la scorsa domenica con parole inequivocabili: «Come Associazione sosteniamo tutte le iniziative che intendono fare pressioni sul governo italiano e le altre istituzioni affinché l’Italia non si impegni in una ulteriore guerra, non impieghi i nostri militari, non impieghi armi e soldi che invece possono essere destinati a ben altri e più utili usi».
UNA VOCE IMPORTANTE in questo clima da «armiamoci e partite» e che ha visto governo e parlamento «sparare» un Decreto legge Ucraina, accompagnato da uno «stato d’emergenza», destinato a gettare benzina sul fuoco.
Se n’è accorto anche papa Francesco di questa voce non conforme e, come già fatto in precedenza con i portuali di Genova in prima fila nella lotta alla belligeranza del nostro Paese, ha deciso di ricevere gli ex militari in audizione privata.
Lo scorso 28 febbraio una delegazione dell’Anvui ha rappresentato al papa, a nome delle oltre 400 vittime e delle migliaia di ammalati militari e civili a causa dell’esposizione all’uranio impoverito, tutta la sofferenza e il dolore per i lutti e lo sconcerto per l’atteggiamento da parte dello Stato che continua a negare suquesto verità e giustizia. La delegazione é stata accompagnata in udienza dal consulente legale dell’Associazione, l’avvocato Angelo Tartaglia, che ha riassunto al pontefice i lunghi anni di battaglie per avere giustizia insieme alla volontà di perseguirla anche per le migliaia di vittime civili nei territori colpiti dai bombardamenti con munizioni contenenti uranio impoverito durante i conflitti che hanno insanguinato il mondo negli ultimi anni – e probabilmente presente anche nella guerra ucraina. Nella delegazione anche Jacopo Fo, socio onorario dell’associazione, che ha ricordato al pontefice di come il governo italiano fosse al corrente dell’uso di tali letali armamenti già durante la Prima guerra del Golfo e l’impegno profuso da Franca Rame nel denunciare il criminale impiego di queste armi.
«IL PAPA HA BEN COMPRESO il livello della nostra battaglia” ha dichiarato l’avvocato Tartaglia, che ha vinto oltre 270 cause contro il Ministero della difesa sulla questione uranio impoverito e che sta mettendo a disposizione questa giurisprudenza per l’avvio di procedimenti legali anche in Serbia. «Quando gli ho fatto presente che è mia intenzione andare anche in Kosovo per avviare un percorso di verità e giustizia – continua l’avvocato – si è complimentato per il coraggio di mettere a rischio la vita per i più deboli. Ha detto che ci sosterrà in questa battaglia».
Secondo Vincenzo Riccio, presidente dell’Associazione delle vittime dell’uranio impoverito «non era scontato in un momento come questo che il pontefice potesse accoglierci in udienza mentre lo Stato italiano continua ad ignorarci a prescindere. Gli siamo estremamente grati per questo. Di lui ci ha colpiti la volontà di saperne di più sulla vicenda e l’aver definito la nostra testimonianza come l’ennesima dimostrazione che la follia della guerra semina solo il male».
L’IMPEGNO CHE papa Francesco si è preso di fronte a questa delegazione ed ai racconti diretti delle vittime è una buona notizia in questo frangente storico di isteria belligerante. La «pandemia da uranio impoverito» sta unendo in un’unica battaglia per la pace le vittime militari e civili, mettendo il nostro Ministero della difesa alle strette rispetto ad una delle più colossali contraddizioni della narrazione ufficiale: ossia pretendere di difendere diritti umani e pace con invii di armi, bombardamenti indiscriminati ed interventi unilaterali.
Se in tutta Europa si affermasse un movimento di reduci contro la guerra come quello che prende forma in Italia sarebbe un vero contributo alle istanze di distensione e disarmo che tentano di farsi strada nel bel mezzo della guerra mondiale, finora «a pezzi» secondo la denuncia di Francesco, che stiamo vivendo.
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https://ilmanifesto.it/lepidemia-da-uranio-impoverito/
L’EPIDEMIA DA URANIO IMPOVERITO SCATENATA DALLA NATO
di Gregorio Piccin, su Il Manifesto del 29.1.2022
Per il Ministero della difesa sembrano esserci morti e feriti di serie A e serie B. Sono considerati eroi quei soldati che muoiono o rimangono feriti sul campo delle disastrose guerre Nato in cui l’Italia sgomita per essere sempre in prima fila, mentre sono considerati fantasmi quei soldati che si ammalano gravemente o muoiono per l’esposizione all’uranio impoverito una volta tornati a casa dalle stesse missioni.
