Aginform – 03/09/2022
Finora abbiamo sempre ragionato sul fatto che in questa campagna elettorale il tema della guerra e delle sanzioni è di fatto rimasto assente. I partiti della guerra si stanno misurando su temi fasulli mentre l’occidente a guida americana insiste sulla guerra in Ucraina e approfondisce con le sue scelte la crisi economica.
Una sinistra ininfluente si barcamena nel frattempo nella caccia ai voti ed arriva anche a forzare i toni, come Sinistra Italiana e Verdi che, in piena sintonia con la propaganda ucraina e NATO.USA, protestano all’ambasciata russa a Roma accusando i russi con sprezzo per la logica di autobombardarsi. Ma, senza arrivare a questi limiti, la condanna della aggressione russa, nella consolidata tradizione del “nè… nè”, è merce a buon mercato che inquina e annebbia lo sguardo, nelle iniziative di Rifondazione sempre rigorosamente “contro Putin e contro la NATO” come nella lista di De Magistris.
Il clima che si è generato in campagna elettorale è quindi tra i peggiori e dominato dalle beghe sull’agenda Draghi a da pronostici che vedono la destra variamente articolata dalla Meloni a Calenda all’attacco mentre le giaculatorie di Letta ne annunciano la disfatta.
Di fronte a questo scenario gli elettori si trovano davanti al dilemma se votare o no ed eventualmente per chi votare. Ribadito il fatto che il candidato che vorremmo, come si diceva un tempo esibendo la foto di Marx, non è in lista e che la cosa più vergognosa è che la sinistra acchiappavoti non ha trovato la dignità di un fronte unito per combattere contro i partiti della guerra, dobbiamo comunque entrare nel merito degli esiti possibili della campagna elettorale e considerarne le conseguenze e gli sviluppi.
La prima questione riguarda la probabilità, che è quasi certezza, che la destra a guida meloniana consegua una larga maggioranza. Questo esito non sarà indolore. Il rischio non è tanto il cialtronesco programma elettorale che potrebbe crollare come un castello di carta di fronte alle contraddizioni che produrrebbe. La questione più grave sta nel fatto che la Meloni è un burattino nelle mani di chi ha capito i pericoli che il sistema corre e pensa di andare ai ripari con un governo forte puntando sul binomio Meloni-Draghi. A pensar male è peccato, come si usa dire, ma questa è una prospettiva realistica.
Dall’altra parte dello schieramento che cosa succede? L’alleanza posticcia di Letta manca di credibilità e di prospettive politiche e le foglie di fico rappresentate dai suoi alleati non migliorano la situazione. Anzi, incalzato da quello che viene definito terzo polo a guida Calenda, Letta rischia di perdere quel ruolo di stabilizzatore del sistema che con alterne vicende ha mantenuto fino ad oggi.
Si aprirà allora una crisi del PD che porterà a un rimescolamento delle carte dopo la sconfitta elettorale? La questione riguarda la sopravvivenza stessa del partito. Cosa succederà in questo contesto a sinistra dopo il voto? Determinante in questo senso sarà il risultato che conseguirà Conte. La sua sopravvivenza come forza politica a sinistra potrebbe innescare un processo di più ampia portata e modificare il panorama politico che Letta voleva presuntuosamente ridurre a una contesa tra lui e la Meloni.
Il panorama è dunque questo. E su questo dovranno riflettere i compagni e le compagne per uscire dalla lotteria del voto e ricavarne conclusioni serie su cosa fare dopo il 25 settembre. Noi un ragionamento ci siamo sforzati di farlo, e se ne vogliamo trarre le conclusioni, dalle conseguenza della vittoria della destra e dal disastro del PD quelle che emergono sono due. Una riguarda il livello dell’astensionismo: se questo crescerà sarà un fattore positivo perchè indicherà che gli italiani non si sono fatti turlupinare dalle chiacchiere della destra. L’altra è che un risultato positivo di Conte accelererà la crisi di un PD marcio e aprirà gli occhi a molti elettori. Queste considerazioni portano a decidere qual è il voto utile.