Fabrizio Verde (direttore L’AntiDiplomatico) – 07/09/2022
Lo scorso 1 di settembre si è verificato in Argentina un attentato contro la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, un evento che ha trovato la ferma condanna degli argentini e leader politici in America Latina e nel mondo.
Con il passare dei giorni, vengono rivelati nuovi dettagli su questo gravissimo atto terroristico. Nelle ultime ore, l’avvocato difensore della vicepresidente, Gregorio Dalbón, ha dichiarato che la sua cliente ha deciso di accusare il suo aggressore e chiederà che il caso venga classificato come tentato femminicidio.
Restano alcune domande.
Chi era l’attentatore? Ha agito da solo o in coordinamento? Cosa lo ha spinto a compiere l’attentato che avrebbe dovuto uccidere Cristina Fernández de Kirchner? Perché l’attacco è fallito?
L’attentatore e i suoi complici
L’uomo che ha tentato di colpire con una pistola la vicepresidente argentina è stato identificato come Fernando André Sabag Montiel.
Sabag Montiel ha 35 anni. È originario del Brasile e vive in Argentina dal 1993. Sul suo braccio è ben visibile un chiaro tatuaggio nazista, così come sulla mano che brandisce la pistola che avrebbe colpito a morte la vicepresidente dell’Argentina se non si fosse inceppata al momento di esplodere i proiettili. Indagando gli investigatori hanno scoperto che in passato era stato tratto in arresto perché trovato in possesso di un coltello. Come riferito in precedenza, ha un tatuaggio nazista sulla mano sinistra, visibile nelle foto che lo ritraggono sui social network. Si tratta della Croce di Ferro, una decorazione dell’esercito tedesco che non è stata più assegnata nel 1945 perché associata a quelle assegnate durante il nazismo.
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La vicepresidenta de Argentina, Cristina Fernández de Kirchner, ha sufrido un intento de asesinato en el centro de Buenos Aires. Un hombre ha apuntado una pistola a escasos centímetros de su cabeza, pero el arma se encasquilla.pic.twitter.com/fySAXCuhjp
— Descifrando la Guerra (@descifraguerra) September 2, 2022
Questo è il brodo di coltura che ha nutrito Sabag Montiel e quindi armato la sua mano. il gruppo su cui si concentra l’attenzione per il tentato omicidio di CFK non costituisce una grande organizzazione, ma un gruppo marginale, con un’ideologia che mescola ingredienti di ogni tipo: antikirchnerismo, antiperonismo, razzismo, neonazismo.
Sabag ha usato un’arma vecchia di 50 anni, non sapeva come muovere il carrello o era così nervoso da non averlo fatto in maniera corretta e ha usato proiettili prodotti nel 1999. Alcuni riferiscono che si sia persino vantato in alcuni gruppi metal sui social network, anticipando che avrebbe ucciso CFK. Un gruppo più piccolo di odiatori con una logistica apparentemente ridotta, ma non per questo meno pericoloso. E non sono gli unici odiatori armati che circolano in Argentina e in molti altri Paesi, riferisce il quotidiano Pagina|12.
Sabag Montiel non ha agito da solo. Sul luogo dell’attentato, quando mischiato tra la folla che per giorni ha sostato sotto l’abitazione di Cristina Fernández per difenderla da un eventuale arresto ha provato a sparargli, c’era anche una donna. La sua compagna Brenda Uliarte, di 23 anni, anch’essa di ideologia neonazista ma che aveva anche una vita parallela con produzioni porno, alcune leggere e altre più pesanti, comprese scene di violenza.
In alcune foto visionate dal quotidiano argentino Página|12 Brenda Uliarte è in posa con l’arma con cui si è tentato di colpire Cristina Fernández de Kirchner. La brandisce e finge persino di premere il grilletto. Appare in altri scatti a figura intera con la pistola, una Bersa calibro 32, legata alla cintura dei suoi pantaloni neri. Secondo gli investigatori che indagano sul caso queste sono tutte indicazioni che potrebbe esserci stata una pianificazione per l’attentato e stanno ancora cercando di stabilire la possibile partecipazione di altre persone. Inoltre la donna è stata avvistata sul luogo dell’attentato anche nei giorni precedenti e non solo quando Sabag ha provato a uccidere la vicepresidente CFK.
La famiglia della donna sostiene abbia avuto un passato molto difficile, con abusi sessuali da bambina, l’abbandono da parte della madre, la perdita di un bambino, la morte della nonna che l’ha cresciuta. Suo cugino, suo zio e un ex fidanzato, affermano che era silenziosa, che parlava poco. Tutti argomenti che la sua difesa intende utilizzare per dissociarla dal gesto di Sabag. Tuttavia dall’analisi del suo cellulare emerge che quasi dava ordini a Sabag, il quale come ha affermato uno dei suoi amici, era “l’idiota del gruppo”. Il contenuto del dispositivo è attualmente ancora in fase di analisi.
