31/08/2022
Geraldina Colotti: America latina, la “nuova onda” progressista e il socialismo bolivariano
America latina, la “nuova onda” progressista e il socialismo bolivariano
di Geraldina Colotti
Dopo l’attacco ai germogli di rivoluzione sbocciati 20 anni fa in America Latina a seguito dell’affermazione di Hugo Chavez in Venezuela, si assiste a una seconda ondata progressista. Ma sussistono differenze importanti fra le due ondate e differenziazioni strategiche fra le esperienze rivoluzionarie di Venezuela e Cuba e l’approccio moderato di altre forze progressiste, come quella del Pt di Lula in Brasile
Una seconda ondata progressista per l’America Latina? E su quali basi, forze, contenuti, nemici e alleati? La vittoria di Gustavo Petro, in Colombia, ha riacceso il dibattito: con qualche riflesso persino nell’isteria bovina che anima il nostro Stivale, avviato al voto anticipato. Nel pollaio politico in cui si beccano galletti e galline, si ripresenta infatti puntuale il presunto spauracchio Venezuela, simbolo di un socialismo come quintessenza di tutti i mali, fallito in ogni sua forma.
Che il “socialismo bolivariano” sia stato e sia lo stimolo per la tenuta o la ripresa dei processi di cambiamento in America latina, è dimostrato dai fatti. Il primo fatto, più testardo di tutti, è che, in Venezuela, ci sono governi che si richiamano al socialismo da quasi 24 anni: ossia da quando, il 6 dicembre del 1998, l’ex tenente colonnello Hugo Chávez Frias vinse alla grande le presidenziali, alla guida di una coalizione composta da nazionalisti progressisti, da partiti di centro-sinistra o di estrema sinistra e da ex guerriglieri che avevano combattuto con le armi le “democrazie camuffate” della IV Repubblica.
La prima “muta” di quel blocco sociale “plebeo”, deciso a portare la sfida di una nuova egemonia, coniugando 500 anni di lotta anticoloniale a una seconda indipendenza basata sui principi del socialismo (in base, però, a un modello che non fosse “né calco né copia”), avvenne dopo il golpe contro Chávez del 2002, e dopo la lunga serrata petrolifera padronale che seguì al ritorno al governo del Comandante. Gli elementi di socialismo si fecero da allora sempre più marcati. I parametri di quella svolta erano già insiti nel processo costituente, approvato dopo un’ampia discussione nel paese, nel 1999.
Federico Giusti: Crisi della rappresentanza o dei rappresentati?
Crisi della rappresentanza o dei rappresentati?
di Federico Giusti
“Piuttosto che parlare genericamente di crisi della rappresentanza dovremmo analizzare e comprendere la crisi dei rappresentati con l’avvento di quella tecnocrazia ordo-liberista (capitalista) che ha cancellato ogni riferimento tra rappresentanza politica e interessi di classe”
La crisi della rappresentanza politica non scalda i nostri cuori. Da quando si è affermato il dogma della governabilità sono avvenuti, non solo nel nostro Paese ma anche in alte nazioni europee, cambiamenti forse irreversibili sanciti dalla Ue, dall’euro e dal tramonto della sovranità monetaria che ha determinato la crisi della stessa sovranità politica da intendere come autonomia del soggetto statale nel rispondere solo al Parlamento e all’elettorato. Non si tratta di addentrarci in alchimie elettorali o nel ricercare, come fatto da Fondazioni e riviste, la forma migliore del sistema politico ma di sciogliere i nodi salienti e i problemi irrisolti di una lunga crisi che ha attraversato il movimento sindacale e quella che un tempo definivamo genericamente la sinistra.
Marco Pondrelli: L’informazione va alla guerra
L’informazione va alla guerra
di Marco Pondrelli
Ad una settimana dal vile attentato contro Daria Dugin si può dire che assieme alla figlia del filosofo sia morta l’umanità. Nei commenti della stampa italiana si è letto un sottile compiacimento per l’attentato, tanto da arrivare a nascondere le parole del Papa di commozione e condanna (parole che hanno tra l’altro provocato le ire di Kiev). Come al solito i messaggi che vengono mandati sono contraddittori, prima si dice che Putin non è riuscito ad evitare l’attentato e poi che esso è opera dei servizi segreti russi, la confusione regna sovrana.
