[Sinistrainrete] Sandro Valentini: Questione comunista o questione della rivoluzione in Occidente?

A partire da questo intervento inviatoci dal compagno Alessandro Valentini, apriamo un dibattito sulla fase attuale del movimento comunista in Italia e il ruolo del Partito Comunista

Comunista o rivoluzionario?

Quando sostengo la necessità di un nuovo soggetto politico per l’Italia e per l’Europa non ripropongo la questione comunista, anzi uso raramente la parola comunista e solo in occasione di riferimenti storici. Sono fermamente convinto che non è tramite il rilancio di un movimento comunista che si possa uscire dalla situazione di subalternità al pensiero liberale. Non è che non consideri le esperienze in cui i comunisti svolgono un ruolo importante, decisivo, strategico. Per esempio in Cina, in Russia, in Vietnam, a Cuba e in altri paesi, ma non è un caso che queste esperienze, tolte delle eccezioni, siano vive, influenti, contino in paesi non occidentali e siano espressione di complessi processi storici, che piaccia o no, si riflettono e pesano nello scenario internazionale.

D’altronde occorre avere in mente la storia. Lenin trasforma la fazione bolscevica del Partito socialdemocratico russo in Partito comunista e fonda sulla spinta dell’Ottobre l’Internazionale perché è certo del trionfo anche in Occidente, nel breve periodo, della rivoluzione. I partiti comunisti non nascono dunque per condurre una battaglia di lunga lena, non era questa la prospettiva indicata dai comunisti russi, ma per fare da subito la rivoluzione in quanto imminente. I partiti comunisti, solo alcuni anni dopo la loro nascita, che tra l’altro coinciderà con la loro sconfitta in Europa, cercheranno – e solo pochi ci riusciranno – di riorganizzarsi per darsi una politica di lungo respiro, che avrebbe dovuto tenere conto del ripiegamento del Pcus, con Stalin, sul socialismo in un solo paese.

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John Bellamy Foster: La difesa della natura: Resistere alla finanziarizzazione della Terra

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La difesa della natura: Resistere alla finanziarizzazione della Terra

di John Bellamy Foster

Questo lungo post è la traduzione di un breve saggio (qui l’originale in inglese) del sociologo americano John Bellamy Foster pubblicato sulla rivista Montly Review. Nei giorno in cui la maggioranza Draghi senza Draghi approva in Commissione il disegno di legge sulla concorrenza e apre alla concorrenza privata internazionale spiagge, acqua e quant’altro, è bene contestualizzare ciò che accade in questa nostra provincia dell’impero con quello che si progetta nel cuore del potere dell’impero basato sull’alleanza tra grande finanza anglosassone e Stato profondo americano

photo 2022 07 29 09.16.16Il 28 ottobre 2021, i leader politici dello Stato malese di Sabah, sull’isola del Borneo, hanno firmato un accordo con la società di comodo di Singapore Hoch Standard, all’insaputa delle comunità indigene, che conferisce alla società il titolo per la gestione e la commercializzazione di “capitale naturale/servizi ecosistemici” su due milioni di ettari di un ecosistema forestale per cento o duecento anni. Sebbene la natura completa dell’accordo non sia stata divulgata, le indagini giornalistiche e la causa intentata da Adrian Lasimbang, un leader indigeno del Borneo malese, hanno rivelato che l’accordo di conservazione della natura ha permesso a Hoch Standard (una holding con due funzionari e un capitale versato dagli azionisti di soli 1.000 dollari americani, ma sostenuta da investitori privati multimiliardari non rivelati) di acquisire diritti commerciali sul capitale naturale dell’ecosistema forestale del Sabah. Le entrate derivanti dai diritti sui servizi ecosistemici, come l’approvvigionamento idrico, il sequestro del carbonio, la silvicoltura sostenibile e la conservazione della biodiversità, nel corso del prossimo secolo sono state stimate in circa 80 miliardi di dollari, di cui il 30%, ovvero 24 miliardi di dollari, andranno alla Hoch Standard. È stato stabilito che il governo del Sabah non può recedere dall’accordo, mentre Hoch Standard può vendere i suoi diritti sul capitale naturale della foresta del Sabah ad altri investitori senza il consenso del governo.

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Fabrizio Casari: Al capezzale dei media USA

altrenotizie

Al capezzale dei media USA

di Fabrizio Casari

C’era una volta il giornalismo statunitense. Come in tutti i gangli vitali del sistema di circolazione delle idee, la mitizzazione della professione giornalistica era lo sfondo della sua narrazione. Si parlava di stampa libera e realmente potente, un quarto potere che faceva tremare tutti gli altri. Si esaltava la sua scuola d’investigazione giornalistica, (sostanzialmente sintetizzabile in “segui i soldi”) e il suo modello di reporter senza macchia e senza paura Che non si ferma dinnanzi a niente e a nessuno, che non teme vendette e rappresaglie perché il suo unico obiettivo è la Verità, quella con la “V” maiuscola, priva di mediazioni e orfana di contesto.