Per la verità ci sono anche le vittime di serie “Z”, i civili, i «danni collaterali», gli abitanti di quei Paesi su cui la Nato ha di volta in volta posato il suo «mirino umanitario».
In Italia, grazie alle oltre 260 sentenze vinte dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, non solo il Ministero della difesa ha dovuto fare i conti coi propri «fantasmi», ma la correlazione tra gravi forme tumorali ed esposizione all’uranio impoverito è diventata giurisprudenza.
Mentre la Nato, lunga mano della politica estera statunitense, preme l’acceleratore sulla crisi in Ucraina, la «pandemia» da uranio impoverito scatenata dai bombardamenti dell’Alleanza in Serbia, Kosovo, Bosnia, Iraq e Afghanistan continua a mietere vittime. Proprio in Serbia la giurisprudenza italiana sulla questione uranio impoverito è stata messa a disposizione di un pool di avvocati guidati da Srdjan Aleksic che da un anno a questa parte hanno avviato una serie di cause per portare la Nato sul banco degli imputati.
Avvocato Tartaglia, a che punto sono arrivate le cause contro la Nato in Serbia?
La prima causa è stata avviata a gennaio dello scorso anno. L’Alta Corte di Belgrado ha assegnato un termine di sei mesi alla Nato per costituirsi in giudizio. Nel diritto serbo la notifica della citazione può essere fatta solo dal tribunale e il ministero della giustizia serbo non ha ottemperato ancora all’ordine della Corte di notificare la citazione alla Nato. Noi ci siamo resi parte diligente e abbiamo comunicato alla Nato la citazione è abbiamo chiesto alla Corte di comunicare l’invito a costituirsi in giudizio alla Nato tramite mail certificata. Stiamo ora attendendo la risposta della Corte. Questo mese di gennaio abbiamo depositato altre due cause. I costi delle tasse sono molto alti in Serbia quando si agisce con azioni risarcitorie e i danneggiati non hanno i soldi per farlo.
Si profila quindi una nuova strategia legale?
Abbiamo deciso di avviare altre cause chiedendo al momento solo l’accertamento di responsabilità. Perché in tale modo le tasse sono esigue e chiunque può agire in giudizio. Una volta accertata la responsabilità e il nesso di causalità potremo poi fare domande risarcitorie collettive e così ridurre notevolmente il costo delle cause dovuto alle tasse. Stiamo lavorando intensamente e credo che riusciremo a dare tutela ai danneggiati. Non vi sono solo questioni legate all’uranio impoverito ma anche questioni relative a bombardamenti indiscriminati con vari tipi di ordigni micidiali fra cui le bombe a grappolo.
Come pensate che i cittadini serbi possano avere giustizia di fronte ad un colosso come la Nato ed alle sue responsabilità di guerra?
L’Alleanza atlantica ha personalità giuridica e vi sono tutti i presupposti per ottenere il risarcimento dei danni ì favore dei danneggiati. Le azioni intraprese in Serbia riguardano sia la responsabilità della Nato per crimini di guerra sia del governo serbo per non aver informato la popolazione dei rischi di trovarsi in ambienti altamente contaminati, sia per non avere adottato alcuna misura di sicurezza. Inoltre va considerato che in Serbia è prevista una responsabilità oggettiva per aver costretto la popolazione e i militari a dover subire la guerra. Io e il mio collega Aleksic intenteremo tutte le azioni per ottenere l’accertamento prima della responsabilità poi il ristoro di tutti i danni nonché finalmente le bonifiche ambientali, spingendo la questione fino ad interessare le autorità giuridiche e politiche europee.
A proposito di Europa, vi sono casi simili a quelli italiani per i soldati di altri Paesi Nato rientrati dalle missioni all’estero?
Sì. In tutti i paesi europei che hanno partecipato alle missioni ma la questione è tenuta molto sotto tono dai mezzi di informazione e i governi negano qualsiasi nesso di causalità. Nel 2019 è apparsa la notizia ad esempio in Germania dove 220 militari tedeschi che si sono ammalati di tumore al rientro dalle missioni hanno chiesto i danni ma il governo ha negato ogni nesso di causalità con l’uranio impoverito. Stiamo cercando contatti e canali per mettere a disposizione la giurisprudenza che abbiamo costruito in Italia anche in altri Paesi europei. Esiste una vera e propria internazionale delle vittime Nato civili-militari che esige verità e giustizia.
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia – onlus
C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00185 ROMA – ITALIA