Fulvio Grimaldi – 28/09/2022
Mio intervento a “Mosaico”, di Visione TV, sull’attentato terroristico contro i gasdotti Nord Stream 1 e 2, che realizza la promessa di Biden, imbeccato dai poteri che lo teleguidano, fatta al cancelliere Scholz nella sua visita a Washington: “Se la Russia invade… l’Ucraina, allora non ci sarà più un Nord Stream… Noi saremo in grado di farlo”.
Se non ci fosse la logica del cui prodest, a chi conviene, la definitiva rottura dei rifornimenti energetici russi a Germania ed Europa, tutta la storia del terrorismo, di esclusiva paternità dei manovratori occidentali e dei loro mercenari, via via islamisti, nazisti, fascisti, colorati vari, basterebbe questa minaccia del presidente USA per sapere chi abbia collocato gli esplosivi nel Baltico per far saltare i gasdotti.
Il sabotaggio di quanto molti parlamentari europei e forze politiche tedesche ed europee volevano ripristinato come mezzo indispensabile e vitale per evitare al nostro continente una catastrofe economica e sociale di proporzioni mai viste, coincide con il molto pubblicizzato avvio di modeste forniture di gas dalla Norvegia, attraverso Danimarca e Baltico, alla Polonia. E il capitolo forse terminale di una pressione e di un ricatto implacabilmente imposti alla Germania della Merkel dai tempi di Bush e Obama e arrivati al parossismo con Biden e il tentativo definitivo di staccare l’Europa dal resto del continente eurasiatico, sua naturale proiezione. Europa da indebolire e impoverire in quanto competitrice sui mercati mondiali, e consolidarne la totale dipendenza politica, nel caso energetica, dagli Stati Uniti.
L’alluvione di menzogne, ridicole fino all’infantilismo, che cercano in questi giorni di occultare la realtà incontrovertibile di una libera scelta dei popoli russi del Donbass di ricongiungersi alla madrepatria, cianciando all’unanimità di “referendum farsa”, di voto sotto i fucili puntati, è uguale e speculare al tentativo di attribuire ai russi l’iniziativa di far saltare le proprie infrastrutture nel Baltico.
Si tratta, insieme ad altre manovre di distrazioni di massa, di sottrarre al voto quasi unanime degli abitanti delle repubbliche popolari di Luhansk e di Donetsk, come di altri territori russofoni, l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Anche perché a questa, a dispetto di manipolazioni e bufale, non può sfuggire l’ennesimo dato logico. L’evidenza discende dal solito cui prodest per cui una popolazione che ha rifiutato il colpo di Stato USA del 2014 a Kiev e, soffrendo perdite e danni inenarrabili, ha resistito poi per oltre otto anni agli assalti sanguinari di forze terroristiche dichiaratamente naziste, sotto guida, armamento e addestramento NATO, oggi vota massicciamente contro golpismo, nazismo, NATO e per ricongiungersi allo Stato che queste popolazioni difende.
Va notato come la criminalità bellica occidentale si stia muovendo su una moltiplicazione dei fronti, nella perenne strategia dell’assedio alla Russia. Insieme alla guerra ai gasdotti russi, si accentuano le pressioni attorno ad altri suoi confini, a partire dalla nuova guerra d’aggressione turco-statunitense dell’Azerbaijan all’Armenia e a proseguire con l’ennesima rivoluzione colorata contro il governo iraniano. Si inserisce in questo contesto anche il rinnovato tentativo di mobilitare gli ex-fiduciari etiopici della provincia secessionista del Tigray, già al governo ad Addis Abeba e infeudati agli USA, contro il nuovo governo etiopico di Abiy Ahmed e contro i suoi alleati eritrei (l’Eritrea è stata uno dei cinque paesi dell’ONU che hanno votato contro le sanzioni alla Russia. E Tedros Gebrejesus, capo dell’OMS finanziato da Bill Gates, era ministro nel regime filo-USA dei Tigrini e oggi fa lobbismo contro il governo indipendente di Addis Abeba).
Particolarmente spettacolare per una disinformazione al limite del grottesco, l’episodio iraniano che succede all’entrata dell’Iran nello SCO, il patto di Shanghai per la cooperazione tra paesi asiatici, e ai suoi recenti accordi di collaborazione anche militare con la Russia.
Nell’occasione gli USA sono tornati a impiegare, accanto alle fantasmagorie propagandistiche dei media assoldati sulle inevitabili atrocità repressive del “regime”, le milizie armate della minoranza curda, sostenute dai collaborazionisti del Kurdistan iracheno, e il terrorismo stragista dei Mujaheddin – e – Khalk, Mujaheddin del Popolo. Una formazione mantenuta in vita finanziariamente e armata da NED e CIA, già ospitata in Iraq e ora trasferita da Washington in Albania, diretta da Maryam Rajawi, Dall’inizio della rivoluzione del 1979, opera in Iran, in congiunzione con il Mossad, con attentati contro civili, assassinii di scienziati iraniani, sabotaggi economici.
Naturalmente, citando i numeri di morti e feriti attribuiti alla repressione, i nostri media si scordano di menzionare queste presenze armate, come anche dei milioni di manifestanti che in questi giorni si sono espressi a sostegno del governo a Tehran, Ishfahan, Shiraz e altre città persiane.
Noi, invece, quando sentiamo di uccisioni di giovani donne a Tehran, ci ricordiamo benissimo di Neda Soltan, giovane iraniana “uccisa dalla polizia a Tehran il 20 giugno del 2009, durante la cosiddetta “rivoluzione verde” contro la rielezione di Ahmadinejad, il migliore e più laico presidente mai eletto nell’Iran dalla rivoluzione islamica. Era la prima delle tre rivoluzioni colorate con cui Washington e George Soros sono andati a sbattere contro un paese che, ci piaccia o no, piaccia o no ai nostalgici dello Shah, è saldo sul sostegno del proprio popolo.
Di Neda fu detto che era stata colpita da fucilate di una forza paramilitare filogovernativa. Ma saltò fuori un video in cui si vedevano i compagni di Neda, un medico e il compagno, versare del sangue sul viso della ragazza, che poi, guardato in giro, strabuzzava gli occhi e “moriva”.
Mesi dopo una giovane dagli stessi connotati fisionomici, stesse misure anatomiche e stesso nome nello stesso passaporto, riapparve a Monaco di Baviera. Immagine e notizia sconvenientemente sfuggita ai controlli. E’ la stampa in Occidente, bellezza.