Aginform – 21 novembre 2022
Mentre a livello mondiale si scruta l’orizzonte per capire se esista uno spiraglio per uscire dalla guerra in Ucraina e milioni di persone, soprattutto in Europa, auspicano una tregua e una trattativa per arrivare alla pace, continua la discussione sulle responsabilità del conflitto. Da una parte c’è la feroce e martellante campagna di guerra che viene dalla NATO, dalla UE e da tutti gli stati e partiti che partecipano alla campagna atlantista, dall’altra c’è lo schieramento pacifista che, pur condannando l’operazione militare speciale russa, insiste per una soluzione del conflitto. A completare il quadro, il dibattito sulla posizione da prendere in merito all’operazione militare speciale russa si è aperto anche all’incontro dei partiti comunisti e operai tenutosi a l’Avana il 28 e 29 ottobre.
E’ curioso che la discussione su questo si apra in un ambito come quello comunista. Il fatto è che fino all’incontro di Cuba, con l’eccezione del Partito Comunista della Federazione Russa [qui], si è cercato sostanzialmente di passare sotto silenzio il fatto che da tempo un gruppo di partiti comunisti guidati dal KKE greco aveva imboccato la strada che Lenin nel suo celebre scritto aveva definito estremismo e che oggi riemerge, anche se come malattia senile più che infantile. Già prima dell’incontro dell’Avana infatti c’erano state numerose ed esplicite dichiarazioni del KKE, e di quella che potremmo definire una sorta di quinta internazionale ad esso collegata, in cui si affermava che Russia e Cina sarebbero potenze imperialiste, non diverse nella sostanza dal blocco occidentale. In questa chiave venivano valutate ad esempio scelte come il progetto cinese della ‘via della seta’ e la linea putiniana di difesa della Federazione russa dai progetti americani di disgregazione.
Quando è iniziata l’operazione militare speciale in Ucraina, queste posizioni si sono naturalmente trasferite nel giudizio sul carattere della guerra che per il KKE e i suoi sodali è diventata una guerra tra opposti imperialismi, quindi non solo da condannare, ma da combattere in egual misura attraverso la mobilitazione dei rispettivi proletariati per trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria secondo l’indicazione leniniana del periodo della prima guerra mondiale.
Questi paralleli devono preoccuparci non solo perchè storicamente improponibili, ma anche perchè pongono problemi di orientamento teorico e strategico per i comunisti sopravvissuti alla catastrofe dei anni ’90 del secolo scorso. C’è bisogno in altri termini di una chiarificazione che faccia uscire il movimento comunista dal parcheggio archeologico a cui sembra destinato. Forse la scelta del KKE costringerà molti comunisti e intere organizzazioni comuniste a uscire dal diplomatismo e assumersi la responsabilità di prese di posizione adeguate alla fase storica che stiamo attraversando, partendo da una valutazione obiettiva dei fatti.
La domanda che ci facciamo è questa: come mai organizzazioni che si definiscono comuniste e antimperialiste si rifiutano di capire che il conflitto ucraino nasce da fattori incontestabili come il colpo di stato di Maidan, il progetto americano di portare l’Ucraina nella NATO per completare l’accerchiamento della Russia, la guerra contro le popolazioni del Donbass, il sogno americano di fare della Crimea una base navale americana nel mar Nero?
La risposta russa era necessaria per impedire la neutralizzazione del deterrente militare della Federazione che si stava profilando attraverso l’accerchiamento, e bloccare l’avanzamento del grande obiettivo strategico degli USA (condiviso ovviamente dagli europei) di disgregare la Federazione russa come era stato fatto con l’Unione Sovietica ai tempi di Eltsin e di Gorbaciov.
Noi comunisti dobbiamo necessariamente partire da questi fatti non solo per esprimere un giudizio corretto sulla guerra e le sue cause, ma anche per capire l’importanza strategica dell’esito del conflitto in Ucraina. Su questo terreno non si gioca solo il destino dell’indipendenza della Russia, ma anche la possibilità o meno che la crisi di egemonia degli USA e dei loro alleati occidentali, che sta portando a un mondo multipolare non più dominato dagli americani, venga fermata riportando indietro la storia mondiale dei due ultimi decenni.
Nel movimento comunista internazionale, c’è anche da chiarire una questione di carattere teorico che va oltre la geopolitica e cioè la definizione del carattere delle contraddizioni della nostra epoca e delle prospettive dopo il crollo dell’URSS e la svolta cinese. Quale incidenza hanno questi fattori nel cambiare tempi e modi della trasformazione iniziata nel 1917 in Russia e in che modo si presentano i passaggi oggettivi che abbiamo di fronte? Lo schematismo delle analisi e la loro vernice ‘rivoluzionaria’ non aiutano a capire la realtà.