Per alimentare il mito del giornalismo made in USA decisero di santificare questa immagine. Inventarono persino il Premio Pulitzer, una sorta di Nobel del giornalismo che ogni anno doveva essere assegnato a chi si era distinto nel suo lavoro di scoperta e denuncia dei mali del mondo. Che poi fossero i mali che conveniva agli USA denunciare è un altro aspetto della storia.

La notizia di questi giorni, però, è che solo l’11 per cento della popolazione statunitense, mantiene il suo grado di fiducia in quello che i media pubblicano, l’89 per cento non li ritengono affidabili né veritieri. A dirlo non è un ribelle o un militante del sistema mediatico alternativo, tutt’altro.

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coniarerivolta: L’inflazione non è uguale per tutti

coniarerivolta

L’inflazione non è uguale per tutti

di coniarerivolta

Stretto fra guerra e crisi di governo, è passato quasi sotto silenzio un dato interessante e assai istruttivo contenuto nel Rapporto Istat 2022 relativo all’inflazione ed ai suoi effetti sulle famiglie italiane. Al di là della retorica del “siamo tutti sulla stessa barca”, funzionale solo ad imbrigliare eventuali rivendicazioni salariali, l’Istituto evidenzia come gli effetti dell’inflazione siano molto più pesanti per le famiglie più povere. Ma attenzione (e qui viene la parte interessante): questo succede non solo – banale, ma sempre vero – perché chi ha redditi più bassi ha minore margine per contrastare l’effetto dell’aumento dei prezzi, ma anche perché per queste famiglie il dato dell’inflazione è di per sé più alto rispetto alla media nazionale. Ma come? Il dato dell’inflazione non è QUEL numero (unico per tutti) che attualmente oscilla fra l’8 e il 9%?

Prima di capire i motivi di questa asimmetria, indagare le sue implicazioni dal punto di vista distributivo e individuare, di conseguenza, gli strumenti per farvi fronte, cerchiamo di spiegare meglio cos’è e come viene calcolato il tasso di inflazione in Italia.

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Michelangelo Severgnini: L’analfabetismo funzionale di Repubblica sulla Libia

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L’analfabetismo funzionale di Repubblica sulla Libia

di Michelangelo Severgnini

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Mancano meno di due mesi al voto e lo sappiamo già: ne sentiremo di tutti i colori.

Chi scrive o solo pensa un articolo simile è un analfabeta della Libia.

La quasi totalità dei migranti risiede sulla costa occidentale, lì trasportata dalle mafie africane perché sia manodopera a costo zero per le milizie.

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Enrico Grazzini: La Bce detta le condizioni anti-spread per garantire il debito italiano: la Troika si avvicina

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La Bce detta le condizioni anti-spread per garantire il debito italiano: la Troika si avvicina

di Enrico Grazzini

Iniziano a essere chiari gli effetti delle decisioni della Bce di acquistare titoli pubblici (e alzare i tassi di interesse) e della Commissione di imporre ai governi il rientro dai debiti e dai deficit fiscali

bcejtghL’inflazione alza la testa in tutto il mondo e la Banca Centrale Europea e la Commissione Europea rispondono inaugurando politiche monetarie e fiscali restrittive: la Bce da questo luglio cessa di acquistare titoli pubblici e alza i tassi di interesse; e la Commissione impone ai governi di rientrare ancora più rapidamente di prima dai debiti e dai deficit pubblici. Anche perché la Bce smette di finanziarli e quindi il loro costo aumenta. Per contrastare il caro-prezzi i due principali organismi dell’Unione Europea di fatto aggraveranno la crisi, freneranno la ripresa economica post-Covid del vecchio continente provocando più disoccupazione, migliaia di fallimenti e povertà.

L’aumento del tasso centrale di interesse deciso dalla BCE comporta che il credito diventerà più caro: le famiglie pagheranno di più per i mutui e le aziende pagheranno di più per i prestiti necessari per gli investimenti. L’economia verrà rallentata e quindi diventerà ancora più difficile pagare i debiti pregressi. Ci risiamo con l’austerità, questa volta nel nome della lotta all’inflazione. Però il fortissimo aumento del costo del petrolio, del gas e dei cereali, certamente non si cura strozzando il credito e la spesa pubblica perché è provocato dall’invasione russa dell’Ucraina e dai lockdown decisi in Cina dal governo contro la risorgenza del Coronavirus. I problemi del caro-prezzi dipendono quindi esclusivamente dalla carente disponibilità di materie energetiche causata dalla guerra in Ucraina e dai problemi produttivi della Cina, la fabbrica del mondo: anche un bambino comprende che in questo contesto frenare la spesa pubblica e il credito non solo non risolve nulla ma è controproducente.

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Roberto Gabriele: Al voto, al voto? Come affrontare le elezioni in una situazione di guerra e di crisi economica

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Al voto, al voto? Come affrontare le elezioni in una situazione di guerra e di crisi economica

di Roberto Gabriele

Draghi è caduto, ma non dobbiamo sottovalutare la capacità di manipolazione del sistema nelle scadenze elettorali quando chi detiene le leve del potere si riposiziona rapidamente per non perdere. La questione non riguarda un solo settore politico, ma l’intero arco di quelle che, opportunamente epurate, sono considerate le forze concorrenti che possono aspirare a vincere.