Un altro aspetto che si annuncia fondamentale per fare chiarezza su quanto accaduto sarà la ricostruzione delle dinamiche e del funzionamento del gruppo. Sono oggetto di indagine i legami con organizzazioni radicalizzate e di estrema destra come Revolución Federal, che negli ultimi mesi ha inscenato alcune delle proteste e manifestazioni più aggressive contro funzionari ed esponenti di governo con minacce come “non potranno camminare in pace”, “Cristina in prigione ora”, “basta con il kirchnerismo”.
Il contesto dell’attentato
Da metà agosto, centinaia di argentini si sono radunati giorno e notte all’ingresso della residenza di Cristina Fernández per esprimerle il loro sostegno e la loro solidarietà di fronte all’azione giudiziaria contro di lei. Ennesima azione di lawfare ai danni di un leader progressista latinoamericano. Basti pensare a quanto accaduto a Lula in Brasile o all’ex presidente Correa e al suo vice Glas in Ecuador.
Va dunque evidenziato che il procuratore Diego Luciani, responsabile del caso Vialidad, in cui Cristina Fernández è accusata di corruzione senza prove, ha chiesto una condanna a 12 anni di carcere e la sua proscrizione politica, che le impedirebbe di candidarsi alla presidenza nel 2023.
Solo per citare una delle tante irregolarità di questo processo, il tribunale federale le ha negato il diritto alla difesa. Cristina Fernández ha risposto rivolgendosi alla nazione con un appassionato discorso dove ha dimostrato con argomenti che l’ex presidente Mauricio Macri e i politici a lui vicini si stanno arricchendo con milioni di fondi pubblici e che i giudici del caso Vialidad li stanno proteggendo.
Nei mesi precedenti la stampa mainstream locale ha dato voce a numerose espressioni di odio e violenza contro il peronismo e il kirchnerismo (anche da parte di politici locali) e, in particolare, contro Cristina Fernández, incitando all’offesa e alla demonizzazione nei suoi confronti.
A tal proposito il giornalista Victor Hugo Morales ha evidenziato come i media abbiano “oltrepassato il limite” arrivando perfino a parlare di un “presunto attacco” alla vicepresidente Cristina Kirchner. Per farlo, ha commentato uno scambio televisivo tra un giornalista di un canale di informazione e un manifestante durante le marce in difesa della democrazia di venerdì scorso, in cui il giovane attivista ha puntato il dito contro “i media, parte della magistratura e parte della leadership dell’opposizione”.
“La ragazza (la giornalista) perde perché non c’è difesa etica per quel canale. Possono dire qualsiasi sciocchezza al servizio di questa mafia. Sono loro che hanno creato questa discarica in cui si è trasformato il giornalismo. Hanno messo in testa alla gente una serie di sciocchezze, dicendo che si trattava di una manovra e che non era un attacco. Quando si è capaci di questo, si lavora per una mafia. Siete davanti alla porta di un locale dove il boss mafioso vende droga. E quello che viene venduto è un veleno che viene consumato dalla popolazione. Con molto meno veleno hanno cambiato la testa di coloro che sono insorti in Cile. I media hanno battuto la Costituzione. Hanno fatto votare la gente contro se stessa”, ha denunciato uno dei più importanti giornalisti argentini su AM750.
Il risorgere del neonazismo
Un aspetto inquietante di questa vicenda riguarda il ruolo giocato dai neonazisti e questi gruppi estremisti dove crescono personaggi come Sabag Montiel e Brenda Uliarte. Non è la prima volta in America Latina che vediamo negli ultimi anni gruppi neonazisti in azione contro leader e governi progressisti. I casi più eclatanti li abbiamo avuti in Venezuela e Nicaragua. Al pari di quanto accade in Ucraina dove i paramilitari neonazisti come quelli del Battaglione Azov costituiscono la punta di lancia della manovalanza sul campo dell’attacco occidentale alla Russia.
Se da una parte politica e media liberali agitano lo spauracchio di forze estremiste e sovraniste in procinto di poter andare al governo in vari paesi, dall’altra avviene lo sdoganamento aperto di neofascisti e neonazisti da utilizzare contro governi e leader progressisti e socialisti in America Latina, così come avviene in Ucraina. In questo caso però media e politica liberale tendono a occultare la ripugnante ideologia neonazista che muove queste pedine dell’imperialismo. Così ci ritroviamo estremisti neonazisti che si trasformano per magia in “lettori di Kant” o semplici combattenti per la libertà.
Ma questa è una storia vecchia quanto l’imperialismo occidentale e la conosciamo ormai fin troppo bene.