Non abbiamo letto articoli sugli haters, eppure i social sono ribolliti di commenti compiaciuti per la morte di Daria ed allo stesso tempo dispiaciuti per la mancata morte del padre. Dove sono quei giornalisti che pochi anni fa si stracciavano le vesti per il linciaggio morale subito da Benetton dopo il crollo del ponte Morandi? Probabilmente sono troppo impegnati a difendere Sanna Marin anche se non si sa bene da chi visto che in Italia non si ha notizia di attacchi contro di lei.
Enrico Tomaselli: ‘Sirianizzazione’ del conflitto?
‘Sirianizzazione’ del conflitto?
di Enrico Tomaselli
Torna a porsi la questione di una eventuale sirianizzazione del conflitto Ucraino; lo fa, da ultimo, l’analista militare russo Boris Rozhin, autore del canale Telegram Colonel Cassad. Secondo Rozhin, che aveva previsto questa evoluzione già a marzo, gli indizi di tale evoluzione sarebbero fondamentalmente questi:
“1. I fronti con le città bastione hanno preso forma e si sono stabilizzati.
2. Il nemico sta usando sempre più e sistematicamente metodi di guerra puramente terroristici.
3. La dimensione del teatro delle operazioni supera le forze disponibili di entrambe le parti, nonostante tutti gli sforzi per accrescere raggruppamenti.
4. Le forniture di armi straniere svolgono un ruolo significativo per mantenere l’intensità del conflitto, ed è impossibile bloccare completamente i canali di queste forniture.
5. Ruolo significativo dei mercenari stranieri e dei servizi speciali nell’organizzazione delle attività nemiche.
Mauro Armanino: Cronache di ordinarie nostalgie da fine agosto
Cronache di ordinarie nostalgie da fine agosto
di Mauro Armanino
Genova, agosto 2022. A motivo della siccità e delle violenze dei gruppi armati terroristi che hanno impedito ai contadini di coltivare la terra, il Niger è quest’anno, una volta di più, colpito da una grave crisi alimentare. Secondo il governo oltre 4 milioni di persone si trovano in stato di insicurezza alimentare ‘severa’, cioè circa il 20 per cento della popolazione. Il tasso di malnutrizione acuta dei bambini rischia di essere del 12, 5 per cento. Nello stesso articolo, pubblicato da ‘Le Monde e l’ AFP’, si nota che il Niger si appresta a ‘provocare ‘ delle piogge con l’aiuto di aerei e di prodotti chimici adatti a questo scopo. La prima nostalgia, dopo un mese dal ritorno in ‘patria’ è quella del luogo. Così come per le parole, tutte marcate dall’uso e dall’abuso, anche i luoghi non sono ‘innocenti’. ‘Sguardare’ il mondo da qui non è lo stesso che osservarlo dal Sud perché è dal ‘sottosuolo’ della storia che si colgono con maggiore eloquenza le sofferenze e le violenze che altrimenti passerebbero inosservate.
Valerio Romitelli: Disertare contro il perbenismo guerrafondaio
Disertare contro il perbenismo guerrafondaio*
di Valerio Romitelli
Tra i tanti significati che può avere il termine gergale “perbenista” ce ne è uno che lo rende particolarmente d’attualità. Diciamo dunque che perbenista è chiunque creda che il mondo così com’è andrebbe bene, anzi di bene in meglio, se non ci si mettessero di mezzo dei fenomeni maligni, diabolici, che ne ostacolano il normale progresso civile e naturale.
Alla luce di questa definizione possiamo distinguere almeno due tipologie di perbenisti. C’è quella più classica del perbenista conservatore e moderato, che crede anzitutto nelle virtù civilizzatrici dello sviluppo tecnologico e delle istituzioni statali garanti della libertà; qui i fenomeni contrari al bene del progresso deriverebbero quindi dai cattivi sentimenti serpeggianti tra gli individui, quali la disonestà, la corruzione, l’ignoranza o la prepotenza autoritaria, se non totalitaria, ai quali le istituzioni democratiche o le virtù concorrenziali connesse alla libertà di mercato sarebbero chiamate a porre limiti.