Anche stavolta i riposizionamenti sono stati rapidi. La destra, compreso il ‘moderato’ Berlusconi, ha colto l’occasione della crisi per tentare unita la scalata di governo, mentre in zona PD dopo la rottura coi 5 Stelle si cerca di raffazzonare un fronte che impedisca allo schieramento a guida Meloni di andare al governo. Questo appare in superficie, ma dietro le quinte il disegno è molto più complesso. Da quando il partito di Draghi, cioè il vero partito di sistema, è entrato in crisi con la decisione di Conte di non votare la fiducia si è posto il problema del che fare? La destra si sente solida e accetta la sfida, mentre il PD del ‘campo largo’ chiama alle armi tutti i settori della borghesia che conta per avere la forza di fronteggiare la destra, evocando perfino l’antifascismo.

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Gioacchino Toni: Fine lavoro mai. C’è ancora vita oltre il lavoro digitalizzato?

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Fine lavoro mai. C’è ancora vita oltre il lavoro digitalizzato?

di Gioacchino Toni

Ivan Carozzi, Fine lavoro mai. Sulla (in)sostenibilità cognitiva del lavoro nell’epoca digitale, Eris, Torino, 2022, pp. 64, €6.00

Nell’allarmismo con cui i media danno conto dell’aumento di casi di rifiuto di proposte lavorative o di abbandono volontario di un impiego, è ravvisabile la percezione dello scricchiolare di dogmi fondanti il sistema di sviluppo vigente e la consapevolezza che è difficile cavarsela ricorrendo a qualche vecchio luogo comune. Ad essere messe in discussione parrebbero essere la logica dei “sacrifici necessari” e la retorica “smart” con cui lo story telling dominante ha ammantanto tanti “nuovi lavori” digitali. Inizia ad essere difficile nascondere come questi ultimi, nei fatti, risultino “smart” esclusivamente per chi ne trae profitto mentre chi si trova ad eseguirli ne percepisce sempre più distintamente il livello di sfruttamento intensificato e dilatato.

Dietro alla retorica del lavoro “smart”, che può essere svolto “tranquillamente da casa”, si cela un universo di sfruttamento comportante una dilatazione dei tempi di lavoro ed un incremento della solitudine e della frustrazione che finiscono per intaccare l’intera esistenza.

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Carmelo Germanà: Lo Stato e i suoi organi di repressione al servizio del capitale contro i lavoratori

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Lo Stato e i suoi organi di repressione al servizio del capitale contro i lavoratori

di Carmelo Germanà

Da anni va avanti l’attacco durissimo della Procura di Piacenza contro i dirigenti e militanti del sindacalismo di base: Si Cobas e Usb. Che le istituzioni in generale siano al servizio della classe dominante a difesa dei rapporti di classe vigenti è cosa scontata. Tuttavia, colpisce l’accanimento, la pervicacia, il disegno prepotente, di isolare e screditare con accuse infamanti questi lavoratori. Si vuol fare credere che essi siano un manipolo di violenti dediti a utilizzare i loro compagni di lavoro allo scopo di ricavare benefici personali in termini di potere e denaro.

La verità va esattamente nella direzione opposta, sono le multinazionali della logistica con la complicità di padroni e padroncini che appaltano e subappaltano forza lavoro super sfruttata e sottopagata a esercitare sopraffazione e violenza, condizione che oramai va estendendosi in tutto il mondo del lavoro. In questi casi le istituzioni borghesi fanno finta di niente o al massimo esprimono un biasimo di facciata, come pure le morti sul lavoro che si verificano ogni giorno non indignano lorsignori. Le forze dell’ordine sono sempre pronte ad agire contro i lavoratori quando lottano per davvero, mentre non muovono un dito contro le angherie dei padroni quando licenziano o vessano i lavoratori.

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Salvatore Bravo: Liturgia e menzogna

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Liturgia e menzogna

di Salvatore Bravo

Ogni sistema democratico totalitario ha le sue liturgie, i suoi ricordi collettivi su cui costruire l’immagine di sé e del mondo. La storia stessa è ricostruita attraverso i punti nodali in cui interi popoli riconoscono la svolta storica che segna una distanza dai regimi politici precedenti, e specialmente, una svolta irreversibile che si connota per essere un salto di qualità verso un nuovo e co-procede migliore orizzonte politico.

La liberazione di Auschwitz è per l’Occidente verità storica, ma anche mito fondativo indiscutibile. L’attenzione verso il male assoluto e la sua sconfitta con la liberazione dei campi di sterminio hanno segnato la lettura della storia occidentale, fino a farne un mito, fino a trasformarla in una narrazione indiscutibile.

L’irrazionale entra nella storia con i miti pronti a diventare “ideologia” nel senso marxiano del termine. La liberazione di Auschwitz ha reso tale evento storico incomprensibile nelle sue conseguenze e nel suo significato intrinseco. Auschwitz viene in tal modo astratto dal sistema economico e sociale e consegnato al male assoluto che ha fatto irruzione nella storia con il nazionalsocialismo.

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