L’analisi delle organizzazioni che fanno capo al KKE e seguono la teoria dei tre imperialismi porta ad assumersi responsabilità analoghe a quelle dei gruppi trotskisti e bordighisti che a ridosso della seconda guerra mondiale combattevano l’URSS in nome di un sinistrismo che si è dimostrato fallimentare, ma è servito alle forze imperialiste, all’epoca nazi-fasciste, per combattere il movimento contro la guerra definito nel VII congresso dell’Internazionale comunista.
La consistenza organizzativa dei sostenitori di queste teorie, firmatari a Cuba della risoluzione denominata “sulla guerra imperialista nel territorio dell’Ucraina”, nella maggior parte dei casi è assai esigua. Questo non ci esime però dalla necessità di sviluppare una capacità di orientamento non solo nell’area comunista, a livello italiano e mondiale, ma anche e soprattutto a livello di massa, perchè la questione della pace e la lotta contro l’imperialismo riguarda milioni di persone e il giudizio che si dà sulle responsabilità della guerra incide pesantemente sulla mobilitazione.
L’opera di chiarimento a livello di massa sulle vere responsabilità di una guerra preparata da anni dalla NATO, oltre che necessaria e urgente, è oggi forse anche più agevole perchè lo tsunami di propaganda atlantista che ha travolto i paesi europei nei mesi trascorsi e paralizzato l’opposizione alla guerra in Europa sta mostrando le prime crepe e la costruzione da parte dei media imperialisti di una realtà virtuale da copione hollywoodiano incomincia a sbriciolarsi di fronte alla realtà dei fatti sul campo. Le pretese sconfitte dei russi si dimostrano tali solo nella propaganda, la ‘eroica resistenza del paese aggredito’ cede il passo alla realtà di un regime feroce venduto allo straniero e responsabile di aver innescato da anni una tremenda guerra civile e della rovina totale in cui sta ora precipitando il paese.
Quest’opera di chiarimento è tanto più necessaria perchè i comunisti sono impegnati anche a contrastare il ruolo di quell’imperialismo di sinistra che parla di pace ma condanna l’intervento russo: da Mélenchon che organizza convegni con i ‘socialisti’ russi che vogliono rovesciare Putin, a Podemos, alla Linke, ai loro epigoni sfortunati (elettoralmente) di Unione Popolare e di Rifondazione, in compagnia di partiti come il PCF francese e il PCE spagnolo, di cui è noto il ruolo ricoperto nella liquidazione delle posizioni comuniste in Europa, ma anche di un partito dal pedigree rivoluzionario come il PTB (Partito del Lavoro del Belgio) che oggi parla di “inaccettabile annessione russa di territori dell’Ucraina”.
Di fronte alla guerra voluta dall’imperialismo occidentale, quello vero, contro cui bisogna far convergere la lotta, le affermazioni contenute nella succitata risoluzione manifestano tutta la loro gravità. “Noi sosteniamo – si dice esplicitamente – le azioni antimilitariste in Ucraina e nella Federazione russa in quanto lotta di classe contro le classi sfruttatrici”. E ancora: ”Noi condanniamo tutte le azioni criminali del capitale mondiale, gli Stati Uniti, le alleanze del blocco imperialista, la Federazione Russa e i circoli dirigenti dell’Ucraina stessa”. La fraseologia ‘rivoluzionaria’ non può ingannare nessuno: non è altro che un modo di portare acqua al vero nemico, l’imperialismo occidentale, oscurando le responsabilità di chi ha lungamente preparato la guerra, l’ha alimentata in tutti i modi con profusione di mezzi e potrebbe dar luogo ora, di fronte all’impasse in cui si trova, a un’ulteriore drammatica escalation, a cui il regime nazista di Kiev punta come un’ancora di salvezza ma che trova sponde sensibili anche nei piani di una parte consistente dei suoi cinici burattinai.
Durante il periodo della Resistenza posizioni di questo stampo circolavano ad opera di gruppi trotskisti e bordighisti e Pietro Secchia, sul periodico clandestino La nostra lotta le aveva definite senza mezzi termini “sinistrismo maschera della Gestapo”. Come definire oggi le posizioni del KKE e del gruppo di organizzazioni che lo segue?