Accanto a questa tradizionalissima figura di perbenista liberale, moralista, conservatore e moderato, c’è però anche quella del perbenista di sinistra, non esclusa anche la più estrema. Anche qui non manca certo la fiducia nella potenza emancipatrice del progresso tecnologico, ma la figura collettiva portatrice del bene nel mondo da questo punto di vista non è tanto lo Stato o le istituzioni pubbliche quanto il sociale. Sarebbero infatti le lotte e la cooperazione solidale messe in campo dalla “moltitudine” più generica e sfruttata dell’umanità a creare il “bene comune”; quel “bene comune” in cui si condenserebbero gli avanzamenti sia dello sviluppo tecnologico sia del riconoscimento dei diritti sociali.
John E. King: I dilemmi marxisti di Paul Sweezy
I dilemmi marxisti di Paul Sweezy
di John E. King
L’economista statunitense ha dedicato la propria vita a comprendere il funzionamento del capitalismo e i suoi cambiamenti dai tempi di Marx. Le grandi domande economiche che ha affrontato perseguitano ancora oggi la sinistra socialista
Paul Sweezy è stato uno degli economisti marxisti più illustri e più controversi del ventesimo secolo. Ha affrontato alcune delle questioni più vitali che chi vuole comprendere il capitalismo per poterlo superare si trova davanti. Nonostante abbia giocato un ruolo significativo nel diffondere le idee di Karl Marx, non gli è bastato fermarsi a questo e ha sviluppato un proprio schema concettuale per spiegare il modo in cui le economie capitaliste si stavano evolvendo durante i decenni del dopoguerra.
I suoi due libri più importanti, La teoria dello sviluppo capitalistico (1942) e Il capitale monopolistico (1966), quest’ultimo scritto insieme a Paul Baran, hanno generato una grande quantità di letteratura critica, e sono stati tradotti in molte lingue. La sinistra odierna è ancora alle prese con i problemi che Sweezy ha incontrato nel cercare di dare un senso al capitalismo contemporaneo, e la sua influenza continua a farsi sentire nel mondo intellettuale dell’economia politica radicale.
Il percorso di Sweezy verso il marxismo
Paul Marlor Sweezy è nato a New York City il 10 aprile 1910, figlio di un banchiere di Wall Street. È stato educato alla Phillips Exeter Academy e all’università di Harvard, dove si è laureato nel 1931, senza aver imparato assolutamente niente di Marx. Nel 1932-33, si è iscritto alla London School of Economics, dove ha studiato economia liberale sotto Friedrich von Hayek e Lionel Robbins, ma ha anche appreso idee politiche socialiste da Harold Laski.
Piccole Note: Liz Truss rinnova l’opzione apocalisse
Liz Truss rinnova l’opzione apocalisse
di Piccole Note
Liz Truss, accreditata come prossimo premier britannico al posto dell’uscente Boris Johnson, ha dichiarato che “sarebbe pronta a usare le armi nucleari anche se ciò significa l’annientamento globale”.
Tale la follia che alberga nella Politica dell’Occidente, e ciò spiega anche la connivente indifferenza riguardo al bombardamento della centrale atomica di Zaporozhye da parte dell’esercito ucraino (di cui gli ucraini incolpano i russi, nonostante la palese falsità, perché la centrale è sotto il controllo russo ed è da escludere che possano spararsi addosso).
Di oggi la notizia che quattro missili hanno colpito il centro di stoccaggio degli isotopi radioattivi, anche se per fortuna non si registrano danni significativi (ma è da notare che si continua ad alzare l’asticella degli obiettivi).
L’attacco, il più grave da quando gli ucraini hanno iniziato a far piovere missili sulla centrale, avviene nel giorno in cui il Direttore generale dell’agenzia atomica dell’Onu, Rafael Mariano Grossi, si è incontrato con il direttore generale di Rosatom, l’agenzia per l’energia atomica russa, Alexei Likhachev, a Istanbul, che si conferma crocevia diplomatica cruciale per la guerra ucraina.
Giovanni Dursi: “Politica” ed elezioni. Lettera aperta ai “leader” d’opposizione governativa di ”sinistra”
“Politica” ed elezioni. Lettera aperta ai “leader” d’opposizione governativa di ”sinistra”
di Giovanni Dursi*
Ancora una volta si procede in ordine sparso. I residui atomi di quello che fu il movimento proletario rivoluzionario, sembrano rianimarsi, con le migliori intenzioni, in prossimità delle Elezioni politiche. Pare che per costoro per costruire una società “nuova” sia utile e doveroso transitare da una elezione all’altra, cercare il consenso necessario (dal termine latino, consensus, “conformità dei voleri”), giocare ai duri e puri, finendo così, in ultima istanza, con il legittimare il regime democratico capitalista. Sembra che la contesa con il comando capitalista si dispieghi esclusivamente nelle proposizioni antiliberiste ed antifasciste, nella comunicazione sociale di una presunta diversità (alimentata da un infinito elenco di diritti negati e dalla contrarietà al non rispetto delle stesse leggi; potrebbe essere altrimenti nella società capitalista ?) che, tuttavia, non allude ad una identità politica-organizzativa antisistema. Anzi. L’indifferenza alle variabili rivoluzionarie di un processo antagonista vengono del tutto riassorbite dalla retorica e dalle buone ragioni, ma senza mai mettere in discussione l’assetto di potere, le contraddizioni di base sulle quali si impone e rinnova costantemente la storica divisione in classi del corpo sociale che vede il proletariato del XXI secolo ancora in catene, subalterno ed impotente.
ilsimplicissimus: Covid: per Russia e Cina l’ombra di un attacco biologico
Covid: per Russia e Cina l’ombra di un attacco biologico
di ilsimplicissimus
Oggi vorrei dedicarmi a un tema che non ho mai affrontato in via diretta, ma che penso sia stato e sia tutt’ora uno dei fattori di estrema confusione e di ambiguità che regnano indisturbati: si tratta dell’idea che siccome la Cina e la Russia sono state ligie alla narrazione pandemica, allora anche esse partecipano alle agende che l’Onu e il Wef hanno presentato e che hanno cominciato ad avere concreta realizzazione con l’isteria covidica. E in questo senso anzi la Cina viene presentata come una protagonista delle limitazioni alla libertà di movimento che sono diventate ormai comuni e accettate dalla maggioranza della popolazione dopo due anni e mezzo di inferno. Mosca e Pechino alleate del neocon americani e del deep state pur essendo di fatto in guerra con l’occidente? Tutto però diventa chiaro se si legge la documentazione che Mosca ha presentato riguardo alle scoperte fatte sui laboratori americani per la guerra biologica allestiti in Ucraina: vengono portate prove di ciò che i servizi russi già sapevano, ovvero che in quei laboratori dove peraltro lavoravano i ricercatori delle multinazionali americane del farmaco, si tentava di fabbricare agenti patogeni particolarmente virulenti per la popolazione russa.
Francesco Lenzi: Sei mesi di sanzioni a Putin: l’economia russa non crollerà
Sei mesi di sanzioni a Putin: l’economia russa non crollerà
di Francesco Lenzi
Un bilancio: L’inflazione è alta, ma stabile da mesi, il Pil calerà del 4-6%, il rublo sta bene e la valuta estera entra più di prima
La caduta di Draghi, le elezioni in arrivo e il confronto sempre più acceso tra Cina e Stati Uniti stanno facendo sparire dai radar quel che accade in Ucraina: si fa presto ad assuefarsi alle notizie. La guerra sul campo, che sembra ormai diventata di posizione, offre pochi spunti e anche l’andamento dell’economia russa ha perso le prime pagine dei giornali.
Abbiamo passato i primi mesi dell’invasione aspettando da un giorno all’altro l’imminente e fragoroso collasso dell’economia di Vladimir Putin sotto i colpi inferti dalle sanzioni. Il collasso però, dopo sei mesi di guerra, non è avvenuto e probabilmente non avverrà, mentre i costi imposti all’Europa via prezzi energetici sono assai maggiori di quelli inizialmente prospettati ai cittadini del Vecchio continente.